vuoi
o PayPal
tutte le volte che vuoi
Heidegger
Heidegger pone la sua attenzione sui concetti di abitare e costruire, ponendoli in una stretta relazione di
fine e mezzo. L’immediato significato di abitare come semplice alloggio, è da lui estesa ad un significato più
ampio partendo sempre dal fatto del costruire. Senza ciò, non si riuscirebbe a comprendere il fine ultimo di
opere come strade e ponti, infatti il camionista che vive la strada per molte ore al giorno, considera anch’
essa come la propria abitazione, in quanto il senso di abitare adesso non è circoscritto. “Il costruire è già in
se abitare” lo dimostra il linguaggio stesso che pone nella antica parola alto-tedesca “bauen” (costruire), la
sua antica derivazione “buan” (abitare). Costruire e abitare coincidono nel linguaggio stesso, mettendosi
ancora in relazione con la parola “bin” (sono), a cui “bin” nella sua declinazione “ich bin, du bist, sia io abito
tu abiti, facendo sì che abitare, coincida con l’essenza dell’uomo sulla terra. È tipico del linguaggio
moderno deviare il significato primo delle parole in quello più immediato, perdendo o meglio oscurando il
senso della parola stessa. Heidegger pone quindi tre punti fondamentali: costruire è propriamente abitare,
ovvero è l’essenza dei mortali sulla terra, facendo coincidere il tutto con il significato di costruire come
coltivare ciò che cresce prendendosene cura. Riguardo a quest’ultimo, la parola sassone wunon
(trattenersi, abitare) entra il relazione con la parola gotica wunian (esser felice). Il concetto si amplia,
abitare, come esser protetti e aver cura di ogni cosa nella sua essenza. Tale essenza porta in se quattro
elementi essenziali: l’uomo che soggiorna sulla terra, la terra che nutre l’uomo e lo fa crescere, dio che
guarda dall’alto l’uomo, e il cielo che contiene dio e scandisce con la luce e il buoi o con le stagioni la vita
dell’uomo. L’essenza del costruire si esplica con l’edificio, che non viene inserito in uno spazio/luogo, ma è
esso stesso a creare uno spazio e un luogo, definendone anche quelli circostanti. Ciò accade con il ponte,
che collegando due estremi, crea uno spazio che prima non vi era, definendone anche le rive su cui
poggia, dando luogo ai quattro elementi, essendo sempre al servizio dell’uomo. Quindi anche nella
semplice costruzione di uno spazio domestico, esso è messo in relazione con i quattro elementi, nel modo
più conveniente, predisponendo ad esempio un tetto a falda per sorreggere la neve, o calcolarne
l’esposizione più conveniente. L’autore con la sua visione, ci da gli strumenti (anche progettuali) per
comprendere al meglio il significato ultimo di un opera costruita, ampliando il nostro sguardo, non
limitandoci al puro senso tecnico o estetico.
Benjamin
Benjamin, pone la sua attenzione sul concetto di arte come opera riproducibile, che nel corso dei secoli
assume connotazioni diversi man mano che aumenta la tecnica. Considera che l’arte è sempre stata
riproducibile nel tempo, come succede con gli allievi di un pittore, essa però con l’era della tecnica cresce
di intensità. Basti pensare alla xilografia e quindi la stampa, poi la litografia superata dalla fotografia. Tale
tecnica permette quindi di modificare gli effetti di un opera d’arte.
“L’hic et nunc “viene ad essere quell’elemento di originalità, che ne contraddistingue l’unicità che la tecnica
non può riprodurre, ovvero le modificazioni nel tempo, il contesto oppure i rapporti di proprietà. Come in
fotografia, aspetti relativi all’originale sono solo accessibili se non dall’obbiettivo e non all’occhio umano,
come l’ingrandimento o il rallentatore. Le circostanze della riproduzione dell’opera mantengono si intatte
quello che è il suo significato, ma nello stesso tempo annullano il suo hic et nunc. In sostanza vin meno
“l’aura” dell’opera d’arte, ovvero si sottrae il peso della tradizione nella stessa, passando dall’unicità alla
riproduzione in massa, raggiungendo però meglio fruitore, attualizzando il prodotto. Ad oggi quindi il
medium della percezione dell’opera è per lo più legata alla perdita dell’aura, con ciò, l’esigenza di
impadronirsi di un oggetto anche se a distanza elevata come succede con le immagini di un settimanale,
liberando l’oggetto da ogni tipo di vincolo. Come l’arte, che con l’avvento della fotografia e quindi dell’opera
d’arte facilmente riproducibile in serie vive una crisi che ad oggi è palese, mente le forme d’arte oggi a volte
impongono la riproducibilità in serie come succede per il cinema, in quanto la produzione di un film è
talmente costosa che non può limitarsi ad un'unica pellicola, al contrario alcune opere in passato come
statue di divinità, divengono accessibili solo al sacerdote, e il loro valore coincide con la loro stessa
esistenza.
Adesso cambia anche la fruizione dell’opera stessa, in quanto di fronte ad un quadro, l’osservatore è
invitato a soffermarsi e riflettere su ciò che sta guardando quindi a farsi un idea, mentre guardando un film,
data la successioni di immagini, il fruitore non è in grado di riflettere sulla singola immagine in quanto ve ne
è un altro il momento successivo. Fu Duhamel quindi a parlare di cinema come una forma d’arte mediocre
per iloti, in quanto è costretto ad una scarsa partecipazione e vive da fruitore distratto. Ciò non succede in
architettura, in quanto l’edifico accompagna l’uomo da sempre, e ciò arriva alla mente del fruitore
attraverso un procedimento di ricezione ottica, ovvero di contemplazione, che come un quadro, lo invita a
soffermarsi e a farsi un idea.
Gio Ponti
Gio Ponti fornisce una forte ispirazione a chi legge il suo testo, comunicando l’architettura come un amore
sacro, stimolando il lettore con pensieri pieni di gioia fornendo delle indicazioni sul concetto di architettura
moderna e degli strumenti, (architetto, studente, amante dell’architettura) al fine di un atteggiamento
corretto senza cadere in errori prodotti da un eccessivo sguardo al passato. Parte da una distinzione
fondamentale, ovvero l’architettura del passato come splendore della politica, e per questo procede per
monumenti, dove è “il potente” committente a dettare le regole, mentre nell’era della modernità si dà un
significato sociale alla committenza, come“architettura/destinazione”. L’architettura diventa sostanza della
politica, fuori dalla teorizzazione, e finalmente concreta nel risolvere i problemi. Fissa dei gesti concreti: il
buon funzionamento del paese passa anche dall’urbanistica, l’ordine della collettività, la casa come diritto
di tutti, ottimi edifici per l’educazione e formazione, cultura popolare, sportività, questo ed altro ancora. La
città deve essere difesa, il centro non torturato, il verde aumentato, e la luce assicurata, tutto in funzione di
una buona città. La casa non deve essere minima ma sufficiente, essa deve contenere stanze adeguate
alla funzione e garantire il funzionamento degli spazi. Da qui Il suo sguardo si concentra sul concetto di
macchina come progressione della tecnica, e come vittima del progresso, l’ingegneria è progressiva, in
contrasto con l’architettura che è un cristallo, un sogno, che rimane fermo e tale è immutabile. Come
nell’arte, essa non è riproducibile ne modificabile, in quanto monotipo è unica, mentre l’ingegneria crea
prototipi, vittima del progresso. Il Partenone, la rotonda sono dunque immutabili e immortale, anche da
ruderi hanno valore. L’architetto è artista, ed esprime se stesso in ogni sua opera, non per lodi, in quanto la
massima lode, sta nella felicità di chi usufruisce dell’opera stessa. Deve produrre casa per uomini, non per
manichini, studiare le esigenze del committente, produrre con il minimo di spesa, perché tanto più si è
limitati e in crisi, tanto più si manifesta la sua arte fatta di miracoli e sorprendenti soluzioni, senza
considerare mai il funzionalismo come fine ma come fatto implicito, in questo si differenzia dall’ingegnere.
Non esiste il bravo architetto o pessimo ingegnere, al massimo, esiste un buon progettista e un cattivo
progettista, perché non si deve fare di queste due discipline un fatto di laurea, ma una relazione costante di
ciò che uno può dare all’altro, esistono ottimi ingegneri con una sensibilità spiccata per l’architettura, ed
ottimi architetti in grado di eccellere nelle tecnica. Gio Ponti, impara dalla donne una visione diversa
dell’architettura, da un ungherese il fatto che le grida di bambini felici non devono essere isolati in una
stanza ma devono far eco nella casa, come casa felice, oppure un italiana che percepisce il fuoco nel
camino e non solo il volume, ed ancora una napoletana che aggiunge rilievo ai bordi del camino, per poter
riflettere il fuoco e moltiplicarsi, in sostanza giova dello sguardo femminile, anche se professionalmente non
ha alcuna stima. Sul tema della forma esso dirà che è un apporto al nostro ideale indipendente, che non
condiziona la funzione, in quanto esistono cattive sedie ma comunque fatte per sedersi, mentre la sfida è
produrre un ottima funzione in un ottima forma come fa Pinin Farina. Il concetto di progresso per Ponti ha
delle sfaccettature positive, partendo dalla critica di Benjamin sulla quale la riproduzione di un opera d’arte,
fa perdere la sua essenza/tradizione Hic et nunc, ponti parlerà invece di riproduzione come mezzo di
comunicazione, un arte accessibile a tutti, si andrà al museo per guardare “le matrici” che le hanno
permesse, ma tutti con la stampa ne potranno godere. L’originale verrà acquistato se non altro per una
devozione verso la vita dell’artista. Termina parlando del rapporto della religione e architettura, dove non è
essenziale la devozione dell’architetto alla religione (le Corbusier per Rochamp) ma quanto l’architetto
artista tenda a estrapolare dalla religione i principi fondamentali e tradurli in forme armoniose che
colpiscono lo spirito.
Gropius
Walter Gropius, indaga gli elementi e i processi che hanno portato ad una nuova architettura del ‘900,
attraverso tre punti importanti: Standardizzazione, Razionalizzazione e il Bauhaus. Il suo atteggiamento
risponde alle esigenze del tempo, di architetture facilmente assemblabili e dal minore prezzo. L’ornamento
come tale non è più contemplato facendo spazio alla semplicità, figlia di una standardizzazione che non è
nemica della civiltà, anzi la aiuta a delineare quello che