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Abbiamo anche una concezione pubblicistica: il fallimento si reputa reppresenti un istituto di

interesse generale: quindi non si può pensare che la gestione della crisi dell’ impresa commerciale

sia risolta dal solo imprenditore mettendosi d’ accorso con i propri creditori: ma c’è bisogno di un’

autorità giurisdizionale che controlli. Un controllo in senso forte.

L’ imprendotire commerciale non piccolo nella versione del 42 accede a concordato preventivo o

amministrazione controllata, se è impresa invece: in liquidazione coatta amministrativa. E’

sovraordinata da un’ autorità amministrativa. Un’ altra caratteristica del sistema è la centralità dell’

istituto del fallimento.

Si riteneva che il fallimento fosse la situazione migliore: si estrometteva il commerciante e non si

ocnsentiva quasi mai di riprendere l’ attività di impresa (visione opposta rispetto a quella recente);

se riusciamo a capire anche che tu sei stato negligente allora sarai colpito da reati fallimentari.

Se ci sono comportamenti opportunistici o fraudolenti dell’ imprenditore non piccolo, sarai

sanzionato in vari livelli: civili e penali a seconda delle cause di insolvenza.

Funzioni del fallimento:

1. Si cerca di disincentivare i comportamenti di pagamenti: non si può per capriccio non pagare

perchè sennò si finisce alle sanzioni.

2. Par conditio creditorium: dopo il fallimento tutti i creditori possono avere il vantaggio, non solo i

primi. Se uno lo sa prima, agisce prima rispetto a quelo che lo sa dopo.

3. Procedura esecutiva ordinaria: se sono creditore per una fornitura di materiali e il debitore non

mi paga, devo ottenere un titolo esecutivo: un provvedimento che dica di essere pagato. Se il

debiotre non paga, allora procedura esecutiva forzata e faccio l’ atto di pignoramento, con cui i

beni vengono bloccati e vincolati al soddisfacimento del mio credito (si mettono all’ asta e sul

ricavato mi posso soddisfare).

4. Se però il debitore è commerciale, il creditore può avviare la procedura di fallimento, che ha

differenze notevoli rispetto a quella ordinaria.

5. Differenza tra procedura ordinaria e fallimento:

6. 1. Nel fallimento automaticamente sono destinati al soddisfacimento tutti i beni del fallito, invece

nella procedura ordinaria il singolo bene. Questa è la prima differenza.

7. 2. La seconda differenza è che questa procedura di fallimento è collettiva: presenta istanza di

fallimento, se viene accordata allora tutti possono concorrere alla procedura. Carattere universale

sul piano soggettivo è questo.

8. 3. Nel fallimento, la procedura non è gestita dal fallito ma vengono in gioco degli organi: la

differenza è che nella procedura fallimentare entra in gioco il curatore fallimentare: incaricato a

gestire la procedura. Ci sono costi in più a pagare un professionista, però è meglio parlare con

un intermediario. Questo solo se c’era in gioco un imprenditore commerciale non piccolo, sennò

era sufficiente la procedura ordinaria.

9. Tutto questo è nel 1942.

10. Si riteneva che solo l’ imprenditore commerciale non piccolo.

Il fallimento è il centro del sistema poi le altre procedure (concordato preventivo: per accedere al

concordato c’era il requisito per cui chi faceva la proposta per il concordato preventivo doveva

essere in grado di garantire il pagamento dei crediti chirografari nella 40% almeno, e

amministrazione controllata: dilazione del tempo per recuperare) era accessibili solo se era

meritevole il debitore.

Dopo il 1942 non ci sono cambiamenti normativi fino agli anni ’80. Alla fine degli anni ’70 abbiamo

una grave crisi economica: molte imprese vanno in crisi e se va in crisi, i lavoratori perdono il

lavoro. E c’è un’ esigenza di salvare l’ impresa dal fallimento.

Nasce quindi l’ amministrazione straordinaria delle grandi imprese, nota come Legge Prodi:

anche se l’ impresa è finita, si continua, e chi vuole comprare l’ impresa deve garantire l’

assunzione di una gran parte dei lavoratori. Quindi c’erano gli aiuti di Stato che entravano in gioco.

La vecchia Legge Prodi favoriva troppo gli aiuti di Stato, perchè falsava la concorrenza. Nel 1999

viene emenata una normativa sull’ amministrazione straordinaria: stabilisce che non è automatico

che la grnade impresa vada in amminsitrazione straordinaria ma che ci siano prospettive di

recupero. Negli anni ’80 e ’90 non è buona soluzione eliminare dal mercato l’ impresa, ma sia

preferibile tentare le procedure conservative. Questo perchè gli ordinamenti alcuni stati forti fanno

delle scelte diverse da quelle che caratterizzano la nostra legge fallimentare. Le procedure

alternative diventano principali rispetto al fallimento: questo vale per la Germania e in parte per la

Spagna. Altro elemento comapratistico importante: è che ci sia uno spazio forte alla concezione

privatistica.

Dal 2005 ad oggi abbiamo avuto un intervento di riforma all’ anno: si vuole imitare modelli stranieri

ma si sbaglia spesso.

Si parte da un Decreto legge Marzo 2005:

E’ figlio di un certo modello economico: ci si ispira molto alle scelte dell’ ordinamento americano.

Azione revocatoria ordinaria: prevista al 2901 con cui si rendono inefficati degli atti attraverso i

quali un debitore si sia spogliato dei propri beni che erano a garanzia dei creditori. Le banche

erano colpite dalle rimesse bancarie. L’ istituto della revocatoria viene ridimensionato: insieme a

questo vengono innovate le normative sul concordato preventivo. In sede di conversione di questa

legge, vengono introdotte norme nuove e di delega al governo per riformare l’ intero sistema delle

procedure concorsuali.

Questa delega viene attuata con un decreto del 9 Gennario 2006 n° 5 e viene rivisitata l’ intera

legge fallimentare, e nel Luglio 2007 entra in vigore la nuova normativa. Qui il governo doveva

emanare decreti correttivi: viene fatto decreto correttivo 12 settembre 2007 con applicazione da

Gennaio 2008. Dal 2008 a oggi ci sono stati altri interventi.

Dal 2006 al 2007abbiamo un cambiamento culturale: viene attenuata la prospettiva afflittiva

sanzionatoria. non ci sono più sanzioni civili previste prima per il fallito e viene introdotto l’ istituto

dell’ esdebitazione (ci si sgrava de alcuni debiti). Il fallito non è un soggetto che si è dimostrato

incapace ma anzi ha diritto a una seconda chance e riparte senza i vecchi debiti (fresh start).

Quindi la sua storia negativa lo porta a essere migliore degli altri. Visione molto più comprensiva.

Questa è una visione americana. Si abbandona anche una visione pubblicistica e si

diminuiscono i poteri dell’ autorità giudiziaria.

Le procedura alternative subiscono una revisione profonda: viene abrogata l’ amministrazione

controllata e rinvigorito il concordato preventivo, che può essere presentato senza alcuna

condizione. Grande favore per le procedura alternative e quindi concordato preventivo diventa

procedura principe e fallimento residuale. Vengono anche introdotti istituti, come accordi di

ristrutturazione dei debiti e piano attestato di sanamento, che non sono procedure, nascono da un

accordo tra creditore e debitore.

Nel 2010 il concordato viene favorito ulteriormente e si possono presentare concordati preventivi

con riserva: blocco l’ iniziativa di fallimento senza termini specifici: quindi si ha un ruolo in più.

Tra 2012 e 2013 viene fatta una controriforma cercando di porre condizioni, introducendo obblighi

informativi ad esempio. Questo evento di ritorno giunge a un nuovo cambiamento: il concordato

preventivo viene tolto dalla procedura principale e le proposte devono pagare almento il 20% dei

creditori chirografari.

nel 2015 potenzia l’ accordo di ristrutturazione dei debiti ma depontezia il concordato preventivo.

Siamo passati da un sistema stabile a un sistema instabile.

Anche un soggetto debitore, che non sia imprenditore non piccolo, può chiedere di accedere a tre

tipologie di procedure concorsuali. Quella è la legge sul sovraindebitamento del 2012.

Presupposto soggettivo e oggettivo del fallimento:

Oggi è assoggettabile al fallimento (mai cambiato dal 42 a oggi) l’ imprenditore commerciale.

Mentre nella legge del 42 falliva l’ imprenditore commerciale non piccolo, oggi si parla di quello

minore. Si guarda al lavoro: Il lavoro è prevalente quando il lavoro del titolare ha più rilevanza

rispetto a quelli del lavoro altrui. Legge fallimentare del 1942 diceva art. 1 comma 2: in nessun

caso le società commerciali si considerano piccoli imprenditori. Questo era l’ unico criterio

utilizzato, insiee al 2083 c.c.

Con la riforma del 2006 l’ intervento forte è quello di stabilire dei criteri quantitativi diversi da quelli

del 2083 c.c.: due soglie, in relazione alle quali si poteva essere considerati imprenditori minori e

quindi sottratti al fallimento. Queste soglie erano però risultate troppo poco selettive e il numero dei

fallimenti si era dimezzato. Bastava restare al di sotto di queste due soglie e non si veniva

dichiarati falliti. Poi vengono portate le soglie a 3 dicendo che non devono essere sueprate alcune

di queste soglie per essere considerato imprenditore minore e quindi non soggetto al fallimento. E

poi: sta al debitore provare che non siano state provate le soglie.

In più: il legislatore non lo chiama più piccolo imprenditore, perchè sennà non solo non si sta al di

sotto delle due soglie ma anche usare il 2083 c.c. e quindi essere nei parametri del 2083 c.c. Allora

il legislatore ha preferito chiamarlo minore, eliminare i requisiti del 2083 c.c. ma alzare le soglie da

2 a tre.

Presupposto soggettivo:

Quali sono i requisiti per sottrarsi al fallimento?

1. Attivo patrimoniale non superiore a 300.000 € sugli ultimi tre esercizi: se anche in uno

solo hai superato, fallisci.

2. Ricavi lordi: non superiori a 200.000 in nessuno degli ultimi tre esercizi. Anche una

piccola S.r.l. se rimane sotto queste soglie può sottrarsi al fallimento.

3. Debiti: non devi superare 500.000 debiti anche non scaduti, dal momento in cui viene

presentata l’ istanza di fallimento. Questo quando una società è in liquidazione da parecchio

tempo.

4. Non funziona proprio come presupposto soggettivo, opera in un momento più avanzato del

fallimento: se il tribunale in una fase procedimentale il tribunale accerta che ha debiti scaduti

per meno di 30.000 non può dichiararlo fallito (art. 15 comma 9).

5. (Si fa istanza anche se l’ importo che viene dimostrato da parte dell’ istante non supera 30.000 e

se con un estratto di Equitalia dove si vedono debiti scaduti per 100.000 fa fallire lo stesso.)

Presupposto oggettivo:

E’ Lo sta

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Publisher
A.A. 2016-2017
4 pagine
SSD Scienze giuridiche IUS/12 Diritto tributario

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Verdefoglia di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Diritto fallimentare e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università "Carlo Cattaneo" (LIUC) o del prof Rondinone Nicola.