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IL CORPO COMUNICANTE
Padre fondatore della scuola Estetica a Milano. È allievo di Banfi, in un periodo in cui il panorama
filosofico italiano era dominato dall'idealismo crociano.
Idealismo di Croce → è legato alla spiritualità, per lui gli artisti non si sporcano le mani con
• la meteria
a Formaggio invece interessa proprio la dimensione pratica dell'arte, che non è una cosa
• ideale e spirituale, ma piuttosto un corpo a corpo: il corpo dell'artista combatte contro la
materia.
Il nostro corpo, come tutti i corpi, è bisognoso, ma noi siamo l'unico animale strutturato
• secondo una possibilità di differimento: siamo cioè in grado di porre un intervallo tra il
bisogno e il suo soddisfacimento.
Tra questi bisogni da soddisfare c'è anche quello comunicativo e qui Formaggio introduce
• una distinzione fondamentale:
informazione → trasmissione che impiega dei segni che hanno sempre un solo
◦ significato. È un segnale (che infatti ha significato univoco).
Comunicazione → i segni non vogliono dire sempre la stessa cosa, è una pluralità di
◦ significati. Quindi siamo in una dimensione simbolica. È il caso dell'arte, che è appunto
dimensione comunicativa perché a seconda di chi legge l'opera d'arte questa può avere
significati diversi. MIKEL DUFRENNE
IL VIRTUALE
Amico di Formaggio e debitore di MP per quanto riguarda l'ontologia della carne.
Quando percepisco non percepisco e basta: la fenomenologia dice che si trattiene nel
• presente qualcosa del passato e mi espongo al futuro.
Quando percepisco, percepisco con gli occhi qualcosa che in realtà dovrei solo toccare: gli
• occhi danno più di quello che dovrebbero dare, danno anche sapore e valore tattile
(sinestesia) → Il percepito è un'esperienza sensoriale che va oltre la visione.
il virtuale è quindi quello che percepisco più quello che nel percepito si intreccia e che c'è e
• non c'è → vedo un tessuto e riesco a coglierne la morbidezza; vedo il giallo limone e lo
associo con il limone. WALTER BENJAMIN
LA LINGUA PARTECIPATIVO COMUNICANTE
Considerato il pioniere della teoria dei media e della comunicazione.
Benjamin giovane → più interessato alla religione ebraica e alla teologia
• Benjamin maturo → più interessato alla sociologia della comunicazione
•
Si occupa della questione della lingua: come fanno le parole a dire le cose?
La parola “lampada” dice solo ciò che della lampada può essere detto a parole e così rimangano
inespresse un'altra serie di cose.
Dalla tradizione ebraica, WB deriva questo grande impulso allo studio della parola, perché questa
religione è una religione dell'ascolto, dove la parola è molto importante.
Nella Bibbia da subito la parola assume un ruolo fondamentale con il “Dio disse”, che però è un
modo di dire imperfetto, perché la parola creatrice non può essere paragonata a quella umana,
perché sarebbe una bestemmia. Per questo motivo bisogna immaginare la parola divina in maniera
ossimorica, come se fosse una “parola muta” e infatti viene dato ad Adamo il compito di nominare
le creature.
La cacciata di Adamo dall'Eden determina una serie di conseguenze negative, fra cui la Torre di
Babele, che portò alla confusione tra le lingue, ovvero alla loro evoluzione storica.
Le lingue storiche danno tutte un nome allo stesso mondo, ma ciascuna di esse riesce a dirne solo
un aspetto, perché ognuna di esse ha un suo punto di vista. Ci sono tanti significanti che insistono su
uno stesso significato:
significato: animale a quattro zampe ruminante, destinato al trasporto.
• Significanti: cavallo, horse, equus, hyppos.
•
Quindi la parola “lampada” dice solo un aspetto della lampada, perché tutte le lingue portano ed
espressione linguistica solo una parte di mondo.
Fuessli era un pittore di lingua tedesca che visse molti anni in Inghilterra. Nel quadro “The
nightmare” sembra voglia unire le due lingue:
incubo in inglese si dice nightmare, dove “mare” vuol dire “cavalla”
• incubo in tedesco si dice Alpdruck, che vuol dire “elfo”
•
Nella traduzione quindi di perdono una cavalla e un elfo, ma in entrambi i casi guadagnano un
incubo → idea che tradurre equivalga a tradire, perché si perdono certe atmosfere perdendone altre.
Introduce il concetto di inconscio ottico secondo il quale fotografia e cinema lavorano come gli
psicanalisti.
Freud immagina la psiche come geografia di tre nazioni:
1. es → l'istinto, la belva. È il desiderio che mi fa volere tutto e subito
2. io → molto fragile, perché è compromesso fra es e super-io, dove l'es tenta di superare i
limiti imposti dal super-io che limita
3. super-io → la coscienza etica.
Questo fa di noi una personalità multipla. Nietzchte parlava di soggetto a strati senza nucleo
interno, come una cipolla, mentre Platone rappresentava l'anima come un guidatore di un carro i cui
due cavalli vogliono andare in direzioni diverse. L'idea che nel soggetto alberghino personalità
diverse è perciò molto antica.
Molte delle nostre nevrosi, secondo Freud, sono date dal nostro Es che ha preso una via estrema,
creando il sintomo. Per questo aveva affermato “Dove c'è l'Es, ci devo andare io”.
Studiando l'isteria, egli inizia a pensare che questa malattia non derivasse dall'utero, ma che i
sintomi derivassero da una certa esperienza traumatica che si è bloccata ed è stata rimossa. Il
compito dello psicanalista è quello di riportare in superficie il rimosso per far sì che il sintomo
possa scomparire o attenuarsi.
Così come Freud portava al coscio ciò che era inconscio, così grazie alla fotografia e al cinema il
soggetto scopre di se stesso qualcosa che non aveva mai sospettato (come il fatto che quando rido
faccio una smorfia particolare). L'inconscio ottico restituisce al soggetto un senso di estraneità nei
confronti di se stesso.
La fotografia esibisce aspetti che io sul posto non potrei mai vedere, ma al contempo
• significa anche un impoverimento dell'esperienza, perché si finisce con il perdere la
sensibilità: essendo super esposti a tutti, sviluppiamo un callo che rende difficile lo stupirsi
(anestesia).
La fotografia è un medium democratico se usato in modo democratico, altrimenti può essere
• uno strumento molto potente di manipolazione.
MICHAIL BACHTIN
L'ESPRESSIVITÀ VIVENTE
Teorico della letteratura russo.
Insiste sull'aspetto del dialogo (da “dia” attraverso e “logos” parola). Il dialogo è una parola che
circola e che tiene insieme più soggetti e non è mai un prodotto monologico.
MB parla di paradosso della parola: anche quando sono da solo e parlo con me stesso sto comunque
dialogando, perché l'orizzonte del dialogo è inevitabile perché noi la lingua la impariamo dagli altri
e questo imparare porta a incorporare gli altri.
La comunicazione → è qualcosa che ci fa nascere, crescere e ci determina in quello che
• siamo
la lingua → è il prodotto vivo di generazioni e generazioni ed è in continua evoluzione.
•
Polifonia → in ogni parola risuonano sempre molte voci: la parola è sempre carica dei diversi
significati depositati da coloro che l’hanno utilizzata prima di noi. Pluralità di voci che vive in noi è
vista come costitutiva della parola. C'è una polifonia del linguaggio anche quando si parla da soli.
Il problema della polifonia è il rispetto dell'altro: ci deve essere sempre una comprensione
simpatetica verso l'altro, ovvero capirlo e mettermi nei suoi panni e rispettarlo in quanto altro.
HANS ROBERT JAUSS
DIALOGICITÀ E ALTERITÀ
Uno dei principali rappresentanti della teoria della ricezione della scuola di Costanza.
Teoria della ricezione → quando guardo un'opera non posso mettermi in un'ottica oggettiva per
rispondere alla domanda “che cos'è?”, perché non posso chiedermi che cos'è un'opera senza pormi il
problema delle culture che si relazionano con l'opera, perché l'opera è una macchina che genera
significati che cambiano a seconda dei soggetti che esperiscono dell'opera.
La fruizione è un momento creativo e cambia a seconda dei tempi.
Tre sono gli elementi che bisogna tenere in considerazione quando si ha a che fare con un'opera:
1. poiesis (poietica) → significa “creazione”. È il momento della produzione.
2. Aesthesis → la percezione dell'opera. Percepiamo che la nostra vita è cambiata dopo aver
fruito di un’opera: non capita sempre, ma c’è un momento in cui ci rendiamo conto, quando
facciamo esperienza autentica dell’arte, che questa ci fa intravedere il mondo sotto una luce
nuova. Ed è anche la grande capacità di rinnovamento dell’arte: toglie il velo dell’abitudine.
3. Katharsis → espettorare, “scatarrare”. Purificazione, buttar fuori i fluidi cattivi.
C’è dunque una tradizione che mette insieme questi pensieri medici, con un certo effetto che
fa l’arte.
Perché l’arte dovrebbe essere un espettorante? Espettorante dei “muchi” morali. Si vengono
a sfogare in maniera innocua pulsioni distruttive attraverso il teatro greco: è come se il teatro
fosse enorme valvola di sfogo per tutte le pulsioni più negative, teatro come camera di
compensazione. Catarsi come liberazione. Produce anche pietà e timore.
Questo meccanismo di espettorazione è reso possibile dall'empatia.
PAUL RICOEUR (1913-2005)
IL SIMBOLO DA' DA PENSARE (1959-1960)
i segni tecnici sono perfettamente trasparenti e ponendo un significato non dicono altro che
• quello che vogliano dire
TAUTE-GORICITà VS ALLE-GORICITà: i simboli sono opachi, perché il senso primario
• letterale, palese, indica già analogamente un senso secondo che non può essere dato
altrimenti che in lui. Questa capacità costituisce la profondità del simbolo che è inesauribile.
ARCAICO
• NOTTURNO
• ONIRICO
• non si dà cominciamento assoluto senza presupposti
• deviazione, erranza, cattività, caos, caduta: simboli del MALE, della colpa.
• SOMAINI
Percorso di 11 autori per analizzare il concetti di media a partire dal corpo fino arrivare ai media
intesi c