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LE TECNOLOGIE EDUCATIVE – SECONDA PARTE
CAPITOLO 3 – TECNOLOGIE PER APPRENDERE. QUANDO E COME UTILIZZARLE
1. Premessa
Vi è una strategia decisionale basata su argomentazioni e criteri espliciti, razionalmente fondati, per consentire di valutare quando e come ha senso utilizzare le tecnologie digitali nella scuola per supportare l'apprendimento. Questa strategia riguarda non solo gli insegnanti in quanto i risultati di alcune ricerche possono essere offerti ai decisori politici per orientare i dispositivi, le norme che riguardano l'uso delle tecnologie (es. Piano Nazionali per la Scuola Digitali, fatto in prospettiva di un'innovazione didattica avvalendosi delle tecnologie).
Quali sono le argomentazioni che sostengono l'uso delle tecnologie o che al contrario ci dicono di andarci cauti? I risultati delle ricerche Evidence Based vengono chiamate evidenze e vi sono evidenze a favore e evidenze a sfavore; ciò significa che alcune ricerche forniscono
dei dati affidabili sull'efficacia delle tecnologie, mentre altre forniscono dei dati affidabili sulla scarsa efficacia. Ha senso parlare di evidenze se vi sono sia evidenze positive che negative. Ci sono poi circostanze in cui non ha molto senso parlare di evidenza e occorre essere avvertiti anche di questi, altrimenti si rischia di parlare di nulla. In ambito didattico non tutte le decisioni possono essere basate su evidenze:- Casi di ovvia utilità: Non tutte le decisioni necessitano di una base fondata su evidenze ricavate da ricerche scientifiche; che uno strumento tecnologico serva o no per un fine, in molti casi è una constatazione in gran parte intuitiva e immediata. Ci sono quindi casi di ovvia utilità per i quali non si va in cerca di alcuna evidenza ma ci si può affidare al nostro intuito professionale, alla nostra analisi razionale.
- Casi in cui il confronto è improponibile: Qualche volta il confronto tra situazioni che implementano
più pragmatico e convenzionale. In questo caso non ci sono evidenze, è il nostro intuito che ci guida.
Ambiti da esplorare Le tecnologie sono in costante evoluzione e talvolta dietro a queste non si èsviluppato un corpus di conoscenze scientifiche sufficienti, ossia ci sono molti aspetti della didattica che letecnologie, essendo in rapida evoluzione, non hanno pienamente sviluppato.
La dimensione meta Ogni tecnologia è potenzialmente in grado di generare rilevanti riflessionieducative o di trasformarsi in un mind tool, se si è in grado di coglierne le potenzialità indirette.
A parte tutte queste circostanze, per le quali le insegnanti prendono decisioni indipendentemente dalle evidenzefornite dalle ricerche, vi sono due casi in cui le insegnanti possono prendere decisioni più avvertite sulla base dellericerche effettuate:- evidenze negative, ossia che dimostrano come l’innovazione tecnologia nella scuola ha
complessivamente limitate probabilità di comportare un miglioramento significativo, quantitativo o qualitativo degli apprendimenti. - eccezioni: quando le evidenze sono positive, ossia vi sono alcune evidenze di efficacia delle tecnologie per apprendere, che necessitano di essere messe in luce per comprendere le ragioni sottostanti, al fine di trarne indicazioni utili per la pratica didattica quotidiana. 2. Che cosa dice la ricerca scientifica sull'efficacia APPROCCIO EVIDENCE-BASED EDUCATION (EBE) L'espressione "Evidence-Based Education" significa "educazione (o didattica) basata su evidenze"; esso è un orientamento che fa riferimento alla concezione secondo cui le decisioni in ambito educativo debbano essere assunte e giustificate sulla base delle conoscenze che la ricerca empirica offre in merito alla minore o maggiore efficacia delle differenti opzioni didattiche. Questa maggiore o minore efficacia delle opzioni didattiche, che costituisconola variabile nella quale io vado a fare ricerca confrontando tra loro contesti educativi (normalmente con disegni a due gruppi: gruppo sperimentale ed i controllo), mi dà normalmente un coefficiente di efficacia che si chiama effect size; esso varia da -1 a +1 e, in generale, si considera positivo se ES=0,40.
L'EBE si è sviluppato alla fine degli anni '90 nella cultura pedagogica anglosassone e ha origine da un atteggiamento critico nei confronti di parte della ricerca educativa tradizionale, accusata di essere incapace di dare risposte concrete ai problemi dell'istruzione e di avere scarso rigore metodologico.
I metodi della ricerca educativa poiché prendono a oggetto di indagine dei sistemi variabili e multifattoriali (classe, azione dell'insegnante, comportamento degli allievi) fuggono all'applicazione rigorosa di alcune metodiche riguardanti le scienze sperimentali e gran parte delle scienze sociali (es. studi quantitativi); vi sono
molti metodi di ricerca on action (es. ricercaazione), ma alcuni sostengono la necessità di rafforzare la ricerca di tipo sperimentale e quindi la possibilità di prendere decisioni didattiche sulla base di evidenze empiriche. L'obiettivo di questo approccio è favorire un ripensamento della ricerca in educazione affinché questa possa supportare i professionisti della formazione (ricercatori, insegnanti, educatori) in un lavoro che consenta di dare risposte efficaci, nel senso di misurabili, basato su evidenze empiriche; questo li supporterebbe nella presa di decisioni più informate e consapevoli, sulla base delle migliori conoscenze scientifiche disponibili e quindi sottrarre le scelte didattiche al senso comune, all'intuito o alla personale esperienza. La ricerca dovrebbe fornire indicazioni chiare e immediatamente applicabili sull'efficacia di tecniche didattiche e programmi di rinnovamento dei sistemi di istruzione; in altre parole sul“che cosa funziona” (“what works”) e “in quali circostanze” (“under what circumstances”). Facendo riferimento alle tecnologie, secondo questo approccio, per sapere quali tecnologie funzionano e quali no e a quali condizioni d’uso le tecnologie funzionano e a quali non funzionano, bisognerebbe affidarsi ai risultati della ricerca; questo approccio, di natura sperimentale, presuppone essere di fronte a una situazione nella quale, “a parità di tutte le altre condizioni, l’unica variabile che viene modificata è l’introduzione della tecnologia”.
Nell’articolo “What is Evidence-Based” di Davies, pubblicato nel 1999 dal British Journal of Educational Studies, viene sottolineato che questo approccio viene esercitato a due livelli principali:
- utilizzare, comparare e sintetizzare i risultati esistenti della ricerca e della letteratura scientifica (non solo la promozione di una ricerca
Sistematiche (systematic review) - Sono un metodo di indagine secondario il cui obiettivo è identificare, selezionare, valutare e riassumere i risultati di singoli studi (detti studi primari) sugli effetti di un intervento; si tratta di un lavoro di ricerca compilativa, che consente di ricavare informazioni più generali e trasferibili.
Il risultato di una singola ricerca, seppur eseguita in maniera rigorosa e quindi seppur valido e attendibile, non dice molto; una ricerca infatti isola una variabile rispetto alle altre ("Le fonti di una scienza dell'educazione" Dewey) e quindi ci si può esprimere rispetto all'incidenza di quella variabile, ma bisogna tener conto che, se faccio del risultato di quella ricerca che isola quella determinata variabile, una ricetta generale per la didattica, rischio che le cose non funzionano. Per questo occorre riassumere i risultati di più ricerche.
Le revisioni sistematiche sono fatte adottando un protocollo.
esplicito e standardizzato (e dunque replicabile) che definisce un preciso obiettivo e descrive fonti e metodi, e mira a raccogliere tutti gli studi più significativi in un