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3 ADORNO: L’ARTE COME FRATTURA DELL’IDENTITA’ DEL COMPRENDERE

La teoria dell’arte di Adorno segna una cesura netta con la tradizione kantiano-hegeliana: egli

ritiene che l’esperienza estetica non sia una conferma delle nostre conoscenze ordinarie ma

piuttosto il disvelamento dei loro limiti e delle loro mistificazioni; riprendendo Nietzsche egli

ritiene infatti che comprendere non sia nient’altro che “eguagliare il non-eguale” e che le nostre

conoscenze ordinarie esibiscano proprio questa tensione dinamica tra il molteplice sensibile e le

forme dell’universalità spirituale. L’arte ha il compito di svelare questo meccanismo mettendolo di

fronte a oggetti irriducibili ai suoi movimenti assimilatori. L’opera d’arte è dunque un’ “estensione

utopica” che suscita irritazione e può sviluppare forme di comprensione alternative a quelle

ordinarie, oppure rendere impossibile la comprensione. Questa natura antagonistica dell’arte è

fondata da Adorno sulla tensione tra materiale e costruzione nell’opera d’arte, dove il secondo

termine indica la disposizione, organizzazione e distribuzione del materiale. L’idea è che

l’irritazione dell’opera d’arte sia dovuta alle difficoltà nell’armonizzare i singoli elementi

nell’insieme: c’è sempre qualche elemento che sfugge a uno sguardo d’insieme. Adorno formula

questo concetto anche dicendo che la comprensione resa possibile dall’arte non ha mai a che fare

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con un determinato contenuto del comprendere ma solo con il “come” del comprendere stesso,

appunto mettendone in questione gli automatismi e la tendenza a all’identità. In questo senso egli

intende l’arte come “logica della non-identità”. Ciò non gli impedisce però d’identificare ancora

l’esperienza estetica con una presa di coscienza ; solo che ora tale presa di coscienza non è più

relativa alle forme esistenti di comprensione ma a forme “migliori”, potenzialmente ed

eccezionalmente accessibili anche attraverso fenomeni naturali.

4 HEIDEGGER: L’ARTE COME POTENZIAMENTO DELLE NOSTRE COGNIZIONI

La teoria dell’arte di Heideger può essere considerata intermedia rispetto a quelle fin qui viste, e

questo nonostante l’opera presa in considerazione “L’origine dell’opera d’arte”, sia stata pubblicata

prima della maggior parte degli scritti di Adorno. In essa Heidegger afferma che l’esperienza

estetica realizza una presa di coscienza del nostro comprendere proprio mettendone in crisi le forme

ordinarie e provocandone un potenziamento; questo è ciò che egli intende con il concetto di

“apertura di mondi”, che per altro non può essere esteso alla natura (come per Hegel al quale è del

resto vicino anche per quanto riguarda le cognizioni particolari della comprensione estetica).

5 LA DEFINIZIONE DELL’ARTE: UNA PRECISAZIONE

Rispetto alla posizione heideggeriana vengono introdotte delle rettifiche : più che di potenziamento

si dovrebbe parlar di trasformazione, cosicché avremmo i tre momenti seguenti: messa in questione,

conferma e trasformazione. La presa di coscienza estetica non riguarda soltanto conoscenze sugli

altri, sul mondo e su noi stessi (punto sul quale Heidegger segue sostanzialmente Hegel) ma anche

le forme del nostro comprendere in senso più universale e astratto (come sottolineato da Kant e

Adorno). Nella conclusione s’inquadra un’esperienza estetica caratterizzata entro un concetto di

campo tensionale dei mezzi e modi di procedere estetici.

IV SEGNO O ESPERIENZA

La discussione intorno allo statuto della’arte se essa sia rappresentazione della realtà esterna o

espressione di quella interna, sarà riformulata attraverso il binomio segno-esperienza, dove

quest’ultimo termine avrà un significato più ristretto di quello finora attribuitogli (esp. estetica).

LA VECCHIA DIATRIBA

La concezione dell’arte come rappresentazione è molto più antica di quella alternativa; era infatti

necessario che si sviluppasse il concetto moderno di soggettività perché l’opera potesse esserne

espressione: i primi esempi risalgono infatti al Rinascimento (es.: Michelangelo) e da allora l’artista

divenne sempre più parte integrante dell’evento artistico.

ARTE COME RAPPRESENTAZIONE

La concezione dell’arte come rappresentazione può andare sotto il nome di rappresentazionalismo;

l’idea di fondo è che determinate cose sono ciò che sono solo se stanno per altre cose. L’arte

sarebbe una di queste, in quanto imitazione della natura. Tuttavia questa concezione sembra

adeguata alle sole arti figurative, musica e letteratura non possono esserne incluse.

ARTE COME ESPRESSIONE

Nel XIX secolo s’impone un nuovo modo d’intendere la pittura che possiamo così formulare: si

dipinga non ciò che si vede ma come si vede. L’idea era cioè quella di esprimere la realtà interiore

dell’artista e il risultato più noto di questo paradigma fu l’espressionismo. Tuttavia il suo campo di

azione è molto più esteso e ne parleremo quindi in termini di espressivismo. Questa concezione non

è altrettanto facile da spiegare del rappresentazionalismo ma possiamo ritrovarla tanto dal lato

dell’artista quanto da quella del fruitore dell’opera d’arte: : che l’attività del primo derivi da una

vita interiore propriamente espressivista, così come che le emozioni e le esperienze vissute dai

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fruitori dell’opera d’arte abbiano il loro analogo nell’artista e siano il tratto distintivo della creatività

artistica. Che però le cose stiano così non è assolutamente scontato.

IL DIBATTITO FRA L’ARTE COME RAPPRESENTAZIONE E L’ARTE COME

ESPRESSIONE

L’alternativa può essere superata mostrando come anche le opere che fanno propria una concezione

espressivista dell’arte si servano di forme e strutture del mondo esterno per esprimere il mondo

interno; la consistenza materiale dell’opera deriva dal riflesso visibile del mondo interno, cioè da

quella relazione che lega ad esempio una condizione psicologica (come la gioia) a un determinato

comportamento (un certo modo di camminare). E’a questo repertorio di forme e strutture già date

che attinge anche l’espressivismo, mostrandosi così più vicino di quanto non si pensi al

rappresentazionalismo.

2 LA NUOVA DIATRIBA: SEGNO “VERSUS” ESPERIENZA

La precedente alternativa rappresentazione-espressione si è sviluppata in quella segno-esperienza.

Nel primo caso l’opera d’arte po’ essere riconosciuta come tale solo attraverso l’interpretazione; ne

secondo è invece necessario fare in prima persona l’esperienza che essa comunica. Dopo Hegel e

Kant diversi autori hanno preso posizione rispetto alla alternativa, tra gli altri anche Nelson

Goodman e John Dewey.

GOODMAN: OPERE D’ARTE COEM SEGNI ILLIMITATAMENTE INTERPRETABILI

Goodman parte dall’idea che un segno sia tale solo entro un determinato contesto d’uso; a questo

proposito parla di “sintomi dell’estetico” per evidenziare come i caratteri distintivi dell’arte siano

tali solo e riconosciuti entro un sistema di pratiche interpretative. Goodman indica dunque i

seguenti caratteri: in primo luogo è importante ogni differenza, per quanto piccola,

nell’organizzazione materiale: le opere d’arte sono determinate in modo definitivo; in secondo

luogo una tale differenza, attraverso la diversificazione nella realizzazione del segno, comporta una

trasformazione di ciò che questo segno significa; in terzo luogo in un’opera d’arte non conta solo un

aspetto come la distribuzione del colore o la successione dei suoni o armonie, ma una molteplicità

di altri aspetti come ad esempio la potenza sonora, il timbro di uno strumento o la qualità della

superficie di una tela. Infine molte opere d’arte sono contraddistinte dal fatto che manifestano il

modo in cui sono fatte (l’esempio è il segno della pennellata nelle tele di Van Gogh: anche laddove

non rimandano a nulla di “contenutistico” possono essere significative. In conclusione secondo

Goodman è necessario intendere le opere d’arte come segni in cui aspetto della loro organizzazione

rappresenta un compito per il nostro comprendere, cioè come segni illimitatamente interpretabili.

DEWEY: ARTE IN QUANTO ESPERIENZA DI ESPERIENZE

L’idea di Dewey è che l’arte debba essere considerata in una prospettiva di continuità con le nostre

esperienze abituali; queste sono esposte a due pericoli: la ripetizione del già noto e la successione di

momenti sconnessi tra loro, privi di legami organici. In entrambi i casi l’esperienza perde la sua

vitalità , che è invece espressa in modo esemplare dall’arte. L’arte è dunque la forma ottimale

dell’esperienza, è cioè un’esperienza di secondo grado (un’esperienza di esperienze) in stretta

connessione con il corso normale dell’esistenza. E’ proprio questa continuità tra ambito artistico ed

extra artistico a collocare la posizione di Dewey in antitesi a quella di Goodman, per il quale l’arte

come segno può veicolare visioni del modo del tutto particolari.

PRECISAZIONE DELL’ANTAGONISMO TRA LE DUE POSIZIONI

Possiamo presentare l’antagonismo tra le due posizioni come modi diversi d’intendere l’accesso alle

opere d’arte: se queste sono considerate segni la presa di coscienza è orientata al mondo; se si tratta

invece di dispositivi che rendono esperibile la forma delle nostre esperienze, allora sono orientate al

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ARTE FRA SEGNO ED ESPERIENZA

Le due posizioni esposte si rivelano in realtà parte di una concezione tensionale dell’arte non è che

abbiamo da una parte il segno e dall’altra l’esperienza, ma l’uno attraverso l’altra (e viceversa).

Infatti Goodman riconosce all’arte come segno una sua particolarità, ma questa particolarità

consiste nell’impossibilità di farne un uso indifferente come nella maggior parte dei segni in cui si

articola la nostra realtà quotidiana: l’opera d’are esige un’attenzione e interrogazione che ha una

forte componente esperienziale. Lo stesso per Dewey: che l’arte sia esperienza di esperienze

significa che per essa innanzitutto non valgono i processi di significazione ordinari, e questo perché

le opere d’arte funzionano come segni che danno da comprendere determinati contenuti nei mezzi

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A.A. 2006-2007
11 pagine
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SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-FIL/04 Estetica

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Gennaro Caruso di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Estetica e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Roma Tor Vergata o del prof Patella Giuseppe.