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Sulla scala esistono anche studi di tipo percettivo nei quali vengono presi in considerazione i modi con i quali
diverse culture percepiscono e concettualizzano i propri sistemi scalari. Secondo Dowling e Harwood sembrano
esserci alcuni condizionamenti fisiologici che regolano l'elaborazione di sistemi scalari. Essi enumerano sei
condizionamenti psicologici: i suoni della scala devono essere distinguibili tra loro; le frequenze fondamentali in
rapporto di ottava sono considerate come molto simili; il numero di intervalli all'interno dell'ottava deve essere
ridotto a causa dei limiti nella capacità percettiva dell'uomo; l'ottava è suddivisa in un numero finito di unità
intervallari della stessa ampiezza in modo da consentire il trasporto della scala a diverse altezze; presenza di
almeno 2 intervalli di diversa ampiezza; conservazione di coerenza interna.
9. Scala e contesto culturale
Un'altra questione fondamentale riguarda il legame tra sistemi di pensiero e discretizzazioni che ciascuna cultura
opera sul continuum di altezze. Diverse società hanno non solo scale con intervalli differenti, ma anche diverse
concettualizzazioni dei propri sistemi scalari. Non è possibile descrivere e analizzare un fenomeno musicale
senza comprendere il sistema culturale in cui quella data musica viene eseguita, e il sistema cognitivo che l'ha
prodotta. L'etnomusicologo si trova inoltre spesso di fronte a culture in cui non esiste una formalizzazione
teorica a proposito delle scale. In questo caso il ricercatore deve compiere un'operazione di astrazione teorica
ricavando la scala dai documenti sonori a propria disposizione.
10. L'approccio etico: modulo o gamut
Questa assenza di concezioni formalizzate ha indotto numerosi etnomusicologi ad elaborare un 'modello' di
scala che renda più precisamente diversità e complessità di alcuni sistemi incontrati nella ricerca. Gli
etnomusicologi hanno adottato in tempi recenti la soluzione di proporre uno schema scalare 'neutro'. Si tratta del
“modulo” scalare o “gamut”; il ricercatore si limita ad indicare la frequenza statistica con cui certi suoni
ricorrono rispetto ad altri. La rappresentazione del modulo scalare non risolve tuttavia il problema
fondamentale, che è quello di determinare quale sia la percezione e la concettualizzazione che ciascuna cultura
fa del continuum di frequenze. Costruire un inventario di altezze costituisce la base per compiere questo tipo di
operazioni, ma il passo successivo consiste nel confrontare questo inventario con la percezione che di questo ha
la cultura musicale studiata. Da puro inventario di suoni, il parametro altezza di ordina poi in successioni
denominate melodie e in scale con gerarchie di suoni prestabilite al loro interno.
Serena Facci – Melodia
1. Definizione
Definizione di melodia del New Groove's Dictionary: “Suoni intonati organizzati in tempo musicale in accordo
con le convenzioni e i limiti posti da una determinata cultura”, e nella stessa voce di legge che la melodia così
intesa “rappresenta un fenomeno umano universale rintracciabile fin dalla preistoria. Nel dizionario della Lingua
Italiana si legge invece: “Successione di suoni animata dal ritmo e regolata da leggo strofiche, che attraverso i
momenti di cui è composta, costituisce nella mente dell'ascoltatore un fatto compiuto assumendo il valore di
pensiero musicale”. Queste leggi strofiche connotano un particolare tipo di organizzazione melodica basata sulla
ripetizione di una determinata successione di suoni. L'organizzazione strofica della melodia si rinviene nella
maggior parte delle musiche folcloriche europee; naturalmente l'assenza di una forma strofica non esclude la
ripresa di elementi strutturali. Nella definizione di melodia contenuta nel dizionario Larousse de la musique si
legge: “La melodia occidentale è sentita come una forma chiusa […] si presume che la melodia si concluda in
un lasso di tempo molto breve”. Ringer, parlando di melodia come di “suoni intonati” senza specificare se si
tratti di suoni contemporanei o in successione egli sorvola su uno degli assunti più accettati: quello che assegna
alla melodia uno sviluppo orizzontale, in contrapposizione alla verticalità dell'armonia.
Nattiez afferma che “bisogna distinguere l'altezza come realtà fisica dalle proprietà che la nota assume a
seconda del suo contesto”. Quando si vuole analizzare una melodia bisogna tenere conto della sua poliedricità:
“una lista delle variabili che fanno parte dell'analisi melodica: le scale; le implicazioni tonali e armoniche; le
altezze, gli intervalli, l'ambito e il registro; il movimento melodico; il ritmo e i silenzi, la struttura metrica, il
tempo, l'intensità e il modo di articolazione; le cellule, il fraseggio e le strutture tematiche”. Il senso di
ambiguità e complessità del concetto di melodia è stato sottolineato anche da Sachs.
2. L'approccio alla melodia negli studi etnomusicologici
Dalla definizione di Sachs possiamo estrapolare due concetti fondamentali: 1) in qualunque contesto culturale
“Una melodia non è mai qualcosa di anarchico e arbitrario, ma segue delle regole precise e quasi inderogabili”;
2) “Si potrebbe definire la melodia come l'andamento percepibile di una voce (o uno strumento), dall'inizio alla
fine di un brano, compresi i passaggi intermedi”. La melodia è un concentrato di diversi elementi musicali.
Questa complessità del materiale melodico ha però reso polivalente l'approccio analitico alla melodia.
2.1. L'analisi intervallare: Sachs
In Sorgenti della musica Sachs osserva la melodia in base ad almeno tre parametri diversi: 1) inizialmente,
differenziando le 'melodie a picco', basate sul passaggio brusco dalla nota più acuta alla più grave, dalle 'melodie
orizzontali' il suo punto di vista è evidentemente poggiato sul 'profilo melodico', ovvero sul disegno tracciato
dalla melodia. 2) successivamente, viene introdotto il concetto di 'melodia centrica', quella in cui un suono
rappresenta il nucleo centrale, intorno al quale ruotano tutti gli altri. La prevalenza di un suono sugli altri
introduce un altro carattere melodico, cioè la diversità di importanza e di ruolo tra i vari suoni. 3) il terzo e più
approfondito approccio analitico alla melodia effettuato da S. è quello che si può definire 'intervallare'. La
classificazione in base alla quantità di suoni e alla qualità degli intervalli è il nucleo centrale del suo discorso. In
base a questo tipo di classificazione egli individua un campionario di modelli melodici generati dalle diverse
possibilità di elaborazione degli intervalli. Il primo è il 'modello a intervallo unico'; un altro modello è quello
'composto da concatenazioni di intervalli' – questo tipo di melodie è spesso definito 'a fanfara'; entrambi i
modelli sono considerati da S. “strutture vuote” suscettibili di sviluppo grazie all'aggiunta di note intermedie o
esterne al nucleo centrale costituito dall'intervallo generatore, le prime sono dette 'infissi', le seconde 'prefissi' o
'suffissi'.
2.2. La forma melodica: Lomax
L'ampiezza degli intervalli è un parametro secondario tra quelli dedicati da Lomax alla melodia in The
cantometric coding book (1968). Egli ricava dalla melodia 8 possibilità di codificazione: profilo melodico,
forma melodica, lunghezza delle frasi, numero di frasi, posizione del suono finale, ambitus o estensione,
ampiezza degli intervalli, grado di abbellimento usato dal cantante. Scrive Lomax: “il cantometrico è un metodo
per descrivere sistematicamente e organicamente la fisionomia generale di esecuzioni di canzoni con o senza
accompagnamento”. L'aspetto più approfondito è il parametro 'formale', ovvero l'articolazione della melodia in
segmenti che Lomax chiama 'frasi'. Vengono indicate 4 tipologie fondamentali: la forma canonica → per essa
egli intende la melodia rintracciabile di alcune forme polifoniche. “la musica è suddivisa in 2 o più parti ognuna
delle quali è ritmicamente distinta. Ogni parte si limita a 1 o 2 frasi ripetute”; la litania → essa è caratterizzata
dalla ripetizione di 1 o 2 frasi: A A A A ecc, AB AB AB AB, ecc . È molto comune trovare questo schema nelle
ninnenanne di diverse aree geografiche. Può anche essere complessa, in quanto possono esservi inseriti segmenti
melodici diversi dallo schema di base; la strofa → essa viene definita come una serie di frasi ripetute “più e più
volte, senza inserzione di nuovo materiale, e senza omissioni e cambiamenti nell'ordine”. È la più caratteristica
della musica folklorica europea sia vocale che strumentale. La strofa può anche essere complessa, per es. nel
caso in cui diversi ritornelli intercalino le sequenze ricorrenti; il modello composto in ogni sua parte → modello
melodico tipico della musica orientale e della musica colta occidentale in cui spesso non è riconoscibile una
forma strofica, ma le frasi si succedono senza ricorrenze precise.
2.3. Il profilo melodico: Adams
Ogni melodia può essere assimilata in un paragone grafico ad una “linea” sonora. Il tracciato di tale linea può
essere estremamente vario. Uno dei termini usati per definire questo parametro è 'profilo'. Esso è il prodotto di
tutte le relazioni intervallari e temporali tra i suoni che compongono la melodia: risulta dal fatto che ogni suono
ha una certa posizione nel tempo ed è in relazione ascendente o discendente rispetto ai suoni che lo precedono o
lo seguono. Inteso così il profilo melodico viene a coincidere col concetto stesso di melodia. Un'interpretazione
così estesa è poco utile e non viene applicata. L'interesse della nozione di p. m. risiede invece nella possibilità di
astrarre uno dei caratteri della melodia liberandosi di altri elementi. Lomax prevede una classificazione in base a
4 andamenti: ad arco, a terrazza, ondulato e discendente. Nettl dice che il profilo melodico può essere definito in
linea generale ascendente-discendente-ondulato; in maniera più specifica a cascata e ad arco. Per Adams il
profilo melodico è il risultato delle relazioni che si stabiliscono tra i suoni “estremi” (iniziale, finale, più alto e
più basso) di un segmento melodico. Egli vede nel p. m. un mezzo per identificare “lo stile di ogni singolo
compositore, di ogni singolo gruppo etnico, o di gruppi etnici correlati tra loro, o anche lo stile di regioni
geografiche più ampie”.
2.4. La segmentazione melodica: Ruwet, Nat