Anteprima
Vedrai una selezione di 10 pagine su 98
Filosofia del diritto Pag. 1 Filosofia del diritto Pag. 2
Anteprima di 10 pagg. su 98.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Filosofia del diritto Pag. 6
Anteprima di 10 pagg. su 98.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Filosofia del diritto Pag. 11
Anteprima di 10 pagg. su 98.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Filosofia del diritto Pag. 16
Anteprima di 10 pagg. su 98.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Filosofia del diritto Pag. 21
Anteprima di 10 pagg. su 98.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Filosofia del diritto Pag. 26
Anteprima di 10 pagg. su 98.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Filosofia del diritto Pag. 31
Anteprima di 10 pagg. su 98.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Filosofia del diritto Pag. 36
Anteprima di 10 pagg. su 98.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Filosofia del diritto Pag. 41
1 su 98
D/illustrazione/soddisfatti o rimborsati
Disdici quando
vuoi
Acquista con carta
o PayPal
Scarica i documenti
tutte le volte che vuoi
Estratto del documento

DUE IDEALI DI GIUSTIZIA

Ci sono due ideali collegati che entrano in gioco quando si parla di giustizia e o in

modo congiunto o in modo separato ci portano ad avere una nozione di giustizia:

L’ideale dell’ordine, l’ordine è un’idea che risale ai primordi della civiltà, nelle

 civiltà più antiche l’ordine dell’universo viene caratterizzato come un ordine di

tipo sociale (gli astri obbediscono alla divinità), le società animiste concepivano

l’ordine dell’universo come retto da leggi di tipo normativo, questo è il principio

della reciprocità d’imputazione per cui certi eventi naturali invece di venir

interpretati come causa-effetto venivano interpretati come colpa-pena. In

Hans Kelsen

uno studio di dal titolo Società e natura, Kelsen dimostra che gli

antichi non avevano il principio della causalità e tutti gli eventi erano

determinati da colpe che dovevano essere scontate.

Ogni totalità che sia ordinata ha bisogno di norme se parliamo della società e

leggi se parliamo dell’universo e canoni che prescrivano o determinano la

regolarità dei comportamenti. Ordine e legge sono due nozioni strettamente

connesse, l’ordine è garantito dal fatto che la legge venga rispettata,

questo rispetto della legge è ciò che chiamiamo giustizia.

È un concetto che in certi aspetti lascia scontenti, (libro I digesto de iustitia et

iure dispensa) l’aporia cioè i problemi che sollevano queste nozioni è che anche

una legge tirannica garantisce un ordine, mantenere la parola data è un atto

che conserva l’ordine, ma cosa garantisce che la nostra azione sia anche giusta

in senso sostanziale e non solo formale?

L’ideale dell’uguaglianza va ad integrare l’idea di ordine perché esprime

 l’esigenza che per attuare la giustizia occorra non un ordine qualsiasi, ma un

ordine fondato su un principio che è quello per esempio della eguale

distribuzione degli onori e degli oneri. Le leggi vanno rispettate ma le leggi

devono rispettare alcuni criteri.

ARISTOTELE

Dobbiamo mostrare come nasce la distinzione tra giustizia come ordine e come

uguaglianza, l’autore che per primo ha elaborato tale distinzione in un contesto

Aristotele

particolare è nel trattato Etica Nicomachea del IV secolo a.c. in cui

abbiamo la compresenza di questi due concetti, il rispetto dell’ordine, della legge e

dell’uguaglianza. Il primo concetto coincide quasi con l’idea di moralità e di

8

comportamento del bene, il secondo concetto di uguaglianza è più calzante per

l’organizzazione della società, tratta in particolar modo la seconda idea di giustizia.

Etica nel senso di studio del comportamento dedicata a Nicomaco, essa rappresenta le

origini della filosofia della giustizia e quest’opera parte dal senso comune dal

dikaion

linguaggio ordinario, la parola greca per giusto è e si trova anche nella

dikaiosune,

espressione giustizia ed è vista come una virtù cioè una disposizione

dell’animo a fare qualcosa che porta del bene, le virtù sono forme di medietà tra gli

estremi. È la persona che per Aristotele è giusta o ingiusta.

Dikaiosune ha due accezioni, è intesa sia come il rispetto dell’ordine sia come il

rispetto dell’uguaglianza e ci si chiede perché due cose così diverse hanno la

stessa accezione? In questo trattato Aristotele si occupa di cose giuridiche quindi il

rispetto della legge in senso ampio viene tralasciato e si concentra sul rispetto

dell’uguaglianza. Nella letteratura il primo significato cioè l’idea del giusto come

rispetto dell’ordine e della legge viene chiamato giustizia universale mentre il

rispetto dell’uguaglianza è la giustizia particolare. Questa è una disenia cioè il

doppio senso della giustizia.

Kant

Riepilogo: pone una contrapposizione dicotomica, da una parte c’è il codice che

è la fonte usata dal giurista per rispondere alla domanda quid iuris? Dall’altra parte c’è

la ragione che è la fonte del filosofo per rispondere alla domanda sulla giustizia e sul

diritto. Kant scrive questo in un trattato che etichetta metafisica dei costumi,

quando si parla di metafisica l’oggetto sono i costumi, i costumi nel linguaggio

ordinario sono le usanze, i modi di comportarsi delle persone che rivelano delle

regolarità. Rispetto alle usanze di comportamento noi possiamo porci in un’ottica

meramente descrittiva e questa è la base del sapere antropologo inteso come lo

studio delle usanze delle altre culture-della propria cultura. Ma con il termine

mores èthos

metafisica si intende dire che i costumi (i da cui deriva morale, in greco

da cui deriva etica) possono essere indagati dal punto di vista metafisico, cioè non

semplicemente descrivendoli ma anche spiegando se una certa azione che avveniva

secondo un certo costume fosse anche buona o giusta in sé. La metafisica dei costumi

era intesa come la ricerca dei principi dell’essenza dell’azione buona e giusta, veniva

cercato un principio che potesse giustificare perché un certo costume è buono e un

altro no. Questo discorso si trasformò in prescrittivo cioè si passò ad affermare che si

dovevano tenere questi comportamenti, questo è quello che fa Kant con la teoria degli

imperativi categorici ed ipotetici, partendo dalla osservazione delle usanze indagava

quali comportamenti fossero giusti in virtù di quali criteri e derivava la prescrizione.

Schopenhauer

Non tutti hanno questo approccio, per esempio in omaggio a Kant

scrive la Metafisica dei costumi ma non la intende come un’impresa che deve

prescrivere qualcosa agli uomini ma la intende come qualcosa che indaga partendo

dai sentimenti più profondi dell’uomo. Quando cerca di isolare il concetto di giustizia

parte dall’osservazione del sentimento che prova chi commette l’ingiustizia, perché

chi si avvantaggia rispetto all’altro prova un sentimento di rimorso, di pentimento.

Parte dall’osservazione dei fatti della nostra esperienza interiore, quando compiamo

un atto ingiusto la nostra volontà si afferma ai danni della volontà dell’altro. Questo

sentimento per Schopenhauer non è solo un’inclinazione psicologica ma ha una radice

più profonda. Questa ricerca ci mostra un primo concetto di giustizia che però è

primum

derivato o negativo perché il è l’esperienza dell’ingiustizia. Siamo comunque

9

nell’ottica della metafisica dei costumi, quando Schopenhauer dice queste cose non si

basa su un codice ma su un’indagine razionale che muove dallo studio di questi fatti

dell’esperienza interna. Nell’idea di Schopenhauer c’era un punto dolente, è giusto il

comportamento che non è ingiusto cioè che non lede la volontà dell’altro, diceva: “a

un viandante che si è smarrito chi si rifiuta di indicare la strada non si dimostra

ingiusto ma è invece ingiusto chi lo indirizza per una strada falsa”. L’importante è

definire i l

imiti dell’ingiustizia, che riguardano la sopraffazione della volontà altrui, è un

problema di coerenza della definizione di partenza.

CONTENUTO POSITIVO DELLA GIUSTIZIA testo di Giorgio del Vecchio

Nella tradizione occidentale c’è un concetto positivo di giustizia importantissimo

che si può rintracciare già nella filosofia antica ed è l’idea che si deve restituire a

ciascuno ciò che gli spetta, mentre il torto è trattenere ciò che a una persona

Platone

spetta. Per la prima volta troviamo questa idea formulata in un’opera di La

Repubblica attribuita ad un poeta Simonide in cui troviamo scritto che la giustizia è

restituire a ciascuno il suo.

È un’idea che ritroviamo ancora oggi per esempio sul palazzo di giustizia di Milano c’è

Ulpiano

scritta una frase di (slide 48) un giurista del III secolo, i cui frammenti si

ius naturale

trovano nel digesto. A lui risale una famosa definizione dello inteso come

quel diritto che accomuna gli animali umani e gli animali non umani, è un’idea strana

iustitia est constans et

e inconsueta. Sul palazzo di giustizia si trova la frase: “

perpetua voluntas ius suum cuique tribuerei ”, qui c’è un’idea di senso comune perché

si vuole rimarcare la voluntas, significa che “la giustizia è la costante e perpetua

volontà di attribuire a ciascuno il suo diritto”. Per Ulpiano sono tre i precetti del diritto:

Honeste vivere ->il vivere onestamente

 Alterum non laedere -> non ledere gli altri che è proprio l’idea di

 Schopenhauer.

Suum cuique tribuere -> dare a ciascuno il suo.

Per qualcuno questo è un climax perché si parte dal generale e si arriva al particolare,

per altri sono tre forme diverse ma quello che conta è dare a ciascuno ciò che gli

spetta.

Dal VI secolo d.C. arriviamo al XII secolo d.C. quando le scuole di diritto portano il

digesto nelle aule delle università e questo diventa l’insegnamento di base. Il destino

di questa idea è ancora più complesso infatti diventa proprio la definizione che dà

Tommaso d’Acquino

della giustizia uno tra i massimi filosofi-teologi occidentali cioè

che dice: “giustizia è quell’atteggiamento in virtù del quale un uomo di ferma e

costante volontà (riecheggia Ulpiano e Giustiniano) attribuisce a ciascuno il suo

diritto”. La summa theologiae che è il trattato con il quale san Tommaso con il metodo

delle questiones affronta tutte le questioni rilevanti per la giustizia e per il diritto parte

da questa definizione.

Se vogliamo ricercare l’origine di questa idea di dare a ciascuno il suo, la troviamo

Aristotele

espressa per la prima volta in un testo di , nell’Etica Nicomachea offre

una riflessione che condizionerà il pensiero posteriore, scrive nel IV secolo a.C. e parte

dall’idea che questa giustizia sia intesa come una virtù. La parola per giustizia è

dikaiosune ed è una disposizione a compiere delle azioni giuste. È necessario capire

10

quali sono i criteri mediante cui consideriamo qualcosa come giusto o non giusto. Etica

dikaiosune

ha a che fare con i costumi e per Aristotele questo studio della viene fatto

e concepito come qualcosa che riguarda i comportamenti dell’uomo nella polis, quindi

non riguarda la vita familiare e non esiste giustizia nei rapp

Dettagli
Publisher
A.A. 2019-2020
98 pagine
SSD Scienze giuridiche IUS/20 Filosofia del diritto

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher michelede99 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Filosofia del diritto e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Milano o del prof Di Lucia Paolo.