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MEDICALIZZAZIONE DELLA VITA
2.1 La medicalizzazione della vita
- L’egemonia nella modernità del paradigma meccanicistico nelle scienze biomediche e dello scientismo ha
avuto tra i suoi effetti la medicalizzazione della vita. La medicina, nella sua forza espansiva, si occupa
sempre più dei sani. Ha esteso il suo potere su quasi tutti gli aspetti e le dimensioni della vita (fisica,
psichica e spirituale), fino ad offrire all’uomo il raggiungimento artificiale del benessere e una via d’uscita
da ogni cosa, anche dalla realtà.
- La società ha affidato ai medici il potere di determinare la vita. Anche la vecchiaia è diventata una
malattia.
- L’uomo si affida sempre più alle tecniche mediche e alla farmacologia. Il confine salute/malattia è
diventato sottile e labile.
- La cultura eupsichica dello stare bene, della salute ad ogni costo è la parola d’ordine che domina la vita, le
attese e i modi di essere dell’uomo contemporaneo.
- La preoccupazione per la salute e per la sorveglianza testimonia cambiamenti nelle strutture stesse della
nostra società, cambiamenti che corrispondono all’emergere del “biopotere”.
- Caratteristico del potere del sovrano era il diritto di vita e di morte sui suoi sudditi. Foucault l’ha definito il
diritto di far morire e lasciar vivere. Nella biopolitica si verifica un mutamento di queste dinamiche e si
afferma un potere fondato sul diritto esattamente opposto: il diritto di far vivere e lasciar morire.
- I bersagli del biopotere sono i processi di natalità, morbilità, mortalità e longevità. Anche in buona salute,
ci percepiamo come malati potenziali, da controllare.
- Anche angoscia e sofferenza esistenziale non sono tollerate: qualsiasi fragilità deve essere eliminata.
- La medicalizzazione rappresenta un tentativo di far per conto degli altri quello che gli altri, grazie al loro
patrimonio genetico e naturale, erano prima in grado di fare.
- La civiltà medica moderna tende a trasformare il dolore in un problema tecnico e di conseguenza la
sofferenza perde il suo intrinseco valore personale. In tal modo l’individuo diventa incapace di accettare la
sofferenza come una componente inevitabile dell’esistenza umana, che esige una risposta dall’individuo
stesso.
- L’individuo che soffre si trasforma in un consumatore di antidolorifici e chiede sempre maggiori dosi di
prodotti e di servizi che gli procurino artificialmente insensibilità, stordimento, incoscienza.
- Lorenz nel suo celebre saggio Gli otto peccati capitali della nostra civiltà paventa come quinto peccato
l’estinzione dei sentimenti, come alterazione dell’equilibrio del nostro sistema piacere-dispiacere,
alterazione che sta producendo una sempre maggiore sensibilizzazione agli stimoli nocicettivi (ricettivi del
dolore) e di una sensibilità decrescente verso quelli che producono piacere.
- La crescente intolleranza al dolore, abbinata alla decrescita del piacere, fa perdere all’uomo la capacità di
impegnarsi in imprese a lungo termine e produce l’esigenza impaziente di soddisfare immediatamente ogni
nuovo desiderio.
- La medicalizzazione ha posto fine anche all’epoca della morte naturale. L’uomo occidentale ha perso il
diritto di presiedere all’atto del morire. La salute, cioè il potere di reagire autonomamente, è stata
espropriata fino all’ultimo respiro. La morte tecnica ha prevalso sul morire.
- L’enorme consumo di ansiolitici, antidepressivi, antidolorifici, tranquillanti, trasforma l’umanità in una
massa di zombie.
- La cosa da curare è il malessere che ci impedisce di prenderci cura di noi, dei nostri problemi vitali, del
possibile cambiamento e della metodica costruzione della nostra vita. Tutte operazioni di carattere etico e
non tecnico e di cui potrebbe farsi carico la filosofia e non la farmacologia.
- Senza incorrere nel grave errore di voler cambiare il mondo nella sua totalità, occorre partire dal mondo
nel quale si vive e cambiare, per quella parte che dipende da noi, secondo l’insegnamento di Epitteto:
“Sono in nostro potere, l’opinione, l’impulso, il desiderio, l’avversione e tutte quelle cose che sono nostre
proprie azioni. Non sono in nostro potere corpo, patrimonio, reputazione, cariche e tutto ciò che non sono
nostre azioni.”
2.2 Dall’etica naturale all’etica salutista
- Nel mondo premoderno l’uomo ha ispirato la sua arte del vivere e del morire e ha affidato la realizzazione
dei due desideri al rispetto della natura, dei suoi ritmi ed equilibri. Vivere razionalmente era sinonimo di
vivere secondo natura. Questa massima stoica ha influenzato l’etica classica e medioevale e la medicina
premoderna.
- Storia.
- L’unico tempo reale, come ci ha insegnato Sant’Agostino, è il tempo presente, l’istante: il passato non è
più, il futuro non è ancora.
- Per vivere ogni momento come un meraviglioso miracolo, bisogna smettere di correre dietro al futuro, di
preoccuparsi per quello che è stato, di avere sempre di più in modo sconsiderato.
- Il nostro corpo è qui, ma la mente è in qualche altro posto, nel passato o nel futuro, prigioniera della
rabbia, delle frustrazioni.
- La cultura morale è dunque indispensabile al perfezionamento della natura umana e costituisce l’arte del
vivere. Anche Kant afferma che la filosofia pratico-morale serve da rimedio universale. Tale rimedio
riguarda la dietetica, l’arte di prevenire le malattie.
- Essa è in antitesi alla terapeutica, l’arte di curare le malattie. Per Hufeland, la dietetica è anche l’arte di
prolungare la vita umana. Gli uomini vorrebbero soddisfare insieme due desideri: quello di vivere a lungo e
anche quello di godere di buona salute: il primo non ha per condizione necessaria il secondo.
- L’arte di prolungare la vita umana può portare a vivere quasi solo a livello vegetativo, potendo mangiare,
passeggiare e dormire. Quello che per un’esistenza animale significa essere sano, per l’esistenza civile
significa invece essere malato, inabile.
- Il potere è costituito dalla triade: Organizzazione, Tecnologia, Informazione. La metodologia e
l’amministrazione sono diventati fini in sé e hanno sostituito la direzione. Ai tecnocrati e alla leadership
viene insegnato a gestire scientificamente i sistemi, non a sviluppare il talento nel risolvere i problemi, ma a
individuare soluzioni che potranno soddisfare il sistema. Le tecniche di gestione sono state scambiante con
i valori morali, il fine con l’esecuzione, il prendere decisioni con la gestione, la creatività con la contabilità.
- C’è una fede assoluta nel fatto che la soluzione dei nostri problemi consista nell’applicazione di
conoscenze specialistiche razionalmente organizzate.
- L’etica naturale diventa sempre più il bersaglio della cultura moderna. Il rapporto etica/medicina si
capovolge. Non è più l’etica naturale fondamento dell’azione medica, ma è il contrario.
- La virtù e il vizio sono sostituiti dalla salute e dalla malattia.
- Tecnicizzandosi sempre di più il nostro apporto con la malattia e con la salute, l’etica naturale cede il
posto all’etica salutista: l’etica si medicalizza più di quanto la tecnomedicina si eticizzi. Al carattere morale
della medicina premoderna si sostituisce sempre più il carattere medico della nostra etica.
2.3 L’ingenuità delle utopie biomediche moderne
- È la lotta contro il destino che alimenta e collega le utopie mediche e le utopie sociali.
- La medicina, come abbiamo già accennato, diventa progettuale, utopica, perché vuole ristrutturare il
corpo, trasformandolo in una condizione non ancora esistente, vuole immettere la vita su percorsi nei quali
sino a ora non era mai fluita o non così facilmente.
- La lotta contro l’invecchiamento è alimentata dalla rigenerazione o sostituzione con protesi di organi
perduti o danneggiati. Si è cercato in tutti i modi di bloccare l’invecchiamento con la medicina estetica e
con la ricerca di sostanze (ormoni) o tecniche.
- Malgrado comunque tutti gli sforzi, la ricerca di una sostanza contro l’invecchiamento e l’elisir dell’eterna
giovinezza finora non sono stati coronati dal successo.
- Se il progetto biomedico moderno ha come obiettivo la liberazione dell’uomo dal male fisico, psichico,
bisogna cogliere le cause originarie del male fisico in modo non-utopistico ma storico e ontologico. La causa
ultima risiede nella finitudine e nel limite ontologico dell’essere umano.
- Ogni progetto rivolto al miglioramento organico diventa ingenuo, dice Bloch, “cervellotico”, se non
considera la complessiva esistenza umana e quindi il miglioramento etico-sociale. La salute può essere
sensatamente migliorata solo se la vita in cui risiede non è essa stessa sovraccarica d’angoscia, di miseria e
di morte.
- Si presume di poter riconoscere l’intera malattia dell’uomo da una goccia di sangue, inviata al laboratorio
d’analisi.
- Bisogna riconoscere che per realizzare concretamente il desiderio di tutti di essere in buona salute e i
desideri del progetto utopico, la speranza più visibile rimane l’influsso centralmente determinante della
qualità della vita, in una società risanata, sulle malattie perinatali e su quelle degli adulti stessi, in
particolare sulla loro prevenzione e sulla longevità. La strada che vi conduce è lunga.
2.4 La felicità ab extra
- La felicità, che è il fine della nostra vita e del nostro agire, rischia di non essere il frutto personale della
propria arte di vivere, ma di essere il prodotto artificiale di fattori esterni.
- La felicità, prodotta dalla tecnomedicina, è una felicità artificiale. La medicalizzazione nel suo progressivo
espandersi ha allungato il suo potere su tutte e tre le dimensioni dell’essere umano: il corpo, la mente e lo
spirito.
- Addirittura, l’economista premio Nobel Amartya Sen ha evidenziato che più è elevata la spesa sanitaria di
un paese, più è probabile che gli abitanti si considerino malati.
- Per capire la crisi della medicina, che è al minimo storico della sua credibilità, Barsky individua quattro
fattori: - 1: riduzione della mortalità infantile e per infezioni, con aumento di malattie degenerative e
invalidanti, col risultato che si vive più a lungo ma peggio;
- 2: l’aumentata coscienza individuale e collettiva sullo stato di salute porta a ricondurre in ambito
medico disturbi che non erano considerati problemi sanitari. Aumenta la schiera dei sani preoccupati;
- 3: la commercializzazione della medicina e della fitn