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Per la prima questione Hegel dedica il secondo tomo della sua Estetica dividendo la storia dell'arte in 3 periodi:
il primo, arte simbolica, dove l'idea è soverchiata dall'elemento sensibile, nel secondo, arte classica, l'idea trova
perfetta concretizzazione nella figura umana, nel terzo, arte romantica, l'idea si richiude in sè stessa operando
una nuova frattura tra idea e manifestazione.
Capitolo secondo - La rivoluzione romantica
E' con il romanticismo che la separazione tra illusione, apparenza (propri dell'arte) e verità, religione (propri
della scienza) si fa forte e definitiva. E' l'arte infatti a farsi portatrice di verità, tanto che arte e verità si fanno
solidali. Nell'orizzonte romantico l'accusa di estetizzazione della realtà è tutt'altro che infondata: l'arte e la
riduzione di tutti gli ambiti all'arte è un tema costante che si spinge fino alla completa estetizzazione della realtà.
L'arte non è solo l'unico mezzo che appare efficace per comprendere la realtà, ma anche l'unico mezzo per
incrementarla, allungarla, completarla anche e sopratutto grazie ad un'inesauribile vena creatrice di chi il
romanticismo lo ha vissuto. (Primo tentativo di sistemazione del pensiero romantico: 1799, "Sistema
dell'idealismo trascendentale", Shelling). L'artista si fa asceta capace di risvegliare con la sua umile arte il senso
di comunione riposto in tutte le cose: una sorta di demiurgo, un eroe. Per i romantici l'arte è sì, funzione di
verità, l'unica che sia davvero tale, ma questo gioco è reso possibile dall'irriducibile trascendenza della verità
rispetto alle sue manifestazioni. Per i romantici l'opera d'arte attesta che nel finito risiede l'infinito.
In ogni caso, se il romanticismo presenta una precisa e rivoluzionaria costruzione teorica, cade la possibilità di
guardare al romanticismo da un punto di vista contenutistico, tematico. C'è un rigore speculativo nella
produzione romantica, ma questa produzione non è utile per poter arrivare al nucleo teorico del romanticismo.
Un primitivo nucleo teorico di impostazione fichtiana potrebbe essere rappresentato dal gruppo di Jena
"Athenaum" (composto dai fratelli Schlegel, Novalis, Schelling, ecc.) che presto si sciolse all'improvvisa morte
del più romantico del gruppo: Novalis. Era stato infatti Novalis ad intuire che il pensiero Fichtiano poteva essere
tradotto in termini, esterni e quindi estetici. Questo percorso è determinato dalle tre fasi degli scritti di Novalis:
la prima dove la natura e il finito sono ostacoli al ricongiungimento con l'assoluto; una seconda dove la natura
viene considerata come un linguaggio cifrato e rivelativo da interpretare nella sua simbologia; una terza sotto il
segno dell'armonia e della conciliazione come irruzione immediata dell'eterno nel tempo. Novalis interpreta
misticamente il "principio supremo" di Fichte ovvero il principio per cui la realtà è ricondotta al soggetto che dà
a se stesso la propria legge, impone a sè un limite per superarlo, supera il proprio contenuto interiore come
ostacolo, come natura. E' chiaro dunque che il medio di questo continuo trapassare cessa di essere negativo e si
pare al senso del doppio movimento che va verso l'infinito per ritrovarlo nel finito. (si comprende questo
concetto nella fiaba "I discepoli di Sais" nella quale un giovane abbandona la propria amata per trovare l'infinito
nella natura. Una volta arrivato nel tempio di Iside gli si presenta una donna coperta da un velo con il volto della
sua amata che gli si getta tra le braccia). Per un verso il momento della perdita e del distacco a acquista un senso
religioso, per un altro verso il rapporto con la natura non è più di sottomissione ma di vitalità, di divino
geroglifico da ammirare e decifrare. La natura è dunque fiabesca, miracolosa, mitica, e la verità non è altro che
la magia dello "stile della natura".
Da notare è come Schlegel parta dalle stesse basi fichtiane per arrivare a conclusioni ben più nichiliste. Schlegel
individua nell'"ironia" quel movimento di origine fichtiana dove l'io pone sè stesso nell'altro per riappropiarsene
ad un livello maggiore in un processo infinito. Per Schlegel poesia e critica sono la stessa cosa i n quanto la
poesia si fa critica nel provvisorio ordine relativamente al continuo alternarsi di caos e ordine. Secondo S l'arte
romantica ha una grande base storica e la sua posizione tende a mitizzare la storia: è infatti la mitologia il filo
conduttore della sua dottrina. La religione si fa mito, la realtà si fa rivelata, e la poesia non fa altro che
interpretarla mitologicamente.
Le due vere anime contrapposte del romanticismo sono Wackenroder (in senso religioso) e Tieck (l'anima
nichilista) mentre Hoffmann sembra ambiguamente compenderli entrambi. Secondo Wackenroder gli Illuministi
hanno sbagliato nell'esplorazione dei misteri del cielo e nell'inserimento delle sue regole nelle questioni umane.
L'arte è il linguaggio cifrato di Dio e la natura è la presenza concreta di Dio nel suo perpetuo rigenerarsi. La
bellezza secondo Wackenroder contiene l'assoluto, ma ne è solo un riflesso perché l'occhio umano è troppo
debole e "mortale". (questo pensiero viene contraddetto e ribaltato in scritti successivi nei quali si precisa che
ogni cosa risiede nella contraddizione e si perde nel divenire). La musica evoca incessantemente il divenire, e nel
continuo scambio di gioia e dolore, evoca gli opposti e descrive la realtà nella sua essenza ovvero un continuo
turbinio di eventi in divenire. Visto che la condizione umana si interroga sulla realtà, l'arte intesa quasi
esclusivamente come musica potrebbe essere l'unico modo per comprendere l'assoluto che non sarebbe
esprimibile con le parole e che proprio dalle parole risorge.
Tieck invece decompone la religiosità wackenrodiana estetizzandola secondo una prospettiva nichilista.
Si deve dire di Hoffman quello che è stato detto in generale per il romanticismo: 2 sono le anime (Wachenoroder
e Tieck). Negli scritti di Hoffamn si ritrova la grande attenzione alla musica, del tutto simile al Berglinger di
Wackenroder, ma anche il continuo pericolo del risvolto della realtà dove l'arte si fa spesso indefinita e porta al
sogno, all'illusione, all'assurdo. In Hoffamn l'artista è sempre affetto da alienazione, da distacco rispetto alla
società, ed ogni tentativo di integrazione non fa che incrementare il problema dell'esistenza dell'artista fino a
soluzioni definitive quali la follia o la morte. La follia a sua volta dovrebbe secondo Hoffamn a ristabilire il vero
contatto con l'arte e da qui si può comprendere un altro importante passo del suo pensiero: l'arte è una sorta di
alchimia della disperazione, un processo catartico capace di strappare una risata di piacere all'esistenza priva di
senso.
Friederich Schiller (1759-1805) pèuò essere considerato insieme a Goethe un personaggio a metà strada tra
classicismo e romanticismo.
Schiller si esprime dicendo che il teatro ha il preciso compito di essere la coscienza critica dell'epoca, ha il
compito di mediare sensibilità e intelletto, ma riconosceva nella drammaturgia la più alta forma d'espressione
artistica nonchè la miglior essenza dell'arte. Kant aiuta Schiller (tramite il concetto di gioco) a raggiungere la sua
maturità speculativa: questo possiamo notarlo a partire da "Sulla grazie a sulla dignità"; il punto di partenza è
kantiano ma il punto di arrivo è una dimensione in cui esperienza morale ed esperienza estetica si identificano: il
dovere è tutt'uno col piacere e la persona che ne deriva è "l'anima bella". Questo punto di arrivo può essere
ottenuto tramite l'affinamento dello spirito e dell'educazione: l'educazione estetica. Per Schiller, se l'uomo è
spinto dall'impulso per il soddisfacimento dei suoi impulsi immediati, la libertà implica autodeterminazione e
coincide con l'uso della ragione. L'educazione estetica diventa dunque il presupposto dell'emancipazione
dell'umanità che resta kantianamente in una dimensione minoritaria se non capace di autoregolarsi. La proposta
di Schiller sfocia dunque nella proposta di oltrepassare quelle categorie di classico e romantico che ne
costituiscono la trama nascosta.
Secondo Goethe (1749-1832) invece l'arte raggiunge la natura e ne prolunga la tensione formatrice e produttrice;
l'arte non imita la natura ma piuttosto fa si che la natura emerga tramite l'apparenza. L'apparenza a sua volta non
si contrappone alla realtà ma ne è manifestazione diretta.
Friederich Holderlin (1770-1834)
E' autore di alcuni frammentari saggi teorici che rappresentano una delle più straordinarie aperture al
romanticismo tra cui spiccano "I frammenti sui generi poetici", "Sul metodo dello spirito poetico", "Il divenire
nel trapassare". Nella nozione di "contrapposto" avanza la nozione dell'"uno tutto" la vivente unità dell'universo,
intuibile solo con la poesia. Vita e morte per esempio, nel loro continuo creare e distruggere a vicenda, non
danno luogo ad una terza figura ma lasciano emergere la loro unità come ritmo profondo dello spirito.
Capitolo Terzo - La crisi del razionalismo metafisico
Rosenkranz sostiene una teoria prettamente metafisico-razionalista. L'armonia risulta dalla composizione di un
conflitto e vive dell'eterna conflittualità degli elementi che la compongono. Per bellezza si intende di
conseguenza l'apparire, nella negatività, della potenza connettrice e salvifica. Quello di Rosenkranz non è il
brutto, il negativo, che si supera dall'interno: il bello e il bene sono assoluti e il brutto e il male sono invece
relativi. Se si considera il brutto come bello nel tentativo di autodistruggersi, potremmo dire che egli sta
distruggendo sè stesso senza escludere un ritorno unitario al bello risolvendo la contraddizione di quello che
viene considerato brutto.
Kirkegaard affronta il problema dell'esperienza estetica soprattutto nella sua prima fase, quella dell' aut-aut, dove
l'opposizioni a Hegel si fa concreta ed esplicita, in nome di un pensiero radicato nella concretezza del singolo
individuo e quindi irriducibile al procedere anonimo della dialettica. L'estetica è per Kirkegaard un aut-aut: una
scelta di vita globale ed esclusiva. L'arte appare per K all'interno di una contraddizione non risolvibile
dialetticamente, ma solo attraverso un "salto". La vita nel segno dell'e