vuoi
o PayPal
tutte le volte che vuoi
J.M. COETZEE-LA VITA DEGLI ANIMALI
La vita degli animali è una raccolta di saggi, sotto forma di romanzo, dell'autore
premio Nobel 2003 J.M.Coetzee pubblicato nel 2000.La parte trattata consiste in due
conferenze (I poeti e gli animali e I filosofi e gli animali) sul tema del vegetarismo e dei
diritti animali, pronunciate all’Appleton College da un personaggio immaginario che
esprime le posizioni di Coetzee, Elisabeth Costello, anziana e popolare romanziera che
riesce a mettere in crisi tutti i sapienti accademici,a cominciare da suo
figlio,professore di fisica in una città universitaria dove è stata inviata a parlare dei
suoi libri. Con la sua voce pacata e implacabile, Elizabeth Costello parlerà invece delle
vite degli animali e di come vengono maltrattate dagli uomini, così gettando i suoi
ascoltatori in un insanabile imbarazzo: "Non hanno una coscienza, dunque siamo liberi
di usarli per i nostri fini? Dunque siamo liberi di ucciderli?" Con questo libro Coetzee,
non ha inteso aggiungere nuovi argomenti alla disputa sulla crudeltà verso gli
animali,ma ha voluto creare qualcosa di più efficace: un romanzo che obblighi il lettore
ad avvertire in tutta la sua enormità una questione che generalmente si preferisce
accantonare,sviluppando un dibattito morale. Il tema centrale dell’opera, ovviamente,
è quello degli animali.In passato che tipo di rapporto gli uomini avevano con gli
animali? Nel romanzo, sono molti e continui i riferimenti a filosofi sul tema degli
animali. Più volte sono citati Cartesio e Aristotele, che, per quanto riguarda questo
tema, Elisabeth Costello critica duramente. Infatti Aristotele affermava:"Le piante sono
fatte per gli animali e gli animali per l'uomo, perché ne usi e se ne nutra, se ne serva
per gli altri bisogni. Questa posizione per la protagonista è inaccettabile, così come
quella di Cartesio, riguardante gli animali in quanto macchine biologiche e Tommaso
D’Aquino, che affermava che gli animali non avessero anima. “che cosa noi uomini
abbiamo in comune con gli animali?” Secondo Coetzee è l’esperienza della vita come
pienezza. Questo rapporto primario con la vita, intesa coma ricchezza e dignità,
interezza e integrità, è quello che ci unisce agli animali,ma anche la condivisione
dell’essenziale,della pienezza dell’essere(gioia,prima di ogni cosa).
I FILOSOFI E GLI ANIMALI:Elizabeth comincia la conferenza parlando di Pietro il Rosso,
una scimmia ammaestrata che parla davanti ad un’assemblea. Pietro il Rosso è
semplicemente un personaggio inventato da Frank Kafka nel suo libro “Una relazione
per un’accademia”.Dopo questa breve premessa, inizia il vero e proprio discorso col
paragone con l’Olocausto. Tra il 1942 e il 1945 moltissime persone furono condannate
a morte nei campi di concentramento dei Terzo Reich. Ciò che sottolinea
maggiormente Elizabeth è il fatto che le persone che vivevano nelle campagne intorno
a Treblinka, sostenevano di non conoscere ciò che accadeva all’interno dei campi di
concentramento. E quindi è inconcepibile che gente che non sapesse (o facesse finta
di non sapere) dell’esistenza dei campi possa essere considerata pienamente umana.
Ai nostri occhi i tedeschi hanno perduto la loro umanità a causa di una precisa e
ostinata ignoranza. Quindi le vere bestie, non erano le vittime, ma gli stessi carnefici,
in quanto trattavano come bestie gli esseri umani (esseri creati a immagine e
somiglianza di Dio). Il paragone vero e proprio è quello che contrappone lo sterminio
dell’Olocausto a quello degli animali. Gli esseri umani sono consapevoli dei massacri
che avvengono nei mattatoi, ma molto spesso fanno finta di niente. C’è chi sostiene
che il paragone con l’Olocausto non regge e argomenta che l’industria della carne
macellata sia dedita all’alimentazione e quindi alla vita, ma ciò è una ben magra
consolazione per gli animali. A questo punto Elizabeth presenta alcune tesi di qualche
filosofo, confutandole: parla di Aristotele, Porfirio, Agostino, Tommaso d’Aquino,
Bentham, Cartesio, Mary Midgley e Tom Regan. Per San Tommaso l’uomo è stato
creato ad immagine e somiglianza di Dio. Secondo lui, il modo in cui si trattano gli
animali è importante solo per imparare a non essere crudeli verso gli altri uomini. E
così pure Platone e Cartesio a loro modo affermano che l’universo è costruito sulla
ragione e ciò avvicina l’uomo a Dio mentre gli animali alle cose.Elizabeth si chiede se
gli animali, pur avendo un’essenza diversa dalla nostra, non comprendano meglio di
noi (che siamo dotati di ragione) la natura. La ragione riconosce la validità di sé stessa
come principio primario dell’universo semplicemente perché non potrebbe
detronizzare sé stessa.Nella storia dell’umanità in passato l’uomo doveva contrapporsi
alla forza degli altri animali ma oggi quelle creature non hanno più potere poiché
quella guerra è stata vinta una volta per tutte e per questo essi si rifiutano di darci la
parola, tranne i primati. Primati che noi umani dovremmo considerare come campioni
difettosi della nostra specie ai quali dobbiamo riconoscere i diritti fondamentali
dell’uomo (alla vita e un’eguale protezione di fronte alla legge).Elizabeth a questo
punto racconta la storia di Pietro il Rosso: nel 1912 l’Accademia prussiana delle
Scienze fondò un centro sull’isola di Tenerife al fine di compiere degli esperimenti sulle
capacità mentali delle scimmie antropomorfe, in particolare sugli scimpanzè. Pietro il
Rosso fu catturato nel continente africano da cacciatori specializzati nel commercio
delle scimmie e spedito oltreoceano in un istituto di ricerca scientifica. Lo stesso
succedeva con le scimmie di Köhler. Poi le scimmie venivano sottoposte a un periodo
di ammaestramento inteso a umanizzarle. Pietro il Rosso completò la prova con tutti
gli onori, anche se pagò un alto costo personale(progenie e discendenti in primis).Poi
l’anziana donna comincia a parlare del filosofo americano, Thomas Nagel: egli scrisse
“Che cosa si prova ad essere un pipistrello?”. In questo testo Nagel dice che secondo
lui non si potrà mai comprendere un altro essere diverso da noi, perché esso è un
essere a sé, nella sua pienezza.“Cogito ergo sum”, ha detto Cartesio e queste parole
sono diventate famose. Questa formula ha sempre procurato disagio a Elizabeth, in
quanto implica che se un essere vivente non si dedica a ciò che chiamiamo pensiero è
in qualche modo un essere di seconda categoria. Al pensiero, alla cogitazione,
Elizabeth oppone la pienezza.La domanda sbagliata è “noi abbiamo qualcosa in
comune con gli animali?”, perché nel caso contrario, avremmo diritto di trattarli come
ci pare, uccidendoli, disonorandone i cadaveri.Quanto concerne i campi di morte, gli
assassini non si sono mai immedesimati nelle vittime, cioè non sono stati empatici:
hanno sempre detto “in quei vagoni bestiame ci sono loro”, “Devono essere i morti
bruciati oggi a far puzzare l’aria e a far piovere cenere sui miei cavoli”. Non hanno mai
detto “come sarebbe se al loro posto ci fossi io?”, “come sarebbe se a bruciare ci fossi
io?”. Lo stesso avviene con gli animali, non ci immedesimiamo in loro, anche se per
conoscere davvero le loro sofferenze dovremmo farlo.Alla domanda “cosa si dovrebbe
fare esattamente nei confronti di questi massacri?” Elizabeth risponde che non è lei a
dover dire cosa fare, ma dobbiamo guardare dentro il nostro cuore.Durante la cena si
teme sorga una domanda nei confronti di Elizabeth: “come mai è vegetariana?”. A
questo lei risponderebbe che nasce da un desiderio di salvarsi l’anima, tirando in ballo
Plutarco.Le comunità religiose scelgono di definirsi in termini di restrizioni alimentari
(ad esempio gli ebrei non mangiano il maiale).A questo punto comincia, da parte di
Wunderlich, la differenza tra purezza e impurità: gli animali non conoscono la
vergogna, quindi hanno usi impuri. Olivia Garrard obietta che gli animali sono creature
con le quali non si pratica il sesso, ed è in questo modo che li distinguiamo da noi. Il
solo pensiero di praticare il sesso con loro ci fa rabbrividire. Quindi a questo livello tutti
gli animali sono impuri. Norma dice che ciononostante noi li ingeriamo; quelli che non
mangiamo sono i cosiddetti impuri.Dio disse: “Quanto si muove e ha vita vi servirà da
cibo”, quindi Dio ci ha detto che andava bene. Bisogna definire però la nostra
differenza con gli animali. Gli uomini provano disgusto ad esempio, a mangiare un
cane o un gatto (non tutti), solo perché sono stati educati così. Il disgusto che
proviamo noi, non è universale (le comunità cinesi ad esempio mangiano anche
animali che noi non mangiamo). Gandhi da giovane venne mandato in Inghilterra a
studiare legge. L’Inghilterra era un paese carnivoro, ma Gandhi aveva promesso alla
madre di non mangiarla. I rapporti sociali con gli inglesi erano difficili perché non
poteva accettare e contraccambiare l’ospitalità. Solo quando si mise a frequentare
certi ambienti ai margini della società inglese (fagiani, teosofi...) che cominciò a
sentirsi a casa. Quindi nel vegetarianismo di Gandhi si può difficilmente vedere
l’esercizio di un potere. Esso lo ha condannato ai margini della società.Gli animali non
sanno se gli viene risparmiata la vita o no, perché vivono in un vuoto di coscienza
(come i neonati e i pazzi). Ma siamo liberi di ucciderli per questo motivo? Ovviamente
la risposta anche qua è da ritrovarsi nel cuore di ogni uomo.Inoltre siamo sicuri di
comprendere l’universo meglio degli animali? Non può essere il contrario?
I POETI E GLI ANIMALI:La seconda parte del libro incomincia col dialogo tra John e
Norma. Ciò che irrita Norma, riguardo la conferenza di Elizabeth è la sua visione della
ragione. Infatti l’anziana donna affermava che le spiegazioni che si danno gli animali
sono in armonia con la struttura della loro mente, con cui non condividiamo lo stesso
linguaggio. Invece Norma pensa che questo sia facile relativismo che porta alla più
completa paralisi intellettuale, e concordando in gran parte con la visione di Cartesio,
afferma che non si possa distinguere una mente animale e una macchina che simula la
mente animale. Per quanto concerne gli esseri umani, Norma pensa che siano dotati di
una ragione che gli fornisce una vera conoscenza del mondo reale.Alla cena, dopo la
conferenza, mancava il poeta Abraham Stern, che con una lettera inviatole, afferma
che non in