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Caratteristiche delle norme giuridiche

Anche le norme dispositive sono imperative (obbligatorie). Infatti i loro destinatari viobbediscono condizionatamente: le norme dispositive sono infatti imperativi condizionati alla mancanza di una diversa manifestazione di volontà del destinatario. Infatti, se un soggetto non fa testamento allora diverranno imperative le disposizioni del codice sulla successione legittima (art. 457 c.c.).

Veniamo ora al carattere giuridico della astrattezza. Le norme giuridiche sono astratte perché non disciplinano caso per caso, o comportamento per comportamento, ma disciplinano classi di casi e di comportamenti – quindi non sono concrete. L'astrattezza, oltre che essere un carattere della norma, è anche un valore: tutela l'imparzialità dell'applicazione della norma. Ciò che è astratto in una norma o direttiva giuridica è, come sappiamo, la fattispecie astratta in essa contenuta. Per questo le norme hanno bisogno di...

un’attività interpretativa (di cui parleremo più avanti).

Quanto alla GENERALITÀ, si dice che la norma giuridica è generale in quanto non è individuale, ovvero non si rivolge a un solo destinatario ma a una generalità di destinatari, a una categoria di persone (le sentenze dei giudici costituiscono ovviamente un’eccezione).

La generalità, come l’astrattezza, è un valore e una garanzia contro il privilegio e l’abuso, in quanto le norme giuridiche che si rivolgono a tutti i cittadini (o a una categoria di persone) rispettano il principio di eguaglianza e di pari trattamento di fronte alla legge. Anche il carattere della generalità comporta evidentemente operazioni interpretative.

Quanto alla COERCIBILITÀ, la si intende come la possibilità giuridica della coazione. Non è quindi una caratteristica della norma come espressione linguistica (al pari di astrattezza, generalità, ecc.).

imperatività). Si dice infatti che in un ordinamento le norme giuridiche primarie o di condotta sono coercibili (o meglio: sono coercibili i comportamenti da esse prescritti) grazie alle norme giuridiche secondarie o sanzionatorie (di competenza) – quelle che non si rivolgono a tutti i consociati ma solo ai giudici e agli apparati coercitivi dello stato. Quindi le norme primarie sono coercibili grazie a quelle secondarie. Quindi vi sono norme che prescrivono l’uso della forza (ai giudici e agli apparati coercitivi), e ci sono norme (quelle di condotta) corroborate, nella loro efficacia, dall’uso della forza (attuale o possibile). Infine viene il carattere della CERTEZZA, che è un ideale del diritto. La certezza è relativa alla non commissione di abusi (astrattezza, generalità), e alla prevedibilità delle conseguenze giuridiche dei nostri atti. Essa è pertanto, e soprattutto, un’esigenza etica più che una caratteristica.

effettiva del diritto. Anche la certezza, come la coercibilità, non è una caratteristica linguistica, ma dipende dalla regolarità, costanza, uniformità nell'uso della forza da parte dei giudici e degli apparati coercitivi dello stato. La certezza dipende inoltre dalla possibilità di conoscenza delle norme da parte dei destinatari; dalla consapevolezza che di tali norme verrà data un'interpretazione coincidente con quella dei destinatari. Ma la certezza dipende anche dalla fiducia nella effettività dell'ordinamento - e della conseguente applicazione delle direttive o norme contenute in esso. Anche la certezza, dunque, non è una caratteristica intrinseca delle norme ma esterna a esse (esattamente come la coercibilità), ed è in particolare un'esigenza etico-politica per realizzare la quale occorrono condizioni di stabilità e coesione sociale.

8 LINGUAGGIO E INTERPRETAZIONE DEL DIRITTO

Enrico

Pattaro scrive che usi ed effetti (dell'uso) del linguaggio portano a distinguere tra emittente – che è colui che usa il linguaggio – e fruitore (destinatario) dell'effetto comunicativo derivante da un certo uso (da parte dell'emittente). Ogni espressione linguistica può costituire per un fruitore un sintomo che induce a inferire credenze, nel senso che il fruitore è portato a fare illazioni (effetto illativo) sotto forma di opinioni o credenze. Ogni espressione linguistica è però in se stessa un segno linguistico, che sta per qualcos'altro – si riferisce a qualcosa fuori dal linguaggio. EP sostiene le seguenti tesi: I sintomi e i loro effetti illativi si danno anche al di fuori della comunicazione linguistica (possono essere stati di cose al di fuori della dimensione linguistica). Nella comunicazione linguistica i segni possono essere a loro volta sintomi (per es., l'imperativo "Taci!", o...)l'uso del segno linguistico (parola) ha sul fruitore.

Una comunicazione linguistica provoca nel fruitore. Si dice che i singoli segni linguistici ("blu", "mare") hanno significato solo nel contesto di un enunciato, e concorrono a determinare il significato dell'enunciato intero. In generale, il significato di un enunciato prende il nome di "contenuto proposizionale". Ma se l'enunciato è una dichiarazione allora il suo significato si chiama proposizione, che può essere vera o falsa. Il contenuto proposizionale invece non è né vero né falso (a meno che non coincida con la proposizione). Veniamo ora all'uso dichiarativo del linguaggio. Esso si verifica quando l'emittente asserisce che le cose stanno in un certo modo, che le cose stanno come lui le rappresenta (abbiamo quindi sia uso dichiarativo, sia rappresentativo). L'effetto comunicativo semantico dell'uso dichiarativo del linguaggio è dunque una proposizione, ma come uso semantico non

dipende dall'uso dichiarativo bensì dall'uso rappresentativo, senza il quale non si può avere né uso dichiarativo, né ad esempio, direttivo. 10Per quanto riguarda l'uso direttivo del linguaggio, esso serve a far fare qualcosa a qualcuno, cioè a produrre espressioni linguistiche come direttive. Questo uso prescinde dall'efficacia sul fruitore.Inoltre, l'espressione linguistica direttiva che, in presenza di altri fattori come causa e agendi o moventi del comportamento, induce il fruitore a fare qualcosa, si chiama espressione linguistica conativa. Essa prescinde però dall'uso cui l'espressione linguistica è deputata.Ma andiamo per gradi.Nel caso in cui l'uso direttivo sia chiaramente espresso (ad es., con un imperativo) e il contesto d'uso del linguaggio sia altrettanto chiaro, il fruitore avrà sintomi sufficienti per arguire e comprendere (effetto illativo) che l'emittente haemesso unadirettiva che prescrive qualcosa.Il primo effetto dell’uso direttivo del linguaggio è dunque illativo.Tuttavia, questo porterà il fruitore a cogliere anche il comportamento prescrito dalladirettiva. Avremo cioè un effetto semantico della comunicazione.Ma se la direttiva induce il fruitore a tenere quel comportamento, allora si parleràanche di effetto conativo, che è ciò che induce nel fruitore un impulso ad agire.Tuttavia sappiamo bene che non è sufficiente un uso direttivo del linguaggio affinchéun’esprssione linguistica provochi un effetto conativo. Esso dipende infatti daimoventi (causae agendi) del comportamento, intesi come interessi, bisogni, norme ovalori del fruitore (vedi lucidi relaitivi alla Parte III del manuale).Quindi effetto conativo si può avere anche con un uso del linguaggio che non èdirettivo. 11SINIFICANTE E SIGNIFICATOIl significante è il segno linguistico (parola, enunciato),il fruitore percepisce e interpreta, mentre il significante (parola o segno) è ciò che veicola il significato. L'ambiguità si verifica quando un significante può avere più di un significato, mentre l'univocità si verifica quando un significante ha un solo significato. Secondo EP, l'ambiguità e l'univocità sono caratteristiche del significante e non del significato stesso.

è presente in ogni fruitore nel momento in cui questi fruisce l’enunciatolinguistico.

Infine, si dice referente l’oggetto attuale (evento, stato di cose, persona,comportamento, ecc.) al quale il riferimento rinvia.

I significati, cioè le rappresentazioni, che si riferiscono a referenti e li rappresentano,sono sempre astratti, e talvolta vaghi. Solo i referenti attuali sono concreti.

Le parole (significanti) ricorrono quasi sempre non isolatamente ma in contestidiscorsivi che incidono sul loro effetto semantico, talvolta modificandolo. Quindi ilsignificato dei singoli significanti può essere diverso a seconda dei diversi contestidiscorsivi.

Pertanto, nella definizione che EP dà di “significato” di un significante è inclusa laeventuale collocazione del significante in un contesto discorsivo. Questo risultasignificativo dal punto di vista della interpretazione di testi GIURIDICI.

Infatti le parole di un testo giuridico hanno un

Il significato di una lettera può variare a seconda del contesto in cui viene utilizzata. In generale, una lettera può essere considerata come un mezzo di comunicazione scritta tra due o più persone. Può essere utilizzata per esprimere pensieri, sentimenti, emozioni, informazioni o richieste.

Le lettere possono essere personali o formali. Le lettere personali sono spesso scritte tra amici, familiari o partner romantici e possono contenere contenuti più informali e personali. Le lettere formali, d'altra parte, sono spesso utilizzate per scopi professionali o ufficiali e richiedono un tono più formale e rispettoso.

Le lettere possono essere scritte a mano o al computer e possono essere inviate tramite posta tradizionale o elettronica. In entrambi i casi, è importante prestare attenzione alla formattazione e alla struttura della lettera, inclusi l'intestazione, il saluto, il corpo del testo e la chiusura.

Le lettere possono essere un modo efficace per comunicare in modo chiaro e dettagliato, consentendo al destinatario di leggere e rileggere il messaggio a proprio piacimento. Possono essere utilizzate per scopi personali, professionali, educativi o di altro tipo e possono essere un mezzo di comunicazione molto potente.

Dettagli
Publisher
A.A. 2012-2013
16 pagine
SSD Scienze giuridiche IUS/20 Filosofia del diritto

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Sara F di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Filosofia del diritto e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Bologna o del prof Pattaro Enrico.