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Teniamo sott'occhio l'inesprimibile
anzitutto, l'inesprimibile, che è quanto l'orchestra può esprimere con grande precisione, e invero unendosi ad un'altra cosa, che è pure inesprimibile - il gesto. La capacità di far questo l'orchestra l'ha acquistata dall'accompagnamento del gesto più sensibile, dal gesto della danza, per il quale questo accompagnamento era una necessità determinata dalla sua essenza, a fine di manifestarsi in modo intelligibile; infatti il gesto della danza, come il gesto in generale, sta con la melodia orchestrale pressappoco nello stesso rapporto che il verso poetico con la melodia del canto da esso determinata; così gesto e melodia orchestrale formano un tutto, che è in sé così intelligibile, come lo è di per se stessa la melodia composta di parola e suono.
Secondo Wagner sussiste una "perfetta analogia" tra il gesto corporeo, in grado di
comunicare all'occhio qualcosa che il linguaggio discorsivo non è in grado di formulare con altrettanta immediatezza, e le impressioni suscitate nell'udito dall'orchestra. In virtù di questa analogia la "melodia orchestrale" può potenziare il gesto scenico, elevando i moti consueti della vita quotidiana - che per Wagner resta la base del dramma, la fonte stessa della sua intelligibilità - sino alla sfera del sublime. Infatti, mentre è impossibile intensificare l'efficacia di un determinato gesto semplicemente ripetendolo - si scadrebbe irrimediabilmente nella caricatura - è viceversa possibile accrescerne il peso specifico unendolo a figurazioni musicali ad esso analoghe, che a differenza del gesto fisico consentono numerose forme di elaborazione: ripetizioni, variazioni, progressioni armoniche ecc. Nell'analisi della gestualità della musica wagneriana - negli esempi cheseguono riserveremo come è ovvio particolare attenzione alla Walkiria – si possono distinguere vari livelli. Oltre ai “motivi conduttori”, infatti, l’orchestra presenta a sostegno del declamato vocale una miriade di figure sonore, che derivano dalla tradizione del recitativo accompagnato operistico e sono intimamente collegate al gesto del cantante in scena, senza necessariamente essere precedute o seguite da specifici Leitmotive con le loro implicazioni “ideologiche”. Le tre cellule, di due note ciascuna, che gli archi presentano nella prima scena del I atto dopo che Sieglinde, scòrto Siegmund riverso sul pavimento davanti al focolare, ha esclamato «Ein fremder Mann? | Ihn muss ich fragen» (Un uomo straniero? | Debbo interrogarlo), sono una chiara rappresentazione dei suoi passi: spediti i primi due (Sieglinde, che attendeva Hunding, di fronte allo sconosciuto privo di sensi si avvicina ansiosa), più lento il terzo (si ferma,chiede chi sia, non avendo risposta si avvicina ancora e lo contempla). L'ascoltatore attento coglie agevolmente il ruolo di queste figure, che costituiscono per così dire il livello minimo di articolazione del significato scenico, ma che Wagner reinventa di volta in volta, e sa sempre colorare di sfumature espressive che trascendono la mera duplicazione di quanto vediamo accadere sul palcoscenico, e creano anch'esse grazie al timbro e all'andamento una rete di relazioni "subtematiche". Molto più avanti, verso la fine della seconda scena, Hunding, che è rientrato in casa e parlando con Siegmund ha capito di avere di fronte un nemico, si alza bruscamente da tavola, dice poche parole corrucciate e fa qualche passo: ed ecco ritornare in orchestra una variante dei passi di Sieglinde, tanto rude e vigorosa, sia pure eseguita piano, quanto la figura originale era lieve e incerta. Queste relazioni in vari casi si estendono all'intera
Tetralogia. Per rimanere nell'ambito della categoria dei gesti musicali connessi al camminare o al correre, si pensi alla figurazione ascendente degli archi che si materializza alla fine della prima scena allorché Sieglinde sente rientrare Hunding e si affretta ad aprirgli la porta (è angosciata al pensiero che quell'uomo violento, che non ama, la trovi in casa con un altro): pur nella sua concisione, l'onda sonora ricorda nel tono, se non nelle note, quella ben più estesa che nell'Oro del Reno aveva dipinto l'irrompere in scena di Freia incalzata dai giganti. Qui non conta tanto il fatto che queste figure si richiamino reciprocamente nel senso delle anticipazioni e ricordi, dei rimandi e allusioni esplicite che stanno alla base dell'intreccio dei Leitmotive (ne riparleremo più avanti); esse esprimono piuttosto il "presente assoluto" dell'azione che si svolge hic et nunc, e l'idea della connessione ricca di
senso con momenti passati o a venire è loro estranea. Tuttavia la riproposizione, comunque variata, di tali figure musicali configura una sorta di semantica della gestualità sinfonica nel dramma, che contribuisce anch'essa a produrre il senso di una coesa totalità fatta di elementi concatenati. Ad un livello superiore si colloca la gestualità degli stessi motivi conduttori (Leitmotive: giova ricordare che questo abusatissimo termine, non coniato da Wagner – una delle prime attestazioni nella letteratura musicale tedesca si trova in un saggio di August W. Ambros del 1860, dove viene introdotto senza particolare rilievo, lasciando quindi supporre un uso già consolidato – mai impiegato sistematicamente da Hans von Wolzogen a partire dal 1877 per descrivere la tecnica orchestrale di Wagner, è da questi menzionato una sola volta nei suoi scritti, e per prenderne le distanze). Si tratta di una gestualità ben diversa rispetto a quellaPoc'anzi descritta, dal momento che i Leitmotive – senza che Wagner abbia pensato ad essi nei termini cristallizzati e un po' banalizzati cui li ha ridotti l'esegesi bayreuthiana a partire dalle guide tematiche di Wolzogen – fungono da contrassegno sonoro dei fenomeni più disparati: oggetti, stati d'animo, idee. Ma che anche oggetti determinati presuppongano azioni lo dimostrano, ad esempio, sia l'arpeggio ascendente di Domaggiore che simboleggia la spada Notung nell'atto di sguainarla, sia la scala diatonica discendente che ritrae in suoni la lancia di Wotan, fissata nell'immagine del procedere con la lancia abbassata. È da sé che nessun gesto di tal genere può essere sensatamente associato alla rocca del Walhalla, è tuttavia interessante notare che nella sua conformazione il "motivo del Walhalla", esposto per la prima volta nell'Oro del Reno da tube e arpe, rimanda da un lato per via
analogica al suo oggetto – difficilmente può essere contestato il legame tra la massa di pietra e le masse accordali degli ottoni –, dall'altro dà forma all'idea che della fortezza ha Wotan: non l'edificio reale, emblema del dominio che nel corso del dramma verrà smascherato come violenza e sopraffazione, ma un edificio sognato, utopia di potenza fattasi suono calmo e maestoso. 2. Nella prospettiva di Opera e dramma questa capacità gestuale è posta in connessione con l'idea di musica intesa come arte dell'espressione, ed è il presupposto di un concetto formulato da Wagner solo alcuni anni più tardi, nel saggio "Musica dell'avvenire" (1860), ma che nella Tetralogia ha un ruolo primario: il "silenzio sonoro". Con esso Wagner intendeva una melodia orchestrale che, nel momento in cui i personaggi tacciono, esprime i sentimenti da cui sono dominati. In effetti, la grandezza delpoeta si misura specialmente dal fatto che egli tace per lasciare che noi diciamo a noi stessi, in silenzio, ciò che è inesprimibile; ora è il musicista a far sì che quanto dal poeta è taciuto risuoni chiaramente, e la forma infallibile del suo silenzio che echeggia così sonoro, è la melodia infinita.
Per comprendere appieno il significato della locuzione 'silenzio sonoro' è opportuno chiarire quella di 'melodia infinita', anch'essa impiegata da Wagner, significativamente, in quest'unico passo dei suoi scritti, oltre a pochissime menzioni in conversazioni riportate nei Diari di Cosima: e anch'essa, al pari di 'parola scenica' - espressione che Verdi ha usato una volta sola in una lettera a Ghislanzoni dell'agosto 1870 -, citata per un singolare contrappasso innumerevoli volte, non sempre a ragion veduta. Troppo spesso la si è infatti ripetuta intendendola, in
una prospettiva più giornalistica che musicologica, come emblema delle sterminate lunghezze della musica wagneriana; del suo – detto con una punta di esagerazione – non volerne sapere di concludere. In realtà, quando parla di melodia infinita Wagner mira in primo luogo ad un costrutto privo di tutti quei riempitivi tradizionali che nella sua concezione estetica frantumano la più autentica natura della melodia. L’obbiettivo polemico di Wagner è la “melodia finita”, fatta sì di momenti espressivi, ma perlopiù separati da moduli stereotipati: la melodia periodica strutturata secondo elementi motivici corrispondenti e articolata in gruppi regolari di quattro battute, contornata da figure cadenzali standardizzate, da cui secondo il suo punto di vista neppure Mozart sarebbe riuscito a svincolarsi. Nell’eredità del classicismo viennese, nonostante gli altissimi risultati artistici, si annidava per Wagner un
alcunché di meccanico, una gabbia da cui era necessario liberare la melodia per manifestarne l'essenza, e che lo spinse ad affermare, in un altro passo di "Musica dell'avvenire", che le formule cadenzali e le transizioni che nelle sinfonie di Mozart separano l'una dall'altra le sue peraltro così attraenti melodie gli facevano l'impressione di un "rumore di mensa principesca che si apparecchia e si sparecchia" posto in musica. È significativo che, come emerge dalla lettura dei Diari di Cosima, Wagner vedesse anticipata la nuova concezione in alcune opere di J. S. Bach e soprattutto nel primo movimento della Sonata op. 101 di Beethoven. "Il primo movimento, così scorrevole, con quel suo modo lieve di mutar forma, e sempre sommamente sensitivo, è impossibile da descrivere" (15 novembre 1874). "È un brano incredibile, là tutto ci avvince, ogni collegamento, tutto è
melos!» (20 dicembre 1879). Estrema densità espressiva, tale da caratterizzare anche le transizioni, e continua mutevolezza del profilo sono dunque i contrassegni della nuova idea di melodia che Wagner chiamò ‘infinita’, e che sviluppò a partire dalla Tetralogia. In Opera e dram