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Il potere della moda (1971)
Umanità in passerella: la moda nel processo di civilizzazione
(1985)
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• Caratteri di fondo della moda, fattori fondamentali che la
strutturano
(indipendentemente dai diversi contesti e sviluppi):
- propensione all’imitazione
- voglia di distinzione
(vd. Simmel)
• “Metamorfosi tramite abbigliamento” = tendenza spontanea
nell’uomo (_ rapporto natura/cultura nell’abbigliamento).
• Abbigliamento = strumento di metamorfosi e autoelevazione per
l’individuo, e insieme strumento di distinzione dagli altri; ma anche
strumento di imitazione/distinzione fra gruppi.
Dunque, fenomeno importante per il rapporto con se stessi / con gli
altri in gruppo / fra i vari gruppi.
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• La distinzione presuppone però una previa condivisione, da parte
di
individui e gruppi, di sistemi di valori, usi, abitudini ecc. = ci si può
differenziare solo a partire da una base di identità comune: “per
essere notati occorre accettare l’insieme dei valori tradizionali
riconosciuti dal proprio ambiente”.
• Pertanto, integrazione e distinzione non vanno pensate come
disgiunte, ma come strettamente connesse nelle dinamiche
complessive del gruppo.
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• Posizione più sfumata, da parte di König, sul trickle-down:
teoria ormai superata (vd. sviluppi di moda ‘dal basso’ nel ‘900), che
però è utile per farci notare come sia “naturale per la massa imitare
sempre colui o coloro che si sono distinti”
= König non la nega del tutto, ma “si limita a sfumare questa teoria”.
• D’altra parte, riconosce la situazione mutata di oggi divisioni
_
politiche o d’altro tipo fra i popoli, ma accordo e unione
nell’ammirazione e imitazione degli stessi idoli [cinema, sport, star
system, ecc.]
• In generale, per König più che creare da sé le relazioni sociali (vd.
Tarde), l’imitazione rafforza le relazioni esistenti e le fa emergere
esplicitamente, “le fa uscire alla luce del giorno”.
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• Quentin Bell (1910-1996),
storico dell’arte inglese, nell’opera Sugli abiti eleganti (1948),
oltre a mirare a sviluppare una peculiare ‘morale vestimentaria’
rinviene il tratto fondamentale di ogni abbigliamento alla moda
nell’essere sontuoso e si ricollega quindi alle idee di Veblen: “la
manifestazione del potere d’acquisto è la forma più semplice della
sontuosità”.
• Abito alla moda = espressione indiretta ma plateale di ricchezza,
di
agiatezza esibita, di spreco ostentato (concetti vebleniani).
• Oltre a ciò, per Bell l’eccesso ostentato della moda ha la tendenza
a
creare scandalo (ulteriore tratto fondamentale), sfidando il senso
del
pudore.
-
• Moda = mutamento continuo, trasformazione della nostra visione
dei
corpi e delle nostre concezioni della bellezza.
• Spiegazione per comprendere il funzionamento della moda (dopo
aver scartato altre ipotesi) = “processo di emulazione, tramite cui i
membri di una classe imitano la moda di un’altra classe”, sul
presupposto che, nella società, “il lusso rappresentato da un abito
sontuoso” sia a disposizione di più ceti sociali e che la classe più
elevata sia messa in discussione dalle altre
= la moda, essendo mutevole, si può innestare solo in una società
essa stessa mutevole (vd. nesso moda/modernità ecc.)
• “Profezia” della fine della moda (sulla base dell’idea di
emulazione)
le classi sociali stanno scomparendo ed emerge la categoria
_
sociale della ‘giovinezza’, che rimette in discussione la moda nei
suoi fondamenti (fine della moda vd. Svendsen)
_
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• Marc-Alain Descamps (1930-), psicologo francese, nell’opera
Psicosociologia della moda (1979), constata che vi sono mode sia
in
campo vestimentario, sia in altri campi, ma che “l’oggetto elettivo
della moda è [comunque] l’abbigliamento”.
• Tentativo di determinare fattori, leggi, ruoli e senso della moda,
esaminando 5 gradi della moda
(“dal significato più estensivo a quello più intensivo”):
- il primo grado, quello della “moda come diffusione secondaria”, fa
riferimento a cambiamenti che portano ad “acquisizioni durature”;
- il quinto e ultimo grado, quello della “moda come serie ininterrotta
e rapida di diffusioni improvvise, effimere e senza ragione”, fa
propriamente riferimento alla moda vestimentaria.
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• Svolgendo un’analisi incentrata su 12 aspetti o parametri (fra cui i
valori, il sesso, la lotta di classe, la politica, l’industria, il commercio,
l’ispirazione), Descamps ne conclude che “la moda (è) un
fenomeno
sociale globale”, è “una realtà complessa, in quanto risultato di un
insieme di fattori”, un fenomeno “che esprime a un tempo
l’individuo,
la società, l’inconscio e la propria autonoma evoluzione”
= pluralità di fattori e dimensioni che si intrecciano e si
esprimono
nel fenomeno-moda.
• Riguardo alla moda vestimentaria, in particolare, Descamps
prende
in esame sia gli aspetti materiali (tessuti, colori ecc.), sia gli aspetti
culturali, soffermandosi ad es. sull’influenza dello sport sulla moda e
sulla funzione essenziale svolta dalla moda per i giovani
moda = “ambito privilegiato in cui si può manifestare e in cui si
_
costruisce la loro personalità”.
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• Alfred L. Kroeber (1876-1960), antropologo americano, svolge
studi quantitativi sulla moda che pubblica su rivista nel 1919 e
1940.
• Dal confronto di migliaia di modelli (metà ‘700 – primo ‘900) notò
che “la portata temporale delle variazioni è di circa mezzo secolo”
(es. lunghezza della gonna); l’esistenza di “grandi ondate e
oscillazioni più lievi”, nel complesso, “non mette in discussione la
tendenza generale”.
• Tesi di Kroeber: “la moda obbedisce a dei cicli, del tutto
indipendenti
dalla storia e dalla società, e la sua evoluzione è autarchica”
(concezione uguale e contraria rispetto al ‘sociologismo
riduzionistico’: vd. Slide 11 su Svendsen)
• Kroeber: la moda, “sistema originale di regolazione”, non subisce
la
storia (non ne è condizionata, cioè), ma anzi è essa stessa “uno dei
motori dell’evoluzione sociale”
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• ‘Moda come sistema ordinato ed endogeno’ = tesi di Kroeber
molto
discussa, anche contestata, però ripresa in varie forme da König,
Descamps, Laver.
• Accade dunque (anche se non sempre, ovviamente) che “la
sociologia, quando assume la moda come oggetto specifico,
manifesti la tendenza a fare della sua storia una storia autonoma”,
a
trasformare la moda in “un sistema decisamente chiuso su se
stesso” (vd. tendenze analoghe nel campo dell’arte, della musica,
della filosofia, della scienza ecc.).
Cap. 6
• ARGOMENTO del capitolo:
teorie non esattamente sociologiche, ma comunque importanti per
la
sociologia:
- sistema semiologico chiuso (Barthes)
- prospettive femministe (Hollander; Steele)
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• Roland Barthes (1915-1980),
semiologo e saggista francese,
nel 1967 elabora un vero e propria Sistema della moda.
Pur muovendo da un punto di vista diverso dalla sociologia
(la quale si occupa di ‘vestiti reali’ in rapporto a ‘condizioni sociali’,
mentre la semiologia si occupa di abiti ‘immaginari’ o ‘puramente
intellettuali’, ovvero ‘descritti’, ‘raccontati’),
l’indagine di Barthes ha comunque rilievi sociologici.
• “La sociologia della moda è interamente rivolta verso
l’abbigliamento reale; la semiologia [invece] verso un insieme di
rappresentazioni collettive”.
-
• Barthes, comunque, trae anche qualche considerazione
sociologica,
dalla sua analisi.
• Così, ad es., a proposito della differenza fra stampa aristocratica e
stampa popolare in connessione ai ‘sistemi’ di moda, sostiene che
“la moda è un modello aristocratico che tende tuttavia a diventare
fenomeno di massa, perché consumata su giornali ad alta tiratura”.
“La moda si fonda ormai sul compromesso con la stampa: essa si
richiama al modello aristocratico (…) ma al tempo stesso
rappresenta l’insieme dei suoi consumatori”.
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• Barthes distingue:
- vestito reale (che può essere poi rappresentato)
- vestito-immagine (fotografato o disegnato)
- vestito-scritto (descritto, trasformato in linguaggio).
Egli concentra il suo esame solamente sul vestito-scritto
(descrizioni
verbali) e, come corpus d’analisi, sceglie alcune annate di due
riviste francesi di moda: “Elle” e “Jardin des Modes”.
-
Motivazione:
“benché le riviste di moda distribuiscano nelle loro pagine patinate
servizi fotografici che illustrano gli indumenti più vari e i loro relativi
accessori, esse affidano alle didascalie, tanto minuscole quanto
necessarie, l’intera significazione di Moda: a indicare il senso
sociale di un vestito non è mai la riproduzione fotografica dell’abito,
e meno che mai l’abito effettivamente indossato; a farlo è soltanto
l’enunciato verbale che, posto in fondo alla pagina della rivista,
suggerisce alla lettrice che cosa deve guardare, qual è il dettaglio
che, variando di anno in anno, fa sì che un indumento sia più o
meno alla moda” (G. Marrone).
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• Semiologia o semiotica = “studio dei segni” o “scienza dei segni”.
Più precisamente: “Semiotica non è lo studio dei segni verbali
(linguistica), (…) ma lo studio dei diversi tipi di discorso che si
distribuiscono nella società a seconda dei diversi modi in cui la
lingua prende in carico porzioni del mondo” (G. Marrone).
• Per Barthes, “la moda non è altro che un sistema di significazione,
è
l’attribuzione di un senso e di un valore specifici a un oggetto di per
sé inerte”, e il “sistema della moda è anche e soprattutto un
processo, una complessa serie di trasformazioni” (G. Marrone)
• La moda viene “studiata nel suo essere verbale” perché “è a