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IL SISTEMA CATEGORIALE
La categorizzazione serve a non perdere di vista l’oggetto e la sua giustificazione, il fruitore e il suo sentire.
La categoria coinvolge così tutti i generi e si rivolge a tutti gli aspetti dell’arte, individuando costanti
interpretative.
Il sistema categoriale nasce quando va in pensione il sistema delle arti con la sua gerarchizzazione e si
presenta come un sistema dinamico e flessibile che riesce bene ad inquadrare il problema della messa in
discussione dell’autonomia del concetto di bello e la sua definizione.
Singole categorie quali il brutto, il sublime, il tragico ecc. nascono come modificazioni del bello, dove a
quest’ultimo viene attribuito il significato di valore estetico. Le categorie estetiche non sono solo degli
insiemi entro quali catalogare elementi dell’arte difficilmente descrivibili, ma sono principi giustificati
partendo dal sistema arte e dalla storia dell’estetica e dalle sue forme strutturali.
La morte dell’arte bella ha originato un modo stratificato e diversificato di guardare e giudicare l’arte
stessa.
I valori estetici non possono mai essere ridotti ad atteggiamenti soggettivi e la bellezza non può venir
ricondotta a un fatto psichico: i valori estetici devono necessariamente comprendere una molteplicità di
aspetti messi in rilievo dai diversi contesti storici, culturali e sociali. Il bello si scinde nelle sue modificazioni
che autonomamente sono portatrici di valori estetici.
Il problema della pluricategorialità dell’estetica si lega alla crisi del bello e alla separazione tra estetica, arte
e bellezza: da una parte si tende ad un numero determinato di categorie (bello, brutto, sublime, tragico);
dall’altra si amplia fino a sostenere che il loro numero è imprecisato tante unità quante sono le opere
d’arte che presentano proprietà e valori originali. La riduzione delle categorie non contempla la possibilità
che esse possano valere esclusivamente per un determinato periodo della storia dell’arte quindi che
abbiano un loro e inizio e una loro fine.
Per Charles Lalo le categorie estetiche possono essere raggruppate secondo l’intelligenza, l’attività e la
sensibilità a cui viene associata l’armonia, quindi in totale sarebbero nove e comprendono: il bello, il
grandioso, il grazioso, il sublime, il tragico, il drammatico, lo spirituale, il comico e il ridicolo. Al brutto non
riconosce un valore autonomo e lo definisce inestetico; solo al brutto di natura attribuisce un ruolo
vivificante: il brutto non è soltanto un’assenza d’armonia, ma un atteggiamento negativo o ostile di fronte
all’armonia.
IL BELLO E IL BRUTTO
Nella seconda metà del Settecento la bellezza viene messa sotto accusa: si pezza il legame tra la
rappresentazione del bello e il piacere che ne deriva e l’attenzione viene spostata sul godimento estetico
provocato da ciò che è sgradevole.
La questione, già sollevata da Aristotele, viene ripresa da Boileau nel 1674 nel canto III della sua “Art
poetique”:” non c’è serpente ne mostro odioso che se imitato nell’arte non possa agli occhi piacere”.
Il piacere suscitato dalla rappresentazione del brutto risiede nel modo in cui il soggetto viene imitato: per
Aristotele l’imitazione genera un piacere simile a quello della conoscenza ed è la realizzazione
dell’imitazione che procura piacere; per Boileau, invece, l’imitazione deve essere assoggettata all’arte che
ne prescrive alcuni limiti. L’imitazione del brutto non può bastare a suscitare un sentimento piacevole, ma
deve subire una vera e propria trasformazione ad opera dell’artista, ma ciò che è sgradevole nel momento
in cui entra nell’arte venendo trasformato, perde la sua vera natura e non può più essere definito tale.
Batteux, Burke, Lessing e Kant si soffermano sul problema comune a tutti, ovvero la convinzione che il
brutto costituisce l’opposto del bello. Sono concordi nel sostenere la dignità, il valore specifico e la
peculiarità del brutto e per merito di Bruke e Lessing il brutto è valorizzato anche come elemento
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costitutivo dell’arte: è possibile rappresentare artisticamente il brutto in modo tale che esso susciti un
sentimento vicino a quello del sublime.
Batteux sosteneva con “Le belle arti ricondotte a unico principio” del 1746, che nelle opere d’arte possono
essere ostentate intenzionalmente alcune imperfezioni che fanno in modo che l’imitazione si mantenga il
più possibile fedele al modello naturale. Egli distingue tra piacere del pensiero disinteressato e suscitato da
opere perfette che assorbono e trasformano le imperfezioni; e il piacere del cuore, sottoposto a sentimenti
forti quali l’amore e l’odio. Compito dell’arte è quello di proteggere il fruitore da una partecipazione troppo
coinvolgente e sofferta avvertendo il cuore che ciò che in essa si rappresenta è solo finzione per quanto
verosimile. Il piacere suscitato dall’imitazione di oggetti sgradevoli è proporzionale alla consapevolezza di
essere di fronte a una finzione.
Burke in “Inchiesta sul bello e il sublime” del 1757 sostiene che l’imitazione ci coinvolge di più quanto più si
avvicina alla realtà.
La bellezza è quella qualità dei corpi per cui essi destano amore o qualche passione simile ad esso. Bello e
sublime sono idee di natura diversa le cui cause sono distinte tra loro, distinzioni che generano passioni:
nell’introduzione “Sul gusto”, l’unico rimedio alla confusione fra bello e sublime può scaturire da
un’accurata indagine sulle passioni affiancata da un’attenta ricerca sulle proprietà delle cose, esterne
all’origine di quelle passioni. Bello e sublime si rivelano qualità sensibili rispetto alle quali si generano
reazioni soggettive ed entrambi hanno un valore universale e oggettivo.
La bellezza ci colpisce più presenta il nuovo, e il vero contrario della bellezza non è la sproporzione, ma la
bruttezza. La bellezza non essendo necessariamente accompagnata dalla proporzione è una qualità dei
corpi che agisce meccanicamente sulla mente umana attraverso i sensi, suscitando quel sentimento
d’amore che corrisponde alla soddisfazione dell’animo quando contempla qualcosa di bello. Il brutto
provoca un piacere negativo, un sentimento misto che come voleva Boileau, è proporzionale al terrore
suscitato dal soggetto rappresentato e alla distanza che la finzione crea tra il fruitore e la rappresentazione
terrorizzante.
Il sentimento misto è teorizzato da Moses Mendelssohn che ammette l’esistenza delle passioni sgradevoli
nella riflessione artistica. Nei suoi “Principi fondamentali delle belle arti” del 1757, sostiene che le
sensazioni miste, composte di piacere e ripugnanza, penetrano più a fondo e colpiscono con maggiore
violenza: il tipo di piacere suscitato dal brutto e dal ripugnante non è rieducato dai principi imitativi che lo
renderebbero sopportabile alla vista e addirittura piacevole. L’imitazione non ha più come fine la
rappresentazione del bello, ma la produzione di complesse esperienze estetiche: è la sensibilità che
determina l’esteticità dell’oggetto e quindi la sua perfezione. L’estetica di Mendelssohn, centrando
l’attenzione sulla relazione tra l’oggetto e la sua fruizione, amplia l’ambito dell’estetica includendo nella
bellezza tutto ciò che i sensi possono rappresentare come perfetto.
Lessing nel suo “Laocoonte” fa notare che la bellezza fisica può essere solo uno dei mezzi minori tramite il
quale l’artista sa suscitare il nostro interesse per i suoi personaggi. L’azione sgradevole può piacere perché
è capace di suscitare un sentimento misto.
egli pone una netta distinzione tra poesia e pittura: la descrizione del Laocoonte di Virgilio suscita nel
lettore un sentimento di amore e che riconduciamo alla sua insopportabile pena che la parola poetica ci fa
intuire; nella scultura, invece, l’espressione del dolore fisico deve osservare una ben precisa misura in
quanto la bellezza visibile nella sua perfetta proporzione e regolarità deve essere l’oggetto delle arti
figurative, mentre fulcro della poesia sarà l’espressione nella quale possono rientrare la bruttezza e
l’imperfezione. La resa scultorea deve sottostare ai limiti propri delle arti plastiche e lo scultore è costretto
a rappresentare l’azione fissata nell’istante, ad eliminare in tal modo lo scorrere del tempo privilegiando lo
spazio, per questo deve limitare al massimo la presenza del brutto; al contrario la poesia è più libera nella
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sua espressione e può rappresentare azioni che si svolgono durante un certo lasso di tempo che possono
indurre al brutto.
Nel Settecento si concretizzerà la consapevolezza che bello e arte non coincidono necessariamente e che il
brutto può assurgere a categoria estetica autonoma. Nel “Sullo studio della poesia greca” del 1795 di
Friedrich Schlegel, si parla del brutto come un elemento specifico dell’arte moderna e ha sostenuto la
necessità di una teorizzazione: il brutto è spesso indispensabile alla compiutezza della rappresentazione
artistica e il bello ne diventa solo un mezzo.
Il pubblico è ormai del tutto indifferente alla forma ed è esclusivamente assetato di contenuti.
La poesia moderna è quindi interessante in quanto sempre coinvolta nelle aspettative del genio, e impura
in quanto in essa convivono più generi e tra essi il brutto e il mostruoso. L’interessante, ciò che ha valore
estetico provvisorio ha nascosto in se la crisi transitoria del gusto: l’arte facendo ricorso a una sempre
maggiore energia estetica, chiede continuamente nuovi stimoli e perduto ogni carattere obiettivo della
bellezza, il fine dell’arte rientra nell’arbitrio umano e si esprime attraverso il pensiero, l’energia e la morale
dell’uomo.
Il soggetto moderno ha sganciato l’arte dall’universale e l’ha destinata a finalità extraestetiche, facendone
uno strumento conoscitivo o decisivo alla realizzazione di stimoli sempre più violenti; vi è una perdita di
sostanzialità.
La rappresentazione poetica dell’orrore dimostra che è possibile esprimere artisticamente il brutto a
condizione che il poeta sia dotato della facoltà morale della libertà perché senza di essa non ci si avvicina al
soprasensibile, così come senza facoltà dell’espressione delle idee estetiche, ovvero del genio, non sarebbe
possibile rendere sensibile nell’arte il soprasensibile. La vera b