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Estratto del documento

La logica cristiana dell’idolatria è molto diversa già in partenza, il cristianesimo dopo la vittoria

postuma di paolo si è allontanato dalla logica veterotestamentaria, allontanandosi dal

giudeocristianesimo che cercava nel I secolo di contemperare l’obbedienza alle legge ebraica e la

fede in Gesù cristo. La riammissione delle immagini, in particolare di quelle figurative e la nascita

di un iconografia cristiana fanno parte di questo abbandono della logica, e che ha i tratti di una

revoca di una logica di purità. Viene abbandonata a favore di una logica contaminante in cui le

immagini e in generale l’arte poetica viene rifiutata dai primi cristiani non come tale, non perché

contaminante, non in quanto rappresentazione, ma in quanto rappresentazione ingannevole. I

cristiani rifiutano per circa 150 anni di avere a che fare con l’arte poetica non perché di per se la

poiesis sia qualcosa di negativo perché contaminante ma in quanto quello che fino a quel momento

hanno visto dell’arte poetica è assolutamente ingannevole. Per questa svolta decisiva alla base ci

sono fondamenti teologici basilari: quelli man mano adottati dalle comunità paoline che hanno una

vittoria postuma sulle comunità gesuane del primo secolo. Dal momento che questa nuova fede (e

per questo si distingue dal ceppo giudaico originario) crede in un dio che si è fatto vedere come

uomo crede, dal momento che Gesù è l’immagine di dio, immagine specifica e storica, non di un

uomo qualsiasi ma morto sulla croce, maledetto, allora ovviamente visto che dio si è fatto vedere in

una sua immagine allora non possono più essere considerate la immagini come tali come idoli. C’è

almeno un’immagine che non un idolo, non tutte le rappresentazioni insomma sono come tali idoli.

Possono anche non essere idoli e non devono essere respinte come immagini quindi. Idolatriche

diventano solo le immagini apoteotiche, non è l’immagine ma quel genere di immagine ad essere

idolatrica, e dunque fonte di peccato. Solo quelle che mostrano il senso contrario a quello di verità.

Quelle che mostrano il senso di apoteosis e non quello di kenosis, che sono tra loro contrari. Il

filippesi 2-5 si legge della kenosis e del figlio di dio che poteva venire uguale a dio in tutta la sua

grandezza e invece è venuto svuotandosi della sua parte divina. Dio è venuto svuotandosi del

divino. Per questo dio lo ha innalzato al suo livello.

Le immagini non idolatriche per i cristiani sono quelle che mostrano il senso della kenosis, il senso

della venuta di cristo, morto sulla croce per amore degli uomini, quelle idolatriche invece sono

quelle che portano il senso dell’apoteosis, dell’essersi fatto dio, quelle ciò che portano il senso di

divinizzazione dell’umano. [Qui c’è tutta la Grecia, tutto il fare gli imperatori figli di dio, dei e

semidei]. In un caso c’è il movimento del farsi divino dell’uomo e dall’altro l’essersi fatto uomo di

dio per amore degli uomini. Su questa posizione teologica c’è molto da dire. Questa è un’altra

forma di serietà che fa i conti con il movimento della kenosis, una serietà che si sostanzia intorno

alla questione cruciale della figura.

Figura: termine di riferimento.

Che cos’è la figura? Figura è un termine latino poi passato nelle lingue moderne. Parliamo

dell’antico tiupos, un termine che paolo adotta e poi tutta la tradizione cristiana greca, perché nel

suo significato originale significa bozzo, come il bozzetto dello scultore.

Cos’è questo tupos che ambierà i rapporti della cultura cristiana con la poiesis? Comincia una

tradizione che il rinascimento e la sua crisi finale destituiranno di fondamento, ma che dura da

paolo fino al basso medioevo. Quale è il nodo teorico e teologico e poetico che si cela nella

questione figurale? Per capirlo bisogna partire dall’inizio e passare per l’opera del più grande

filosofo cristiano dell’antichità, cioè agostino. Agostino prende le questione di paolo e le coniuga in

termini filosofici. Agostino è il primo filosofo cristiano.

Sulla scorta di paolo Agostino si rende conto che per attestare la verità delle sacre scritture, la verità

come tale (problema filosofico), in riferimento alle sacre scritture deve mettersi in una prospettiva

specifica rispetto al concetto tradizionale di verità. La verità a cui crede dopo la conversione è una

verità rivelata e non ricercata. Occorre elaborare un metodo interpretativo che non può essere lo

stesso per elaborare la verità tradizionale. Le scritture parlano per mezzo di incongruenze e spesso

si contraddicono anche se sono vere perché rivelate. Le sacre scritture non corrispondono al criterio

di verità tradizionale.

Agostino determina un altro paradigma per accreditare le sacre scritture il termine di verità. La

partenza è la rivelazione e non la ricerca.

La Zetesis greca era basata su un idea di adeguamento, il modo di concepire la verità era una ricerca

di adeguamento dell’intelletto delle nostre facoltà conoscitive e quindi ciò che è dentro di noi con

ciò che è fuori di noi, che ci stupisce. Questo è il modello del senso greco. L’adeguamento delle

nostre facoltà conoscitive alle cose fuori di noi che ci hanno stupito.

Qualcosa che nella modernità sarà considerato noumenico, inconoscibile. Quello che non si conosce

è questo fuori di noi, qualcosa che nella modernità verrà a perdere la propria potenza fisica e che

invece nel mondo antico era ritenuto condizionale, ogni forma di conoscenza. Sta tutto fuori di noi,

a noi sta solo di poterle incontrare in qualche modo, a noi sta soltanto di poterle avvicinarle,

incontrandole platonicamente o determinandole aristotelicamente. Da un punto di vista

gnoseologico questo è quello che abbiamo visto fino a qui e che investe tutto il mondo della

mimesis. La mimesis è davvero esemplare di questa prospettiva conoscitiva. Perché il movimento

conoscitivo della mimesis ha lo stesso impianto. Per questo Kant dopo aver detto che il noumenico

è tale e inconoscibile dirà che l’imitazione è solo scimmiottamento, perché è venuto meno quello

sfondo su cui la mimesi aveva la sua produttività. Si cerca di adeguarsi imitando le cose imitate, e

per questo la conoscenza era considerata nei limiti umani Zetesis, ricerca.

Invece la concezione cristiana in quanto continuatrice di quella giudaica prende a considerare la

conoscenza non come ricerca ma come dono di una verità rivelata, come grazia, Caritas. Cioè il

modo che chiameremo da ora in poi carismatico. La concezione cristiana della conoscenza è una

concezione di tipo carismatico. Il cristianesimo di cui paolo e agostino sono i fondatori ha una

concezione carismatica della verità e della conoscenza. Vale a dire concepita come un dono di

comprensione reso da dio alla fede del credente in una verità rivelata. Le rivelazioni ispirate da dio

e quindi sacre ne costituiscono il deposito da cui se si ha la grazia per comprenderle, cioè la fede,

diventano il deposito da cui ricavare la verità. C’è un circolo vizioso: bisogna credere nelle scritture

perché queste ci rivelino come credere. Se si ha la fede le verità rivelate le ricaviamo dalle scritture.

Ma in che modo?

Ci troviamo quindi in modo opposto di concepire la verità, non così contrastante con il modo

classicistico di intendere la verità, ma sicuramente antonimo di quello classico in cui appunto la

verità si ottiene per dono. La verità si manifesta nella fede, la verità i cristiani la ricavavano dalle

scritture per fede. Per l’idea di adeguatio una cosa o era vera o era falso, tutt’al più può essere

metaforica, come tale Aristotele dice che la metafora mette sotto gli occhi ciò che è simile anche se

non lo sembra. Per i greci una cosa se non era vera era falsa, se non è riconducibile a stati di cose

era falsa. (Wittgenstein) non a caso Wittgenstein verrà accusato di essere stato un metafisico

ragionando in questi termini. Partendo da questo presupposto la gran parte dei contenuti delle

scritture per le ragioni che dicevamo prima, perché illogici e inspiegabili, la gran parte dei contenuti

rientrava nella categoria del falso. Se la logica è quella binaria di essere o vere o false, esse

rientrano nel falso. Così agostino si preoccupa di tenere a battesimo sulla scorta della teologia

paolina una nuova e diversa teoria della verità non più diatica ma triadica. Questa è indicata nei

soliloqui, triadica perché comprende un terzo genere, quello che chiama mendacium che indica ciò

che è considerato come effettivamente vero ed effettivamente falso. Il mendacium è la base logica

della figura, perché se noi non passiamo per questo terzo genere, non capiamo cosa è la figura e i

rapporti della figura con la figura poetica. Mendacium è il termine che noi oggi richiamiamo con

finzione e che distinguiamo tanto dal vero quanto dal falso in senso stretto. Quando parliamo di

finzione non parliamo né di vero né di falso, un termine che solo molti secoli dopo acquisirà lo

statuto autonomo ed estetico, ma che qui per ragioni che dobbiamo capire trova i suoi presupposti

logici.

I soliloqui sono il primo documento di tutto questo, e in quel contesto di conversione che si scorge

il profilo della portata di qualcosa che segnerà in profondità la concezione di verità fino ai tempi

moderni. I soliloqui sono davvero l’opera più drammatica, le confessioni racconteranno un dramma

che si è già consumato mentre il dramma esistenziale spirituale è presente nei soliloqui. (Articolo

Guastini su agostino ed estetica)

Questa svolta che porta il mendacium nella teoria della verità che si rispecchia nella struttura stessa

del libro, il secondo libro rompe i rapporti con l’agostino pagano dal punto di vista della verità. Nel

primo libro agostino conclude con un’affermazione che avrebbe accettato anche un pagano:

“dunque, tutto ciò che non è vero è falso” se le cose stanno così, nel primo libro la ragione prevale e

c’è ancora una concezione diadica della verità.

Nelle sue ritrattazioni agostino dirà che questa sua conclusione non avrebbe potuto soddisfarlo, e

infatti dopo aprirà un secondo libro, che non era previsto alla scrittura del primo, che è autonomo.

Nel secondo libro scatta il problema cristiano da cui agostino si sente investito cioè di fare i conti

con un idea di verità che non è più ad

Dettagli
Publisher
A.A. 2021-2022
32 pagine
SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-FIL/04 Estetica

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher FrancescaIri di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Estetica e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Roma La Sapienza o del prof Guastini Daniele.