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Capitolo secondo:

Aristotele ripete che il suo obiettivo non è la conoscenza teorica ma quella pratica ossia

diventare buoni.

Dovremo indagare il campo della praxis.

Retta ragione:

Aristotele afferma che bisogna agire in conformità alla retta ragione.

Qui si rinvia la trattazione di cosa sia la retta ragione.

- Questo rimando anticipa il ruolo della phronesis (saggezza pratica), virtù dianoetica

atta alla deliberazione.

La mancanza di precisione:

Aristotele insiste sulla natura non esatta dell’etica in quanto essa si basa su azioni umane

instabili e quindi le regole etiche non sono assolute.

La mesotes:

Aristotele introduce il concetto della medietà (mesotes).

Dato che la virtù è distrutta dall’eccesso e dal difetto, è necessaria la giusta misura che

permette la piena attuazione della virtù.

- Esempio: l’eccesso o la mancanza di esercizio e di cibo rovina la salute, mentre la

giusta quantità la conserva.

Applicazione della mesotes:

Applicando questo principio alle virtù morali:

- Coraggio: l’eccesso è la temerarietà, il difetto è la viltà.

- Temperanza: l’eccesso è l’intemperanza, il difetto è l’insensibilità.

Il massimo grado:

Il massimo grado di un’azione consiste nel frequentare in maniera adeguata la medietà.

Piacere e dolore:

Aristotele afferma che chi si astiene dai piaceri del corpo e gode di questo stesso astenersi è

temperante, chi invece se ne rammarica è intemperante.

Dunque Aristotele conviene che la virtù morale riguarda piaceri e dolori.

- A causa del piacere la gente compie azioni ignobili

- A causa del dolore la gente si astiene dal compiere azioni belle.

L’educazione:

Per questo si deve essere abituati in un certo modo fin da giovani, come dice Platone, a

provare piacere per le cose giuste e rammaricarsi per quelle turpi.

Le punizioni:

Le punizioni vengono inflitte come cura alle azioni viziose tramite la terapia dei contrari.

Esempio: se si è ecceduto di libertà, si verrà sottoposti alla terapia dei contrari: la libertà

verrà tolta.

Uomo giusto e sbagliato:

Tre cose portano a scegliere (bello, utile e piacevole) e tre cose a rifiutare (turpe, dannoso e

doloroso).

L’uomo buono è colui che sceglie correttamente, il cattivo colui che giudica sbagliando e

commette errori in particolare riguardo il piacere (perseguono, i cattivi, piaceri sbagliati).

Il piacere come criterio di giudizio:

Aristotele conclude osservando che gli uomini tendono a giudicare le azioni con il metro del

piacere e del dolore.

Capitolo terzo:

Aristotele distingue tra:

- Compiere un’azione giusta o temperante: il semplice fatto di eseguire un atto che

sembra giusto o temperante non implica che chi lo compie sia veramente giusto o

temperante.

Allo stesso modo, il bambino può scrivere grammaticalmente corretto (per caso)

senza conoscere veramente la grammatica.

- Essere virtuosi in senso pieno: si è virtuosi quando l'azione è compiuta con le

giuste intenzioni:

1. Consapevolezza: l’azione deve essere compiuta con piena consapevolezza

di ciò che si sta facendo.

Aristotele sottolinea che la consapevolezza arriva solo ad un certo punto della

vita (i bambini non sono consapevoli).

2. Scelto per sé stesso: l’atto virtuoso deve essere stato scelto per se stesso e

non per altro.

Un atto giusto deve essere compiuto perché è giusto, non per ricevere

vantaggi.

3. Disposizione stabile (hexis): l’atto virtuoso non deve essere occasionale ma

deve essere una disposizione stabile.

Come si diventa virtuosi:

Aristotele critica chi crede che la sola teoria o il discorso filosofico possano rendere una

persona virtuosa (come i malati che ascoltano le prescrizioni dei medici ma non le mettono

in pratica).

Per Aristotele la virtù si acquisisce solo con la pratica di azioni virtuose che porta allo

sviluppo di un habitus stabile che rende la persona virtuosa.

Capitolo quarto:

Aristotele distingue tre cose che si generano nell’anima desiderante:

1. Passioni: emozioni che coinvolgono piacere e dolore (desiderio, ira, paura).

2. Capacità (dynameis): tendenze naturali innate che ci permettono di provare le

passioni (essere capaci di adirarsi o provare paura)

3. Stati abituali (hexeis): disposizioni stabili attraverso cui ci si atteggia bene o male

rispetto alle passioni.

Esempio con la rabbia:

Se uno si adira troppo facilmente → vizio (eccesso).

Se uno non si adira mai → vizio (difetto).

Se uno si adira nel giusto modo → virtù.

La virtù non è una passione:

La virtù non può essere una passione perché noi veniamo ritenuti eccellenti o ignobili in

base a come ci rapportiamo alle passioni (e non in base alla passione in sé).

Infatti non si biasima chi si adira ma si biasima chi lo fa in un certo modo = come si rapporta

alla passione.

La virtù non è una capacità:

Aristotele esclude anche che la virtù sia una capacità perché noi non veniamo detti né buoni

né cattivi per il fatto di essere capaci di provare passioni.

Inoltre le capacità le abbiamo per natura, vizi e virtù no.

La virtù come stato abituale:

Aristotele conclude che la virtù è uno stato abituale (hexis) ossia una disposizione stabile

dell’anima grazie alla quale rispondiamo bene o male alle passioni.

Capitolo quinto:

L’ergon della virtù è quello di rendere eccellente sia la natura di un ente sia il suo operato.

Esempio: la virtù dell’occhio rende eccellente l’occhio (natura dell’ente) e permette di vedere

in maniera eccellente (operato dell’ente).

- Quindi la funzione umana (ἔργον τοῦ ἀνθρώπου) è la razionalità ossia l'azione

conforme alla ragione.

Due tipi di medietà:

Aristotele afferma che esistono due tipi di medietà:

1. Medietà relativa alla cosa: valore equidistante dagli estremi. Esempio: 6 è il mezzo

tra 10 e 2.

2. Medietà relativa a noi: questa medietà cambia per tutti. Esempio: una dieta non è

universale, ciò che è poco per Milone (un atleta) può essere eccessivo per un

principiante.

Quindi la virtù morale verrà ad essere ciò che tende al giusto mezzo relativo a noi.

Phronesis:

La virtù morale è un equilibrio che si raggiunge non attraverso una misura matematica, ma

attraverso la saggezza pratica (φρόνησις) che valuta ogni situazione.

Virtù come medietà nelle passioni:

Aristotele applica il concetto di giusto mezzo alle passioni e alle azioni (in quanto la virtù

riguarda queste cose).

Le passioni possono essere eccessive, difettive o equilibrate.

- Il vizio si manifesta nell'eccesso o nel difetto.

- La virtù si manifesta nell’equilibrio.

La difficoltà di cogliere il giusto mezzo:

L’errare si dà in molti modi (infatti il male è indefinito), mentre l’essere corretti si dà in un solo

modo (il bene è finito) perciò vi è anche una cosa facile e una difficile, facile il fallire il

bersaglio, difficile cogliere il giusto mezzo.

Capitolo sesto:

Possiamo dire che virtù è uno stato abituale che produce scelte e si fonda sulla medietà

rispetto a noi che è determinata dalla ragione pratica.

Culmine:

La virtù, per definizione, è medietà ma, rispetto al bene, essa è un estremo (punto

culminante).

Azioni ignobili in sé:

Per Aristotele alcune azioni non hanno il giusto mezzo (adulterio, furto, omicidio) ma sono

ignibili in sè.

La virtù come estremo positivo:

Aristotele ripete che la virtù è sia medietà rispetto al vizio, sia estremo rispetto al bene.

Capitolo settimo:

È fondamentale applicare i principi etici generali ai casi particolari in quanto la prassi

riguarda il mondo concreto dove ogni azione avviene in circostanze particolari.

Applicazione della mesotes:

Aristotele elenca diverse virtù e vizi e ne individua il giusto mezzo, l’eccesso e il difetto:

- Coraggio (andreia)→medietà: coraggio /eccesso: temerarietà (troppo ardire) /difetto:

viltà (troppa paura).

- Temperanza (sophrosyne)→medietà: temperanza (controllo dei piaceri e dolori)/

eccesso: intemperanza/ difetto: insensibilità.

- Generosità (eleutheriótes)→medietà: generosità/ eccesso: prodigalità (spendere

troppo)/ difetto: avarizia (trattenere troppo).

- Magnificenza (simile alla generosità, ma legata a grandi spese)→medietà:

magnificenza/ eccesso: cattivo gusto, volgarità/ difetto: grettezza.

- Fierezza→medietà: fierezza (dignità nell’accettare grandi onori)/ eccesso: vanità/

difetto: pusillanimità.

- Mitezza→medietà: mitezza/ eccesso: iracondia/ difetto: flemma.

- Sincerità→medietà: sincerità/ eccesso: vanteria/ difetto: ironia.

- Arguzia→medietà: arguzia (buon senso dell'umorismo)/ eccesso: buffoneria/ difetto:

rusticità (mancanza di spirito e piacevolezza)

- Amabilità nei rapporti sociali→medietà: amabilità/ eccesso: adulazione/ difetto:

misantropia

- Pudore e sdegno: anche se non sono virtù in senso stretto, Aristotele riconosce il

valore di pudore (medietà) e sdegno rispetto agli estremi viziosi:

Eccesso di pudore: pudibondo

Difetto di pudore: sfacciato

Eccesso di sdegno: invidia

Difetto di sdegno: malevolenza

Riassunto delle virtù morali:

Ora Aristotele può dire che le virtù morali sono disposizioni stabili dell’anima che si

acquisiscono attraverso l’abitudine (héxis) e Il giusto mezzo relativo a noi si sceglie con la

phronesis.

Capitolo ottavo:

Aristotele stabilisce che vi sono tre disposizioni principali:

1. Eccesso

2. Difetto

3. Medietà

I primi due riguardano il vizio, ll terzo la virtù.

Ciascuna di queste disposizioni si oppone alle altre:

- Gli estremi (eccesso e difetto) si oppongono sia tra loro sia rispetto alla medietà.

- La medietà è opposta agli estremi.

Esempi di opposizioni:

Aristotele afferma che il coraggio è la virtù mediana.

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Publisher
A.A. 2024-2025
8 pagine
SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-FIL/03 Filosofia morale

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher enks di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Filosofia morale e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Milano o del prof Di Martino Carmine.