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CAUSA ACCUSA
dìke greco: graphéazione mossa da un privato cittadino a tutela di un interesse privato o un interesse pubblico. Ad esempio: adulterio, corruzione, empietà. Perché Eutifrone si trovava di fronte al tribunale? C’è un caso in cui la graphé e la dìke si incontrano: OMICIDIO. —> causa che tutela interessi privati ma non era tollerabile che un omicidio rimanesse non punito. Se la causa per omicidio non viene intentata da colui che ne ha il diritto, empietà=e dovere, quest’ultimo rischia un’accusa di graphè asebeia.
Introduzione dell’accusatore:
EU. Che dici? Qualcuno dunque ha sporto un’accusa contro di te? Perché non ti farò il torto di supporre che tu accusi un altro.
SO. No, di certo.
EU. Ma un altro te?
SO. Precisamente.
EU. E chi è costui?
SO. In coscienza, Eutifrone, neppur io so bene chi egli sia. Deve
però essere giovane ed ignoto. Lo chiamano, se non erro, Meleto, ed è del demo di Pittos. Non hai tu per caso in mente un Meleto Pitteo, con zazzera, poca barba e naso aquilino?
EU. Non credo di conoscerlo, Socrate. Ma, insomma, di che ti accusa?
L'accusa di empietà e di corruzione dei giovani:
SO. Di che? D'un'accusa che rivela un uomo non comune, mi sembra. Perché, così giovane, intendere d'una faccenda così grave, non è affare da nulla. Egli difatti, a quanto afferma, sa in che modo si corrompano i giovani e chi siano quelli che li corrompono. E dev'essere un sapiente; s'è accorto della mia ignoranza, ha visto che corrompo i suoi coetanei, e viene ad accusarmi alla città, come ad una madre comune, mi pare, il solo dei nostri uomini di Stato che cominci bene, giacché è cominciare bene il prendersi cura prima di tutto dei giovani, in modo che riescano ottimi, come il dovere.
d'un buon agricoltore è aver cura prima delle tenere piante e poi delle altre. E perciò forse anche Meleto [pag. 3] monda il terreno innanzi tutto di noi che corrompiamo, a suo dire, i germogli dei giovani; e in seguito, quando si sarà messo a curare i più anziani, procaccerà evidentemente moltissimi e grandissimi beni alla città, come c'è da aspettarselo da chi comincia a questo modo.
EU. Così fosse, Socrate! Eppure temo assai che non avvenga il contrario. Giacché mi pare che egli cominci a nuocere alla città dal focolare, quando cerca di far male a te. E, di grazia, che cosa fai, secondo lui, per corrompere i giovani?
SO. Delle cose enormi, al primo udirle, mio impareggiabile amico. Egli afferma ch'io sono un facitore di dèi; e perché, com'egli pretende, faccio nuovi dèi e non riconosco gli antichi, per questo mi ha accusato.
accusatore: Meleto-Meleto fu il promotore ufficiale
dell'accusa nei confronti di Socrate-poeta di poco successo-tenta la via della politica promuovendo un'azione giudiziaria —> promuovere un'azione giudiziaria al fine di fare carriera nella politica-nel colpire Socrate, Meleto colpisce il "focolare" della città
accusa: empietà —>
- Socrate corrompe i giovani
- Socrate non crede agli dei della città
- Socrate introduce nuove divinità
attentare fonda vita città, l'azione
Socrate viene accusato di a ciò sui cui si la della per questo è tutele bene pubblico
mossa a di un risposta di Eutifrone:
EU. Capisco, Socrate; perché tu dici d'avvertire di tratto in tratto quel tal segno demonico. Egli dunque immaginandosi che tu voglia introdurre delle nuove credenze religiose, perciò ha sporto contro te quest'accusa. E viene in tribunale a calunniarti, perché sa che accuse simili fanno presa facilmente sul volgo. Anche di me,
quandonell'assemblea parlo di religione e predico il futuro, anche di me si ride come d'un pazzo; esebbene io non abbia mai detto nulla di men che vero nelle mie predizioni, tuttavia il volgo è invidioso degli uomini del nostro stampo. Per altro, del volgo non bisogna darsi pensiero, maaffrontarlo animosamente.SO. Mio caro Eutifrone, se non si trattasse che d'esser deriso, sarebbe cosa da nulla. AgliAteniesi, secondo me, non importa gran fatto se pensano che qualcunosia un dotto, purché non si eriga a maestro della propria sapienza. Ma quando sospettano cheuno voglia comunicarla agli altri, oh! allora montano in collera, o per invidia, come tu dici, o perqualche altro motivo.Eutifrone cerca costantemente di costituire un paragone con Socrate —>differenzein realtà le tra Socrate e Eutifrone sono fondamentali radicali:città:1)rapporto con laSocrate è il focolare della città, vive al centro e non si muove da Atene ed
è colui che fariverberare la propria azione sulla città
Eutifrone è tutt’altro che centrale, egli è una figura marginale—> viene da una colonia isola diAtene: Nasso giustizia:2)rapporto con laSocrate è un accusato, ciò di cui lo si accusa si pone all’interno di un’azione rivolta all’interessepubblico
Eutifrone è un accusatore che promuove un dikè, a tutela di un interesse completamente privatosapere:3)rapporto con ilSocrate—> il sapere di Socrate non ha segreti, egli condivide tutto ciò che sa e tutto ciò che viavia viene scoprendo, egli sarebbe addirittura disposto a pagare se qualcuno gli insegnasse dellecose che non sasapere pubblico= esercita la propria sapienza condividendola con tutti
Eutifrone—> il suo sapere (a suo dire infallibile) è qualcosa che egli possiede privatamente, unostrumento col quale intende guadagnarsi il rispetto degli altri, pretende che
Il suo sapere sia indispensabile e inconfutabile. Sapere privato = non partecipabile; egli non vuole farsi maestro del suo sapere.
LA DIKE DI EUTIFRONE
- vicenda: il lavorante viene lasciato morire dal padre
- al reazione di Socrate e dei familiari
- l'intransigenza di Eutifrone
- la conoscenza di ciò che è santo ed empiol'accusa di omicidio rivolta da Eutifrone contro il padre:
SO. E così, che specie di causa, Eutifrone, è la tua? Ti difendi o persegui?
EU. Perseguo.
SO. E chi?
EU. Uno che, a perseguirlo, devo sembrarti impazzito.
SO. Oh, che! persegui forse uno che vola?
EU. Ma che volare! È un vecchio decrepito.
SO. E chi è?
EU. Mio padre.
SO. Tuo padre, mio eccellente amico?
EU. Mio padre, appunto.
SO. E che cosa gli rimproveri e di che lo accusi?
EU. D'omicidio, Socrate.
SO. Oh, Eracles! la gente, Eutifrone, certo ignora come ciò sia ben fatto, perché non è, credo, da tutti regolarsi così in un caso simile.
ma da uomo assaiprovetto in fatto di sapienza.EU. Sicuro, per Zeus, assai provetto, Socrate.SO. E sarà senza dubbio uno dei tuoi familiari la vittima di tuo padre, non è vero? Giacché per un estraneo, penso, non lo accuseresti d’omicidio.EU. È ridicolo, Socrate, il credere da parte tua che faccia qualche differenza se il morto sia un estraneo o un familiare, e che non si debba tener conto unicamente di questo: se chi ha ucciso ha ucciso giustamente o no; e se giustamente, lasciarlo andare; se no, dargli addosso, quand’anche l’uccisore viva sotto il tuo tetto e mangi alla tua mensa. Perché il contagio ti s’attacca egualmente, ove tu, sapendolo, viva con un uomo siffatto e non purifichi te e lui, perseguendolo in giudizio. Il morto non era che un mio colono; e poiché possedevamo delle terre a Nasso, serviva là da noi dietro compenso. Un giorno, preso dal vino e montato in collera contro uno dei nostri servi, lo ammazza;
sicché mio padre, fattolo legare mani e piedi e gettatolo in una fossa, manda qui uno asentire dall’esegeta che cosa ne dovesse fare. Nell’attesa, egli di quell’uomo in ceppi non sicurava né punto né poco, come d’un omicida, quasi non importasse nulla se anche moriva. Equesto difatti avvenne; che per la fame, per il freddo e per le catene, morì prima che il messotornasse dall’esegeta. Ed ora perciò mio padre e gli altri di casa ce l’hanno con me, perché per unomicida sporgo querela d’omicidio contro mio padre, che, dicono, non l’uccise, e perché,quand’anche l’avesse ucciso, dal momento che il morto era un omicida, non bisognava darsipena per lui. E sentenziano che è un’empietà da parte d’un figlio sporgere contro il padre unaquerela d’omicidio, perché, Socrate, non hanno un’idea precisa di quel che, secondo il dirittodivino è