Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
vuoi
o PayPal
tutte le volte che vuoi
Solitamente vengono menzionati quattro opposti della forma: contenuto, materia, oggetto
rappresentato e argomento.
La storia dell’estetica mostra almeno cinque significati diversi di “forma”:
Composizione delle parti astrazione
a)
Ciò che viene direttamente presentato i sensi, opposto e correlato al contenuto concreta
b)
Il contorno o il profilo di un oggetto
c) Essenza concettuale di un oggetto
d) Apporto dell’intelletto alla conoscenza di un oggetto (termine usato da Kant)
e)
Ciascuno di questi concetti ha una storia diversa.
Storia della forma A
Sinonimi di questa forma erano proporzionalità e accordo Grande Teoria, la cui posizione venne
messa in discussione solo sa Plotino nel III secolo d. C., che negò che la proporzionalità fosse
condizione sufficiente e unico fondamento del bello e la forma A perse il suo ruolo esclusivo.
Il principale termine usato nel Medioevo per indicare la forma A fu “figura”.
Relativamente presto il termine “forma” entrò nel linguaggio artistico come aggettivo, a significare
qualcosa di ben proporzionato e ben fatto.
Durante il Rinascimento conquistò nuovamente il predominio la teoria classico (a partire da
Alberti); il primato della forma nel senso della composizione delle parti vacillò invece nel
Settecento con le correnti romantiche, mentre la convinzione del suo ruolo estetico aumentò di
nuovo verso la fine del secolo con il Neoclassicismo e Winckelmann.
L’attribuzione di un’importanza particolare alla forma, è diventata nel Novecento prerogativa
soltanto di alcune correnti, ed è per questo più radicale e polemica.
Nel corso dei secoli il termine della forma A ha avuto un duplice significato: quello di qualsiasi
composizione (A) e quello di composizione armonica e regolare (A1).
Si definisce formalismo la concezione secondo la quale soltanto la forma è importante in estetica.
Storia della forma B
Questo significato denota l’aspetto esteriore delle cose.
I primi ad individuare la forma B e a sottolinearne l’importanza furono i Sofisti; il Medioevo
distinse in modo ancor più preciso la forma poetica dal suo contenuto (i filosofi scolastici
contrapposero spesso forma e contenuto); nella poetica rinascimentale, forma e contenuto furono
separati coi nomi di verba e res. Il ruolo della forma crebbe poi nell’estetica letteraria manieristica.
I concetti di forma e contenuto erano dunque usati esclusivamente in poetica, dove occuparono però
un posto importantissimo per molti secoli.
Nel Settecento la questione del rapporto tra forma e contenuto cessò di interesse; tuttavia
nell’Ottocento vi fu un ritorno di interesse, non più soltanto nella poetica ma anche nelle teoria di
tutte le arti spostamento di interesse nuovo.
Anche nelle arti vi è motivo di separare i due termini e accanto alla vecchia nozione di forma B ne
sembra essere comparsa una nuova (B1) più ampia e generica.
Altra svolta fondamentale nella storia della forma B fu il fatto che forma e contenuto
incominciarono a porsi in competizione fra di loro (nell’Ottocento e soprattutto nel Novecento): in
arte è più importante la forma o il contenuto?
La forma B ha raggiunto, nel XX secolo, una posizione predominante nella teoria dell’arte.
Storia della forma C
Così intesa la forma è sinonimo di contorno se la forma B è una nozione naturale in poetica, la
forma C lo è nella teoria delle arti visive (figura, disegno).
Questa forma comprende solo il disegno e non il colore dell’oggetto per gli scrittori
cinquecenteschi forma C e colore costituivano una contrapposizione fondamentale, i due poli
opposti della pittura (nei circoli accademici il disegno continuò a mantenere comunque il primato).
La supremazia della forma-disegno cessò all’inizio del Settecento.
Riassumendo: l’Antichità ha dimostrato di apprezzare in modo particolare la forma A, il
Rinascimento la forma C, mentre il XX secolo pone l’accento sulla forma B e il primato di ognuna
di esse è stato di volta in volta messo in discussione.
Il senso dell’espressione “forma” viene tuttavia spesso ristretto non qualsiasi composizione, bensì
solo quelle armoniche, particolari e ricche.
Storia della forma D (forma sostanziale)
Questa nozione di forma è dovuta ad Aristotele, il quale la concepiva come ciò che in ogni cosa ne
costituisce l’essenza Aristotele vedeva nella forma l’essenza di una data cosa.
Era questa una nozione fondamentale della metafisica di Aristotele, ma non della sua estetica e ki
suoi successori non se ne avvalsero.
La situazione mutò nel Medioevo, quando nel XIII secolo venne assunto il concetto aristotelico di
forma; i filosofi scolastici trovarono il modo di estendere l’antica nozione anche all’estetica il XIII
vide comunque la fase culminante della forma D, ma anche della sua supremazia in estetica e solo
nel Novecento tale concezione tornò a nuova vita, in particolare negli astrattisti.
Storia della forma E (forma a priori)
Questo concetto di forma è kantiano: secondo Kant la forma è definibile come la proprietà
dell’intelletto che fa sì che esso possa percepire e comprendere l’esperienza e che di conseguenza
l’esperienza abbia necessariamente una data, e solo quella, forma tale forma è a priori, la si
riscontra negli oggetti, ma soltanto in quanto imposta dal soggetto.
La forma kantiana non esiste però nell’estetica di Kant, che non trovò nessuna forma a priori in
essa, e invece sosteneva che il bello non è determinato da forme costanti dell’intelletto, bensì dal
talento eccezionale e unico degli artisti.
Storia di altre forme
Il termine “forme” si attribuisce anche agli strumenti che servono alla produzione di forme (F); si
parla spesso di forme nel senso di forme fisse, assunte, imposte e vincolanti (G); in campo artistico
si parla di forme anche nel senso dei suoi generi o varietà (H).
Nuovi concetti di forma
Esistono ancora due più recenti concetti di forma: forma come sistema (I) e come convenzione (va
verso il formalismo legge che guida l’uomo e grava su di lui: L).
Nel XX secolo sono state introdotte nuove interpretazioni psicologiche ed epistemologiche dei vari
concetti di forma, soprattutto delle forme A e C.
Nel linguaggio odierno, in particolare, il termine forma è impiegato in modo mutevole.
Gli studiosi contemporanei di estetica non necessitano del concetto di forma D e indicano le forma
E con altri nomi; inoltre la forma F è solo un termine tecnico degli artisti, la G un’espressione
tecnica e la H una voce colloquiale, sostituibile da altre.
Le nozioni A, B, C sono invece simili e si prestano perciò facilmente a fraintendimenti, ma sono
talmente legate al termine “forma” che non possono essere divise da esso per questo non si
intravede la possibilità di risolvere la polisemia della forma in estetica e nella teoria dell’arte A (a
lungo concetto fondamentale della teoria dell’arte), B (contrapposta al contenuto e posta al di sopra
di esso), C (parola d’ordine dell’arte di Cinquecento e Seicento), D (periodo culminante della
Scolastica), E (ha attirato interesse solo alla fine dell’Ottocento).
La Creatività: storia del concetto
Arte senza creatività
I concetti di arte e creatività furono collegati solo in epoca recente in principio gli artisti non
realizzavano cose nuove, ma riproducevano: agli occhi degli antichi l’artista si differenzia dal
creatore poiché nella concezione greca delle arti non vi è creazione, ma implicita sottomissione a
regole e leggi. Una tale concezione dell’arte aveva un chiaro postulato: la natura è perfetta è l’uomo
dovrebbe tendere ad imitarla artista scopritore e non inventore (ad eccezione guarda caso della
poesia).
A Roma le concezioni greche in parte vacillarono: i Greci del periodo classico non applicavano i
concetti di immaginazione ed ispirazione all’arte visiva.
La svolta fondamentale avvenne nell’era cristiana: l’espressione creatio venne utilizzata per definire
l’atto divino di creazione dal nulla e in questa accezione il termine acquisì un significato diverso da
facere, e non fu più riferito alle azioni umane questa accezione religiosa fece sì che si mantenne
l’opinione antica che l’arte non fosse il campo della creatività.
Il Medioevo in questo andò oltre l’Antichità, poiché non fece eccezioni neppure per la poesia
anch’essa ha le sue regole perciò è attività e non creatività.
Il quadro mutò completamente nel Rinascimento, quando gli uomini tornarono ad avere
consapevolezza della indipendenza, libertà e creatività.
Nel Settecento il concetto di creazione appare più spesso, collegato al concetto di immaginazione
che all’epoca era molto diffuso.
Nell’Ottocento l’arte si prese la rivincita sulla resistenza opposta nei secoli precedenti al
riconoscimento della sua creatività ora non solo era ritenuta creativa, ma era l’unica ad esserlo.
Da un punto di vista generale, per quanto riguarda la storia della creatività, possiamo dire che sia
poesia che arte hanno almeno due valori fondamentali e sia l’uno che l’altro possono costituire il
loro fine: da un lato cogliere la verità e trovare la regola, dall’altro la creatività di cose nuove ed
inedite verità e creazione: il primo obiettivo ha spesso avuto il sopravvento e per molto tempo non
si è creduto che entrambi i fini potessero essere realizzati contemporaneamente.
Storia del termine
Il concetto di creatività è entrato dunque tardi nella cultura europea esso ha attraversato quattro
fasi: per quasi un millennio il termine “creatività” non comparve in nessun campo; nel millennio
successivo esso fu usato, ma esclusivamente in teologia (creator); solo nel XIX il termine
“creatore” entrò nel linguaggio dell’arte, divenendo però di suo dominio esclusivo e sinonimo di
artista; nel XX secolo si cominciò ad usare l’espressione “creatore” per tutta la cultura umana.
Storia del concetto
La storia del concetto di creatività è stata in larga parte parallela a quella del termine: i Greci non
disponevano di un concetto di creatore in quanto tale, avvicinandosi con i termini “poeta” e
“costruttore”; il concetto in senso stretto iniziò a formarsi solo verso la fine dell’Antichità,
specificamente nel senso di fare qualcosa dal nulla, anche se la sua prima concezione fu nega