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FABBRINI, POLITICA COMPARATA

La teoria ci dice cosa e perché ricercare. L'istituzionalismo è la principale famiglia delle teorie di politica comparata. L'istituzionalismo è all'origine della scienza politica. Recenti sviluppi teorici sono confluiti nel Nuovo Istituzionalismo (nuovo per la visione non formalista di istituzioni e norme). Nel nuovo istituzionalismo alcune sono di livello macro (partono dalle preferenze degli attori politici), altre di livello meso (partono dalle istituzioni) altre ancora di livello micro (studiano macro mesointerazioni tra istituzioni e attori al loro interno). Approcci macro e meso: variabile indipendente sono le istituzioni. Approccio micro: variabile indipendente le preferenze degli attori. La teoria della scelta razionale ha come modello l'Istituzionalismo razionale (micro). Teoria della scelta razionale con riferimento a quello economico neoclassico. Questa teoria considera gli individui che partecipano alla politica come attori razionali che agiscono per.

massimizzare le loro preferenze. Le istituzioni, elaborate all'esterno del processo politico, ossia prima della partecipazione alla politica, sono la variabile indipendente; sono la variabile interveniente, e cercano di spiegare come si formano le scelte collettive. Le istituzioni rendono possibile l'azione collettiva, cioè la cooperazione tra attori, inoltre dispongono di un potere di sanzione verso comportamenti devianti. Le istituzioni favoriscono la formazione di uno stato di equilibrio, ossia quando nessun attore ha interesse a discutere lo status quo poiché non è consapevole se potrebbe derivarne un equilibrio più soddisfacente (equilibrio Paretiano). Assumendo le istituzioni quali entità storiche, critiche: queste finiscono per essere astratte. Invece le istituzioni sono permeabili al tempo e alla storia, e una stessa struttura istituzionale può avere effetti diversi in tempi storici diversi. Pertanto, non si può

Considerare una variabile istituzionale assumendo che le altre variabili rimangano costanti. I teorici che spiegano l'esistenza di un'istituzione facendo riferimento agli effetti che ne seguono; ossia assumendo che il processo di creazione di un'istituzione sia propositivo, cioè controllato da attori che sanno quali istituzioni creare (questi teorici hanno selezionato oggetti di studio che consentissero di ottenere i risultati desiderati) sono diventati prigionieri del loro metodo. Inoltre i moventi dell'azione umana sono plurimi, la razionalità non è l'elemento principale.

Per tale teoria le istituzioni hanno origine e sviluppo indipendenti dagli attori che agiscono al loro interno. Si focalizza sulle istituzioni e la loro evoluzione. Gli esponenti principali sono Pierson e Skocpol, i quali considerano il tempo una variabile interveniente cruciale. Essi elaborano la Teoria dell'Istituzionalismo storico (macro) la quale sostiene che una scelta fatta

nel tempo X della dipendenza dal percorso, influenza le scelte che si faranno nel tempo Y. Tuttavia non sono riusciti a elaborare una Teoria dell'azione sociale. poca attenzione data al ruolo degli attori individuali nell'evoluzione di una struttura istituzionale; analisi ridotta del numero di casi, prendendo come oggetto di studio solo quelli in cui si manifestavano i fenomeni di loro interesse; non riduce l'azione individuale alla massimizzazione delle proprie preferenze e cerca di capire come si sia formato l'equilibrio in grandi aggregazioni istituzionali. Esponenti principali sono l'Istituzionalismo sociologico (meso). Olson, Di Maggio e Powell. Le istituzioni regolano il gioco politico e influenzano le preferenze e l'azione degli individui. In questa teoria si attribuisce interesse per la cultura (non confondere con teoria culturalista: studi più importanti indagavano sul legame fra cultura e istituzioni. es. Almond e Verba, e Inglehart). Per gli

istituzionalistisociologici le istituzioni organizzano la cultura e gli individui la legittimano, perciò le istituzioni comprendono simboli e modelli morali di riferimento che guidano l'azione umana. La cultura si trasmette tramite le istituzioni (perciò è la variabile indipendente) e, a loro volta, le istituzioni influenzano il comportamento degli attori fornendo le interpretazioni del mondo sulla base delle quali gli attori agiscono. L'azione è motivata dalla logica dell'appropriatezza. basa i suoi Critiche: assunti su condizioni stabili ma non si può prevedere cosa accada se nascono nuove istituzioni e quale sia il comportamento appropriato in una situazione di cambiamento; non consente di misurare il conflitto tra attori o di intendere il predominante schema culturale; sottovaluta l'impatto della competizione sulle istituzioni.

2ha distinto tra e in base Lijphart democrazia consensuale democrazia di Westminster alle differenze

individuate su 1) e 2)due dimensioni: partiti - esecutivi federale -

In base alla prima dimensione: la democrazia di Westminster è unitaria. Caratterizzata da concentrazione del potere esecutivo in governi monopartitici, l'esecutivo è dominante sul legislativo, i sistemi sono bipartitici, i sistemi elettorali sono maggioritari e non proporzionali. La democrazia consensuale è caratterizzata da dispersione del potere esecutivo in coalizioni multipartitiche, equilibrio dei poteri fra esecutivo e legislativo, sistemi multipartitici, rappresentanza proporzionale.

Seconda dimensione: la democrazia di Westminster ha governi unitari e centralizzati, la concentrazione del potere legislativo è in parlamenti unici, costituzioni flessibili e le banche centrali sono dipendenti dall'esecutivo. La democrazia consensuale ha governi federali e decentrati, divisione potere legislativo in due camere paritarie, costituzioni rigide modificabili con maggioranze qualificate.

leggi soggette al controllo costituzionale e banchecentrali indipendenti. Per Lijphart i modelli di democrazie Westminster presuppongono società omogenee sul piano delle culture politiche, mentre in quelle consensuali si presentano culturalmente disomogenee. Si discuterà la combinazione dinamica delle variabili istituzionali che Fabbrini chiama (ossia interazione dei vari attori all'interno di una sistema istituzionale struttura di incentivi e disincentivi istituzionali). Tale sistema istituzionale è formato da 3 sottosistemi: sistema elettorale-partitico, sistema di governo, sistema statale. Prende in considerazione le (non la cultura politica) e le fratture sociali fratture che contano sono quelle che durano nel tempo. Occorre considerare 2 variabili indipendenti: - sistema istituzionale (ossia come sono prese le decisioni o alternanza o aggregazione al governo) e - fratture sociali (ossia la natura delle divisioni o carattere materiali o identitario). Democrazie

Le democrazie competitive (ossia Westminster) tendono a incentivare la contrapposizione fra partiti; le democrazie consensuali incentivano gli accordi fra partiti e la condivisione del potere di governo. La diversa natura delle fratture si manifesta nella formazione dei mercati elettorali: in caso di divisioni socioeconomiche si ha un mercato elettorale aperto; nel caso di divisioni socioculturali si ha un mercato chiuso. Nella democrazia competitiva si ha un mercato aperto mentre in quella consensuale si ha un mercato chiuso. Nelle democrazie competitive vi è alternanza al governo, quindi i poli non possono essere politicamente distanti e, perciò, si associa all'elettorato periferico l'elettorato centrale meno lontano. In queste democrazie si governa con il centro. Nelle democrazie consensuali l'alternanza non è possibile, vi è accordo tra i vari partiti, nessuno da solo governa e, al contrario delle democrazie competitive, si governa dal centro. Prima variante

  1. Varianti istituzionali della Democrazia Competitiva:
    • Sistema elettorale inteso come logica competitiva evidenziata nei paesi con sistema maggioritario, proporzionale con accorgimenti tecnici e misti.
    • Sistema statale organizzato secondo un sistema non accentrato.
    • Democrazie competitive accentrate, lo sono in tutti e 3 gli ambiti (elettorale - partitico, governo e statale).
    • Democrazie competitive non-accentrate, logica competitiva nei primi due e non competitiva nel terzo.
    • Non vi sono varianti del sistema.
  2. Varianti istituzionali della Democrazia Consensuale:
    • Non ci sono varianti del sistema elettorale poiché non ci sono democrazie consensuali con sistemi maggioritari ma solo proporzionali.
    • Tra le varianti quella del dato da:
      • Sistema di governo condivisione potere esecutivo, il quale assume caratteristiche diverse in base al tipo di frattura predominante nel sistema.
      • Come la predominanza della frattura etnoculturale in la coalizione è aperta a tutti i partiti.
      • Predominanza della...
la coalizione è chiusa ad alcuni partiti. Altra variante è quella del basto su la logica consensuale (anche in paesi con un sistema statale sistema accentrato), perciò distinzione in democrazie consensuali accentrate e non accentrate. (USA, Svizzera, UE). Non è possibile realizzare né Democrazia Composita. alternanza né aggregazione al governo poiché in questi sistemi non vi è un governo, ovvero assenza di un centro di decisione ultima. Sono organizzate secondo una separazione dei poteri (separazione istituzionale) e, pertanto, non hanno un governo, ma hanno istituzioni separate che condividono lo stesso potere. Con il processo elettorale si selezionano i membri delle varie istituzioni. La logica della competizione si attiva in ognuna delle istituzioni separate al governo. La frattura principale in tali democrazie concerne la contrapposizione fra stati. È definita democrazia composita perché

Compone le unità statali distinte e separate con i loro cittadini. Tali democrazie hanno carattere non accentrato.

1- SISTEMA PARTITICO E REGOLE ELETORALI

Il sistema partitico è l'insieme delle interazioni fra attori politici organizzati il cui scopo è acquisire la rappresentanza dell'elettorato. I partiti sono l'esito delle trasformazioni avvenute nel XIX e XX secolo. Lipset e Rokkan hanno mostrato come una successione di rivoluzioni abbia strutturato le divisioni tra cittadini su cui si sono sviluppati i partiti. Prima tra le rivoluzioni è la rivoluzione nazionale degli inizi del XIX secolo, finalizzata a dar vita a Stati nazionali. Questa rivoluzione ha creato un doppio cleavage: 1) fra centro e periferia (nascita partiti nazionali e regionalisti) - 2) tra stato e chiesa (nascita partiti laici e religiosi). Seconda è la rivoluzione di fine 800,

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A.A. 2012-2013
24 pagine
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SSD Scienze politiche e sociali SPS/04 Scienza politica

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher flaviael di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Scienze della politica - Corso avanzato e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Roma La Sapienza o del prof Massari Oreste.