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Terzo capitolo: A seconda degli assi di selezioni si posso ottenere degli accostamenti che da un certo punto di vista

funzionano, da altri punti di vista no. Posso identificare per esempio Sofocle con Omero: é evidente che dal punto di

vista del racconto o ella rappresentazione drammatica questi non vanno d’accordo perché questa in Omero non è

prevista. Da qui scatta un richiamo per cui Aristotele fa una digressione: la cosa che interessava fino a questo punto è

la distinzione tra la poesia raccontata (epica) e la poesia messa in scena. Quella poesia in cui vi è un’azione costituisce

il dramma perché dramma significa azione.

(qui l’ha presi meglio marco) - I Dori rivendicano come propria la tragedia e la commedia. La commedia è una merce

di importazione anche se ad Atene questa diventerà estremamente naturale all’interno della vita cittadina. I Megaresi

dicono che la commedia inventata da loro è nata contemporaneamente alla nascita della loro democrazia. Sta di fatto

che quando si cerca di abbandonare la democrazia per la dittatura la prima cosa che si fa è quella di inibire la satira, e

quindi la libertà di parola. La commedia di Aristofane è profondamente politica e quindi possibile solo in un ambito

estremamente democratico.

La parola commedia deriva, secondo l’opinione più affermata, da komazein ovvero vagabondare e fare baldoria per i

villaggi.

Capitolo 4. “Nel suo insieme la poetica..”: la poesia come tale è qualcosa di artificiale però gli elementi costitutivi

attraverso i quali si fa poesia sono naturali. L’imitare è un qualche cosa che è congenito fin dall’infanzia. In negativo,

tra tutti gli animali solo l’uomo è capace di imitare; gli animali che sono più portati all’imitazione non costituiscono

fondamento in quanto ripetitivi anziché imitativi (il pappagallo ripete le parole, ma non sa parlare autonomamente,

riproduce ma non possiede conoscenza). Il bambino non ripete e basta invece: impara, acquisisce, ma invece di

riprodurre, in seguito crea. Questa è lo stesso tipo di mimesi che Aristotele mette alla base della poesia e che considera

come strumento e base dell’apprendimento del linguaggio umano. Le parole sono sempre le stesse ma è il loro insieme

che compone idee differenti.

“Dalle imitazioni tutti ricavano piacere”: collegamento con il discorso fondamentale dell’apprendimento del bambino.

Segmentare e ricomporre il mondo per l’apprendimento è lo stesso processo a cui afferisce la costruzione virtuale di

una tragedia. I genitori consentono al bambino di imparare perché parlano in sua presenza, non attraverso un

insegnamento diverso. Il bambino mangia e beve perché trova piacere nel farlo, non in seguito ad una dottrina

appresa. Che in una analisi della realtà Aristotele ponga alla base di tutto il piacere che si ottiene facendo una certa

attività, è punto cardine. Imparare è quindi un grandissimo piacere.

Noi possediamo naturalmente melodia e ritmo, ma da cosa nasce la poesia? Nasce da canti (parola versificatoria unita

a musica) in cui da un lato si celebra la propria famiglia o tribù o clan di cui si celebrano le vittorie, da un altro per

offesa ai gruppi nemici. Da un alto esaltazione del proprio gruppo e dall’altro offesa del gruppo avversario.

LEZIONE #5, 14 marzo 2012

All’interno del capitolo 4. Si sottolineano due tipi di piaceri: quello del riconoscimento e quello tecnico. Il primo

consiste nel fatto stesso di riconoscere cosa l’autore intendeva imitare e quello tecnico come l’autore ha imitato quello

che aveva intenzione di imitare. Il piacere di riconoscimento è senz’altro abbastanza importante perché riguarda

l’attività intellettuale del destinatario e investe anche la retorica. Alcune argomentazioni retoriche, tra le quali i

sillogismi, se sono incompleti ovvero solo impliciti in una sua parte, anziché dare fastidio (perché incompleto),

producono piacere all’ascoltatore e risultano spesso molto più persuasivi. L’oggetto del tentativo di persuasione nella

retorica, per esempio, se ci mette del suo, se deve fare un piccolo sforzo per recepire qualche cosa, acquisisce una

discreta soddisfazione. (scritto meglio marco).

[Retorica significa, in generale, trovare i mezzi per convincere qualcuno a fare qualche cosa.]

Un discorso parziale che costringe uno sforzo intellettivo del destinatario del messaggio il quale si sente gratificato e

parte attiva del processo di comunicazione, risulta molto più efficace e convincente. Fare uno sforzo nell’interpretare

un’imitazione costituisce parte integrante del piacere derivante dall’imitazione stessa. Questo stesso meccanismo

spiega la fortuna e la diffusione della citazione che sui basa anch’essa sul piacere del riconoscimento. Chi recepisce e

scopre una citazione partecipa nel piacere dell’imitazione molto di più rispetto a chi non riconosce la citazione.

L’altro aspetto del “come” riguarda il tipo di comportamento, per esempio, di un artista. Il livello di piacere che

discende dall’opera dell’artista discende dalla qualità del suo operato. Gli stessi risultati che ottiene una preparazione

tecnica accurata può essere superata da una dote naturale che ottiene gli stessi risultati applicando alcuni principi in

maniera implicita: stessi principi ma applicati inconsciamente e naturalmente. Oltre al piacere dell’imitazione

prodotta, esiste anche un profondo aspetto tecnico: può essere fatta bene, può essere fatta male. Un certo tipo di

impostazione in questo senso può essere: se fatta bene il risultato funziona e lo spettatore prova piacere davanti

all’imitazione.

Talvolta la fattura di una certa opera produce piacere quanto la stessa intenzione imitativa.

Encomi: parlare bene di qualcuno e ricordare la sua benevolenza e le sua fortunate gesta.

Attacchi (giambi): attacchi e invettive contro qualcuno.

(PC scarico)

LEZIONE #6, 19 marzo 2012

Il dramma satiresco sembrerebbe non rientrare nelle funzioni precedenti della tragedia perché sostanzialmente comico;

e non rientra nemmeno in quell’elemento essenziale della catarsi tragica. Elementi dionisiaci, e quindi un po’

trasgressivi, mancavano nella tragedia più sviluppata.

Questo vuoto di dionisiaco nella tragedia così come si era sviluppata non poteva essere colmato dalla commedia

perché la commedia non è puro divertimento ma, e soprattutto, politica. Il linguaggio può essere in parte satiresco

(continua insistenza sul fallo) ma non è la sua vera essenza. Quindi nel dramma satiresco che conclude la tetralogia di

argomento più o meno collegato, sicuramente recupera gli elementi tradizionali antichi dell’origine della tragedia (in

cui i satiri sono elemento fondamentale e che comportano e parlano in maniera non consona alla solidità epicheggiante

della tragedia). I personaggi definiti seri sono da considerarsi “di un certo peso” a fronte di personaggi di rilevanza

sociale minima che caratterizzano la commedia. Tipico del dramma satiresco era anche un personaggio di origine

serissima che la tradizione letteraria greca ha trasformato in capofila di avventure comiche o grottesche. Quando i

personaggi sono divinità o semidivinità, che si comportino in maniera seria o buffa, questi comportano un linguaggio

sempre piuttosto alto. La differenza sostanziale (tragedia\commedia) si identifica quindi nel livello dei personaggi, e

non nel loro comportamento. (?)

La tragedia acquista col tempo solennità e dal decametro di passò al giambo (metrica più colloquiale). Un’ assunzione

di complessità che originariamente non c’era configura le tragedie in una varia associazione metrica.

“La commedia è l’imitazione delle persone che valgono meno”: Aristotele si riferisce quasi sicuramente al rango

sociale. Viene fuori per la prima volta, nelle righe successive, che gli attori utilizzano una maschera. Dalla maschera

comica emergono aspetti caricaturali che non comportano dolore, esattamente come il ridicolo comporta qualcosa di

brutto, comporta un errore, che non reca né sofferenza né danno. Non si può ridere di chi soffre o chi subisce danno

sul serio; se questo non si verifica si sfora in un altro ambito. Essendo u genere drammatico letterario che riguarda

personaggi bassi, la commedia, era difficile da prendere sul serio essendo deputata alla satira politica.

Il sistema delle liturgie era una delle modalità di tassazione e dipendeva dal fatto che il sistema della circolazione

della moneta era molto meno capillare di adesso. Il denaro circolante era relativamente poco: alcuni cittadini più

ricchi, anziché pagare direttamente le tasse, le assolvevano tramite servizi. Una liturgia era quella di finanziare una

tragedia, o meglio una tetralogia. Quest’opera pubblica di pagare l’autore, pagare il coro, pagare le scenografie, era

assunta da certi personaggi in vista nella polis greca. Vari poeti presentavano le loro opere, e l’arconte decideva quelli

meritevoli del coro (concessione del coro). Questa fase preliminare era fondamentale perché vagliava le varie

proposte. La scarsa considerazione per la commedia si identifica anche nel fatto che la conoscenza dei poeti comici

dei primordi non c’è; si iniziano a conoscere i loro nomi solo quando la commedia si è ormai stabilizzata nella sua

pratica. La commedia, in senso storico, è quindi un sottoprodotto della tragedia che mutua gli elementi di basi

dell’azione drammatica esistente per un traduzione individuale.

La commedia comporta tre basi: l’elemento dell’attacco personale (la forma giambica) che non comporta trama in

quanto sviluppo di invettive contro una persona; la forma drammatica con trama e la mescolanza dell’invettiva attica

con la trama della buffa.

(unità aristoteliche, vedi marco).

LEZIONE #7, 20 marzo 2012 (capitolo 6)

Ritenere che nel progetto generale di Aristotele sicuramente ci fosse una commedia e che questa fosse sviluppata in un

secondo libro è giustificabile dalla frase del sesto capitolo “…parlerò in seguito”.

Sostanzialmente sistematizzando quello che ha già detto, Aristotele dà una definizione (confine, delimitazione) di

tragedia. La tragedia è imitazione (caratteristica fondamentale di ogni produzione poetica), è azione (si tratta di

imitazione di azioni, non di personaggi e nemmeno direttamente di caratteri ma di uno svolgimento disteso nel tempo;

un processo in movimento), è seria (relativa al fatto che i personaggi in azione sono seri in quanto relativi ad una

particolare classe sociale) é compiuta (nel suo complesso ininterrotta e cronologicamente definita; l’azione ha un

qualche cosa di organico e vitale organizzato intorno ad una serie

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Publisher
A.A. 2011-2012
11 pagine
9 download
SSD Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-FIL-LET/05 Filologia classica

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher balconi di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Filologia classica e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Firenze o del prof Montanari Elio.