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FAUST
Il nucleo essenziale della leggenda faustiana è il patto tra un uomo di dottrina ed il diavolo. Il primo
ricava da questo patto vantaggi di varia natura ma dopo la morte la sua anima sarà dannata in
eterno. Ha influenza la leggenda di Teofilo nata o divulgata in area bizantina verso il VI secolo, nel
dramma sacro intitolato “Le miracle de Théophile” di Rutebeuf. La salvezza eterna del protagonista,
nonostante il suo patto con il demonio avviene e si esprime attraverso una conclusione poetica
costituita da un’invocazione alla Vergine. Il personaggio vero e proprio di Faust si presenta molto
più tardi ed impersona non più l’uomo tipicamente medievale, ma un uomo di transizione cioè
ancora intinto di Medioevo ma che già è passato attraverso l’Umanesimo ed il Rinascimento. Ed è
stato segnato dalla Riforma luterana. La figura concreta del dottor Faust incarna l’homo novus,
interprete sofferto della modernità che nascendo nel secondo Quattrocento ed affermandosi nel
corso del Cinquecento, approderà all’età barocca e sarà vincente con l’Illuminismo e la Rivoluzione
francese. È quella schiera che elenca nomi come Lorenzo Valla, Leonardo da Vinci, Pico della
Mirandola, Paracelso ecc. Tutti uomini “moderni”, cioè non più disposti ad accettare quel sistema
chiuso in uso per tanto tempo nei secoli medievali. Tutti vogliono arrivare alla verità in un modo
inedito più dinamico ed aperto ed hanno un obiettivo comune: arrivare all’Uno-Tutto sia esso il Dio
cristiano che il dio del panteismo. Di questa famiglia fa parte anche Goethe ora come luterano
pietista, ora come neoclassicista, ora come romantico ecc. Faust è una figura di cui abbiamo notizie
incerte e contraddittorie. Si chiama Faust, dal latino Faustus, non conosciamo il suo vero nome di
battesimo né dove nacque o dove morì di preciso. Qualcuno anche oggi lo confronta a Paracelso,
ma questo è un genio, un precursore anche scientifico. Faust può essere trattato in qualsiasi modo,
trascinato su un palcoscenico, ma non verrebbe in mente a nessuno di trattare così Paracelso. Il
primo volume da cui abbiamo notizie di un Faust, è l’“Historia von Dr. Johann Fausten” il cui titolo
fa una sorta di riassunto dell’argomento e definisce il protagonista come noto mago e negromante
che si era promesso al diavolo per averne la ben meritata mercede. L’editore a Francoforte sul Meno
è Johann Spies e l’anno di pubblicazione il 1587. Questo presunto autore del Faust si dimostra
fortemente luterano che vede Faust come eroe negativo, un senza Dio che evita la strada della
salvezza indicata da Lutero. Già in questa operetta si trova tantissimo materiale del futuro Faust di
Goethe: lo spirito infernale di Mephistophiles, la corte imperiale dove Faust si esibisce come mago,
l’evocazione di Elena da cui Faust avrà un figlio ecc. La “Historia” ebbe successo. Nel 1559
Widmann la rielaborò ed ampliò e nel 1674 il medico Nikolaus Pfitzer gli darà una trama più
articolata e ricca. Colui che nel 1725 rielabora il soggetto, sottolinea i caratteri avventurosi e
realistico-popolareschi. In queste due ultime versioni, spunta un elemento nuovo che arriverà alla
massima fioritura in Goethe, cioè la presenza di una fanciulla povera ma bella che si fa notare dal
protagonista. L’ “Historia” del 1587, Goethe la conobbe per via indiretta. Arrivata dall’Inghilterra e
scontratasi con una civiltà titanica e ribelle trova un drammaturgo come Christopher Marlowe che
nel 1593 sarebbe morto giovane in una rissa. Con Marlowe il tema faustiano trova la sua prima
versione geniale. Goethe non ebbe modo di leggere la “Tragical history of doctor Faustus” se non
nel 1818 quando la prima parte del suo poema già era stata pubblicata e la seconda in avanzata
stesura. Eppure quel capolavoro influì in maniera indiretta su di lui fin dall’infanzia. Il dramma di
Marlowe era arrivato in Germania fin dal 600 ed era un pezzo forte dei teatri ambulanti. Non ci si
fermò al pubblico popolare degli adulti ma si pensò anche ai bambini e così il Faust venne
rappresentato anche nei teatri di marionette dove era più semplice stupire la platea con scene di
spettri ed evocazioni. Ma Goethe già aveva iniziato la gestazione e stesura del suo capolavoro
quando Lessing scrisse alcune scene in cui il mito di Faust ha già dignità filosofica e culturale. Sono
poche scene ma costituiscono il ponte tra il dramma di Marlowe e quello di Goethe. Di poco rilievo
i frammenti di un dramma su Faust di Friedrich Müller editi nel 1778 nello spirito dello Sturm und
Drang. Goethe in parte conoscendo ed in parte ignorando ciò che si era scritto e rappresentato su
Faust fino ai suoi giorni, intraprese quella che poi avrebbe definito la “faccenda principale” della
sua vita ampliandola, approfondendola fino a costruire quella che con la “Divina Commedia” è la
summa più universale della letteratura occidentale, quindi il poema dantesca per il mondo del
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Medioevo, la tragedia goethiana per l’età moderna. Per giungere a tanto partendo da uno spunto
così candido, Goethe dovette reinventarlo. Eppure è impressionante quanto della saga originaria,
della legenda ingenua fiorita tra le pagine dei libri popolari o sulle scene del teatro per marionette si
sia conservato negli episodi più metafisici e intellettualistici del capolavoro goethiano.
La stesura pluridecennale
Attingendo a queste fonti ed elaborando questi materiali, Goethe comincia a scrivere il suo Faust
quando ha ancora 23 anni. Nell’estate del 1773 qualcuno ne fa menzione scritta, l’anno dopo altri
amici conoscono alcuni frammenti. Poi Goethe viene invitato dal Duca Carlo Augusto a Weimar e
la composizione del Faust si arresta. Quando riprenderà a scriverlo, utilizzerà questa prima versione
francofortese come materiale da ricomporre, tagliare e completare. Un manoscritto da macero di cui
Goethe non conservò una copia, ma per fortuna una damina di corte, la damigella von Göchhausen,
aveva ottenuto di ricopiarlo. Questa copia venne trovata nel 1887 dal critico Erich Schmid e
pubblicato con il titolo di “Urfaust” (Faust originario). Il testo è senza dubbio Sturmeriano. Al suo
interno vi sono due nuclei tematici: la tragedia dell’intellettuale alla ricerca della suprema verità ed
il dramma amoroso di una seduzione che precipita nella disperazione una ragazza di estrema
semplicità e purezza. Il primo nucleo suggerirà a Goethe il titanismo nello stile del “Prometeo” che
stava scrivendo negli stessi anni, il secondo gli suggerirà una delle più strazianti storie d’amore che
siano mai state scritte. Per il gruppo di scene comprendente l’amore, la pazzia e la morte di
Gretchen (Margherita), Goethe attinse ad un ricordo di storia francofortese cioè l’esecuzione
capitale di un’infanticida (Susanna Margarethe Brandt) avvenuta nel 1772, quando Goethe era in
procinto di scrivere il Faust. In queste scene del Faust c’è un intenso sapore di Medioevo e
germanicità che molti considerano poeticamente il meglio di tutto il Faust. A partire dal 1897
Goethe dà mano alla pubblicazione della sua opera omnia in otto volumi. Nell’ultimo (1790) esce
“Faust, ein Fragment”, è un Urfaust rielaborato, limato ed integrato ma con molte lacune e che,
come intreccio si arresta prima dello stesso Urfaust, al punto in cui Margherita sviene nel duomo.
La prosa ha fatto posto al verso ed alcuni sapori aspri vengono sostituiti da una classica armonia.
Seguono alcuni anni di stasi. In quel periodo incubatorio s’inserisce l’amicizia con Schiller. Schiller
ha aiutato Goethe con il Faust non mettendo mano all’opera, ma chiarendo all’autore quale sviluppo
avrebbe potuto avere, cioè di realizzare nella seconda parte il lato simbolico-ideale che nella prima
è velato dalla visionarietà drammatica ed attingere aduna sintesi di nobiltà e barbarie. Schiller
muore nel 1805 e per Goethe è una grande perdita, ma per ciò che attiene al Faust, lo stimolo
dell’amico era stato sufficiente. Nella seconda parte, il Faust spezzerà l’armonia raggiunta per
aprirsi ad un ventaglio di proposte, visioni, stilemi che riveleranno molta contraddittorietà.
Riprendendo il lavoro intorno al 1797, lo porta avanti fino al 1806, quando Schiller è morto poco.
Adesso prende corpo il patto col diavolo ed il Prologo in cielo e nel 1808 finalmente esce “Faust.
Eine Tragödie” che fornisce la prima parte dell’opera e sono già pronte alcune scene dedicate ad
Elena di Troia che verranno alla luce più tardi. Dopo una lunga pausa, l’autore anziano affronta
l’ultima fatica negli anni 1825-31. Anche se al suo fianco non c’è più Schiller, c’è un uomo
intelligente e colto, il suo segretario Eckermann i colloqui con il quale lo aiuteranno molto a far luce
dentro di sé. Adesso è ispirato dalla sua passione per l’arte greco-romana ma anche l’apertura sul
mondo si un Medioevo rivisitato, sul teatro barocco e sulla lirica orientale. Nel 1831, l’anno prima
della morte di Goethe, il Faust II può considerarsi finito. La seconda parte del Faust perciò sarà
pubblicata nello stesso anno, 1832, dai curatori Eckermann e Riemer nel primo volume delle opere
postume.
Analisi dei molti aspetti e nuclei del “Faust”.
La gestazione e la durata della stesura del Faust sono lunghe e complesse ed occupano circa
sessant’anni della vita di Goethe, dai primi anni 70 del 1700 alla vigilia della morte. Qualcosa di
simili si ebbe anche per “Wilhelm Meister” la cui stesura durò 53 anni, dall’inizio della prima
stesura nel 1776, alla pubblicazione dell’ultima parte nel 1829. Se pensiamo che Goethe durante la
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vita vide passare varie epoche e movimenti (tracce del Medioevo, Rinascimento, età barocca,
Rococò, neoclassicismo, Sturm und Drang, Rivoluzione francese, età napoleonica, Restaurazione,
fine dell’aristocrazia con l’avvento del proletariato) possiamo considerare un miracolo come il
tessuto letterario non sia esploso date le varie stratificazioni stilistiche e concettuali. Il Faust è
un’opera unica che via via va assumendo sembianze diverse e si colloca in generi letterari e teatrali
diversi: può essere affrontato da categorie eterogenee di lettori, con diverse pretese. Il primo aspetto
con il quale il Faust si presenta al lettore è quello della tradizione da cui è nato, lo si vede come una
specie di mistero medievale o rinascimentale. Il pensiero va alla sta