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EVOLUZIONE, EREDITARIETA’

E COMPORTAMENTO

(Capitolo 3)

Lo sviluppo della scienza dell’evoluzione

Se si vuole tenere conto della psicologia dell’individuo bisogna tenere dell’ambiente

circostante. In termini più specifici, l’idea di evoluzione biologica, che spiega i

comportamenti che si verificano nelle caratteristiche di una popolazione di organismi nel

corso del tempo, è la principale spiegazione dell’origine della specie e della diversità della

vita ed è il concetto unificante di tutta la biologia. Di conseguenza, capendo come si è

sviluppato un comportamento adattivo attraverso il processo dell’evoluzione, gli psicologi

migliorano la comprensione di come il nostro comportamento si adatti ai cambiamenti

nell’ambiente attuale (per capire meglio il presente dobbiamo capire il passato). Ci

comportiamo così perché siamo membri della specie umana (una causa lontana) e

perché abbiamo imparato ad agire in certi modi (una causa prossimale). Le cause

distali sono eventi e condizioni che nel corso delle generazioni hanno lentamente

modellato il comportamento della nostra specie. Le cause prossimali sono presenti

nell’ambiente attuale. Entrambi i contesti influenzano lo sviluppo dell’individuo.

La psicologia dell’evoluzione è un settore relativamente nuovo che studia come le

variabili evolutive e genetiche influenzano i comportamenti di adattamento.

Charles Darwin, aveva relativamente scarsi interessi accademici, la sua idea era di

diventare un parroco. Dopo la sua spedizione del Beagle, Darwin, aveva iniziato a

interessarsi alla selezione artificiale, la procedura con cui allevatori di animali li facevano

accoppiare in modo da generare una progenie con caratteristiche desiderabili. Aveva

ipotizzato che se la selezione artificiale aveva dato origine a una varietà così grande di

organismi, allora forse in natura si verificava un processo che aveva un effetto simile. Ciò

che aveva colpito Darwin era l’idea di una selezione naturale come conseguenza della

frequenza riproduttiva di organismi con differenti caratteristiche. Un organismo con

caratteristiche favorevoli alla sopravvivenza avrebbe avuto maggiore probabilità di vivere

più a lungo e di generare maggiore progenie rispetto ad un organismo che non le aveva.

Selezione naturale ed evoluzione

L’evoluzione attraverso la selezione naturale è il risultato di ripetuti cicli di un processo a

tre fasi che agisce su diverse generazioni:

1) La variabilità: si riferisce alle innumerevoli differenze tra membri della stessa

specie, incluse le diversità nelle caratteristiche fisiche e in quelle comportamentali.

Queste differenze sono attribuite prima di tutto al patrimonio genetico di ogni

singolo organismo, al suo genotipo, che differisce da quello di tutti gli altri individui.

Secondo, anche le caratteristiche fisiche e il comportamento di ogni singolo

organismo, il suo fenotipo, differiscono da quelle di ogni altro individuo. Da qui i

ricercatori non si concentravano più sulla somiglianza ma sulle diversità.

2) La selezione: conferisce una direzione al processo evolutivo, anche se l’evoluzione

non è diretta ad alcun fine particolare; il futuro non indirizza il presente verso sé

stesso; piuttosto è il passato a spingere il presente verso il futuro. In poche parole,

la selezione da una direzione ovvero vanno avanti solo le caratteristiche migliori, in

modo tale che le generazioni successive avranno le caratteristiche selezionate. La

selezione è basata sulla competizione.

3) La conservazione: è necessario se ci deve essere una evoluzione. La variabilità

fornisce il materiale grezzo su cui agisce la selezione, ma se queste variazioni non

vengono conservate, in modo da poter contribuire all’insieme di variazioni genetiche

su cui in seguito opera la selezione, non si potrebbe verificare alcuna selezione

(Darwin credeva che avessimo una memoria comune).

La selezione naturale è la chiave del resoconto di Darwin sull’evoluzione biologica che si

basa su due premesse. La prima è che gli individui all’interno di una popolazione mostrano

variabilità comportamentale e fisica nelle caratteristiche ereditate. La seconda è che la

capacità di ogni ambiente di sostenere una popolazione di qualunque specie è limitata, e

pertanto si genera competizione.

La capacità di un individuo di riprodursi è quello che si definisce successo riproduttivo,

definito come il numero di progenie viva che un individuo genera in relazione al numero di

progenie viva generata da altri membri della stessa specie. La “sopravvivenza del più

adatto” non significa necessariamente del più forte.

Nell’evoluzione umana due importanti adattamenti si sono verificati nelle prime fasi, ovvero

il bipedismo, la capacità di camminare eretti su due piedi (nata dall’esigenza di spostarsi

per grandi distanze con la prole) e l’encefalizzazione, ossia un aumento delle dimensioni

del cervello, e ha dato la possibilità all’uomo di cambiare l’ambiente.

Tutto questo per dire, che è nato da un lungo processo con continue scelte della selezione

naturale (sempre casuali), a seconda delle esigenze, fino a portarci ad oggi.

Ereditarietà e genetica

La genetica è lo studio della struttura e delle funzioni dei geni e di come questi vengano

trasmessi da una popolazione alla successiva nelle diverse generazioni. La genetica

comprende anche lo studio di come le componenti ereditarie di un organismo ne

influenzino le caratteristiche fisiche e comportamentali.

L’ereditarietà è determinata dai geni costituiti dal DNA. Il DNA è costituito da 2 filamenti di

zucchero e fosfato uniti uno dall’altro da legami fra le basi azotate: adenina, timina,

guanina e citosina. Un gene è una particolare sequenza di nucleotidi, in una particolare

posizione lungo la molecola del DNA. La particolare sequenza di nucleotidi dirige la sintesi

di una proteina. Queste proteine regolano lo sviluppo biologico e fisico del corpo e degli

organi. In senso stretto, non esistono geni del comportamento, ma solo geni per strutture

fisiche e processi fisiologici, basati su proteine che influenzano il comportamento.

Il DNA si trova nel nucleo delle cellule sotto forma di cromosomi. All’interno della cellula i

cromosomi sono in coppia. Ereditiamo 23 cromosomi da ciascun dei nostri genitori, per un

totale di 23 coppie. 22 coppie hanno molecole del DNA corrispondenti (chiamati

autosomi). L’ultima coppia sono i cromosomi sessuali e contengono geni che influenzano

le caratteristiche sessuali e che distinguono i maschi dalle femmine (XX per le femmine,

XY per i maschi). Lo spermatozoo e l’ovulo vengono prodotti attraverso un processo noto

come la meiosi, in cui le 23 coppie di cromosomi di una cellula di separano e un

cromosoma per ogni coppia si divide nel suo corrispondente. Di conseguenza tratti

corrispondenti di cromosomi appartenenti alla stessa coppia di possono scambiare, dando

così luogo ad una ricombinazione dei geni, che giunge ulteriore variabilità al processo

riproduttivo.

Le diverse forme alternative di uno stesso gene sono chiamate alleli. Se il gene

corrispondente di ciascun genitore presente il medesimo allele, la combinazione genetica

è detta omozigote (identico). Se presenta alleli differenti, la combinazione genetica viene

chiamata eterozigote (differente). Gli alleli possono essere dominanti o recessivi

(nell’uomo è più probabile che ci siano alleli recessivi, quindi può avere più probabilità di

avere delle malattie genetiche).

L’espressione di un gene dipende da numerosi fattori, fra cui le interazioni con altri geni

(che danno origine a tratti poligenici), il sesso dell’individuo portatore del gene e le

condizioni ambientali in cui l’individuo vive. I cambiamenti nel materiale genetico che

possono modificare l’espressione di un gene sono:

- Le mutazioni: sono alterazioni casuali del DNA all’interno di un singolo gene. Le

mutazioni possono verificarsi spontaneamente nel corso di normali processi

biologici o possono essere il risultato di cause esterne, come elevate radiazioni;

- L’aberrazione cromosomica: implica un’alterazione in una parte di cromosoma o

un cambiamento nel numero totale dei cromosomi (es. Sindrome di Crindu-Chat).

Quando un bambino eredita un allele solo da un genitore e uno malato dall’altro, quello

malato non si manifesta. Pochi disturbi genetici sono dominanti e molto spesso si

manifestano con aborti spontanei o bambini nati morti:

- Sindrome di down: è presente un cromosoma 21 in più. Quando di forma l’ovulo

nel corso della meiosi, la 21ma coppia di cromosomi non si separa;

- Malattia di Huntington: è causata da un gene letale dominante che non si esprime

fino a che la persona non arriva all’età di 30 e 40 anni. Prima di quel momento il

funzionamento è normale; con il manifestarsi della malattia, certe porzioni di

cervello iniziano a degenerare e quindi si manifesta un progressivo deterioramento

fisico e mentale;

- La fenilchetonuria: è causata da un gene recessivo. I bambini omozigoti per

questo gene non riescono a degradare la fenilalanina, un amminoacido che si trova

in numerosi cibi proteici. Di conseguenza causano danni al cervello e al

funzionamento intellettivo. Ai neonati si fa il test per la malattia.

L’ereditabilità è una misura statistica correlazionale che stima la proporzione di variabilità

di un tratto dovuta a differenze genetiche che si verificano naturalmente fra gli individui di

una popolazione, e può variare da 0.0 (nessun effetto delle differenze genetiche sulla

variabilità) e 1.0 (variabilità completamente dovuta alla genetica). La misura riguarda la

variazione di un tratto di una specifica popolazione, non di un singolo individuo.

La genetica comportamentale studia come i geni influenzano il comportamento. Per

analizzare la relazione fra questi geni utilizzano tecniche sperimentali.

La sociobiologia

Studia le basi genetiche del comportamento sociale e integra l’informazione di diversi

campi della scienza sociale, della psicologia dell’evoluzione e della genetica. I primi studi

fatti sono le strategie riproduttive:

- Monogamia: l’accoppiamento di una donna e un uomo;

- Poliginia/poliandria: un maschio si accoppia con più di una femmina, o al

contrario, una femmina si accoppia con più maschi;

- Poliginandria: più femmine si accoppiano con più maschi.

Queste quattro strategie riproduttive si sono evolute: l’investimento parentale è il tempo,

lo sforzo fisico, e i rischi implicati nella procreazione e nella nutrizione, nel prendersi cura e

nella protezione della p

Dettagli
A.A. 2017-2018
4 pagine
SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-PSI/01 Psicologia generale

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Vittoriarestani di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Psicologia generale e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Verona o del prof Burro Roberto.