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La digitalizzazione del suono fu introdotta negli studi di registrazione dal 1979. Alcuni anni più tardi comparve
un supporto audiodigitale destinato al grande pubblico: il compact disc. La Philips lo presentò e le riuscì di
imporlo come standard mondiale. Nella registrazione digitale l'onda sonora, una volta trasformata in segnale
elettrico, è misurata a scala infinitesimale e tradotta in numeri binari. Il compact disc il segnale audiodigitale
viene inciso sotto forma di microscopici alveoli secondo il codice binario. x l'ingegnere del suono la tecnologia
digitale presenta molteplici vantaggi: miglior qualità del suono, eliminazione del rumore di fondo, possibilità di
un numero illimitato di copie senza perdita di qualità, immagazzinamento più economico, facilità e sicurezza di
elaborazione. Il cd contiene più musica del vinile a 33 giri è più facile da maneggiare e da classificare, non è
soggetto a usura. Anche il lettore laser è molto più piccolo di un giradischi. La musica registrata di buona qualità
è divenuta più varia e più a buon mercato che non mai.
21. Informatica musicale
Grazie alla miniaturizzazione del materiale e al ribasso dei costi, due sussidi informatici, il campionatore e il
sequencer, sono divenuti accessibili (sotto forma di hardware e software) al musicista, allo studente di musica e
al compositore. Essi permettono di registrare e ascoltare immediatamente i suoni sullo schermo. Campionatore e
sequencer sono due anelli di una catena che permette di far musica con l'assistenza del pc.
22. La registrazione è un gesto musicale
Pur se non produce suoni come gli strumenti tradizionali, lo studio di registrazione è uno strumento musicale.
Esso capta e immagazzina i suoni; così facendo funge da prolungamento dell'orecchio e elabora i dati sonori, e
lo fa selezionando, provando, cancellando, miscelando, ecc. Il disco è una realizzazione collettiva dilazionata
nel tempo. Ciascuno dei tre collaboratori opera in un campo che gli è specifico: il compositore annota l'info
musicale di base, le altezze (melodia e armonia) e le durate (ritmo, forma); l'interprete attualizza la partitura
infondendovi l'espressione per mezzo di sottili variazioni non scritte di volume e di durata; l'ingegnere del suono
interpreta questa “partitura sonora” intervenendo sul timbro, sul volume e sulla spazialità.
23. Disco vs concerto
Il concerto è il luogo d'incontro dove si celebra un rituale magico e sociale, dove l'ascoltatore partecipa a un
avvenimento in comunione con l'interprete e col resto del pubblico; mentre allorché appoggia un disco sul piatto
attua un comportamento individuale. Gli interpreti dal vivo devono recuperare la spontaneità dell'interpretazione
in diretta, e il concerto deve distinguersi toccando l'ascoltatore con mezzi propri.
24. Una nuova estetica musicale
Fino all'800 la musica ha organizzato soprattutto le altezze e le durate. Lo studio di registrazione permette di
elaborare gli altri parametri sonori che erano stati fino ad allora trascurati (spazialità) o relegati a ruoli secondari
(volume e timbro). L'evoluzione del linguaggio musicale può quindi essere considerata sotto l'angolo di una
conquista progressiva dei parametri fisici del suono.
Franco Fabbri – La canzone
1. Cos'è una canzone
Della canzone si può fornire una definizione molto succinta: “Una breve composizione di testo e musica”. Il
concetto di canzone si collega anche alla definizione di diversi generi musicali, insiemi di eventi musicali il cui
svolgimento è regolato da norme accettate da una comunità: un modo di ordinare il materiale musicale che
risponde a una particolare funzione, ed è un elemento formale importante nella definizione dei generi musicali
così come li intende la musicologia oggi.
2. Com'è fatta una canzone?
Se c'è un tratto comune ai numerosi esempi e tipi di canzone, oltre alla relativa brevità, questo è certamente la
struttura ripetitiva. Moltissime canzoni contengono elementi testuali e/o musicali che si ripetono, spesso basati
su una medesima successione di metri e versi, che corrisponde alla nozione letteraria di strofa. Ciò che conta è la
ripetizione in sé, non che questa si articoli a partire dal testo. In Europa e negli Stati Uniti per gran parte del '900
il campo musicale è stato costruito e interpretato basandosi sull'antitesi fra una musica colta negatrice della
ripetizione e protesta all'innovazione radicale e una musica leggera ripetitiva e quindi sempre uguale a sé stessa.
Middleton ha proposto una distinzione tra ripetizione musematica, cioè di brevi cellule melodico-ritmiche, e
ripetizione discorsiva, basata su elementi dell'ordine della frase, del periodo, della sezione. Nella popular music
di derivazione afroamericana, la ripetizione discorsiva è 1elemento fondante della stessa struttura della canzone.
Da questo punto di vista le canzoni si presentano come composizioni modulari.
Passando dal blues ad altri repertori, si osserva che molte canzoni prevedono la ripetizione di un'intera sezione,
identica nelle parole e nella musica, che quasi sempre contiene il titolo: è il ritornello (in francese “refrain”, in
inglese “chorus). Se una sezione viene ripetuta uguale nella parte musicale, ma con un testo diverso, prende il
nome di strofa (in inglese “verse”). L'identità della parola musicale ammette qualche deroga, non solo perché il
suono della voce è diverso articolando un testo differente, ma perché spesso si trovano varianti. Queste sono
un'evidente eredità della tradizione popolare, e in qualche modo testimoniano l'importanza della funzione
narrativa nella strofa; un modello di canzone diffuso in numerose culture è quello della ballata, costituito da una
successione di strofe nelle quali viene articolato un discorso, con l'eventuale interposizione di ritornelli ai quali
spetta il compito di riassumere, trarre la morale, commentare il discorso. Il ritornello si presenta come il culmine
musicale di una preparazione avvenuta nel corso della strofa. L'inserimento del ritornello nella struttura della
ballata accentua la direzionalità, il finalismo impliciti nel racconto, a tal punto da rendere quasi superflua una
vera tensione narrativa: molte canzoni, forse la maggioranza di quelle di argomento romantico-sentimentale,
possono fare a meno dei meccanismi implacabili e basarsi su una retorica meno stringente, formata da
un'introduzione e un'esposizione del fatto, un'argomentazione e una perorazione appassionata.
Allo schema finalistico appena esemplificato, se ne potrebbe contrapporre un altro che appare piuttosto orientato
verso l'inizio, secondo un meccanismo di progressiva sottrazione del piacere piuttosto che di rinnovata e
crescente sollecitazione. È lo schema tipico di molte canzoni nate per la commedia musicale americana. Le
origini teatrali sono deducibili dalla presenza di una strofa introduttiva, verse, che non viene mai ripetuto, e si
colloca all'inizio della canzone con il compito di preparare la scena, spesso con un andamento di recitativo; in
molti casi esso non è sopravvissuto. In questo modello di canzone, al verse segue il chorus. Quest' ultimo
contiene molto spesso il titolo, che per lo più di appoggia allo hook più accattivante e memorabile, ma contiene
anche altro testo. Il chorus si ripete all'inizio della canzone; segue una sezione intermedia, contrastante, nella
quale l'elemento di contrasto spesso è costituito da una riduzione degli elementi di interesse, da un tono medio
'grigio', denominato “bridge”; quest'ultimo separa i primi due chorus dal successivo, ed è ripetuto nel caso ci
fosse un altro chorus. La struttura di questo modello di canzone (chorus-bridge) può essere schematizzata così:
(verse), chorus, chorus, bridge, chorus, (bridge, chorus). Uno schema tipico dell'altro modello (strofa-ritornello):
strofa, ritornello, strofa, ritornello, (strofa, ritornello), ritornello. Il bridge, geometrico, basato su progressioni,
schematico anche nel testo e talora molto ingegnoso nel respingere ogni elemento di interesse fino alla rapida
successione di accordi conclusiva che conduce alla dominante e al successivo chorus, è il contrario di ciò che
accade nell'altro modello, dove la strofa ha sempre 1 sviluppo argomentativo, che cerca di rendersi interessante;
questi due modelli mettono in atto strategie dell'attenzione e della fascinazione molto diverse.
Un incentivo all'eliminazione del verse venne dalla durata limitata dei dischi, ma anche dal ritmo incalzante
della programmazione radiofonica. La struttura chorus-bridge incarna l'esigenza di “tutto e subito” che i mass
media avviarono fin dagli anni '30, con l'introduzione del concetto di format radio, cioè di una programmazione
orientata a un target di ascoltatori omogeneo per gusti e consumi, al quale non deve essere lasciato il tempo di
annoiarsi e di cercare un'altra stazione.
3. Dall'800 al '900
L'ultimo decennio del secolo ha visto tra i fenomeni musicali di maggiore rilievo il diffondersi dell'interesse nel
Nord del mondo per le culture musicali del Sud, sotto l'etichetta di world music. Può essere considerato un
nuovo affioramento del fascino dell'esotico; è la manifestazione di una ricerca di autenticità, di radici; al tempo
stesso quella musica del mondo viene consumata proprio perché soggiogata al suono tecnologico della stessa
industria musicale. E mentre produttori discografici dei paesi ricchi vanno alla ricerca di musicisti autentici da
incorniciare nella perfezione della registrazione digitale, i musicisti dei paesi poveri praticano un continuo
'bricolage' con le tecnologie a loro accessibili, trasformando e “sporcando” la loro autenticità. Dove termina il
folk e inizia il popular? Gli stessi etnomusicologi sanno che questo confine è sempre stato sfumato.
Molte delle musiche che lasceranno una traccia permanente nella cultura musicale del '900 nascono nelle bettole
dei porti, dall'incontro di etichette diverse che le grandi migrazioni mettono in contatto: sono musiche molto
caratterizzate sotto il profilo etnico, ma nascono dal confronto e da insospettabili mescolanze, proprio per
affermare nuove identità. Le canzoni parlano di passioni forti, miseria, amore, comicità svagata. Gli anni a
cavallo tra '800 e '900 vedono la nascita, quasi contemporanea, di genere e repertori che 100 anni dopo saranno
ancora ben presenti nella memoria e nella pratica musicale: es. O sole mio di Eduardo di Capua (1898), e la
serie straordinaria di canzoni napoletane scritte intorno a quegli anni che r