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CAPACITÁ DISTINTIVA.
La capacità distintiva dei segni, oltre a contraddistinguere un’impresa dall’altra, consente
all’ordinamento di individuare chi ne fa uso e chi no. La più importante categoria di segni privi di
carattere distintivo è costituita da nomi generici e descrittivi (esempio: chiamare una lavanderia “
lavanderia”).
La capacità distintiva dei segni dev’essere valutata sia in base alla tipologia di attività svolta sia in
base ai prodotti trattati.
Il legislatore impedisce a imprenditori diversi (cioè non legati tra loro da un contratto) di usare
segni simili per attività affini o per attività esercitate nella medesima zona.
Tuttavia, la disciplina non esclude che segni simili o identici possano essere utilizzati da
imprenditori diversi nell’ambito di attività o zone differenti. (Esempio=marchio Ferrari).
USI POTENZIALI E REGISTRAZIONE DEL SEGNO.
Per evitare confusione tra il pubblico, il nostro ordinamento ha previsto l’iscrizione dei segni
distintivi nei pubblici registri e individua come legittimo quello che per primo sia stato iscritto. A
questo punto è possibile distinguere i segni registrati da quelli non registrati.
Dunque, per stabilire chi per primo ha scelto un certo segno bisogna confrontare la data di
registrazione.
CAPITOLO 15- DITTA E INSEGNA.
Ditta e insegna sono previsti dal codice civile, ma nessun articolo ne da una definizione univoca.
LA DITTA
La ditta è il nome commerciale con cui un’attività d’impresa si presenta sul mercato. La nozione di
ditta non deve essere confusa con quella di “ragione e denominazione sociale”, le quali indicano,
rispettivamente, il nome di una società di persone e di una società di capitali. A questo proposito:
ragione e denominazione sociale sono strumenti di spendita del nome che consentono di imputare
gli atti d’impresa a un unico soggetto giuridico (la società).
Pur essendo distinti, può accadere che la ragione o denominazione sociale coincidano con uno più
segni distintivi. Inoltre, è possibile che una società sia titolare di una o più ditte, le quali
corrispondono a diverse attività d’impresa(per esempio: FIAT possiede ALFA).
FORMAZIONE DELLA DITTA.
La ditta deve rispettare sempre due principi: di verità e di novità.
1. Il principio di verità stabilisce che la ditta deve essere formata da espressioni letterali, e non
disegni; inoltre, ai fini dell’iscrizione del registro delle imprese, la ditta deve contenere
almeno il cognome o la sigla dell’imprenditore, così da permettere ai terzi di identificare il
titolare dell’attività. La ditta che non contiene il nome o la sigla dell’imprenditore si dice
irregolare e quindi non può essere iscritta nel registro delle imprese. Tuttavia, il
trasferimento della ditta comporta una perdita delle informazioni minime richieste perché il
passaggio non impone l’inserimento in essa del cognome o sigla dell’acquirente.
2. Il principio di novità mira a differenziare la ditta dagli altri segni distintivi simili, intestati ad
altri soggetti. La novità della ditta non deve essere assoluta ma deve essere valutata rispetto
al luogo e alla tipologia delle attività svolte (per esempio: possono esistere aziende che
condividono la medesima ditta, ma sono situate in luoghi distanti oppure soddisfano
domande diverse). In ogni caso, la condizione da rispettare sempre è quella di non creare
confusione tra il pubblico in ordine alla titolarità delle organizzazioni aziendali.
LA TUTELA DELLA DITTA.
A sua volta, la tutela della ditta non è assoluta, ma relativa al campo di applicazione (mercato) e al
territorio in cui sono utilizzati segni simili/ uguali tra loro. Dunque, la tutela non può essere attivata
nei confronti di chi usa segni simili in aree geografiche o settori distanti.
Le conseguenze per chi viola i diritti sulla ditta consistono nel pagamento di una somma di denaro
(sia a titolo di risarcimento sia a titolo di sanzione) e nell’obbligo, per chi abbia adottato
posteriormente una ditta simile a una già esistente, di modificare il proprio segno.
TRASFERIMENTO DELLA DITTA.
La legge consente il trasferimento della ditta, ma solo se il passaggio include anche l’azienda.
Questa condizione è stata posta per evitare che il passaggio determini una perdita della capacità
distintiva del segno. Tale preoccupazione del legislatore non combacia con quella del pubblico, il
quale si domanda semplicemente se il passaggio al nuovo imprenditore cambierà il livello di fiducia
attribuito all’organizzazione produttiva.
CESSAZIONE DEL DIRITTO.
Il diritto sulla ditta viene meno con la cancellazione dal registro delle imprese oppure, se il segno
non è registrato, quando esso non sarà più conosciuto dal pubblico. Il diritto si perde, in ogni caso,
con la cessazione dell’attività.
INSEGNA.
L’insegna costituisce il segno distintivo dei locali in cui si svolge l’attività d’impresa; essa è, quindi,
fisicamente collocata in un certo luogo. L’insegna a differenza della ditta è un segno distintivo che
può essere liberamente formato, cioè può essere costituita non solo da espressioni letterarie ma
anche da disegni e figure. Non è nemmeno necessaria l’indicazione del cognome o della sigla
dell’imprenditore.
In caso d’insegne simili o uguali tra loro, la legge ha previsto la modifica sia del segno sia del luogo
in cui si trova l’attività, per non creare confusione tra il pubblico. L’insegna è dunque protetta in
base alla disciplina della concorrenza sleale, in quanto segno distintivo utilizzato e conosciuto dal
pubblico. Per quanto riguarda il trasferimento dell’insegna, essa è trasferibile unitamente agli
elementi dell’organizzazione aziendale, è perciò trasferibile unitamente ai locali aziendali e i
macchinari in essi collocati.
I marchi.
I marchi sono i segni che contraddistinguono i prodotti degli imprenditori sul mercato. La loro
funzione giuridica consiste: sia nell’indicare la provenienza geografica del prodotto/servizio, sia nel
tutelare il valore pubblicitario delle strategie commerciali adottate. In questo senso, i marchi
possiedono una funzione attrattiva verso il pubblico che risulta evidente pensando ai marchi
“celebri”, come Apple.
In relazione all’utilizzo, i marchi possono essere di due tipologie:
1) Marchi generali= sono utilizzati per diverse tipologie di prodotti;
2) Marchi speciali=sono utilizzati per una singola tipologia di prodotti.
In relazione alla funzione, i marchi si distinguono in:
1) Marchi di fabbrica= sono utilizzati dal produttore.
2) Marchi commerciali= sono utilizzati dal rivenditore.
3) Marchio di servizio= sono utilizzati dalla imprese che erogano servizi (banche,
assicurazioni, televisioni ecc..).
In relazione al contenuto, i marchi possono essere:
1) Marchi denominativi= formati da parole.
2) Marchi figurativi= formati da disegni o loghi.
3) Marchi misti=contemporaneamente formati da parole e disegni.
CONTENUTO.
L’oggetto dei marchi può essere qualsiasi segno, suscettibile di rappresentazione grafica, capace di
distinguere i prodotti/servizi dell’imprenditore dalla concorrenza. In particolare, il marchio può
essere formato da: lettere, numeri, suoni, disegni e loghi, parole, nomi di persona e dalla forma del
prodotto. Quest’ultimo caso si riferisce, per esempio, ai marchi dei profumi.
REQUISITI.
Affinché sia valido, il marchio deve rispettare quattro requisiti fondamentali:
• Verità la registrazione di segni il cui oggetto potrebbe ingannare il pubblico è severamente
vietata. Le informazioni più sensibili riguardano: la provenienza geografica, la natura dei
prodotti/servizi e la loro qualità.
• NovitàNon si possono registrare segni che in passato sono già stati utilizzati per
prodotti/servizi simili o uguali. Lo scopo di questo requisito è quello di non creare
confusione tra il pubblico.
• Liceitài marchi non devono violare norme imperative, ne di ordine pubblico ne di buon
costume; in particolare, i marchi non devono trarre in inganno il pubblico e non devono
violare l’altrui diritto d’autore.
• Originalità. Il marchio non deve essere confuso con i prodotti che rappresenta, a meno che
non si riferisca a generi diversi. Il marchio di una compagnia aerea non si può chiamare
“aereo”; se il marchio “aereo” si riferisce all’abbigliamento, allora è tutto lecito.
MARCHIO REGISTRATO.
L’acquisto del diritto all’uso esclusivo di un marchio si ottiene solo con l’iscrizione dello stesso nei
pubblici registri, presso l’ufficio italiano brevetti e marchi. Se uno stesso marchio è registrato in più
paesi, allora l’imprenditore può richiedere la registrazione internazionale, presso l’organizzazione
mondiale della proprietà intellettuale di Ginevra.
La registrazione del marchio attribuisce al suo titolare il diritto all’uso esclusivo dello stesso su tutto
il territorio nazionale. Il diritto di esclusiva sui marchi ordinari copre prodotti identici ma anche
affini (destinati cioè alla stessa clientela, es. frigoriferi e lavatrici, o al soddisfacimento di bisogni
identici o complementari, es. prodotti caseari e alimentari). Per marchi celebri, invece, la tutela
copre anche prodotti non affini (es. Coca-Cola non può essere utilizzato da altri per il vestiario).
Inoltre, il diritto di esclusiva decorre in maniera retroattiva dalla data di deposito della domanda
presso l’Ufficio Italiano Brevetti e Marchi (e non dalla registrazione!), sempre che sia poi arrivata la
successiva conferma.
Dopo il deposito del marchio, l’Ufficio B.M. verifica solo i requisiti di non ingannevolezza e liceità,
mentre riguardo all’originalità e alla novità possono sorgere problemi e controlli solo in caso di
controversie. La registrazione del marchio dura 10 anni, ma è rinnovabile un numero infinito di
volte (tutela pressoché perpetua), salvo che non sia dichiarata nullità o decadenza del marchio.
MARCHIO NON REGISTRATO.
La tutela dei marchi non registrati si basa sulla disciplina della concorrenza sleale e in particolare
sull’uso di nomi o segni idonei a produrre confusione fra il pubblico. Tale protezione è limitata sia
al territorio in cui il segno è utilizzato, sia alla durata dell’utilizzo del segno stesso. La tutela del
marchio non registrato è estremamente debole perché: per rivendicare la titolarità del segno, è
necessario pro