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Fenomenologia del potere - Popitz
L'opera, piuttosto più ampia ed articolata in questa nuova edizione, si sviluppa in due parti. La prima individua quella che potrebbe definirsi una dinamica del potere: le forme di imposizione del potere studiate sono pensate a partire dall'agire sociale. La seconda parte può piuttosto definirsi una statica del potere, essendo tesa a comprendere come esso si forma in strutture dotate di una certa stabilità e come si radica, legittimandosi ed istituzionalizzandosi. Il primo capitolo, che ha carattere introduttivo, è assai utile in quanto fissa alcune categorie fondamentali intorno a cui ruota, soprattutto, la prima parte dell'opera. Popitz individua quattro forme antropologiche fondamentali di potere: il potere di offendere, il potere strumentale, il potere d'autorità e il potere di creare "dati di fatto" (individuato nella tecnica come dominio sulle cose). I capitoli dal due al sei sono.svolti organicamente come indagine fenomenologica di queste categorie. Il potere di fare violenza è l'oggetto del secondo capitolo. La violenza viene qui definita come "un'azione di potere che porta ad intenzionali offese fisiche agli altri, indipendentemente dal fatto che per chi agisce essa abbia senso nell'esecuzione stessa (come mero potere d'azione) o che debba portare, convertita in minaccia, ad una lunga sottomissione" (p. 38).
In realtà, il contesto della discussione, aprendo anche a casi di offese non fisiche, sembra ampliare la definizione fornita nel testo. Vi è poi, osserva Popitz, una gradazione delle possibili offese ed il caso massimo è la morte, conseguenza del potere di uccidere. Nel caso del martire, secondo Popitz, si vede però come il potere trovi il proprio limite, nel senso che esso non può impedire che sia il martire a decidere, in ultima istanza, di accettare il proprio destino.
L'autore mette sullo stesso piano il caso del martire e quello dell'attentatore in quanto entrambi mostrano che la decisione di vita e di morte non sta solo in colui che detiene il potere (cf. p. 48).
Per esercitare il potere, gli atti violenti non sono per lo più necessari, essendo sufficienti le minacce. Si detiene potere strumentale, nota Popitz nel terzo capitolo, utilizzando lo strumento della minaccia, cioè quando si ha facoltà di disporre della paura e della speranza degli altri individui (cf. p. 65).
La struttura della minaccia è la seguente: "se tu non farai (comportamento difforme) ciò che voglio (comportamento richiesto), ti procurerò dei danni (sanzione minacciata); se tu, invece, farai quello che voglio (comportamento conforme), sfuggirai ai danni (rinuncia alla sanzione)" (p. 66).
Il confronto di Popitz tra minacce e promesse lo porta a notare che mentre le prime non costano nulla, se tutto si svolge come atteso, le
Le seconde sono costose, in caso di non conformità con quanto atteso.
I capitoli quarto e quinto sono entrambi dedicati al potere di autorità. Il primo dei due studia il fenomeno dell'autorità da una prospettiva generale. Il potere di autorità è irriducibile a quello che porta alla sottomissione frutto della forza, perché la sottomissione all'autorità è spontanea e consiste nel "riconoscimento di una superiorità che porta ad una forte disponibilità ad adeguarsi" (p. 92). Essa si declina in gradi diversi che vanno dall'obbedienza amorevole, all'obbedienza appena tollerata. Nel capitolo quinto l'autorità viene esaminata secondo la prospettiva del legame sociale. L'autorità istituzionale, legata a determinate posizioni della scala sociale, è tipica delle società tradizionali. Essa è legata al ruolo e non alla persona che di volta in volta ne è.
portatrice.Si hanno così i casi della divina auctoritas, gestita da chi ha il potere religioso, e dell'auctoritas paterna che consiste primariamente nella dipendenza dalla figura genitoriale, ma che si trasferisce su altre figure come, ad esempio, il proprietario terriero, l'ufficiale, l'insegnante.
Secondo Popitz, l'autorità istituzionale è minacciata e spesso dissolta, ma con lei non viene meno l'autorità. Si fanno allora spazio nuove forme di autorità che Popitz designa come autorità personale. Esse sono fondate su una serie di bisogni, quali quello di essere riconosciuti come appartenenti ad un gruppo, il bisogno del riconoscimento di un ruolo ascritto (per esempio, età, sesso, discendenza, rango sociale), riconoscimento di un ruolo acquisito (a livello di competenza e di professionalità), riconoscimento di un ruolo pubblico, riconoscimento della propria individualità. Questi bisogni si svolgono a
partire da due tendenze costanti. La prima consiste in una pluralità delle soggettività sociali, per cui i più recenti tipi di autorità non soppiantano i precedenti, ma li affiancano. La seconda tendenza consiste nell'individualizzazione della soggettività sociale. Il soggetto passa così dall'io sono come tutti gli altri e voglio essere riconosciuto come tutti gli altri, all'io sono come nessun altro e voglio essere riconosciuto come qualcuno che è diverso da tutti gli altri (cf. p. 123). Il potere legato alla tecnica è l'oggetto del capitolo conclusivo della prima parte. Lo straordinario e incontrollabile sviluppo della tecnica apre all'uomo scenari di grande preoccupazione per la responsabilità cui è chiamato chi controlla il potere della tecnica. Popiz così, profeticamente, ritiene che "un controllo dell'agire tecnico, in quanto controllo di potenziali di potere enormi e in continua,mostruosa crescita, non è pensabile senza cambiamenti difficili e difficilmente immaginabili, paragonabili ad esempio alle innovazioni ideali e istituzionali che hanno portato al moderno stato costituzionale” (p. 147). La seconda parte dell’opera si articola in due capitoli. Nel primo si discutono i processi di formazione del potere. Il metodo di esposizione scelto è quello della discussione di esempi archetipici. Gli esempi sono pensati per dare ragione della formazione del potere in cui una minoranza si impone contro gli evidenti interessi e le intenzioni della maggioranza. In tal modo vengono volutamente tralasciati i casi in cui il potere si forma come risultante di un consenso universale, i casi in cui una minaccia esterna accresce il fabisogno di decisione del gruppo, e quelli in cui il potere risulta dall’autorità carismatica di un singolo. Gli esempi scelti da Popitz sono ambientati rispettivamente su una nave, in un campo di prigionia e in unistituto di educazione. Col primo esempio, Popitz, mostra che la fruizione di risorse limitate genera una distinzione tra privilegiati e non privilegiati che si radicalizza per la superiore capacità organizzativa dei privilegiati, maggiormente disposti, per interesse, a difendersi reciprocamente. Inoltre la reciproca legittimazione dei privilegiati opera attivamente affinché lo status del privilegio si imponga. Col secondo esempio, Popitz mostra come in uno stato di necessità, la presenza di un gruppo di individui fra loro solidali e dotati di competenze renda il gruppo stesso particolarmente efficiente, produttivo, e capace di imporsi sul contesto sociale. Una volta acquisita una certa leadership, il gruppo la manterrà attraverso la politica della divisione, creando intorno a sé gruppi beneficiati a livelli diversi. Con tale sistema chi ha il potere si assicura un gruppo di sostegno e crea un gruppo di diseredati. Il rischio di essere declassati aQuest'ultimo gruppo rappresenta una minaccia capace di dissuadere chi volesse ribellarsi tra coloro che, anche solo potenzialmente, possono appartenere al gruppo dei beneficiati. Il terzo esempio riguarda soprattutto la ripartizione dei benefici nel gruppo di potere e affronta il tema della gerarchizzazione del potere e di come l'ordine costituito tenda a mantenersi.
Il secondo capitolo della seconda parte affronta il tema dei gradi di istituzionalizzazione del potere. In primo luogo, vi è una progressiva spersonalizzazione del rapporto di potere. In secondo luogo, vi è una crescente formalizzazione che prevede la creazione di regole, procedimenti e rituali. Infine, il potere si integra in un ordinamento onnicomprensivo che si lega ad una struttura sociale, sostenendola ed essendo da essa sostenuto. Questi momenti si sviluppano a stadi: il primo consiste nell'esercizio sporadico del potere. Il secondo consiste in quello che Popitz definisce il potere standardizzante.
A questo livello, le prestazioni dipendenti dal potere sono prevedibili, l'ubbidienza è tarata su determinate situazioni, la disponibilità qui-e-ora è diventata una disponibilità sempre-nel caso-che, la conformità del comportamento è divenuta standardizzante, acquisendo forme routinarie (cf. p. 195). Vi sono poi, secondo Popitz, ancora tre stadi. Il terzo consiste nel potere che diviene dominio: nella struttura sociale si è creata una posizione di dominio al punto che, se esso non venisse occupato, si percepirebbe come vacante. Il quarto stadio consiste nella nascita di strutture posizionali di dominio: gli apparati di dominio. Infine, si ha il dominio statale e la trasformazione del dominio centralizzato in pratica quotidiana. Significativamente, un sociologo di scuola weberiana, nella sua opera "Fenomenologia del potere", fa un'analisi del potere stesso, cogliendo le varie modulazioni e arriva a definire il potere offensivo.Come "puro potere d'azione", intendendo con ciò affermare che si tratta di un potere che presuppone uno scatenamento degli istinti nell'agire e che si rivela più impermeabile alle regole e, dunque, meno disciplinabile di ogni altro potere. Per capire che cosa intendiamo possiamo anche solo pensare ad un gruppo di ragazzi che hanno un alterco; in essi scatta questo puro potere d'azione, si perde il controllo della situazione e si travalica ogni norma.
In realtà, come fa notare Heinrich Popitz, la violenza può essere delimitata ma non può scomparire.
Alcuni sociologi contemporanei hanno sicuramente saputo scavare ancora più a fondo nell'analisi della fenomenologia del potere (Popitz) o del rapporto che esiste tra potere e massa (Canetti). Nell'analisi si cerca impietosamente di descrivere come gli stessi meccanismi di formazione del consenso popitzsiano siano condizionati nel processo di formazione e gestione del potere.
scende, rappresentando la varietà e la diversità delle persone che si incontrano durante il viaggio. Il secondo caso simbolico è quello di un albero che cresce rigoglioso in un bosco. Le sue radici profonde rappresentano le radici culturali e storiche di una comunità, mentre i suoi rami e foglie rappresentano la crescita e lo sviluppo della comunità stessa. Il terzo caso simbolico è quello di una candela che brucia lentamente. La sua fiamma rappresenta la vita e la sua lenta consumazione simboleggia il trascorrere del tempo e la finitezza della vita stessa.