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HERBERT HART

Giurista inglese morto nel 1992: nel 1952 prende la cattedra di giurisprudence in Inghilterra,

l’analogo della filosofia del diritto nei paesi inglesi, una materia molto attenta alla prassi più che alla

teoria.

È uno dei maggiori esponenti del positivismo giuridico del 900: il suo pensiero è molto

si ha la “comon law”

condizionato dal contesto del paese in cui nasce (in Inghilterra infatti

secondo cui le decisioni dei giudici fanno da precedente).

Deve la sua durevole fama all’opera del “The in cui costruisce una teoria

1961 concept of law”

che costituisce tutt’oggi un punto di riferimento per le discussioni filosofiche.

Tra i suoi padri fondatori annovera due figure che appartengono al pensiero utilitarista:

 Jeremy Bentham (filosofo utilitarista)

 popolare di Londra)

John Austin (primo a prendere la cattedra di giurisprudence all’università

L’utilitarismo è quel modo di pensare secondo cui bisogna orientare gli sforzi concreti nella

prassi al fine di garantire la massima felicità al maggior numero di persone.

dell’uomo e della società

Per il perseguimento di questo ideale si assume una certa concezione

l’uomo è un organismo spinto ad agire da pulsione e appetiti che richiedono

di tipo sensistico:

soddisfazioni.

La ragione è quindi essenzialmente strumentale: serve ad individuare i mezzi più adatti a

conseguire il fine cui ogni individuo tende.

esame, “il che precede di

Il testo in positivismo e la separazione del diritto dalla morale”,

qualche anno la pubblicazione di “the concept of law”, parte dal confronto di Hart con gli utilitaristi e

il tema trattato è quello del rapporto tra il mondo del diritto e quello della morale (in che modo

viene concepito e se e quanto deve incidere la giustizia sulla vita del diritto).

Il testo è diviso in 6 sezioni, in ciascuna delle quali Hart affronta una particolare sfaccettatura di

questo rapporto.

Egli si impegna a difendere la tesi di separazione tra diritto e morale, sostenendo che tutte le

voci levatesi contro questa teoria nascono da una serie di equivoci che è opportuno vedere se

resistono all’opera che lui stesso si appresta a fare.

Hart difende quindi questa tesi mostrando che tutte le critiche che gli vengono mosse sono

infondate.

Innanzitutto va fatta una premessa storica: i primi a proporre la tesi della separazione sono stati

gli utilitaristi Bentham e Austin:

 com’è e come dovrebbe essere

Austin sostiene che va sempre distinto il diritto tra (piani

completamente diversi), indipendentemente dal significato che si dia al dover essere.

Austin prende di mira però quel dover essere fatto per essere giusto, quindi quando fa la

distinzione la fa tra la norma com’è e come dovrebbe essere rispetto a certi criteri morali.

 Bentham è orientato a distinguere la norma dalla sua appartenenza o meno alla morale.

e si reggeva proprio sull’dea che un

“obbedire puntualmente ma criticare liberamente”

Il suo moto era

diritto così com’è e un conto è il diritto così come dovrebbe essere.

conto è il così com’è è

Hart dice invece che possono esserci dei casi che la norma talmente aberrante che

non ci si può lasciare ad una critica libera: ma questa scelta si colloca sul piano della moralità e

solo tenendo distinti diritto e morale possiamo fare questa scelta.

Questo atto conferma quindi la necessità di tenere distinti diritto e morale.

Secondo Bentham è proprio la teoria di distinzione a permettere di essere liberi di criticarla:

se non ci fosse nulla al dì fuori del diritto non potrei mai immaginare una critica libera tanto da

poter contraddire il diritto stesso.

Questa separazione garantisce quindi la libertà di scelta in casi estremi.

In questo modo si possono evitare alcuni pericoli estremi:

 “dovrebbe essere così”: se non tengo ferma questa

Risolvere il diritto in un mero ideale

separazione tutto il diritto si risolve in un insieme di aspettative che non hanno alcuna

concretezza (dissolvere l’idea di un diritto irrealizzabile)

 il legislatore direbbe quindi che non c’è altro

Schiacciare tutta la morale nel diritto: spazio

per la morale al dì fuori del diritto (rendere qualsiasi cambiamento impossibile) 21

Gli utilitaristi propongono in definitiva tre tesi non necessariamente connesse tra loro e

collocate su piani diversi:

 tra piano dell’essere e piano del dover essere.

Separazione tra diritto e morale,

Ciò non significa indipendenza reciproca ma che, pur influenzandosi tra loro ed essendo

sempre in collegamento, non sono la stessa cosa: una regola giuridica resta tale infatti

anche se viola i più sacri valori morali.

 Concezione delle norme come comandi (visione imperativista del diritto)

 Necessità di una chiarificazione del linguaggio per affrontare appropriatamente il diritto e

le questioni che esso pone. quindi va confrontato il loro contenuto con l’evoluzione storica che

Queste teorie risalgono al 700

il diritto ha conosciuto:

 Quando Bentham parla di libertà di disobbedire alla legge e Austin afferma la divisione tra

diritto e morale, fanno riferimento alla singola norma e alla sua valutazione morale.

MA è impensabile che un intero ordinamento si mantenga completamente separato da un

(se l’organizzazione politica non fosse improntata sull’idea di giustizia

orizzonte morale

sarebbe un’organizzazione a delinquere).

 In quanto figli dell’illuminismo gli utilitaristi pensano sempre a disposizioni di legge che

siano chiare e univoche nei loro termini.

MA bisogna ammettere che esistono norme che non possono a priori invocare questo

carattere di univocità richiedendo quello di interpretazione.

Quindi Hart, pur riconoscendo la paternità delle tesi, non è disposto a prenderle acriticamente.

1. TESI IMPERATIVISTA

Gli utilitaristi inglesi associano l’idea di norma giuridica all’idea di un comando emesso da

un sovrano che abitualmente viene seguito dai più.

Secondo Hart è, oltre che inutile essere imperativisti per difendere la tesi di separazione, anche

argomenti per dimostrare l’inadeguatezza di questa tesi:

sbagliato e porta numerosi

 È obsoleta e vecchia, non regge più il confronto con le condizioni attuali riferendosi ad ormai

un’epoca l’abitudine.

tramontata: il mondo attuale non ha delle condizioni tali da creare

Supponendo che la norma sia un comando emesso dal sovrano che viene abitualmente

obbedito: perché insorga l’abitudine serve del tempo e perché il sovrano venga abitualmente

obbedito dev’essere un sovrano abbastanza longevo.

Oggi non c’è un re ma organi costituiti da più persone che variano nel tempo e che emettono

norme che vengono seguite anche quando chi le ha prodotte non occupa più quel posto.

 La struttura stessa della norma è diversa da quella del comando:

una regola giuridica è sempre tale da vincolare sia comandante che comandato ma il

comando è sempre eterodiretto, mai autoriflesso.

 Vi è distinzione tra regola e abitudine:

per gli utilitaristi “la norma è un comando abitualmente obbedito” ma l’abitudine per Hart è un

comportamento ripetuto e costante, rilevabile attraverso un giudizio di fatto.

non si viola un’abitudine ma una regola.

La differenza la si apprezza nella contravvenzione:

Violando una regola rendo criticabile il mio comportamento e do una buona ragione per

muovere una critica: nessuno invece critica una mancata abitudine.

la regola implica un senso di doverosità che nell’abitudine non c’è

Quindi e che rende il

comportamento difforme ragionevolmente criticabile.

 La visione imperativista è insufficiente a render conto della complessità del diritto:

la concezione secondo cui l’ordinamento è formato solo da norme primarie (quelle che

impongono obblighi e che quindi possono essere pensate come comandi) è molto primitiva: un

ordinamento composto solo di obblighi non ha gli strumenti per risolvere le questioni di

incertezze e per produrre nuove norme.

Allora qualsiasi ordinamento giuridico contemporaneo ha posto, accanto alle norme

primarie, altre più importanti che rispondono a questo tipo di problemi:

- norme di riconoscimento: consentono di stabilire se una norma è o non è valida

- norme di produzione: consentono di produrre diritto

- norme di giudizio: consentono di giudicare delle situazioni 22

Queste norme secondarie non sono fatte per imporre obblighi ma consentono di superare tutti

quei problemi che si creano in quegli ordinamenti che si pongono solo con norme ordinarie.

Le norme non sono quindi comandi ma istruzioni per l’uso.

Questo impianto ha una conseguenza sulla tesi di distinzione tra diritto e morale ed è quella di

avere ancor più elementi per difenderla.

Tra tutti è evidentissimo il caso delle norme secondarie che non hanno contenuti morali

ma servono solo a far funzionare il meccanismo indipendentemente dal giudizio stesso.

2. LINGUAGGIO GIURIDICO

Ogni norma giuridica necessita di un’interpretazione più o meno ampia.

Quando il giudice interpreta, produce il significato di quella norma come qualcosa di doveroso,

scegliendo tra vari significati possibili. l’orientamento giurisprudenziale.

Qui però entrano in campo per forza i valori,

Hart parte da un assunto

Il giudice deve interpretare, non si può assumere quella finzione secondo cui il diritto è

scritto in modo chiaro perché il linguaggio che usa il giurista non è simile a quello scientifico

in cui ogni simbolo ha un solo significato, ma è un linguaggio non codificato, molto più

elastico, avente parecchi aspetti di ambiguità.

 Il linguaggio giuridico ha un nucleo chiaro circondato da un alone di incertezza.

Il formalismo è quella prospettiva secondo cui la soluzione di una controversia è razionale e

quindi difendibile se riconducibile ad un ragionamento di tipo deduttivo.

Il modello migliore è quello di tipo sillogistico:

“Tutti gli uomini sono mortali, Socrate è un uomo, Socrate è mortale”

Problema: “Tutti gli uomini sono mortali, Marta non è un uomo, Marta non è mortale”

Il problema sta proprio nell’ambiguità del linguaggio: ma quando scelgo tra un significato e l’altro

sto usando sì la logica ma non di tipo deduttivo che entrerà in campo solo dopo aver fatto la scelta.

Le norme quindi, per la vaghezza del linguaggio, richiedono un’interpretazione

Dettagli
A.A. 2011-2012
59 pagine
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SSD Scienze giuridiche IUS/20 Filosofia del diritto

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher giuliabertaiola di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Filosofia del diritto e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Verona o del prof Fuselli Stefano.