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A

alternativa. Dopo aver determinato la frazione assorbita, la Cl del farmaco può essere facilmente

calcolata come il prodotto tra la dose e la F rispetto all’AUC (Cl=D*F /AUC). Importante

A A

conseguenza della relazione tra quantità assorbita e AUC è che, a parità di biodisponibilità,

cambiando la via di somministrazione l’AUC per lo stesso farmaco nello stesso paziente non deve

cambiare.

Da quanto detto si evince che l’assorbimento è funzione della via di somministrazione, delle

caratteristiche anatomo-‐funzionali del sito di assorbimento e delle caratteristiche chimico fisiche del

farmaco. A seguito della somministrazione di una singola dose di farmaco, la sua concentrazione

plasmatica salirà con una velocità che dipende dal numero e dalla struttura delle barriere cellulari

che vanno superate, e dalla presenza di eventuali meccanismi di trasporto più o meno specifici. Di

conseguenza, la stessa dose di farmaco può produrre livelli plasmatici massimi diversi a

seconda della via di somministrazione.

Generalmente il picco è più alto per la

somministrazione endovenosa e più basso per le

somministrazioni enterali; valori intermedi si hanno

con le altre vie parenterali. Se il farmaco non è

somministrato per endovena ma ad esempio per os o

per via sottocutanea, bisognerà tenere in

considerazione che i principali parametri

farmacocinetici possono essere molto diversi rispetto

a quelli calcolati dopo somministrazione endovenosa

della stessa dose di farmaco. Ciò dipende dalla

quantità di farmaco che viene assorbita rispetto a

quella somministrata, ovvero dalla biodisponibilità del

farmaco

(F), che equivale al rapporto tra i valori di AUC ottenuti somministrando al stessa dose di farmaco

per via endovenosa e per una qualsiasi altra via. Oltre alla biodisponibilità un altro concetto

importante è quello della bioequivalenza. Due farmaci sono definiti bioequivalenti se, pur variando

la via di somministrazione e la formulazione farmaceutica, essi non mostrano differenze

significative per quanto riguarda la velocità e il grado di assorbimento.

Nella pratica clinica quotidiana è in realtà più

frequente trovarsi nella necessità di dover non solo

raggiungere ma anche mantenere a lungo un certo

valore di concentrazione plasmatica. Non si tratta più

di somministrare una singola dose, ma di instaurare

una terapia cronica e prevedere quale sarà l’effetto

di ciascuna singola dose sulla concentrazione

plasmatica prodotta dalle dosi precedenti.

Consideriamo l’andamento della concentrazione

plasmatica di un farmaco somministrato per ev come

mostrato in figura la

Cp raggiunge un valore di picco che è funzione della dose e del V per poi decadere in modo

d

esponenziale. Si nota che per ogni intervallo di tempo, pari al t del farmaco, la sua

1/2

concentrazione si dimezza. Questo vuol dire che dopo un tempo pari ad un t , nel paziente

1/2

riamane il 50% della dose somministrata; dopo altrettanto ne rimane il 25% e così via; dopo 5

emivite del farmaco, nel paziente è rimasto circa il 3% della dose somministrata, cioè un quantità

trascurabile. Se la somministrazione viene ripetuta dopo un tempo pari a 5 emivite, la nuova dose

semplicemente rimpiazza la precedente. Se invece le nuove somministrazioni vengono fatte a

intervalli più brevi, ciascuna di esse andrà a sommarsi a quello che è rimasto delle precedenti.

Dal momento che in generale la distribuzione e

l’eliminazione avvengono seguendo cinetiche di primo

ordine, non fa alcuna differenza considerare

separatamente il dimezzamento di ogni singola dose

oppure direttamente il declino della quantità complessiva

presente nell’organismo. Diviene allora facile predire che

ne sarà delle concentrazioni plasmatiche durante

somministrazioni ripetute di farmaci: per ogni dose

somministrata possiamo disegnare una curva di

concentrazione plasmatica, e l’andamento della Cp dovuto

alla somministrazione ripetuta delle dosi di farmaco si può

quindi

calcolare semplicemente sommando gli andamenti dovuti ad ogni dose considerata

singolarmente.

Se somministriamo ripetutamente dosi uguali di farmaco a intervalli fissi, la concentrazione di

farmaco cresce con le successive somministrazioni. Dopo una fase

iniziale sia la sovrapposizione dei singoli andamenti che la

concentrazione plasmatica totale risultante si stabilizzano

su un andamento periodico stabile (steady-‐state). Lo stato

stazionario è quindi la situazione durante la quale i livelli

plasmatici del farmaco rimangono all’interno di un ristretto

intervallo. A parità di condizioni di esposizione, variazioni

della clearance determinano variazioni della

concentrazione allo stato stazionario (Css) contribuendo

alla variabilità dell’effetto.

Nel caso in cui un soggetto sia affetto da insufficienza

renale, la clearance sarà rallentata, con maggiore

assorbimento rispetto all’eliminazione. Il tutto si traduce in

un aumento della Css allo stato stazionario rispetto ad un

paziente con una normale funzionalità renale.

Quando è necessario ridurre il tempo per raggiungere lo stato stazionario, perché la gravità della

patologia lo richiede, è possibile somministrare una dose iniziale di carico superiore a quella che

verrà successivamente impiegata (dose di mantenimento) oppure somministrare più

frequentemente il farmaco, sebbene esista il rischio di esporre il paziente a effetti avversi a causa

delle più elevate concentrazioni raggiunte. Per farmaci rapidamente eliminati caratterizzati da

emivita molto breve esistono due possibilità: se possiedono un basso IT (antineoplastici) essi sono

somministrati mediante infusione ev per ottenere livelli stabili e costanti senza pericolose

oscillazioni; se possiedono alto IT come la penicillina G, è possibile somministrare il farmaco 3-‐4

volte al giorno ma a dosi elevate in modo che le concentrazioni rimangano tra l’intervallo che va dalla

MEC alla MTC. Per tutti i farmaci con emivite più lunghe superiori alle 8h è possibile la

somministrazione multipla giornaliera.

Interazione tra farmaci: nella pratica

clinica l’uso contemporaneo di più

farmaci (polifarmacoterapia) è spesso

necessario per il raggiungimento del

risultato terapeutico desiderato in

molte patologia.

È noto che la contemporanea

assunzione di più farmaci può

produrre interazioni di diversa natura.

Il verificarsi di un’interazione non

implica necessariamente che i farmaci

siano co-‐ somministrati. Infatti, un

farmaco può condizionare la risposta

dell’organismo ad un altro farmaco

assunto successivamente. Quanti più

farmaci vengono assunti

contemporaneamente, tanto

maggiore sarà la probabilità che si

verifichi un’interazione i cui effetti non sono facilmente quantificabili. Alcune volte le interazioni

provocano a livello clinico effetti positivi e quindi utili ai fini terapeutici, ma altre volte gli effetti sono

clinicamente irrilevanti o addirittura producono risposte eccessive o inadeguate.

Il rischio di ADR, dovute ad interazioni tra farmaci, aumenta molto in caso di farmaci con basso IT

o responsabili di importanti effetti tossici. Tra i farmaci più coinvolti sono clinicamente rilevanti gli

anticoagulanti, gli antiaritmici, gli anticonvulsivanti, gli antidepressivi, alcuni antibatterici e

antifungini, i farmaci antiretrovirali, diversi antineoplastici ed immunosoppressori. Il rischio di

interazioni può anche essere correlato all’assunzione arbitraria di prodotti da banco o di fitoterapici

e integratori.

In generale, le interazioni vengono distinte in farmacocinetiche e farmacodinamiche in base al

meccanismo.

Interazioni farmacocinetiche: i farmaci possono interagire a qualsiasi livello durante i processi che

coinvolgono l’ADME. Per quanto riguarda l’assorbimento, diverse sono le modalità con cui un

farmaco può interferire con l’assorbimento di un altro farmaco lungo il tratto gastrointestinale.

Anche il cibo può

influenzare la biodisponibilità di molti farmaci. Tra i vari meccanismi con cui si possono verificare

tali interazioni troviamo:

• Modificazione del pH gastrico: antiacidi e inibitori della secrezione gastrica (farmaci anti-‐H2 e

inibitori della pompa protonica) possono, poiché alzano il pH gastrico, modificare il grado di

ionizzazione e liposolubilità di altri farmaci, alterandone così l’assorbimento. Farmaci antiacidi

come i salicilati, alcuni antibiotici (fluorochinoloni) e antimicotici (ketoconazolo) sono assorbiti in

minore misura in caso di pH più elevato, per cui ne consegue un ridotto effetto terapeutico. D‘altro

canto l’aumento del pH gastrico favorisce l’assorbimento di farmaci basici, come alcuni antidiabetici

(tolbutamide), potenziandone gli effetti.

• Neutralizzazione: è una reazione chimico-‐fisica tra due farmaci che si verifica lungo il tratto

gastroenterico prima dell’assorbimento e che porta alla formazione di chelati e di complessi

non assorbibili. Antiacidi come l’idrossido di magnesio e di alluminio o i sali di ferro sono

chelati dalle tetracicline, riducendone così l’assorbimento. Bifosfonati e sali di calcio, usati in

associazione nel trattamento dell’osteoporosi, quando assunti contemporaneamente,

possono ridurre la biodisponibilità l’uno nei confronti dell’altro, con il rischio di un fallimento

terapeutico.

• Modificazioni del transito gastrointestinale: sono indotte da alcuni farmaci e possono

ripercuotersi sulla velocità e/o sull’entità dell’assorbimento di un altro farmaco. Una ridotta

velocità dello svuotamento gastrico o una ridotta motilità intestinale, causata da agonisti

oppioidi (morfina, loperamide) o da farmaci anticolinergici (atropina, antistaminici, fenotiazine)

possono rallentare l’assorbimento di altri farmaci, come per esempio i macrolidi. Al contrario,

un’accelerazione dello svuotamento indotta da farmaci procinetici (metoclopramide,

domperidone) può favorire l’assorbimento di farmaci assorbiti prevalentemente nel primo

tratto dell’intestino.

• Inibizione della flora batterica intestinale: può essere causata dall’assunzione di antibatterici

soprattutto ad ampio spettro e rappresenta un ulteriore meccanismo mediante il quale alcuni

farmaci possono ostacolare l’assorbimento di altri. Ciò può indirettamente potenziare gli effetti

per esempio della digossina o della levodopa, poiché questi farmaci sono largamente

met

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A.A. 2015-2016
552 pagine
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SSD Scienze biologiche BIO/14 Farmacologia

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher ciuffo9226 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Farmacologia generale e farmacoterapia e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Roma La Sapienza o del prof Gaetani Silvana.