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Estratto del documento

In seguito sarà lo stesso Costantino ad istituire la pratica dell’insinuatio, secondo la quale le parti

contraenti si rivolgevano d’abitudine ad un impiegato di stato, l’Exceptor, il quale riceveva la copia

del documento scritto, ne prendeva nota e lo registrava inserendolo nei pubblici registri, detti

acta, dotati dello ius gestorum.

Da quel momento il valore legale del documento risiedeva nel fatto che venisse conservato. Lo

stato aveva così modo di tassare immediatamente il privato, che poteva chiedere una prova

ufficiale del documento. I documenti redatti dal notaio erano però di carattere esclusivamente

privato. Questo fece sì che nascessero nuove categorie specializzate nella redazione, invece, dei

documenti pubblici, come il Tabellione. I Tabellioni erano dei liberi professionisti, aventi la loro

statio nel foro, che si occupavano della redazione di diversi tipi di documento, tra cui gli

Instrumenta. Sebbene i Tabellioni non ottennero mai riconoscimento ufficiale, i documenti da loro

emanati venivano tassati e ciò garantiva loro di avere una qualche forma di ufficialità.

Momento particolarmente importante per l’evoluzione legislativa fu la riorganizzazione del diritto

da parte di Giustiniano, che culminò nella formazione del Corpus Iuris Civilis, in cui le nuove leggi

(le cosiddette ‘’novelle’’) si armonizzavano con quelle più antiche. Il Corpus, che costituisce la base

della giurisprudenza latina, fornisce preziose testimonianze riguardo le attività di rielaborazione

giuridica che influirono nello sviluppo del documento pubblico.

Con la Costitutio 4, 21, 17 di Giustiniano vennero prescritti i quattro caratteri fondamentali

affinché il documento scritto avesse valore legale. Esso doveva essere:

● In mundum, garantendone un’accurata stesura;

● sottoscritto dalle parti;

● possedere la completio: doveva quindi essere letto dal Tabellione e in seguito approvato

dalle parti;

● possedere l’absolutio, che consisteva nella consegna del materiale alle parti.

In particolare, due importanti novelle (numero 44 e 73) hanno influito nello sviluppo del

documento pubblico:

● La numero 44 fu emanata nel 537 al fine di impedire l’assenteismo del tabellione e la

possibilità che questo potesse affidarsi a degli scrivani. Inoltre, il provvedimento più

importante emanato da questa novella ordinava ai tabellioni della città di Bisanzio di usare

per i loro documenti un foglio di papiro fornito di protocollo e della data nella sua

completezza, al fine di evitare qualsiasi pratica di imitatio.

● La numero 73, emanata nel 538, prescriveva la documentazione per iscritto, scoraggiava e

rigettava la prassi della documentazione privata e dichiarava non attendibile la comparatio

delle scritture. Imponeva, inoltre, la necessità di tre testimoni oltre il Tabellione: grazie a

Giustiniano il documento assume pieno valore giuridico se insinuato nei registri pubblici.

Con l’arrivo, alcuni anni dopo all’attività legislativa di Giustiniano, dei Longobardi, lo scenario della

penisola italiana cambiò radicalmente: dopo il 568 l’Italia era caduta sotto il dominio longobardo e

le curie municipali iniziarono a perdere man mano potere, sino a scomparire del tutto. Con il crollo

delle curie cittadine, restò in vigore soltanto il documento tabellionico.

I Longobardi imposero con forza i loro costumi e assunsero una incerta linea politica nei confronti

della pratica scritta, nonchè un atteggiamento passivo e di indifferenza nei confronti della cultura

e della scrittura, da loro interpretata come latrice di un aspetto magico, simbolico a loro

incomprensibile. Soltanto in seguito alla caduta di Pavia, che fu nominata capitale del regno da

Alboino, nel 572 presero coscienza della portata della scrittura con proprie caratteristiche.

Negli anni successivi, i Longobardi continuarono la loro conquista arrivando sino ai territori

meridionali dell’Italia. A questo punto la penisola risultava così suddivisa: i nuovi invasori erano

stanziati tra la Longobardia Maior, a nord, e Longobardia Minor (con i ducati di Spoleto, Benevento

e Salerno), a sud, mentre la terra rimasta sotto il controllo bizantino, la Romania, aveva come

fulcro l’Esarcato di Ravenna.

La Longobardia minore, a causa di una serie di conflitti interni con il potere centrale, andò in

contro ad una frantumazione, risanata in seguito dal Principe di Capua Pandolfo I, con la conquista

del Principato di Salerno. La dinastia capuana ebbe un ruolo di prim’ordine nella divulgazione della

cultura. Dopo la fine dell’impero romano, infatti, con l’arrivo dei barbari, la cultura andò incontro

ad un momento di crisi: era decaduto il sistema di insegnamento inferiore e superiore, con

conseguente diminuzione del numero di alfabeti; le tradizioni culturali erano isolate nelle singole

regioni europee; il sistema di produzione del libro era passato dalle officine laiche romane ai centri

scrittori religiosi, privi di un diretto rapporto con il pubblico di acquirenti. Tutto ciò era stato reso

possibile dalla dissoluzione della struttura imperiale, che rappresentava un principio unitario sia

sul piano politico che amministrativo. L’elemento ecclesiastico costituiva quindi l’unico

interlocutore valido rimasto, in qualità di unico detentore della cultura e del patrimonio scrittorio

in seguito alla fine del mondo antico. Per perseguire il loro scopo, i discendenti della dinastia

capuana seppero intrecciare relazioni con il mondo ecclesiastico, riuscendo a porre molto spesso i

propri rappresentanti in cariche chiave, come quelle di abati o preposti a Montecassino.

La caduta dell'Impero romano nel V secolo d.C. decretò il declino della cultura della Roma antica. Il

papiro divenne difficile da reperire a causa della mancanza di contatti con l'Antico Egitto e la

pergamena divenne il materiale di scrittura principale.

Furono quindi i monasteri gli unici promotori della cultura, anche grazie alla fondazione degli

scriptoria. In ogni scriptorium erano presenti calligrafi, copisti, miniatori (che si occupavano di

dipingere le illustrazioni) e rubricatori (che dipingevano le lettere in rosso).

Dapprima, i libri erano copiati uno alla volta, ma con l'apparire delle università nel XIII secolo,

aumentò la richiesta di libri e si sviluppò quindi un nuovo sistema per la loro copiatura. I libri

furono divisi in fascicoli (pecia), che furono distribuiti a differenti copisti all’interno delle stesse

università. Questi, non essendo vincolati da alcun tipo di regole scrittorie, furono capaci di

produrre nuovi tipi di scrittura, a cui fu dato il nome di litterae textuales.

I DOCUMENTI

Come è stato già detto, tra le fonti un’importante ruolo per la ricostruzione del passato è stato

giocato dai documenti scritti.

Le forme di un documento possono essere ridotte a: documento pubblico, privato o semi-pubblico.

Il documento pubblico era scritto ed emanato dalla cancelleria o dalla sede papale. Più era alta

l’autorità sovrana, più i caratteri utilizzati erano solenni. Veniva generalmente utilizzata una

scrittura con ductus posato e aste allungate.

Il documento privato era invece redatto al di fuori della cancelleria, scritto dal notaio e non era

subordinato a nessun tipo di autorità. Un gran numero di documenti, però, presentavano caratteri

di entrambi i tipi; grazie a Pratesi viene elaborato quindi il terzo tipo di documento, quello semi-

pubblico, emanato da un’autorità di grado minore che, non essendo dotata di cancelleria, si

rivolgeva ad un notaio.

Oltre queste differenze di carattere giuridico, essi differiscono anche per altri caratteri, intrinseci

(che si riferiscono al contenuto del documento) o estrinseci (quello che possiamo osservare del

documento prescindendo dalla sua lettura).

I caratteri estrinseci possono essere studiati criticamente soltanto sugli originali e sono:

● La materia scrittoria: costituisce un importante elemento critico di datazione e

localizzazione delle testimonianze pervenute. Nel mondo antico le materie scrittorie

utilizzate erano varie, ma le più frequenti erano materie scrittorie particolarmente dure,

come le tavolette di terracotta, la pietra o il marmo. Questa durezza faceva sì che l’atto

scrittorio potesse essere reso possibile soltanto attraverso il metodo ‘’a sgraffio’’ con

l’utilizzo di uno scalpello che provocava un’incisione sul supporto scrittorio mediante la sua

punta metallica. Nel mondo greco-romano molto adoperate erano la tavolette di legno

duro, che spesso venivano unite tra di loro così da formare piccoli libretti, come i dittici, se

formati da due tavolette, trittici, da tre, o politicci. Le tavolette cerate, generalmente

riunite in polittici, costituiscono probabilmente la materia scrittoria maggiormente

adoperata nel mondo antico con le finalità più varie, tra cui è fondamentale menzionare la

funzione di supporto per memorie di particolari azioni giuridiche. In questo caso le

tavolette erano riunite in un trittico le cui facciate esterne restavano prive di scrittura e ciò

faceva sì che fosse impossibile leggere il testo senza rompere i sigilli. Per ovviare a ciò, si

scriveva sull’ultima faccia dell’ultima tavoletta un riassunto con i dati essenziali del testo.

Sulla terracotta, sulle tavolette e sull’intonaco si utilizzava lo stilo, un’asticella in osso

appuntita da un lato e schiacciata dall’altro. I libri e i documenti pubblici venivano stesi su

papiro, un materiale di orgine vegetale. Era scritto soltanto sul recto, ovvero la parte che

presentava le fibre parallele al lato più lungo. Il papiro venne adoperato anche per

produrre libri non soltanto in forma di rotolo, ma anche in forma di codice, costituito da

una serie di fascicoli di forma quadrata. La fortuna di questa nuova forma di libro sarà

legata però, all’utilizzo della pergamena, ovvero la materia scrittoria più largamente

utilizzata nel periodo medievale. Su papiro e pergamena si scriveva con il calamo, una

cannuccia di origine vegetale a punta con la penna di volatile che poteva essere tagliata,

comportando un diverso andamento delle scrittura. La materia scrittoria che

maggiormente contribuì alla diffusione dell’alfabetizzazione fu la carta, la cui fabbricazione

fu introdotta per la prima volta nel II secolo d.C. nell’impero cinese, ma che poi si diffuse in

tutta Europa verso la fine del XII secolo. La particolarità della carta è la filigrana, che ci

permette di risalire alla cartiera produttrice.

● La scrittura: lo studio dei vari tipi di scrittura e delle loro tecniche di esecuzione ci

permette di risalire alle abitudini grafiche o all’uso di particolari strumenti scrittori in una

determinata società. L’analisi paleografic

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A.A. 2017-2018
6 pagine
SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-STO/09 Paleografia

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher loryesposito di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Paleografia latina e diplomatica e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli studi della Campania "Luigi Vanvitelli" o del prof Mottola Francesco.