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Estratto del documento

Chi è povero non può essere magnifico, in qunato non ha la possibilità di sopportare le

spese che la magnificenza comporta. Un povero può essere liberale, ma non magnifico. Il

magnifico non spende per portare vantaggi a sé, ma solo per il pubblico interesse: la

magnificenza è il giusto mezzo tra la meschinità e la volgarità.

Volgare → chi ostenta la ricchezza nelle piccole occasioni;

a) Meschino → chi è pronto a effettuare spese cercando di spendere il meno possibile.

b)

5) Magnanimità (megalopsiuchia): il magnanimo è chi si considera degno di grande

considerazione e lo è veramente. Il magnanimo è grande d’animo e basa la propria

grandezza sull’onore, il più nobile dei beni esteriori. Per diventare magnanimi è

necessario possedere le altre virtù, poiché chi ottiene le cose solo grazie alla

fortuna, diventa arrogante e superbo.

Il magnanimo ama i grandi rischi e quando è in pericolo non risparmia neppure la

propria vita, considerandola degna di essere vissuta solo in maniera onorata: è capace di

beneficiare ma si vergogna di essere beneficiato, poiché è una caratteristica tipica della

persona inferiore. Il magnanimo, per questo motivo, è più portato a dare che a ricevere.

Non ama chiedere nulla a nessuno, ma è pronto ad aiutare gli altri in qualunque circostanza:

con gli autorevoli dimostra il proprio valore, con le persone mediocri fa il modesto per non

umiliarli. Chi non è magnananimo si preoccupa soltanto di ciò che gli altri pensano di lui,

mentre il magnanimo mostra apertamente i propri sentimenti. Non cova rancore per i torti,

non parla né di sé né degli altri, perché non ha interesse a essere lodato, né ad essere

criticato. Ha un passo lento, una voce grave, un modo di esprimersi molto pacato.

Vanitoso → Colui che si stima degno

a) di grandi cose, ma non lo è. Si comportano da

sciocchi in quanto, pur non essendone degni, si cimentano in imprese onorevoli, ma

vengono smentiti dai fatti. Curano l’aspetto esteriore, si vestono con molta attenzione

e tendono a voler esibire agli altri le proprie ricchezze e fortune, aspettandosi di

essere tributati per i propri onori.

Pusillanime → Colui che si stima meno di quanto dovrebbe.

b) la medietà rispetto all’ira. Chi si adira per le cose giuste, con le

6) Bonarietà/Mitezza:

persone giuste, nei momenti giusti e per il tempo giusto è un uomo bonario ed è da

lodare. Non è vendicativo, ma propenso al perdono. Ciò denota una mediazione

della ragione che lo porta ad avere equilibrio, quando si vive un impulso dell’anima

rispetto all’oggetto che ci fa arrabbiare: ira deriva da qualcosa che appare come

ingiusta.

Chi invece eccede nel sentimento dell’ira:

Irascibili → Si adirano in maniera incontrollata e immediatamente, per i motivi

a) sbagliati. La loro ira dura comunque molto poco.

Rancorosi → Covano a lungo la

b) loro ira perché non la sfogano. Si calmano

solo dopo essersi vendicati. Nessuno cerca di calmarli, in quanto la loro ira

non è manifesta, e questo aumenta il tempo di annidamento dell’ira nel loro

animo.

Chi non si adira quando dovrebbe passa, invece, da sciocco.

7) Affabilità: chi approva un discorso altrui quando è giusto approvarlo e biasima chi e

quando merita di essere biasimato, chi evita le compagnie poco raccomandabili, chi

sa come trattare la gente e sa in che modo comportarsi a seconda di chi ha davanti.

Tra chi esagera lodando tutto ciò che dicono gli altri senza mai contraddirli è

chi ha l’abitudine di contraddire, è

compiacente; scorbutico o litigioso. Adulatore: chi

è affabile solo per avere dei vantaggi.

8) Sincerità: coloro che senza una motivazione valida pretendono di avere dei meriti

che non competono loro dimostrano di essere persone dappoco (altrimenti non

godrebbero del falso), e sono più fatue che cattive. Coloro che invece gonfiano i

propri meriti in vista della gloria o dell’onore sono detti millantatori, e non sono troppo

biasimevoli; ma coloroche lo fannoper denaro o per altri vantaggi materiali (per

esempio indovini e medici) tengonoun comportamento più criticabile.Gli ironici (tra

cui Socrate), al contrario, neganoi titoli di merito che hannooppure, pur riconoscendo

di avere tali meriti,li fannoapparire più piccoli.Costoro sono meno biasimevoli dei

millantatori.Coloro che però negano di possedere anche meriti piccoli ed evidenti

sono chiamati impostori e sono più spregevoli. Costoro dimostrano di essere in realtà

dei millantatori, perché esibiscono la loro umiltà.Tra i due estremi, il giusto mezzo è

rappresentato dalle personesincere.

9) Il Garbo: Coloro che esagerano nel cercare di stimolareil risosono ritenuti buffoni e

volgari, perché si affannanoneltentativo di fareridere ad ogni costo e trascurano di

dire cose decorose e di non offendere colui che viene preso in giro. Coloro che

invece non scherzano mai e non sanno stare allo scherzo sono giudicati rozzi e duri.

Infine coloro che scherzano con gusto sono chiamati spiritosio garbati.Siccome il

piacere di ridere è diffuso, e la maggior parte della gente si diverte a scherzare e a

motteggiare più del dovuto, anche i buffoni vengono chiamati spiritosi, perché sono

divertenti.

10) Il pudore: l pudore viene definito come una specie di paura del disonore, e produce

effetti molto simili a quelli della paura di fronte ai pericoli: infatticoloro che si

vergognano arrossiscono, mentre quelli che temono la morte impallidiscono. Dunque

sia pudore sia paura hanno carattere fisico e non spirituale, in quanto si manifestano

con cambiamenti del fisico.Il pudore è tipico della giovinezza. Si è soliti lodare i

giovani pudichi, mentre nessuno loderebbe un uomo maturo per il fatto che è

sensibile alla vergogna: infatti un uomo virtuoso non dovrebbe vergognarsi di nulla.

Libro V

11) La giustizia: ingiusto è ritenuto colui che cerca di ottenere il massimo per se stesso

a danno degli altri, che non rispetta l’uguaglianza di trattamento stabilita dalla legge.

chi rispetta la legge e l’uguaglianza.

Giusto sarà

Le leggi hanno come obiettivo il benessere collettivo e il premio per i più meritevoli, ma

prescrivono anche le regole etiche del buon vivere in comunità, obbligando a compiere

azioni virtuose e scansando quelle viziose. La giustizia, per questo, è considerata la più

importante delle virtù.

È perfetta perché chi la possiede può esercitare la virtù anche tramite gli altri e non

solo verso di sé, pertanto rappresenta l’unico bene sia per chi la esercita che per chi

la subisce.

Se due persone litigano si rivolgono al giudice che funge da termine medio tra i contendenti:

per questo motivo i giudici sono considerati mediatori, con il compito di ristabilire

l’uguaglianza, sottraendo al colpevole la parte conseguita in maniera ingiusta, per restituirla

al legittimo possessore. Agire giustamente è una via di mezzo tra commettere e subire

dove commettere un’ingiustizia significa avere più del dovuto, subirla averne

ingiustizia -

meno.

L’onesto che esercita pubblici poteri deve prendere per sé solo ciò che gli spetta di diritto per

il proprio lavoro, concedendo ad ognuno ciò che si merita: la giustizia, per questo, è un bene

sia per chi la amministra, sia per chi la riceve. I governanti ricevono, in cambio, gli onori da

parte del popolo: chi non si accontenta di tali onori sarà un tiranno.

I danni che possono verificarsi nella società sono tre:

1. La disgrazia, quando il danno avviene per causo fortuito o per costrizione, contro

qualunque previsione. Se afferro la mano di una persona e per sbaglio ne colpisco

un’altra, non l’ho fatto volontariamente;

L’errore,

2. quando il danno avviene per ignoranza. Quando se colpisco qualcuno per

pungerlo lievemente, ma senza volerlo lo ferisco gravemente. L’origine della colpa,

pur essendo involontaria, è in chi agisce;

L’atto

3. ingiusto, quando il danno è fatto volontariamente, ma senza premeditazione. È

dovuto dall’impulso scaturito da chi provoca tale impulisività. Spesso chi agisce per

ira non lo fa per cattiveria, ma per reagire a un evento che appare ingiusto.

Il vero ingiusto o malvagio è colui che crea un danno dopo aver compiuto una scelta

consapevole.

L’ingiustizia può essere compiuta anche nei confronti di se stessi quando, ad esempio,

qualcuno si attribuisce meno di quanto gli spetti per umiltà e/o sobrietà.

Libro VI

Virtù dianoetiche. Sensazione

Intelletto

Anima Desiderio

Sensazione → non è il principio di nessuna azione morale, in quanto anche le bestie

possiedono la sensazione.

→ principio dell’azione → principi della scelta:

Scelta desiderio e calcolo dei mezzi per

raggiungere il fine.

La scelta non può sussistere senza il pensiero, che di per sé non mette in moto nulla: ciò

che determina la scelta è il pensiero che determina i mezzi per raggiungere uno scopo,

quindi il pensiero pratico, che presiede alle attività produttive - chi produce qualcosa lo fa

l’oggetto da produrre.

con un fine,

L’agire moralmente buono, invece, è fine a se stesso.

L’anima può cogliere la verità per mezzo di un’affermazione o di una negazione secondo

cinque disposizioni:

1) Arte: una disposizione ragionata secondo verità alla produzione;

2) Scienza: si basa su elementi certi e immutabili: sillogismo, il ragionamento deduttivo

alla base della scienza che porta, a ritroso, a una serie di principi universali, da

accettarsi per induzione. La scienza è una disposizione alla dimostrazione.;

3) Saggezza: ha per oggetto le azioni. Saggio è colui che è in grado di deliberare su ciò

che è buono e vantaggioso ai fini del raggiungimento di una vita felice per sé e per il

gernere umano. Il fine dell’azione, a differenza di quello della produzione, risiede in

sé: agire moralmente bene è fine a se stesso - a differenza della scienza, i cui

principi sono necessari e non possono formare oggetto di deliberazione, e a

differenza dell’arte, che ha per oggetto la produzione. La saggezza, dunque, può

essere definita come una disposizione all’azione che ha per oggetto ciò che è bene e

ciò che è male per luomo;

4) Sapienza: la più perfetta delle scienza, che include scienza e intelletto. Essendo

scienza è dotata di principi e realtà sublimi come i co

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A.A. 2016-2017
14 pagine
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SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-FIL/06 Storia della filosofia

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher lacinghiala di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Storia della filosofia antica e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Pisa o del prof Centrone Bruno.