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Infine si cercherà di dare un'intepretazione che cerca di basarsi il più
possibile sui testi trattati, cercando di eludere psicologismi e voli troppo
audaci anche per Pindaro.
Note all'introduzione:
1 Per un elenco delle innovazioni del teatro euripideo: Franco Montanari, Fausto
Montana, Storia della letteratura greca. Dalle origini all'età imperiale, ed. Laterza
2010, p. 124.
2 G. Zuntz, The Political Plays of Euripides, Manchester University Press, 1955
3 Trad: << i problemi della comunità diventano il materiale per la creazione
artistica >>, G. Zuntz, op. cit., Preface, X.
ὸ Ἐ ό
4 Τ λληνικ ν, cfr. Hdt. VIII 144, 1-2
2. Problemi di datazione
Gli Eraclidi, prima tragedia in senso cronologico, di questa "trilogia
politica", è sicuramente da situarsi all'interno del contesto della guerra del
Peloponneso. Tuttavia, è necessario restringere l'arco temporale, dato che il
conflitto bellico ebbe la durata di circa un trentennio.
In un tentativo di semplificazione, è possibile individuare due correnti di
pensiero riguardo a questo problema: la prima è quella che sostiene l'ipotesi
1
che la tragedia fosse stata scritta tra il 430 e il 427 a.C. , ed adduce come
2 3
prove collegamenti extratestuali e questioni metriche , su cui sarebbe troppo
dispendioso soffermarsi in questa sede; la seconda corrente di pensiero vede
4
come periodo probabile di composizione gli anni 418-417 a. C. , periodo
coincidente con l'abbandono della fazione ateniese da parte di Argo, e la sua
conseguente pace con Sparta. Ciò è dedotto dai ripetuti attacchi che, nella
tragedia, vengono mossi alla città di Argo, e ritenuti inspiegabili se l'opera
fosse datata al 430.
La prima ipotesi è la più accreditata, ma porta ad un altro interrogativo: tra il
430 e il 427, quale anno è quello a cui è attribuibile il dramma?
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Assieme ad altri , il parere più autorevole a sostegno di una datazione degli
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Eraclidi successiva al 430 è quella di Wilamovitz , ma proprio il 430 a. C. è
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la data che Zuntz segnala con certezza: la profezia finale di Euristeo è un
messaggio di speranza ed ottimismo, sensazioni che dovevano essere
comuni ad Atene prima dell'estate del 430 a. C., momento del grande attacco
spartano.
Le Supplici presentano a loro volta problemi di datazione: Zuntz si dimostra
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sicuro nell'affermare che la tragedia sia databile al 424 a.C., and only then .
Una combinazione di caratteristiche induce a pensarlo: il desiderio di pace
equilibrato dall'orgoglio della virtù ateniese e del suo inequivocabile valore;
la prontezza nel sostenere le proprie tradizioni patrie, nonostante tutto; Atene
è segnata, ma le sue cicatrici raccontano battaglie vittoriose. Oltre a questo,
Zuntz supporta la sua ipotesi con convincenti teorie che vanno al di fuori del
testo, e coinvolgono L'Ippolito, Ecuba e le Dionisie del 423.
9
Di Benedetto , di contro, guardando all'impostazione generale della tragedia,
afferma che << essa è dominata dal principio alla fine dalla rappresentazione
del lutto del Coro >> e << chi scriveva una tragedia del genere doveva
presupporre un pubblico che fosse in una situazione tale da poter almeno in
parte partecipare con la vicenda che veniva rappresentata >>. Arriva ad
escludere il 424, poichè fino ad allora gli Ateniesi non avevano subito tante
perdite da giustificare una tale drammatica rappresentazione. Propone,
invece, il 422 a. C.: la somiglianza fra l'episodio rappresentato del rifiuto dei
Tebani alla richiesta di restituzione dei corpi dei defunti, e ciò che accadde
dopo la battaglia di Delio (424 a. C.), ovvero il rifiuto di Tebe alla supplica
di riavere indietro i cadaveri da parte degli Argivi, è schiacciante. In più Di
Benedetto trova supporto nei versi 726-730 della tragedia:
Bisogna prima scegliere un comandante come questo,
che è valoroso nei pericoli
e nemico della massa tracotante: infatti, quando questa ha successo
cerca di salire sul gradino più grande della scala 10
e così distrugge la fortuna di cui prima poteva godere.
Questo è un appello elettorale in vista delle elezioni degli strateghi, che, in
11
base ai calcoli di Pritchett e Neugebauer, e Meritt , si tenevano nel 422-423.
Scegliere ulteriormente tra i due anni diventa difficile, ma in base ad una
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serie di calcoli ed altrettante opinioni favorevoli di studiosi la data del 422
a. C. per la rappresentazione di questa tragedia appare senz'altro più
probabile.
Per quanto riguarda Le Troiane non ci sono problemi di sorta: la prima
rappresentazione avvenne nella primavera del 415 a. C. assieme ad altre due
opere oggi andate perdute, Alessandro e Palamede.
Note 2:
1 Tra gli esponenti di questa tendenza: U. von Wilamowitz, Analecta euripidea,
Berlin 1975, p. 151; P. Decharme, Euripide et l’esprit de son théâtre, Paris 1893,
p. 195; Euripide, tome I, Le Cyclope – Alceste – Médée – Les Héraclides, texte
établi et traduit par L. Méridier, Paris 1925, p. 195
2 E. Delebecque, Euripide et la guerre du Pèloponnèse, Paris 1951, p. 76
3 Interessanti in questo senso gli studi di E. B. Ceadel, Resolved Feet in the
Trimeters of Euripides and the Chronology of the Plays, «Classical Quarterly»
XXXV (1941), pp. 66-89
4 H. Weil, De tragoediarum graecarum cum rebus pubblicis conjiunctione, Paris
1844, p. 19
5 G. H. Macurdy, The chronology of extant plays of Εuripides, Lancaster 1905,
pp. 12-14; Marie Delcourt, Euripide et les évenements de 431-24, in Serta
Leodiensia. Mélanges de philologie classique de l’indèpendance de la Belgique,
Liège 1930, pp. 117-128
6 U. von Wilamowitz, De Euripidis Heraclidis commentatiuncula, in Kleine
Schriften, I, Berlin 1971, pp. 62-81
7 G. Zuntz, op. cit., pp. 81-88
8 G. Zuntz, op. cit. p. 89
9 V. Di Benedetto, Euripide: teatro e società, einaudi 1971, pp. 156-161
10 trad. Silvia Fabbri
11 W. K. Pritchett-Neugembauer, The Calendar of Athens, Cambridge 1947, pp.
94 sgg; B. D. Meritt, Athenian Financial Documents, pp. 176 sgg.
1
3. Gli Eraclidi non si possono intendere senza Pericle
L'affermazione di Di Benedetto, che dà il titolo a questa parte, può sembrare
piuttosto radicale nel suo messaggio, ma, per l'analisi che qui si propone, è
del tutto idonea. La storicizzazione dell'opera passa proprio attraverso questa
personalità di assoluta importanza all'interno della storia greca.
La vicenda degli Εraclidi è un punto fermo all'interno del patrimonio mitico
ateniese: addirittura viene annoverato fra i principali meriti della città
2
assieme alla vittoria di Maratona .
Una volta attestato il fatto che la tragedia sia stata scritta nei primi anni della
guerra del Peloponneso, il motivo della scelta proprio di questo mito da
parte dell'autore è palese: sottolineare il contrasto tra la supremazia e la forza
di Atene nel mito, e i momenti di difficoltà e crisi da affrontare nel presente.
ἐ ώ Ἀ ῶ
Tuttavia, non bisogna cadere nel tranello dell' γκ μιον θην ν: la
produzione oratoria encomiastica del V secolo ne è un esempio, e può trarre
in inganno. Euripide narra di un episodio caro alla tradizione ateniese,
3
sottolinea l'unicità della città nel portare aiuto ai bisognosi , e nel non
ό ί 4
sottrarsi a π ςους e μυρ ους che ciò comporta ; ma non è tutto. Lo spirito
critico di Euripide mette in luce contraddizioni e aporie proprio nel sistema
ateniese, che emergono in un disconcerting finale.
In relazione alle fatiche e ai disagi qui sopra citati, non si può non citare
l'ultimo discorso che Tucidide attribuisce a Pericle, nel quale viene esortata
6
la popolazione a non evitare i disagi , perché essi sono da affrontarsi, per poi
godere dei vantaggi dell'impero. La politica estera condotta da Pericle e la
7
visione di Euripide che affiora dalla tragedia sono coincidenti .
ό
Inoltre, spesso nella tragedia traspare il senso di una π λις armonica e
8
fiduciosa in se stessa :
Amico della guerra,
non c'è pericolo che tu turbi con le armi
la prospera città 9
amata dalle Grazie
Questa, in breve, era la Stimmung di Euripide nei confronti della città del suo
10
tempo. Allora è spontaneo ricordare il celebre Epiatafio di Pericle tutto
ό
dominato da questo senso della π λις come un organismo unitario, con un
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rapporto armonico tra tutte le sue parti .
Quando viene meno tutto questo?
Quando l'altruismo di un individuo (Macaria) viene oscurato dall'egoismo
dei molti (Alcmena, gli Ateniesi). E' questo l'autentico messaggio della
tragedia: la diffida ad Atene di non abusare della propria potenza, ma
amministrarla con moderazione e umiltà.
Alcmena vuole dare la morte al re argivo Euristeo, causa dei mali, ma le
leggi ateniesi non permettono l'uccisione di un prigioniero catturato vivo in
battaglia. Comincia lo stravolgimento aprosdochetico: Euristeo spiega che
non lui, ma la dea Era, infliggendogli una malattia, ha voluto tutto ciò;
tuttavia, egli non si sottrarrà alla morte, se questa arriverà, anche se spera
nell'applicazione della legge ateniese, che lo salverebbe. Il Coro di vecchi
ateniesi si muove in questa direzione, ma Alcmena trova la soluzione: sarà
lei stessa, una straniera, ad uccidere Euristeo; in questo modo Atene sarebbe
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esentata da ogni responsabilità e la donna troverebbe la sua vendetta . A
questa svolta Euristeo risponde rendendosi protagonista di un altro colpo di
scena: il re argivo ringrazia Atene di avergli, tramite le sue leggi, fatta salva
la vita e, per ricambiare, rivela un oracolo di Apollo. La città dovrà
seppellire davanti al tempio di Atena a Pallene il suo cadavere, che diventerà
invincibile baluardo, respingendo il futuro attacco di quegli stessi
discendenti di Eracle che essa aveva salvato: ὑ ᾶ ὀ ή ύ ά
μ ς τ' ν σω το σδε τε βλ ψω
ώ 14
θαν ν .
In un impeto di ferocia Alcmena afferra la palla al balzo: se la morte di
Euristeo, per sua stessa ammissione, porterà vantaggio ad Atene, perché
indugiare oltre? Il Coro non tentenna più: ora è giusto uccid