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- MELIOREM> MIGLIORE, MEILLEUR, MEJOR, CAT. MILLOR, PORT.OCC. MELHOR
- MELIUS> MEGLIO, MIEUX, MELHS
Sporadicamente si era conservato qualche altro comparativo sintetico, soprattutto in
galloromanzo:
- GRANDIOREM> OCC. GRANHOR
Alcune forme resistono tuttora ma con significato diverso:
- SENIOREM> IT. SIGNORE, FR. SEIGNEUR, SP. SENOR, PORT.OCC. SENHOR, CAT.
SENYOR
In latino il superlative si formava con l’aggiunto del suffisso –ISSIMUS che aveva
significato relativo (il più bello) e assoluto (molto bello)
In senso relativo il superlativo si forma con l’aggiunta dell’articolo determinativo al
comparativo, com’è normale in italiano, che esprime così i 3 gradi dell’aggettivo
(bello, più bello, il più bello)
- Fr. Le plus grand, sp. El mas grande, cat. El mès gran, occ. Lo plus gran
- Mentre il rumeno si avvale di un articolo dimostrativo: cel mai mare
In senso assoluto il superlativo si forma normalmente con l’aggiunta di un avverbio,
una possibilità già presente in latino, con l’impiego di MULTUM (CAT. OCC. MOLT BO)
Avverbi
A rigore gli avverbi appartengono alla classe delle parole indeclinabili. In latino non vi
era un singolo modo per formare l’avverbio. Esso si fromava:
Con il suffisso –E per gli aggettivi della prima classe. CERTE
Con –ITER per quelli della seconda: FORTITER
Aggettivo usato al singolare neutro
Tutta una serie di formazioni primitive di avverbi, alcune delle quali
caratterizzate da una –S fnale
- SATIS>ADSATIS> ASSEZ, OCC. ASSATZ
- ANTE> SP. ANTES
In latino si poteva anche esprimere la funzione avverbiale con una perifrasi formata
dal sostantivo MODUS all’ablativo, e dall’aggettivo che si accordava con questo LENTO
MODO. La parola MODO, usata come suffisso, però aveva lo svantaggio di essere
atona, e fu sostituita da MENTE, ablativo di MENS, MENTIS.
Questo è appunto il modo più tipico per formare gli avverbi nelle lingue romanze:
MENTE+AGGETTIVO ALL’ABLATIVO FEMMINILE SINGOLARE IN ACCORDO.
- Lenta mente> IT. SP. PORT. LENTAMENTE, FR. LENTEMENT, CAT. LENTAMENT,
OCC.LENTAMEN
Quello degli avverbi è un interessante caso in cui da una forma perifrastica e dunque
analitica, le lingue romanze hanno creato una forma sintetica. Si tratta di un caso di
grammaticalizzazione=parola composta da un morfema lessicale e uno grammaticale,
MENTE che esprime funzione di avverbio
Numerali
Il sistema dei numerali latini era costituito da 4 categorie:
1. Numeri cardinali
2. Numeri ordinali
3. Numeri distributivi (uno per volta…)
4. Avverbi numerali che esprimevano quante volte avveniva un’azione (una
volta…)
NUMERI CARDINALI le forme dall’1 al 10 hanno resistito piuttosto bene.
- Uno: le forme del femminile sopravvivono: it. Sp. Cat. Occ. “una”, fr. “une”, port.
“uma”. Per quelle lingue che conservano i casi si hanno forme al caso retto e
obliquo: OCC. R. uns, obl. Un, rom. Unui, unei
In tutte le lingue romanze UNUS, UNA assume anche la funzione di articolo
indeterminativo e così acquisì forme plurali, tipo in spagnolo “unos, unas”
- Due. Le forme del latino classico furono sostituite da altre analogiche più in
linea con la declinazione degli aggettivi di prima classe.
Il portoghese mantiene ancora una forma maschile e femminile: dois, duas
come anche il catalano dos, dues
Il romeno mantiene ancora distinti il maschile e il femminile: doi, douà
Tre: delle forme latine sopravvive dovunque solo TRES>TRE, FR. TROIS, SP. CAT.
OCC. TRES, PORT. TRES, ROM. TREI
Per quanto riguarda gli altri numeri cardinali fino a 10, va notato solo il passaggio di
QUATTUOR>QUATTOR per dissimilazione. E lo stesso per QUINQUE>CINQUE
UNDICI-DICIANNOVE. Le forme latine sopravvivono meno bene e tendono a essere
sostituite da nuove forme analogiche, soprattutto 16-17 in poi
- Sedecim>sedici, seize, cat.occ. setze
Il romeno ricrea tutto il sistema dei numerali fra 11 e 19 sulla base della
perifrasi UNUS SUPER DECEM>UNSPREZECE
- Decine: resiste piuttosto bene il sistema latino con qualche cambiamento e
allineamento analogico soprattutto sui numeri da 1 a 10. Cade ovunque la G
intervocalica delle forme latine (VIGINTI>VIINTI>VENTI;
TRIGINTI>TRIINTA>TRENTA)
- Per le rimanenti decine il fatto fonetico principale riguarda il cambio della
posizione dell’accento, arretrato rispetto alle desinenze nell’area centrale della
Romania, che ha portato una serie di desinenze con –a- in italiano, francese,
catalano e occitano da una perte e dall’altra, con –e- in spagnolo e portoghese.
QUINQUAGINTA, SEXAGINTA
- Cento: viene conservato il latino CENTUM>it. Cento, fr.cat.occ. cent, sp. Ciento,
port. Cem
- Mille:mille> it. Mille, fr. Mil, sp. Port. Cat. Occ. Mil
NUMERI ORDINALI I numeri ordinal sono impiegati meno di quelli cardinali,
soprattutto per I numeri soprattutto per I numeri superiori a dieci, sicchè le forme
latine si sono tramandate più o meno bene fino a dieci, mentre I numeri superiori
hanno subito modifiche e ristrutturazioni sulla base dei numeri cardinali
- Al posto di PRIMUM si ha PRIMARIUM CHE HA POI GENERATO un’analogica
TERTIARIUM>sp. Tercero, port. Terceiro, cat. Tercer
- Importante per la Chiesa è QUADRAGESIMA
Pronomi
Come nelle singole parole anche nelle singole frasi vi sono elementi che hanno un
diverso grado di accentazione, che sono primari o secondari dal punto di vista del
significato. Così sono più importanti (pienamente tonici) il soggetto, il verbo, il
complemento oggetto; e meno importanti (con tonicità secondaria) elementi quali
proposizioni e congiunzioni.
Si usa parlare in questi casi di forme toniche e atone.
Il sistema dei pronomi romanzi riproduce abbastanza bene quello latino per quanto
riguarda i diversi tipi di pronomi: i pronomi poi si differenziano per caso ma non
sempre per il genere o il numero, in quanto i pronomi personali si distinguono per la
persona, come il verbo, e non per il genere, mentre i possessivi esprimono un concetto
di numero diverso rispetto ai dimostrativi.
1. Dimostrativi: trattiamo insieme pronomi aggettivi dimostrativi e quelli anaforici.
I primi indicano ove si trova una cosa rispetto al soggetto che parla. I secondi
servono a richiamare e precisare un qualcosa che è già stato menzionato nella
frase.
La serie di dimostrativi distingueva 3 gradi di lontananza dal soggetto che parla:
- HIC, HAEC, HOC “QUESTO” VICINO A CHI PARLA
- ISTE, ISTA, ILLUD “CODESTO” VICINO A CHI ASCOLTA
- ILLE, ILLA, ILLUD “QUELLO”LONTANO PER ENTRAMBI
La serie di anaforici era invece:
- IS, EA, ID “ESSO, CIO’”
- IDEM, EADEM,IDEM “MEDESIMO”
- IPSE, IPSA, IPSUM “PROPRIO LUI”
Così, l’anaforico IS trova concorrenza soprattutto nel dimostrativo ILLE o in IPSE e alla
fine scompare. L’anaforico IDEM è sostituito da IPSE, il dimostrativo HIC da ISTE.
HOC>OCC. OC
HOC ILLE>OUI
ECCE HOC> Ciò
PER HOC>PERò
COSì A GRANDI LINEE, ISTE FUNZIONA COME DETERMINATIVO, IPSE COME
DIMOSTRATIVO DI 2° E ILLE COME DIMOSTRATIVO DI 3°.
Tali pronomi si trovano però anche nella forma rinforzata: ECCE “ecco”
In quelle lingue che mantengono durante il Medioevo una declinazione
bicasuale va notata anche la presenza di forme distinte per il caso retto e il caso
obliquo, nonché forme derivate dal genitivo-dativo con funzione di dativo (celui)
I 3 gradi di distanza sono mantenuti nelle lingue iberiche, in italiano si conservano
questo e quello, codesto rimane nel toscano. In francese abbiamo la
specializzazione delle forme, con la sostantivizzazione dei continuatori di cil (ILLE) e
l’aggettivazione dei continuatori di CIST (ISTE)tale distinzione viene indicata con
la preposizione di particelle ci “qui” e là “lì”:celui-ci “questo”, celui-là “quello”,
cet-homme ci\là
2. Articolo. Esso è estraneo alle lingue indoeuropee tranne il greco. La formazione
dell’articolo in latino tardo e nelle lingue romanze sembra anche parallela alla
sua comparsa nelle lingue germaniche e risale al VI sec.
Per lo più è ILLE a fornire le basi dell’articolo determinato, da ciò si capisce anche
l’esigenza delle forme rafforzate per i pronomi e aggettivi dimostrativi derivati da
questo pronome.
Quelle lingue che avevano o hanno tuttora dei casi, declinano ovviamente anche
l’articolo.
Il romeno rappresenta un caso a parte. Anche se le forme sono derivate da
ILLUM, cambia la posizione che non è proclitica ma enclitica (lup, lupul,lupului)
3. Pronomi personali. Quelli latini si distinguono per la persona, come il verbo, ma
non per il genere. Il latino distingueva inoltre solo 2 persone “io” “te” (noi, voi)
EGO>Èo> io, port.occ.rom eu, fr. Je, sp. Yo, cat. Jo
o Mihi>mie romeno
o In latino il pronome personale poteva essere unito a CUM (mecum, nobiscum)>
o sp. Commigo
4. Riflessivo. In latino non c’era un pronome di terza persona, che è in effetti
lontano dagli interlocutori. Aveva però un pronome riferito alla persona che
faceva da soggetto al verbo alla terza persona (Paolo si lava). Questo pronome
SE, declinato come tu, segue le sue sorti nelle lingue romanze
5. Terza persona. Il latino impiegava IS oppure ILLE
6. Avverbi pronominali: INDE “da qui”>ne, IBI “lì”>vi
7. Pronomi possessivi: sono marcati in latino come in italiano per la persona e per
il numero e si accordano con l’oggetto posseduto; in questo caso si declinano
come gli aggettivi di prima classe (US,A,UM)
Va notato però che SUUS era un riflessivo, impiegato si al singolare che al plurale, che
per altri casi di terza persona il latino ricorreva al genitivo dei pronomi anaforici o
dimostrativi:EIUS, EORUM, ILLORUM.
- ILLORUM> IT. LORO, FR. LEUR, CAT. LLUR, OCC.ROM. LOR. Solo le lingue iberiche
hanno mantenuto l’uso latino per cui SP. SU, PORT. SEU e ormai anche CAT. SEU
si riferiscono a uno o più persone e devono far ricorso a altri elementi per
esprimere il numero (es. SP. Su casa de el, su casa de ellos)
- Generalizzata è la sostituzione di VESTER con VOSTER, probabilmente più
arcaico.
L’evoluzione del sistema dei possessivi nelle lingue romanze è alquanto complessa e
coinvolge sia la creazione di forme analogiche che sviluppi tonici e atoni, di modo che
dalla singola serie latina vanno ipotizzate 3 serie per spiegare le forme romanze:
a) Una prima serie rispecchia l&r