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IL SUBLIME DI LONGINO
Ciò che Longino si proprone di fare nel trattato non è esplicare le caratteristiche di un enere
δύναμις.
stilistico, identificato nel sublime, ma la causa di un effetto, di una
Alla base di tale ricerca sta la coscienza delle diverse ragioni psicologiche prodotte dalla
comunicazione letteraria. Di esse l'autore indaga quella che ritiene più intensa e comprensiva
della natura umana; Nel sublime infatti il pathos non va compresso o eliminato e neppure
λύσις
esagerato, perchè ne consegua uno scioglimento, una psico-fisiologica ( l'aristotelica
catarsi) ; Esso deve invece potenziare il messaggio logico .
Il rapimento, l'estasi, prodotta dal sublime, al di là del contenuto di pensiero, ha di per sè un
valore etico, perchè fa sperimentare agli uomini il divino.
Generare il grande e il bello è dunque la gioia maggiore, perchè è un assimilarsi alla divinità.
A giudizio dell'autore, per ottenere l'effetto del sublime, sono necessarie una sostanza
concettuale grande, un'animazione emotiva e la capacità di esprimere queste due in modo
efficace.
Premessa una disposizione naturale, sono doti certamente acquisibili sia con lo studio sia con
l'imitazione degli Antichi - che deve imporsi come un sentimento di sfida contro le proprie
capacità, per chi si accinge a imitare) .
PHYSIS E TECHNE NEL SUBLIME DI LONGINO, OVVERO IL METODO DELLA
NATURA
In riferimento all' inventio, nel trattato viene affermata l'importanza del pensiero che deve
sostanziare il testo: ma il pensiero non attinge a principi logici e dialettici, bensì è
rappresentato da un principio etico e da uno psicologico, da magnanimità e da passione.
Nella descrizione delle figure retoriche infatti sembra prevalere il gusto per quegli artifici che
rompono con le regole della «buona scrittura», al fine di esprimere più vividamente alcune
passioni. Già questi pochi indizi ci permettono di giudicare il trattato al di fuori delle righe di
una pura tradizione tecnico-retorica.
L'autore, nel rispondere all'omonimo trattato di Cecilio di Calatte, impone un ordine di
ragionamenti diverso da quello del suo avversario. Soprattutto stravolge i termini della
discussione attorno alla persuasione retorica, che riconosce come qualcosa di controllabile, a
differenza dell'effetto del sublime, a cui non si può opporre resistenza.
Inoltre afferma di voler indagare il potere dell'elemento meraviglioso, prodotto da un'opera
letteraria, rimproverando a Cecilio di aver parlato di sublime senza considerare questo
fondamentale aspetto.
Per quanto riguarda il rapporto tra natura ed arte nella descrizione degli artifici retorici ,
Longino ricorda come il sublime coincida con la capacità di imitare le dinamiche dei fatti
naturali, un'inimatzione che ha evidenti contatti con la mimesis poetica aristotelica ( l'etica
aristotelica rivela implicazioni sia etiche che psicologiche) . La techne teorizzata da Longino
deve imitare il «metodo» della natura, cioè un metodo che necessariamente ammette, al
fianco delle regole, anche anomalie, «disordine» e incoerenze.
Questa idea permetterà all'autore del trattato di non considerare le deviazioni dalle regole in
cui anche un grande poeta o scrittore può incorrere come difetti che necessariamente
impediscono il sublime (come invece giudicano gli atticisti e in particolare Cecilio) .
Va anche aggiunto che nella sua speculazione Longino sottolinea come la natura, anche se
ispirata ed eccezionale non basti mai a se stessa, ma abbia bisogno dell'arte, della techne.
Tale arte coincide proprio con il principio aristotelico della mimesis che riproduce il
funzionamento della natura, trasferito dall'ambito poetico a quello retorico. Tale idea di
mimesis significa aderenza non tanto alle cose reali, quanto ai dinamismi costitutivi della
realtà (vd.supr. riferimento all'ode di Saffo) .
Naturalmente per essere sublime, tale aderenza alla realtà implica una trasfigurazione delle
esperienze dai casi particolari a una loro universalizzazione: la poesia è universale perchè
supera il limite dei casi particolari, esprimendone l'idea generale.
Questa esigenza poetica di superare nella mimesis il limite contingente della realtà esprime
una tensione verso una dimensione metafisica, che manifesta la necessità umana di superare
i limiti della natura fisica stessa fa in modo che i particolari assumano un valore universale,
vera garanzia del sublime. Il sublime di conseguenza è riconosciuto proprio dalla sua
universalità, poichè coincide con qualcosa che piace a tutti e in ogni momento.
Non solo, ma questo discorso sulla tensione metafisica impone anche un altro concetto: la
prima fonte del sublime , la magnanimità, è ciò che muove ad alti pensieri, ad un entusiasmo
creativo che deve essere proprio non solo dell'autore dell'opera lettararia, ma anche di chi ne
fruisce e quindi dell'ascoltatore.
L'idea longiniana di un'arte che riproduce il metodo e le dinamiche dela natura sottintende
una sottile e piacevole confusione tra realtà ed arte: in presenza delle passioni estreme
coinvolte dal sublime, la confusione tra arte e natura sembrerebbe funzionale anche allo
scioglimento del turbamento emozionale (l'artificio stilistico, per muovere l'animo, deve
essere ben nascosto) .
PRECEDENTI : IL SUBLIME DI DEMETRIO
Περί ἑϱμηνείας,
Il falsamente attribuito a Demetrio Falereo e dovuto forse a un Demetrio
fiorito nel I secolo aC, è l'unico trattato a offrire una classificazione dei tipi stilistici fondata
non già sul più diffuso schema triadico che prevede un medio fra due opposti, ma su un meno
consueto schema tetradico che, tra i due estremi di uno stile grande e di uno stile piano,
colloca uno stile potente e uno stile elegante e ammette che, con l'eccezione dei due estremi
inconciliabili della grandezza e della semplicità espressiva, tutti i tipi stilistici possono
combinarsi tra loro per arricchire la gamma di colori formali di un testo.
Il trattato è principalmente organizzato in due sezioni: la prima costituisce una sorte di
introduzione generale ed è dedicata al problema della compositio verborum, con particolare
riguardo al discorso del periodo. La seconda sezione invece illustra in quattri capitoli distinti,
i quattro tipi di stile e i loro vitia propinqua : Lo stile grandioso può guastarsi nello stile
freddo, il tipo elegante in quello affettato, il tipo semplice in quello arido e infine quello
potente in quello sgraziato. Inoltre ciascuno stile è esaminato dal punto di vista dei contenuti,
del lessico e della disposizione verbale.
Il modello da cui l'autore deriva la propria teoria stilistica è individuabile nell'Etica
Nicomachea di Aristotele e quello che opera è un vero e proprio trasferimento di principi etici
in ambito estetico.
L'influenza dell'antico retore si fa sentire soprattutto nelle due categorie dell' eleganza
stilistica e della potenza stilistica; questo progetto teorica presuppone che le due modalità
dell'ornatus teofrasteo - la magnificenza e la piacevolezza - vengano distribuite
rispettivamente nei due stili grandioso ed elegante, così da distinguere due specie di bellezza
espressiva: quella connotata dalla nobiltà inerente alla magniloquenza e quella connotata dal
piacere inerente alla soaviloquenza.
Demetrio rende autonoma l'eleganza ma la considera piuttosto sotto la specie della grazia,
una nozione che, essendo connotata dal tratto della reciprocità (piacere e compiacenza) , gli
sembra più efficace per compendiare il momento della produzione e quello della ricezione
stilistica.
La grazia in questo modo viene chiamata a significare il piacere che un testo può indurre in
chi lo recepisce. Queste piacere può darsi come diletto oppure come riso. δεινός
Invece per quanto riguarda il discorso sulla potenza , egli collega l'aggettivo (potente)
δείδω (« temo» ):
al verbo in questo modo si possono distinguere un senso più antico e più
δεινός
ristretto in cui vale «spaventoso» e un senso più recente in cui vale «abile» .
Nella teoria classica dei tre stili, corrispondono al secondo significato dell'aggettivo i tratti
δεινότης
più intensi e aggressivi dello stile grande. Dionigi d'Alicarnasso contrappone la
alla politezza dello stile di Lisia e se ne serve per definire il movimento aspro e impetuoso
dell'eloquenza di Iseo o ancora ne fa una modalità dello stile elevato e ne indica in Tucidide
e Demostene i campioni. E appunto il bisogno di descrivere adeguatamente l'intensità
dell'eloquenza di Demostene, ritenuto modello insuperabile di arte oratoria, favorisce
δεινότης
l'assunzione del termine per indicare lo stile elevato sotto la specie della potenza.
δεινότης
Demetrio quindi rifiuta l'assunzione della tra i modi della grandezza
μεγαλοπρέπεια
( ) : Mentre infatti questa ci attrae con la bellezza e con la precisione, la
δεινότης è aliena da ogni ricercatezza formale : essa colpisce con la sua concisione e con la
sua veemenza e vuole scuoterci emotivamente ( « è simile ad una lotta corpo a corpo ») .
δεινότης
La quindi piuttosto che l'abilità o la competenza formale, lo stile impetuoso e
impressionante, fortemente segnato dalla personalità dell'oratore.
Ma in generale Demetrio sembra meno interessato di Longino al motivo dell' «ispirazione» :
si preoccupa piuttosto di spiegare il funzionamento degli strumenti tecnici che consentono di
padroneggiare lo stile in tutta la sua gamma cromatica.
La caratteristica principale dello stile potente è quella di essere una maniera espressiva
estremamente concisa ed ellittica, una maniera in cui ciò che non si dice conta di più di ciò
che si dice: l'esigenza della retorica del silenzio investe il senso e la forma del discorso per
recidere il troppo e il vano, applicando il principio della brevitas e della concinnitas (cfr.
Nekyia ne il Sublime di Longino) .
Inoltre Demetrio celebra il connubio della magnanimità con la breviloquenza tanto nello stile
semplice (ad esempio definisce l'epistola «specchio dell'anima» ), quanto nello stil