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Fichte, a cui ascrive il merito di aver fatto piena luce sui principi basilari della filosofia
kantiana. ° HEGEL – Il brutto °
Hegel introduce subito “ la morte dell’arte”, ossia un lento processo che parte dalla fine
del Rinascimento e raggiunge l’apice nell’età di Hegel. Il brutto di per sé resta
inammissibile nell’arte per Hegel: nell’arte classica il brutto non può comparire, tutto
dev’essere bello. Solo nell’arte romantica il brutto acquista i suoi diritti; in musica sono
ammesse le dissonanze, il testo musicato deve però avere in sé stesso consistenza. La
poesia resta quella che ha il diritto più alto di procedere fino alla disperazione, e alla
bruttezza come tale. Quindi, nell’arte romantica, il brutto è ammesso, anzi, spesso è
necessario. Per Hegel, il brutto è il non riuscito, lo scorretto, l’incompiuto, e non solo,
anche il mondo di negatività e dolore.
° C. WEIβE °
Weiβe si muove nel contesto hegeliano, anche se è polemico contro Hegel, e prospetta un
ritorno a Kant; subisce un certo influsso da Schelling (soprattutto quello post hegeliano).
Per weiβe l’estetica è scienza sia del principio positivo sia di quello negativo; se è scienza
del bello, non esclude di per sé il brutto. I diversi momenti del bello sono: il sublime, il
brutto, il comico. Il brutto si conserva nel bello, non lo distrugge, ma non si annulla
neanche dentro di esso. Nei suoi aspetti, lo spettrale, il perturbante, l’orrorifico e il
terribile, il brutto ha a che vedere con l’arte dei tempi: la sua riscattabilità avviene sul
piano del comico ( affine a Rosenkranz).
° A. RUGE °
Ruge è un rappresentante della sinistra hegeliana; seguendo la scia di Weiβe, riconosce
al brutto una categoria estetica autonoma: il brutto appartiene al mondo umano, non a
quello naturale, è un aspetto importante della società borghese e industriale, come nei
suoi tipici rappresentanti, come l’ebreo, l’operaio, il commerciante. Al brutto si collegano
delle sottocategorie come l’orrido, il diabolico, il nauseante, il piccante, l’interessante. Le
possibilità di ricondurre il brutto alla positività estetica sono affidate al comico: il brutto
di per sé già contiene un auto superamento affidato al comico che ridicolizzandolo, lo
supera in un atto liberatorio. Nel comico, quindi, si restaura una nuova bellezza.
° R. H. LOTZE °
Lotze è allievo di Weiβe e Fechner a Lipsia; oltre a discutere le tesi dello stesso Weiβe sul
brutto, attua una illustrazione della posizione di Vischer, personaggio preso in seria
considerazione da Marx. Le tesi principali di Vischer emergono dalle sue opere sul
sublime e sul comico, e dalla sua monumentale opera “Estetica o scienza del bello” :
nella prima parte di quest’opera, intitolata “Metafisica del bello” del 1846, vi è una
sezione dedicata al bello e alla opposizione nei vari momenti, il sublime, il comico, il
ritorno in sé del bello. In questo contesto si colloca il brutto.
° K. ROSENKRANZ – Il movimento dialettico del brutto °
L’hegeliano Karl Rosenkranz tratta il problema nella sua “Estetica del brutto” e mette in
evidenza che bello e arte spesso non coincidono. Per lui il brutto risiede nella natura
stessa dell’Idea che pone già la possibilità del negativo; se hegelianamente il bello è il
farsi sensibile della libertà, il brutto ne è la limitazione. Rosenkranz quindi sostiene che
esteticamente il brutto deve sempre riflettersi nel bello; lo scopo dell’arte è quello di
raffigurare il bello. Rosenkranz distingue il brutto dal negativo in generale: il brutto, visto
che è negazione del bello, ne condivide l’elemento sensibile, e per questo motivo
dev’essere trattato secondo le leggi generali che regolano il bello. Esiste un possibile
riscatto del brutto, individuato nella caricatura: essa può restituire l’armonia, e consiste
nella manifestazione suprema del brutto. Il brutto dopo aver stravolto il sublime in
volgare, e il piacevole nel ripugnante, trasforma il bello in caricatura, quindi nell’apice del
brutto, deforma il brutto stesso e lo rende innocuo. Come Hegel, Rosenkranz pone come
vertice della produzione artistica lo humour: il comico ha la capacità di esprimere lo
sviluppo della libertà e attraverso il riso, anche il male e il brutto. Il brutto può contenere
la speranza di redenzione: Adorno, in posizione opposta a Rosenkranz, sostiene la
necessità appunto del salvataggio estetico del brutto. Nella sua “Teoria estetica”, il brutto
risulta essere superiore al bello, quindi ne rivendica la positività del valore estetico, e
facendone una specie di redentore, porta all’estremo il ruolo rivoluzionario del brutto,
assunto dall’età romantica.
° V. HUGO – Il grottesco e il mostruoso come essenza del reale °
Lo strumento individuato da Hugo per indagare l’arte e la natura è il grottesco, che
ingloba il mostruoso, il deforme, l’eccessivo, il caricaturale e il ridicolo: il grottesco si
innalza a vera e propria categoria estetica, alla pari con il sublime. Nella “Prefazione al
Cromwell”, quando descrive la genesi e l’evoluzione dell’umanità, pone le basi di una
teoria storica della poesia:
- 1° età ode = epoca lirica = canta l’eternità ingenuità
- 2° età epopea = epoca antica epica = rende solenne la storia
semplicità
- 3° età dramma = epoca moderna drammatica = dipinge la vita
verità
Dalla 1° alla 2° età = rapsodi
Nella 2° età nascono = gli storici
Dalla 2° alla 3° età = romanzieri
Nella 3° età nascondo = i critici e i cronisti
I personaggi dell’ode sono colossi Caino, Noè, Adamo = fonte = Bibbia
I personaggi dell’epopea sono i giganti Achille, Oreste = fonte = Omero
I personaggi del dramma sono uomini Amleto, Macbeth, Otello = fonte = Shakespeare
Il passaggio dall’antico al moderno è segnato quindi dal Cristianesimo, che rivela
all’uomo la verità: l’uomo è duplex, scopre la sua doppia identità nel moderno, il
cristianesimo lo informa sulla sua natura duplice e quindi, mostruosa. Hugo esprime
adesso l’estetica dei contrasti: l’umanità invece di collocarsi ai due estremi ( sublime e
grottesco), li incarna entrambi. L’esempio più famoso è Quasimodo, corpo deforme che
racchiude in sé un’anima sublime: per ottenerlo, Hugo ricorre alla creazione di un
mostro anatomico, e, dopo avergli infuso nell’animo un sentimento sublime, lo ha
trasfigurato in un essere grottesco, simbolo dell’intima natura dell’uomo, della sua
duplicità. Il grottesco ha piena maturazione nel Rinascimento con i suoi 3 “Omeri
buffoneschi”: Ariosto, in Italia; Cervantes, in Spagna; Rabelais, in Francia.
Hugo individua in Shakespeare il genio antitetico per eccellenza: lo definisce mostro del
sublime, al pari di Dio, il genio è capace di creare. A Shakespeare quindi appartiene
l’intero ambito della natura, il genio shakespeariano possiede tutti i predicati e come Dio,
può creare. Shakespeare è il genio grottesco, il genio del contrasto e, come Dio, luogo
delle antitesi.
La ricerca degli imperativi cosmici opposti si trova nella maschera, ossia in ciò che si
manifesta. Viene evidenziata la verità del moi, come per es. in Ruy Blas, servitore
travestito da ministro, o di Triboulet, padre amoroso mascherato da buffone, ecc. La
maschera quindi, è il segreto svelato dell’intima personalità dei protagonisti; il
personaggio hughiano si mostra quindi, doppio, ed il moi dei personaggi hughiani è un
moi mostruoso. L’antitesi, che è sia la giustapposizione contrapposta delle coppie
statiche, è anche uno strumento di estrema flessibilità.
Se i personaggi hughiani sono tutti mostruosi, significa che il loro principio di
identificazione, il moi, è dato dalla loro mostruosità. Ecco la grande lotta dei personaggi:
risiede nel tentativo di farsi accettare per come realmente sono, mostri. La mostruosità
diventa quindi principio di identificazione e riconoscimento. Esemplare è la figura di
Gwynplaine, amato da due donne, Josiane e Dea: Josiane è una mezza bestia e mezza
dea, tentatrice perversa, lo desidera appassionatamente per la sua deformità fisica;
Josiane gli dice: “ Tu non sei brutto, sei deforme .. Chi è deforme è grande .. il brutto è la
smorfia del diavolo alle spalle del bello. Il deforme è il rovescio del sublime. È l’altro lato.”
Dal caos deve emergere quindi il cosmos; il principio del grottesco consente di dominare
il caos, e di far nascere il mondo stesso, armonizzando gli opposti. Gwynplaine a questo
punto penetra in una specie di teratologia cosmica. Dea, vergine, sacerdotessa, dea a
tutti gli effetti, ignora l’uomo ma conosce Dio. Privata della vista, dotata però del dono
della chiaroveggenza, prescinde dall’aspetto esteriore, per cogliere la bellezza della sua
anima. Il suo aspetto è quello di una potenza creatrice.
Perché l’arte possa esistere, il mostro non deve essere negato. Dio crea i mostri, essendo
genio: mostri animali, umani, morali. Il mostro diventa la regola, il principio di regolarità.
Hugo identifica quindi l’universo come una creazione infinita, che si rinnova
nell’antinomia, che è lo strumento che usa Dio per ordinare il caos. L’anima, cercando
Dio, trova sé stessa: l’ Infinito quindi è sia fuori, sia dentro l’uomo. Compito del poeta è
quello di svelare Dio nella natura; ma essendo Dio anche nell’uomo, la scoperta deve
cominciare dall’anima umana.
° A. SCHOPENHAUER – L’emancipazione estetica del brutto °
Nella sua opera “Il mondo come volontà e rappresentazione”, Schopenhauer afferma che
ogni arte è in grado di rappresentare il brutto e il caratteristico, in base a principi
estetici. Le arti però sono articolate secondo una bipartizione:
- L’architettura, l’arte dei giardini, la pittura, la scultura e la poesia idee eterne
sottoforma di rappresentazione
- La musica oggettivazione immediata della volontà
Nel primo libro dell’opera, il mondo è esaminato come oggetto di conoscenza, il cui
fondamento è il nesso causale; il problema è il passaggio: la via di uscita individuata è
che l’uomo non &e