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ADENOSINA

È un nucleoside naturale che

ad alte dosi ha azione di

aumentare il periodo

refrattario effettivo, il

potenziale d’azione e ridurre

la velocità di conduzione

principalmente a livello del

nodo AV. Per questo motivo

è uno dei trattamenti di

scelta per la tachiaritmia

sopraventricolare acuta per

via endovenosa. Ha bassa tossicità ma causa vampate, dolore toracico e ipotensione.

Durata d’azione molto breve (15 secondi).

La possibilità che i farmaci antiaritmici possano indurre o aggravare una aritmia pre‐esistente

rappresenta un importante problema clinico. L’effetto pro‐aritmico si manifesta tra il 5 e il

10% dei pazienti. Il rischio è aumentato in presenza di insufficienza cardiaca.

Gli eventi pro‐aritmici più comuni si manifestano entro alcuni giorni dall’inizio della terapia o

all’aumento del dosaggio e sono rappresentati da:

1. Tachicardia ventricolare

2. Sindromi del Q-T lungo

3. Torsioni di punta

Le metilxantine sono degli antagonisti del recettore dell’adenosina.

L’adenosina ha dei recettori anche nella muscolatura liscia bronchiale, le metilxantine portano a

broncodilatazione.

L’antagonista è accoppiato in modo inibitorio all’attività dell’adenilato ciclasi.

A livello bronchiale ci sono i recettori B2. Se un farmaco blocca il catabolismo del cAMP o inibisce un

recettore accoppiato all’adenilato ciclasi ci sarà un aumento della concentrazione di cAMP e di

conseguenza si avranno una cascata di reazioni.

Si può anche stimolare un recettore accoppiato in modo stimolatorio alla adenilato ciclasi aumentando

quindi la concentrazione di cAMP. Di conseguenza le xantine sono anche dei broncodilatatori.

I fattori di rischio cardiovascolare possono essere di due tipi:

 Modificabili, cioè riguardano i valori dei trigliceridi, l’obesità, il diabete mellito,

l’ipertensione, il fumo e i fattori trombogenici.

 Non modificabili, cioè riguardano la storia personale di malattie cardiovascolari, la

storia familiare di malattie cardiovascolari, l’età e il sesso dell’individuo.

L’aterosclerosi è l’ostruzione dei vasi sanguigni dovuto ad un accumulo patologico del

colesterolo che porta alla formazione di placche ateromasiche. L’insufficienza cardiaca dovuta

alle occlusioni di arterie coronarie è una delle principali cause di morte nella società moderna.

L’incidenza di aterosclerosi è correlata con le concentrazioni elevate di colesterolo nel sangue,

specialmente con livelli elevati di LDL, mentre livelli elevati di HDL possono proteggere

l’organismo dall’insorgenza di aterosclerosi.

Le manifestazioni cliniche dell’aterosclerosi e la loro gravità dipendono dalle arterie colpite e

dal grado di stenosi provocata.

Le manifestazioni cliniche dell’aterosclerosi comprendono:

 La malattia cardiaca coronarica (CHD)

- Angina pectoris;

- Infarto del miocardio (IM);

 La malattia cerebrovascolare (CBVD)

- Attacchi ischemici transitori (TIA);

- Ictus;

 La malattia delle arterie periferiche (PAD)

- Claudicatio intermittens;

- Dolore ischemico a riposo;

- Necrosi ischemica.

Il trombo che si forma può staccarsi dalla zona in cui si è formato, diventa un trombo

circolante fino a quando si ritroverà in un vaso con un diametro inferiore a quello del trombo,

qui ostruirà ulteriormente il vaso e si può andare incontro a un fenomeno di trombosi.

Le placche si formano maggiormente nella biforcazione, dove il flusso sanguigno assume la

forma di un flusso turbolento e non lineare.

Se la placca si forma nel tessuto di conduzione del cuore è una situazione maggiormente a

rischio piuttosto che se si fosse formata nel fondo del cuore.

La placca ateromasica è formata da cellule, tra cui cellule muscolari lisce e monociti/macrofagi,

fibre, matrice di tessuto connettivo e detriti cellulari, lipidi (incluso colesterolo) che si

accumulano all’interno della parete cellulare di arterie di grosso o medio calibro. Tale placca

provoca vari gradi di ostruzione del flusso sanguigno (stenosi), si sviluppa all’interno

dell’intima della parete arteriosa ed evolve portando all’ispessimento e all’indurimento della

parete stessa.

FORMAZIONE PLACCA ATEROMASICA

Le placche ateromasiche tendono a formarsi nei

punti di ramificazione del sistema vascolare

arterioso, dove il flusso del sangue è più

turbolento ed è più probabile che si verifichi un

danno all’endotelio.

Nella figura sono rappresentati i siti più

frequenti di sviluppo delle placche ateromasiche.

DISLIPIDEMIE

Le patologie caratterizzate da anomalie del metabolismo di lipidi e lipoproteine con

conseguente alterazione delle loro concentrazioni plasmatiche. In base all’eziologia è possibile

distinguere:

Dislipidemie primitive,

 causate da difetti genetici nel metabolismo di lipidi e lipoproteine (ad

esempio assenza o difetti del recettore per le LDL o delle Apo B che provocano

ipercolesterolemia).

Dislipidemie secondarie, possono insorgere come conseguenza di patologie (come

 obesità, diabete, insufficienza renale ecc.) o per assunzione eccessiva di alcol, farmaci

(es. diuretici tiazidici) od ormoni (es. steroidi, contraccettivi orali).

Nella maggior parte dei casi, tali condizioni causano un’alterazione del catabolismo

delle lipoproteine. Le dislipidemie secondarie possono coesistere con le dislipidemie

primitive.

L’ipercolesterolemia, ed in particolare l’aumento della concentrazione plasmatica di

colesterolo LDL, rappresenta uno dei principali fattori di rischio per l’insorgenza di

cardiopatia ischemica e si associa ad un eccesso di morbilità e mortalità cardiovascolare.

Concentrazioni elevate di lipidi nel sangue

rappresentano uno dei principali fattori di

rischio per l’insorgenza di malattie

cardiovascolari. Con il termine di

iperlipidemia si identifica un’alterazione nel

metabolismo lipidico che sfocia in un aumento

dei livelli ematici di lipidi, in particolare

colesterolo e trigliceridi. Tale aumento può

essere isolato, e si parla allora di

ipercolesterolemia o ipertrigliceridemia, o

combinato, e si parla allora di iperlipidemia

mista.

L’ipercolesterolemia familiare è una malattia genetica che deriva da una delle molte

mutazioni possibili del gene per i recettori delle LDL.

La captazione di LDL dentro le cellule è difettosa e pertanto il colesterolo si accumula nel

sangue (omozigoti 680 mg/dL con aterosclerosi già nell’infanzia, eterozigoti 300 mg/dL con

aterosclerosi in età adulta).

Obiettivi della terapia delle dislipidemie

Riduzione dei livelli plasmatici di colesterolo totale e associato a

 lipoproteine

Riduzione dei livelli plasmatici di trigliceridi

 Aumento dei livelli plasmatici di colesterolo‐HDL

 Prevenzione e terapia delle malattie cardiovascolari

Il rifornimento di lipidi da parte dell’organismo è ripartito tra assunzione con la dieta e la

biosintesi ex novo. Il primo trattamento delle iperlipidemie consiste nell’abbassamento

della assunzione di trigliceridi e colesterolo dalla dieta e nel caso di insufficienti risultati

con la dieta si può intervenire con farmaci che limitino l’assorbimento e/o la sintesi di

lipidi, oppure che ne alterino il metabolismo.

Farmaci Ipolipemizzanti

I farmaci per il trattamento delle dislipidemie comprendono molecole utilizzate per la

riduzione dei livelli ematici del colesterolo e/o dei trigliceridi.

Appartengono a classi chimiche diverse, possiedono uno specifico meccanismo di azione e

spesso vengono utilizzati in associazione.

STATINE

Le statine sono inibitori dell’ idrossi‐metil‐glutaril‐CoA (HMG‐CoA) reduttasi, l’enzima

coinvolto nella biosintesi del colesterolo. Le molecole di questa classe derivano dal principio

attivo compactina o mevastatina, isolata dal Penicillium citrinum.

La storia delle statine inizia nel 1976, quando furono riportate la struttura e l’attività biologica

della (compactina) mevastatina, metabolita isolato da colture di Penicillum. Nel 1988 fu

descritto un più potente inibitore dell’HMG‐CoA reduttasi, la (mevinolina) lovastatina, isolata

dall’ Aspergillus terreus. Questi due composti hanno dato avvio allo sviluppo delle “statine”.

La simvastatina e la pravastatina sono derivati sintetici della lovastatina. Benché le tre statine

siano strettamente correlate strutturalmente, la pravastatina è somministrata come forma

aperta idrossiacidica (forma attiva), mentre la lovastatina e la simvastatina sono

somministrate come lattoni inattivi (pro‐drugs), che sono metabolizzati alle corrispondenti

forme aperte per azione di enzimi intestinali ed epatici. La fluvastatina rappresenta il primo

inibitore interamente sintetico dell’HMG‐CoA reduttasi. Sono seguite atorvastatina e

cerivastatina (quest’ultima ritirata dal commercio nel 2001).

Le statine hanno struttura simile al mevalonato che è un intermedio della

sintesi endogena di colesterolo. Essi competono tutti con esso legandosi all’enzima HMG-

CoA reduttasi che è la tappa limitante epatica per la sintesi del colesterolo. In questo

modo l’enzima viene bloccato e l’epatocita si trova in deplezione di livelli di colesterolo.

Allora avviene l’attivazione della trascrizione nucleare del gene che codifica per il recettore

delle LDL che viene tradotto in proteina ed esternalizzato sulla membrana plasmatica.

In questo modo aumentano i recettori epatici per le LDL che si legano maggiormente e

riducono la loro concentrazione plasmatica. L’organo nel quale la sintesi di col.

endogeno e l’uptake del colesterolo

dal plasma sono quantitativamente

più rilevanti è il fegato. Il fegato infatti

necessita di colesterolo oltre che per

la struttura delle membrane, per

sintetizzare acidi biliari e per

secernere VLDL. L’inibizione della

sintesi del colesterolo ad opera delle

statine determina una ridotta

disponibilità di colesterolo endogeno

che a sua volta causa un’aumentata

espressione di recettori per le LDL,

con conseguente riduzione dei livelli di LDL circolanti.

Un primo importante bersaglio nella terapia delle dislipidemie è la riduzione dei livelli di

colesterolo LDL. Per comprendere il razionale di alcuni approcci farmacologici mirati a questo

obiettivo, occorre brevemente illustrare il sistema di regolazione del colesterolo cellulare. Il

colesterolo è essenziale per le cellule, essendo componente fondamentale delle membrane

cellulari. Inoltre è substrato per la sintesi di acidi biliari e ormoni. Viene in

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A.A. 2016-2017
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I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher gabri2225 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di farmacologia e farmacoterapia e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia o del prof Brunello Nicoletta.