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B C

gli effetti mediati da GABA portano all’inibizione presinaptica, dove la sua attività nello striato è modulata dalla

A

dopamina; inoltre GABA potrebbe essere coinvolto nell’anestesia da anestetici volatili ed endovenosi. Il recettore

A

GABA è implicato in processi di consolidamento e recupero delle informazioni mnemoniche e nell’Alzheimer, dove si

B

ha una minor concentrazione di GAD e di recettori GABA . Tra i farmaci che agiscono a livello del GABA vi sono i tossici

B

come acido Kainico (lede gli interneuroni e provoca convulsioni), farmaci implicati nella ricaptazione del GABA nella

glia come Beta-Alanina e Prolina e nei neuroni come l’Acido Nipecotico, Guvacina. Vi sono anche farmaci che

inibiscono il metabolismo bloccando GABA-T (Valproico), gamma-acetilen GABA, gamma vinil GABA, Etanolammina),

agonisti come il Muscicolo e il Baclofen. Infine gli antagonisti GABA come Bicuculina (sul sito GABA) e Picrotossina

A

(sul sito modulatore Cl-) e antagonisti GABA come Faclofene e Suclofene. Sono modulatori allosterici dei recettori

B

GABA e NMDA i neurosteroidi, i quali promuovono la massina inibizione nel cervello e possono essere sia agonisti

A

derivati dal progesterone e strettamente correlati alla sindrome premestruale alla depressione post-partum; sia

antagonisti che derivano dal deossicorticosterone. Esistono anche altri aminoacidi inibitori come la taurina presente

nella ghiandola pineale, nella retina, nello striato e anche in piccola quantità nel midollo. La taurina sarebbe implicata

nell’inibizione dei neuroni spinali, dei fotorecettori e nell’olfatto. Un altro neurotrasmettitore inibitorio è la glicina che

è anche in grado di attraversare la BEE. Si localizza a livello spinale, nel ponte e nel mesencefalo. È implicata in vie che

interconnettono la corteccia con l’ipotalamo, vie spinali-rafe e reticolare. Un suo antagonista farmacologico è la

Stricnina, un bloccante della ricaptazione è la imipramina (antidepressivo triciclico) e la clorpromazina (neurolettico).

La glicina, inoltre, potrebbe essere importante per il meccanismo di azione degli anestetici.

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I farmaci del Parkinson: meccanismi di azione, effetti collaterali

Il morbo di Parkinson, assieme a Corea di Huntington, Sclerosi Laterale Amiotrofica e Alzheimer, rappresenta una delle

malattie neurodegenerative più comuni. Sono tutte malattie progressive e si cerca di controllare i sintomi. Hanno

eziopatologia ignota, ma si sono fatte alcune ipotesi dove giocano un ruolo molto importante diversi fattori come

fattori ambientali, l’invecchiamento e il metabolismo neuronale che portano a danni del DNA, perossidazione dei lipidi

e proteine danneggiate. La selettività della lesione però resta ancora un mistero. Ad oggi si ipotizza che vi sia anche

una componente infiammatoria che porti all’insorgenza di queste malattie, ad esempio nell’Alzheimer, la continua

produzione di proteine unfolded porta all’attivazione di citochine in modo da ristabilire l’omeostasi corretta, ma una

secrezione continua di citochine porta alla perdita funzionale del tessuto. Inoltre, si assiste anche ad un continuo

richiamo di leucociti che invadono il parenchima del SNC e portano ad un drastico danno nell’integrità della BEE.

Pertanto l’azione combinata di linfociti e citochine promuove la neuroinfiammazione che causa la morte dei neuroni.

Resta comunque il problema delle specificità delle lesioni che probabilmente deriva da una interazione fra genetica

ed ambiente. A livello genetico la corea di Huntigon è trasmessa come carattere autosomico dominante, il morbo di

Parkinson presenta mutazioni a livello della sinucleina, della parkina (ubiquitina idrossilasi) e UCHL1, l’Alzheimer

presenta mutazioni a livello di APP (amyloid precurso proteine) e recentemente si è vista una correlazione con ApoE,

infine nella SLA si è visto che il 2% dei pazienti presentano mutazioni a livello di SOD. Anche l’ambiente gioca un ruolo

fondamentale dato da infezioni, tossine e lesioni. Entrando più nello specifico, nel morbo di Parkinson si assistono a

lesioni neurodegenerative della via nigro-striatale, si ha una carenza nella sinesi della dopamina che esercita

modulazione a livello dello striato. Questa patologia si manifesta ad un’età media introno ai 60 anni e colpisce circa

20 persone su 100000. È contraddistinta da bradicinesia (difficoltà ad iniziare i movimenti), rigidità muscolare (viene

a mancare il controllo di contrazione e di rilascio a cui seguono movimenti a scatto), tremore. L’origine è sconosciuta,

si ipotizza che sia dovuta ad un aumento dei radicali liberi derivati dal metabolismo della dopamina, inoltre si è visto

che potrebbe essere indotta da neurolettici. I sintomi si manifestano quando la carenza di dopamina è del 80-90%. Ad

oggi si sta andando alla ricerca di sintomi che permettano la diagnosi precoce, si è notato che si riscontrano disordini

nel sonno, in particolare nella fase REM, già10-20 anni prima che la patologia di manifesti con i suoi sintomi motori.

In particolare, le vie che controllano il movimento sono due e si distinguono in via diretta e via indiretta che

coinvolgono la sostanza nera e il globo pallido. Nel caso in cui la sostanza nera sia degenerata completamente si

somministrano farmaci che colpiscono direttamente lo striato e quindi si cerca di ovviare la degenerazione

dopaminergica. Uno dei farmaci maggiormente usato nel trattamento dei sintomi del morbo di Parkinson è la

Levodopa, la quale però viene metabolizzata a dopamina per il 95% in periferia e solo l’1% entra nel SNC. Nel SNC, nei

pazienti, si vedono miglioramenti sul tono e nel movimento, con un miglioramento parziale dell’umore, una minore

apatia, ma si hanno allucinazione e aumento dell’aggressività in quanto si assiste ad una riduzione del tono

serotoninergico centrale. L’utilizzo della Levodopa si basa sul fatto che a livello della sostanza nigra vi siano presenti i

sistemi enzimatici per la sintesi di dopamina e che quindi la levodopa venga convertita in quest’ultima (che però

vengono a mancare con il progredire della neurodegenerazione). La dopamina può essere sintetizzata da L-dopa anche

dai neuroni serotoninergici, ma in questo caso si parla di effetti collaterali. Tra gli effetti collaterali si hanno vomito,

nausea, aritmie, a cui seguono degli effetti più tardivi come movimenti involontari, discinesia (che però possono essere

controllati da anticolinergici), si possono avere anche alterazione del comportamento con allucinazioni, paranoia,

mania, insonnia, ansia, depressione, ludopatia (dovuti ad un accumulo di dopamina nel nucleos accumbens). Mediante

assunzione di levodopa si possono andare incontro a fenomeni “off-on” e di “fine dose”. Il fenomeno di fine dose si

manifesta tra due somministrazioni, dove si possono avere delle diminuzioni delle concentrazioni plasmatiche e si

procede con una successiva somministrazione del farmaco. Il fenomeno “on-off” invece è dato da problemi di mal

assorbimento, che si può correggere con somministrazioni di puff di apomorfina, ma può essere anche dovuto a

fenomeni di down regulation dei recettori nel trattamento cronico. Visto che il 95% del metabolismo della levodopa

avviene a livello periferico si somministrano assieme a questa anche farmaci che inibiscono l’azione della dopa-

decarbossilasi, come ad esempio la Carbidopa. Questo meccanismo agisce solo a livello periferico e non centrale,

quindi non diminuisce gli effetti collaterali dovuti alla dopamina che causano aggressività e allucinazioni. Bloccando la

via delle decarbossilasi, si potenzia quella delle COMT ed il metabolita che si forma (3-ossimetil-DOPA) è in grado di

competere per il passaggio della barriera, quindi si procede anche con l’inibizione delle COMT periferiche mediante

Tolcapone e Entacapone. Per inibire il metabolismo della dopamina vengono anche somministrati inibitori specifici

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delle MAO-B, che però sono irreversibili, come la Selegilina. Funzionano nella prime fasi della malattia in associazione

a levodopa. Si discute se la levodopa possa peggiorare la degenerazione in quanto il passaggio di DOPA a dopamina

porta alla formazione ROS, ma la portata reale di questa possibilità resta per ora ignota. Quando i livelli di dopamina

diminuiscono drasticamente si cerca di bloccare anche l’Ach per evitare alcuni effetti collaterali (è una pratica che ad

oggi non viene più usato molto frequentemente, visto che si preferiscono usare agonisti diretti dei recettori

dopaminergici). Vengono somministrati anticolinergici che sono tutti antagonisti del recettore muscarinico e sono

utili come farmaci di supporto anche nelle patologie motorie da antipsicotici; antistaminici visto che hanno qualche

effetto anti-muscarinico. Un farmaco che è un antivirale ma che viene somministrato anche in associazione alla

levodopa è l’amantadina che blocca la ricaptazione di dopamina e ne promuove la liberazione. Invece, tra gli agonisti

diretti del recettore dopaminergico traviamo l’Apormofina, Bromocriptina e Pergolide. Il loro impiega diventa

essenziale quando la progressione della malattia porta all’impossibilità che il neurone possa sintetizzare dopamina

partendo da Levodopa. Il capostipite è l’apomorfina, che però è stata abbandonata per gli effetti emetici e la

somministrazione endovenosa. Con Bromocriptina e Prgolide, che sono derivata dell’ergot, non si hanno miglioramenti

della malattia, la quale continua procedere, ma si hanno solo miglioramenti dei sintomi. Altri farmaci usati nel

trattamento dei sintomi del morbo di Parkinson sono i GABAergici come il Muscimolo, che è un agonista diretto del

recettore GABA. Viene somministrato questo faramco perché GABA modula l’attività del sistema dopaminergico a

livello della sostanza nigra e si è pensato che potesse diminuire i movimenti involontari. Funziona soprattutto nella

discinesia ma ha pensati effetti comportamentali che ne impediscono l’uso. Altri GABAergici, come le benzodiazepine,

non funzionano. Si è concluso che la vera azione possa essere solo un effetto miorilassante periferico.

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Antipsicotici: farmaci, meccanismi di azione, effetti collaterali

Gli antipsicotici nel passato venivano identificati con il termine di neurolettici, poiché avevano un forte effetto sedativo

che era caratteristico dei farmaci di prima generazione. Una delle principali malattie che prevede l’utilizzo di

antipsicotici è la schizofrenia, la quale colpisce circa l’1% della popolazione e le cui cause non sono chiare (si ipotizzano

sia cause genetiche ma anche condizioni ambientali) anche se il rischio malattia aumenta in famiglie con un individuo

affetto e il rischio aumenta quanto più è stretta la parentela. L’età di insorgenza della schizofrenia var

Dettagli
Publisher
A.A. 2017-2018
14 pagine
SSD Scienze biologiche BIO/14 Farmacologia

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher yetapia di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Farmacologia speciale e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Milano o del prof Panerai Alberto.