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Pronomi Plurali

In latino la prima e la seconda persona plurale erano al nominativo NOS e VOS. In italiano non è caduta. In questo caso si è evoluta fino a jod. (è una delle 2 strade che ha la S finale in italiano: o passa a jod;o svanisce del tutto). Nel caso di tre per esempio, avrebbe potuto essere trei e alla fine è rimasto tre tronco. E nel caso di NOSe VOS invece la forma grammaticalizzata è rimasta ed è rimasta voi e noi (per quanto non manchino esempi nella lingua antica, anche delle forme tronche VO e NO). Dove invece la s finale si conserva, naturalmente la trafila è più semplice. Semmai è successo che il NOS latino in alcune lingue, segnatamente lo spagnolo e il catalano, venisse rafforzato da un altro elemento: in particolare da ALTERI (al nominativo) ALTEROS (all'accusativo): ovvero altri. Noi ce l'abbiamo pure in italiano NOI ALTRI ma ha conservato l'idea del rafforzativo. Non è diventato.

Il pronome tout court. Invece, in spagnolo nosotros e vosotros è la forma del pronome non più sentita come rafforzata. Anche in catalano, c'è NOSALTRES E VOSALTRES; E anche in francese se ne possono aggiungere altri, ma come in italiano è sentita ancora come un rafforzamento. Dopodiché, c'è un altro tipo di formazioni sempre oggi tipiche dello spagnolo, mentre, in italiano per esempio sono rimaste come arcaiche odialettali, che è il rafforzamento con CUM. Per esempio, se si prende ME e ci si aggiunge cum, in italiano viene meco che una volta era comune e adesso invece non lo è più: è sentito come arcaico ed è rimasto semmai in dialetti meridionali. Ed è rimasto, specialmente dove c'è stata unadominazione spagnola, perché il rafforzamento in spagnolo è stato doppio: nel senso che oltre alla parte dopo il pronome, il cum ridondante è stato messo anche prima: e

quindi ci si ritrova conmigo, contigo. tigo è il nostro teco con la sonorizzazione emigo è il nostro meco. Quindi conmigo e contigo; e così anche il portoghese conmigo e contigo e addirittura anche il portoghese con la prima e 2persona plurale sono grammaticalizzati (da noi lo erano: meco, teco, nosco e vosco per con me, con te, con noi e con voi. adesso invece sono caduti dall'uso. Lo spagnolo e il portoghese, da brave lingue periferiche, alcune cose, benché l'evoluzione fonetica dello spagnolo sia più avanzata di quella dell'italiano, a livello di lessico e a livello di qualche tratto morfologico si conservano cose più arcaiche da noi poi superate. Si sa che: Leggi linguistiche: le aree laterali conservano con più facilità tratti arcaici, rispetto alle aree centrali. La terza persona è abbastanza complicata perché in latino si usavano più pronomi per il pronome personale: ovvero o si usava

Pronome IS EA ID; oppure il dimostrativo ILLE. E da qui vengono buona parte dei nostri pronomi: ovvero dal dimostrativo ILLE ILLA ILLUD, è esattamente lo stesso che hanno fatto gli articoli per questo le forme finali alla fine si somigliano.

Appunto, da ILLE in italiano egli (il libro dice lui per far capire quale è la forma più diffusa moderna, perché lui non viene da ille. non vuol dire che lui viene da ille, vuol dire che nella lingua parlata e ormai anche nella lingua scritta meno accurata, si è sviluppata e affermata la tendenza a sostituire, con una forma che non veniva dal nominativo, la forma del nominativo. Adesso, EGLI, ELLA, ESSI EDESSE (essi e esse vengono non da ILLE ma da IPSE: IPSE IPSA IPSUM sono sentiti un po' come arcaici e c'è una tendenza che era già partita molto prima in francese alla unificazione del pronome.

Lezione 13 Purgatorio canto 23 girone dei golosi verso 10-12 filiole: vocativo alla latina convieni via

ormai perché il tempo che ci è stato dato bisogna dividerlo tra i gironi che ci restano ma compostasono tutti pelle ed ossa, scema, ma non sono scheletri omo: simile in scrittura al teschio le occhiaie sembravano anelli che hanno perso la gemma Ed ecco piangere e cantar s’udì ‘Labia mea, Domine’ per modotal, che diletto e doglia parturìe. 12«O dolce padre, che è quel ch’i’ odo?», comincia’ io; ed elli: «Ombre che vanno forse di lor dover solvendo il nodo». 15Sì come i peregrin pensosi fanno, giugnendo per cammin gente non nota, che si volgono ad essa e non restano, 18così di retro a noi, più tosto mota, venendo e trapassando ci ammirava d’anime turba tacita e devota. 21Ne li occhi era ciascuna oscura e cava, palida ne la faccia, e tanto scema, che da l’ossa la pelle s’informava. 24Non credo che così a buccia strema Erisìttone fosse fatto secco, per digiunar,

quando più n'ebbe tema. 27Io dicea fra me stesso pensando: 'Eccola gente che perdé Ierusalemme, quando Maria nel figlio è di becco!' 30Parean l'occhiaie anella sanza gemme: chi nel viso de li uomini legge 'omo' ben avria quivi conosciuta l'emme. 33Chi crederebbe che l'odor d'un pomo sì governasse, generando brama, e quel d'un'acqua, non sappiendo como? 36Già era in ammirar che sì li affama, per la cagione ancor non manifesta di lor magrezza e di lor trista squama, 39ed ecco del profondo de la testa volse a me li occhi un'ombra e guardò fiso; poi gridò forte: 'Qual grazia m'è questa?'. Mai non l'avrei riconosciuto al viso; ma ne la voce sua mi fu palese ciò che l'aspetto in sé avea conquiso. 45Questa favilla tutta mi raccese mia conoscenza a la cangiata labbia, e ravvisai la faccia di Forese. 48'Deh, non contendere

a l'asciutta scabbiache mi scolora", pregava, "la pelle,né a difetto di carne ch'io abbia; 51ma dimmi il ver di te, di' chi son quelle due anime che là ti fanno scorta;non rimaner che tu non mi favelle!" 54"La faccia tua, ch'io lagrimai già morta,mi dà di pianger mo non minor doglia",rispuos'io lui, "veggendola sì torta. 57Però mi dì, per Dio, che sì vi sfoglia;non mi far dir mentr'io mi maraviglio,ché mal può dir chi è pien d'altra voglia". 60Ed elli a me: "De l'etterno consiglio cade vertù ne l'acqua e ne la piantarimasa dietro ond'io sì m'assottiglio. 63Tutta esta gente che piangendo cantaper seguitar la gola oltra misura,in fame e 'n sete qui si rifà santa. 66Di bere e di mangiar n'accende cural'odor ch'esce del pomo e de lo sprazzoche si distende su

per sua verdura. 69E non pur una volta, questo spazzogirando, si rinfresca nostra pena:io dico pena, e dovrìa dir sollazzo, 72ché quella voglia a li alberi ci menache menò Cristo lieto a dire ‘Elì’,quando ne liberò con la sua vena». 75E io a lui: «Forese, da quel dìnel qual mutasti mondo a miglior vita,cinq’anni non son vòlti infino a qui.Se prima fu la possa in te finitadi peccar più, che sovvenisse l’oradel buon dolor ch’a Dio ne rimarita, 81come se’ tu qua sù venuto ancora?Io ti credea trovar là giù di sottodove tempo per tempo si ristora». 84Ond’elli a me: «Sì tosto m’ha condottoa ber lo dolce assenzo d’i martìri ossimorola Nella mia con suo pianger dirotto. 87Con suoi prieghi devoti e con sospiritratto m’ha de la costa ove s’aspetta,e liberato m’ha de li altri giri. 90(la moglie pregando gli ha

diminuito la pena)
Tanto è a Dio più cara e più dilettala vedovella mia, che molto amai,quanto in bene operare è più soletta; 93chè la Barbagia di Sardigna assaine le femmine sue più è pudicache la Barbagia dov'io la lasciai. 96O dolce frate, che vuoi ch'io dica?Tempo futuro m'è già nel cospetto,cui non sarà quest'ora molto antica, 99nel qual sarà in pergamo interdettoa le sfacciate donne fiorentinel'andar mostrando con le poppe il petto. 102Quai barbare fuor mai, quai saracine,cui bisognasse, per farle ir coperte,o spiritali o altre discipline? 105Ma se le svergognate fosser certedi quel che 'l ciel veloce loro ammanna,già per urlare avrian le bocche aperte; 78chè se l'antiveder qui non m'inganna,prima fien triste che le guance impelicolui che mo si consola con nanna. 111Deh, frate, or fa che più non mi ti celi!vedi che non

Pur io, ma questa gente tutta rimira là dove 'l sol veli'. 114 Per ch'io a lui: "Se tu riduci a mente qual fosti meco, e qual io teco fui, desueti in italiano, presenti in spagnolo ancor fia grave il memorar presente. 117 Di quella vita mi volse costui che mi va innanzi, l'altr'ier, quando tondavi si mostrò la suora di colui", 120 e 'l sol mostrai; "costui per la profonda notte menato m'ha d'i veri morti con questa vera carne che 'l seconda. 123 Indi m'han tratto su li suoi conforti, salendo e rigirando la montagna che drizza voi che 'l mondo fece torti. 126 Tanto dice di farmi sua compagna, che io sarò là dove fia Beatrice; quivi convien che sanza lui rimagna. 129 Virgilio è questi che così mi dice", e addita'lo; "e quest'altro è quell'ombra per cui scosse dianzi ogne pendicelo vostro regno, che da sé lo sgombra".

133incontro con ForeseNé 'l dir l'andar, né l'andar lui più lento facea, ma ragionando andavam forte, sì come nave pinta da buon vento; e l'ombre, che parean cose rimorte, per le fosse de li occhi ammirazione traean di me, di mio vivere accorte. E io, continuando al mio sermone, dissi: "Ella sen va sù forse più tardi che non farebbe, per altrui cagione. Tu te n'andrai con questo antivedere: se nel mio mormorar prendesti errore, dichiareranti ancor le cose vere. 48Ma dì s'io veggio qui colui che fore trasse le nove rime, cominciando 'Donne ch'avete intelletto d'amore'".

Dettagli
Publisher
A.A. 2021-2022
45 pagine
SSD Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-FIL-LET/09 Filologia e linguistica romanza

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher chry_25 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Filologia romanza e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Firenze o del prof Manetti Roberta.