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Capitolo III: L’ESTETICA DELL’IDEALISMO TEDESCO
L’idealismo tedesco è movimento filosofico come proseguimento e superamento del criticismo del
noumeno kantiano: la cosa in sé è posta come limite invalicabile della conoscenza, ciò che l'uomo non potrà
mai conoscere direttamente per mezzo dell'esperienza, l'uomo può solo conoscerne l'esistenza, ma non
l'esatta forma e l'esatto aspetto.
SCHELLING e la comprensione idealistica dell’arte. In un dialogo, considerando il problema del rapporto
sostituisce la filosofia trascendentale con la filosofia dell'identità, che
di verità e bellezza dell’opera d’arte,
afferma un concetto atemporale di bellezza: le opere d'arte e i prodotti della natura non sono belli di per sé
ma lo diventano in quanto sottratti alla temporalità e in quanto considerati solo in base a ciò che hanno di
analogo con la loro idea, con il loro archetipo. Sono i concetti eterni ad essere belli. La differenza con la
concezione del Sistema è che ora vi è un senso positivo attribuito alla soggettività della filosofia, unica
conoscenza consapevole e interiore della verità assoluta e non bisognosa della garanzia dell’arte. Nella
coincidenza tra bellezza e verità, il primato adesso spetta a quest’ultima, e così anche alla filosofia. Nella
Filosofia dell’arte (1802-03), la filosofia delle bellezza assume un valore analogo a quello dell’assoluto.
Cambia anche rispetto al Sistema per il rapporto tra filosofia e arte: l’intuizione estetica non ha un ruolo
potenze diverse di
preminente sull’intuizione intellettuale, le due discipline sono paritetiche ma opposte, sono
manifestazione dell'assoluto. La filosofia è la serie ideale di questa manifestazione, l'arte quella reale (e non
ha più un ruolo centrale). I temi romantici vengono trattati in ambito idealistico, facendo decadere il primato
dell’arte. Schlegel distingue la filosofia dell’arte dalla pratica e dalla storia dell’arte, definendola come
L'arte
costruzione filosofica: il filosofo si occupa dell’arte come manifestazione necessaria dell’assoluto.
manifesta l'assoluto oggettivamente e inconsapevolmente, la filosofia lo fa soggettivamente e
consapevolmente, tanto che è il filosofo l'unico che può giungere e afferrare l'essenza dell'arte (ne comprende
solo la bellezza assoluta) . La filosofia dell’arte concerne l’universo nella forma dell’arte e non l’arte in quanto
,
tale, per cui il concetto filosofico dell’arte è l’arte come rappresentazione dell’infinito nel finito ha una dignità
. La bellezza, che è l'unione di bene e vero
filosofica perchè supera l’agire e il sapere , è intuizione reale
dell’indifferenza d libertà e necessità; per cui la differenza tra filosofia e arte è che la prima è autocoscienza
della ragione che coglie immediatamente l’assoluto, mentre la seconda concerne l’infinito solo quando si
mira agli archetipi, ai modelli eterni delle cose, ma ne offre una rappresentazione reale e
configura nel finito,
concreta. la mitologia è la condizione necessaria e la materia prima
Poiché le idee sono immagini del divino,
di ogni arte. Il principio di ogni arte è il simbolo (rappresentazione in cui universale e particolare sono la
stessa cosa ), che è la sintesi di schematismo (universale significa
, non rimanda ad un infinito ideale
particolare) e allegoria (particolare significa universale ).
, rimanda ad un infinito ideale Solo l’arte antica,
dei greci, è arrivati all'essenza dell’arte, mentre i moderni
ovvero della mitologia , poiché il cristianesimo ha
hanno invece solo l'allegoria (ricerca dell'infinito).
introdotto una frattura tra finito e infinito, Nella mitologia,
tutto è colto come natura e l’autocomprensione del mondo sta nel mito; nella mitologia moderna del
cristianesimo, tutto è colto come storia e come mondo morale, perchè Cristo simboleggia nel finito l’infinità
Il sublime è una
lontana e separata; la nuova mitologia deve sintetizzare mitologia greca e cristiana.
categoria tipica dell'arte antica perchè ha dentro sé la determinazione di infinito e la concilia con l'infinito.
Il bello invece caratterizza il moderno, poiché è il finito a farsi ricettacolo dell’infinito. Il tragico propone il
conflitto tra libertà e necessità e lo risolve con il riconoscimento da parte dell'eroe di un destino estraneo e
responsabile del proprio annientamento .
, mostrando che l’identità viene trovata solo con il conflitto
per lui l'arte moderna ha in sé la propria ragione estetica. Ogni opera d'arte è simbolica, poiché
SOLGER,
esprime la sua modalità di esibizione dell'idea in un ente finito, è una sintesi compiuta da una specifica
attività dello spirito: la fantasia. La fantasia è considerata come la divina potenza creatrice che passa
dall'idea alla realtà. Simbolo/allegoria: nel simbolo l'attività della fantasia si compie e si acquieta,
nell'allegoria l'idea è attivamente operante. Il bello consiste nella conciliazione di opera e idea. Ironia: è un
punto di connessione tra l'oggettività dell'opera d'arte e la soggettività della creazione artistica, è la coscienza
della differenza dialettica tra idea e la sua completa esibizione nell'opera (apparenza ed essenza). Nell'arte
l'ironia è connessa all'entusiasmo (ovvero, l’adeguazione immediata e perfetta del contenuto ideale alla
forma sensibile). Tragedia: tragica è ogni arte che diviene manifestazione finita e concreta dell'essenza
universale dell'idea (e quindi è inadeguata).
L’estetica di Hegel: problemi filologici e sistematici. Problema: rapporto tra bellezza e verità, e quindi
della relazione tra l’arte, intesa come forma pre-intellettuale e intuitiva dello spirito, e la filosofia, come
autocoscienza dell’assoluto. La bellezza viene intesa come velo della verità e come sua rappresentazione,
carattere che non emerge nel mondo greco in cui l’arte è presente nella sua coniugazione compiuta (sintesi
perfetta forma/contenuto) ma con il cristianesimo, perchè l’arte non risponde più ai bisogni della ragione
per cui viene superata dalla religione. Nella Fenomenologia dello spirito, è stabilita la differenza fra
arte&religione e filosofia: la filosofia esibisce l’assoluto nella forma del concetto, le altre conoscono il divino
in maniera immediata nella forma della rappresentazione, ovvero tramite figure e immagini. Ci sono varie
forme di religione:
religione artistica, che esprime la cultura greca, dove il divino viene rappresentato in un’opera dove forma
• e significato coincidono;
religione naturale, dove il divino si manifesta negli esseri naturali;
• religione rivelata, dove il divino si presenta nell’individualità morale e spirituale dell’uomo.
•
Nella Fenomenologia, l’arte non ha un’autonomia dalla religione, è solo un momento di passaggio dalla
religione naturale a quella rivelata; inoltre, nella religione artistica, l’arte ha un suo sviluppo storico-
concettuale:
arte astratta, dove il divino è sì, opera dell’uomo, ma è ancora a lui contrapposto. Si manifesta nel tempio,
• nella statua di Dio o nell’inno sacro;
arte vivente, dove l’uomo si identifica con il divino, ma non né consapevole. Si manifesta nel culto, nei
• misteri, nei giochi ginnici del popolo greco)
arte spirituale, dove il divino è dissolto e coincide con l’attività dell’uomo. Si manifesta nei prodotti del
• canto del poeta.
Nell’Enciclopedia delle scienze filosofiche (1817), l’arte non è più un momento della religione ma la prima
forma dello spirito assoluto, quale sintesi dello spirito soggettivo (figure della soggettività umana) e quello
oggettivo (istituzioni sociali e politiche), che si presenta come autoconsapevolezza dello spirito e della realtà.
Il contenuto dello spirito è appreso in tre forme:
religione, che coglie l’assoluto mediante la rappresentazione del divino;
• filosofia, che coglie l’assoluto in quanto puro pensiero;
• arte, che coglie il primo momento, intuitivo e immediato, dello spirito assoluto, è la manifestazione
• sensibile dell’idea.
La differenza tra queste tre è che:
l’arte è oggettivazione intuitiva del contenuto spirituale mediante un mezzo sensibile;
• la religione è l’interiorizzazione di tale contenuto spirituale;
• la filosofia media tra oggettività dell’arte e soggettività della religione, superandole e chiarendo la
• relazione concettuale tra ciò che è espresso sensibilmente nell’arte e ciò che è rappresentato divinamente
nella religione;
Hegel e la bellezza. L’estetica è la filosofia dell’arte bella, in cui la bellezza è intesa come una peculiare
forma di manifestazione della verità. Sebbene solo nella filosofia la verità riceve la forma adeguata di idea
assoluta, nell’arte si esprime comunque l’intera vita dello spirito. Nell’arte, l’idea assume una configurazione
sensibile e individuale, quindi ideale: l’idea infinita emerge nell’opera finita, per cui tramite la bellezza viene
esperita l’idea razionale, subordinata alla conoscenza filosofica. Il bello non ha canoni, è nella misura in cui è
l’idea, per cui è quando è realizzato nell’opera d’arte. In quest’ultima, la forma è la concrezione del
contenuto. Perchè si possa parlare di bellezza, è necessario un libero atto produttivo e formativo, una
compenetrazione di contenuto interno e forma esterna; per questo non si può parlare di bello naturale,
perchè manca di chiarezza del contenuto, perciò non può compenetrare nella forma e dimostra solo la
dipendenza dell’esistenza naturale. Il campo dell’ideale/bello è l’arte, che produce un’individualità bella
(ovvero quella dell’uomo), espressione concreta dell’idea, che la natura non realizza, perchè nell’arte
l’interno, e quindi l’idea, coincide con l’esterno. Anche quando l’arte sembra imitare la natura, si tratta di
un’idealizzazione che mira all’espressione di una precisa spiritualità. Il bello come strumento del sapere, che
media tra coscienza im