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TERMINOLOGIA MATRIMONIALE LONGOBARDA NEL CODICE DIPLOMATICO BARESE PUGLIESE –
diplomatico Barese-Pugliese è una raccolta di atti sia pubblici sia privati redatti tra i sec X e XVIII,
provenienti da diversi fondi archivistici pugliesi (pergamene della basilica di S.Nicola e del duomo di Bari,
della cattedrale di Altamura, Terlizzi, Barletta..). l’edizione dell’opera, costituita da 34 volumi pubblicati tra
1897, è stata curata dalla società di storia patria per la Puglia con la collaborazione di numerosi esperti;
con l’intento di adeguarne il titolo ad una dimensione regionale, il CDB assume dal XX volume (1975) la
nuova denominazione codice diplomatico pugliese (CDP). Ad ogni fondo archivistico sono dedicati uno o
più volumi non sempre successivi: la loro data topica, cioè l’indicazione del luogo, oltre a presentarsi
diversa tra un fondo archivistico e l’altro, varia anche nell’ambito di ciascuno di essi: nello stesso fondo è
possibile riscontrare l’indicazione di varie località. Per questo ciascun fondo archivistico è stato
organizzato tenendo presente solo la data cronica, cioè l’indicazione di anno e mese di ogni documento.
Per tutti gli atti notarili originalmente redatti in latino su pergamena è stata adottata una grafia
normalizzata, ma di ciascuno è indicato in una breve annotazione il tipo di scrittura. sotto questo aspetto il
CDBP consente di verificare l’evoluzione della scrittura in Puglia: dalla corsiva alla longobarda o
beneventana, che nella città di Bari raggiunse un grande livello di eleganza (beneventana Bari Type); dalla
longobarda, modello scrittorio rappresentativo della cultura latino-longobarda, alla minuscola carolina di
epoca normanno-sveva gradualmente sostituita dalla gotica in età angioina. Pur diversificandosi
nell’aspetto grafico, le pergamene custodite nei fondi archivisti pugliesi presentano uno stilato uniforme,
tipico di un documento notarile medievale, di norma strutturato in tre parti: protocollo, cioè la parte
introduttiva, mesocollo, il più importante dal punto di vista storico-giuridico perché riguarda il contenuto
vero e proprio dell’atto, escatocollo, con cui si conclude il negozio giuridico. Nel protocollo, all’invocatio
simbolica, rappresentata da un segno di croce, e all’invocatio verbale, segue la data cronica, che consta
nell’anno di regno del sovrano in carica, e talvolta la data topica. Nel mesocollo è data notitia testium dei
contraenti, con indicazione delle generalità e delle rispettive situazioni giuridiche di rappresentanza o di
tutela; a seguire, con l’indicazione del diritto in base a cui le parti intendevano vincolarsi (professio iuris),
la figurazione della natura del contratto, con dettagliata descrizione dei beni interessati. A conclusione del
testo, la citazione dell’intervento del notaio, di norma un ecclesiastico, alla stesura del documento, e dei
testimoni.
Nell’ambito degli atti privati stipulati nella città di Bari si riscontrano, tra vendite, donazioni, testamenti,
numerosi atti matrimoniali stipulati secondo la legge longobarda e diritto consuetudinario barese
(secundum ritum gentis nostre langobardorum / secundum iura longobarda et Bari consuetudinem). Per
lungo tempo la lex che regolava i rapporti di diritto privato era la longobarda, rivisitata alla luce della
tradizione socio-giuridica romana, le ben radicate consuetudini locali, di cui le raccolte dei giudici Andrea e
Sparano offrono testimonianza. Nell’ambito del linguaggio giuridico utilizzato dai notai pugliesi nel
redigere promesse di matrimonio, accanto a voci latine coesistono termini di matrice longobarda, anche se
latinizzati, quali mundium, mundoaldus, meffium, morgincap, launegilt, guadia, la cui comprensione va
effettuata nella considerazione delle norme consuetudinarie della stirpe longobarda codificate nell’Edictum
di Rotari (643). Il matrimonio romano, il cui scopo era individuato, come peraltro nel matrimonio
germanico, nella procreazione dei figli, era un’istituzione fondata sull’esogamia (forma di matrimonio per cui il
, sulla monogamia e sulla persistenza dell’affectio
coniuge viene scelto all’esterno del gruppo di appartenenza)
maritalis, cioè la volontà di entrambi i coniugi di essere uniti durevolmente in un rapporto di coniugio; il
venir meno dell’affectio
costituiva causa di scioglimento del vincolo coniugale. Preliminari al matrimonio erano gli sponsalia
(“findanzamento”), che costituivano il principio di una fase preparatoria alle nozze: è una sorta di impegno
a contrarre le nozze. Requisiti essenziali per contrarre il matrimonio erano l’età pubere (12 anni per la
sposa e 14 per lo sposo) ed il consenso alle nozze accordato da entrambi. A differenza del matrimonio
longobardo, il romano si fondava sulla parità fra marito e moglie, e vedeva nel conferimento della dos da
parte della famiglia della sposa un intervento economico, un contributo offerto al marito con obbligo però
di restituzione in caso di scioglimento del matrimonio. Alla fine del III sec a questo si affiancò un dono di
matrimonio elargito dallo sposo prima del matrimonio, che aveva lo scopo di consentire alla donna una
possibilità di sostentamento in caso di vedovanza. Il matrimonio di diritto romano consisteva in una
cerimonia di carattere sacrale ed un atto traslatvo della potestas del padre della sposa alla potestas
maritale (manus). I romani però avevano tracciato una distinzione tra matrimoni in manu, in cui la patria
potestas di un padre veniva trasferita al marito di sua figlia, e sine manu, in cui il matrimonio stesso non
mutava la personalità giuridica della donna. Nei primi, la donna era soggetta in tutto alla patria potestas
del marito così come lo era stata a quella del padre; i matrimoni sine manu lasciavano invece le mogli
sotto l’autorità dei loro padri, alla cui morte esse ricevevano un grado considerevole di indipendenza
giuridica, che includeva i diritti di proprietà e il diritto al divorzio. Il matrimonio in manu cadde in disuso e
già dal II sec d.C. divenne norma comune il matrimonio sine manu. Ma le invasioni dei popoli germanici del
VI-VII sec reintrodussero in ampie zone della penisola matrimoni che trasformavano la personalità giuridica
della donna. I longobardi ponevano, rispetto alla maggior parte delle altre tribù germaniche, un numero
maggiore di restrizioni alla capacità giuridica delle donne e assegnavano tutte le donne all’autorità degli
uomini. la forma di matrimonio longobardo prevedeva infatti il completo trasferimento della tutela della
donna al marito: mentalità giuridica e dispositivi di legge sono inglobati ai principi che vigevano nel
ristretto ambito parentale della Sippe, considerata nucleo fondamentale della società germanica:
onorabilità, tutela della stirpe, trasmissibilità del patrimonio agli eredi maschi diretti. Nella società
germanica il matrimonio, inizialmente endogamico cioè contratto nell’ambito del ristretto gruppo
parentale della Sippe, e solo successivamente nell’ambito di associazioni collettive a più ampio respiro ma
sempre contratto fra appartenenti alla stirpe, costituiva l’unica occasione di passaggio di proprietà da un
nucelo famigliare ad un altro. Nella comunità germanica, la donna, nonostante formasse oggetto di
rispetto in ragione anche di una sorta di sacralità riconosciutale (svolgevano un ruolo importante nel
sostegno della famiglia, accudivano gli uomini sui campi di battaglia, alcune di loro erano onorate come
sacerdotesse), era priva di capacità giuridica in quanto inidonea all’uso delle armi, e quindi soggetta a
tutela, indicata nella legislazione longobarda dalla voce latinizzata mundium. Il mundium comprendeva
quel complesso di poteri che i romani esprimevano nella patria potestas o nella manus maritale: esso si
configurava quindi come dominio assoluto di durata perpetua. Alla donna che viveva secondo la legge
longobarda era prescritta l’assistenza del detentore del mundio, cioè del mundoaldus (forma latinizzata di
mundoald): a nessuna donna era consentito vivere sotto la potestà del proprio arbitrio, cioè selpmundia.
La donna longobarda viveva quindi esclusivamente nella condizione di mundiata, qualunque fosse il suo
stato: nubile dipendeva dal padre o dal fratello, sposa dal marito, vedova dal figlio o dalla famiglia
paterna; in mancanza di questa stretta parentela, era sotto la tutela del barbas, lo zio paterno, o del re.
Una rigorosa normativa la tutelava però da eventuali sopraffazioni del suo tutore: nell’editto di Rotari è
infatti prevista la perdita della titolarità del mundium in caso di maltrattamenti, incapacità di difenderla:
solo in questa circostanza la donna aveva licenza di scegliere un nuovo mundoaldo. Nello schema
contrattuale del matrimonio germanico il mundio assume carattere patrimoniale rappresentando un valore
economico espresso in un prezzo di acquisto della sua titolarità: “compenso” è infatti il significato
originario della voce longobarda meta (o metfio, termine che indica il complesso dei beni che costituiscono
il compenso). In sede di desponsatio (promessa di matrimonio), davanti alle due parentele riunite, il futuro
sposo si obbligava a corrispondere la meta pattuita, originariamente convenuta in buoi, cavalli o armi,
successivamente in una somma di denaro, al mundualdo della futura sposa in sede di traditio, cioè all’atto
della consegna della sposa, entro il termine di due anni dalla sottoscrizione dell’accordo. Il matrimonio si
sostanziava quindi in un contratto stipulato consensualmente tra due famiglie in cui la donna costituiva il
bene economico da consegnare in cambio di un compenso che consentiva al marito di acquisirne la tutela;
in sede di traditio, il pagamento della meta costituiva elemento di legittimazione del matrimonio: la meta
infatti assunse anche il nome di iustitia, in quanto distingueva il matrimonio legittimo dal concubinato (una
donna conviveva ed era economicamente mantenuta da un amante uomo coniugato con una donna).
Apporto patrimoniale maritale che sanciva invece la validità dell’unione matrimoniale era costituito dal
dono del mattino, indicato dalla voce longobarda morgingab: era conferito il mattino successivo alla prima
notte di nozze ed in presenza di parenti ed amici, dal marito alla moglie per attestarne l’onorabilità: si
sostanziava in un’elargizione pubblica all’indomani della consumazione del matrimonio ed a condizione
della riscontrata purezza. Inizialmente era costituito a oggetti di comune uso femminile; quando fu
aumentata gradualmente nel tempo la sua consistenza sino a includere beni immobili, si rese obbligatoria
in sede di desponsatio la redazione di un documento, sottoscritto da testimoni, in cui lo sposo si
impegnava ad assegnare a