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CLAUSOLE COMPROMISSORIE

La legge di conversione ha stabilito che il presupposto fondamentale

affinchè si potesse proporre il ricorso al giudice amministrativo, era la

necessità che fossero esauriti i gradi di giustizia sportiva, pena

l’inammissibilità del ricorso o della citazione. Risulta così fissata per legge

la pregiudiziale sportiva, oggetto in precedenza di numerosi dibattiti.

Sorprende, a questo punto, la posizione di chi ha ritenuto possibile passare

direttamente alla proposizione del ricorso al giudice amministrativo,

attraverso gli atti del Coni e delle federazioni sportive. Preso in analisi il

contenuto della legge di conversione, bisogna però sottolineare come la

giustizia sportiva esaurisce i proprio gradi nella Camera di Conciliazione e

Arbitrato dello Sport, presso il Coni, le cui decisioni sono definite in base

al contenuto dei regolamenti sportivi, identificabili come lodi arbitrali. In

pratica, tale pregiudiziale sportiva finiva per svuotare le attribuzioni

esclusive attribuite al Tar del Lazio, dalla legge 280/2003.

Necessita di chiarimenti anche la riserva di salvezza delle clausole

compromissorie previste dagli statuti federali, da quello del Coni e dalla

legge 91/1981. La disposizione normativa in questo caso, appare del tutto

priva di significato, per il semplice fatto che le clausole compromissorie

già valide non necessitavano di ulteriori rafforzamenti, mentre quelle che

in precedenza non lo erano non possono considerarsi ora sanate dalla

medesima. E’ questo il caso delle clausole compromissorie previste negli

statuti e nei regolamenti di alcune federazioni, per risolvere le controversie

tra società e atleti formalmente dilettanti ma in realtà professionisti.

Ferma resta la giurisdizione del giudice ordinario sui rapporti patrimoniali.

Tuttavia, una più attenta lettura della legge 280/2003 convince sul

contrario. Essa dispone solo sui rapporti patrimoniali fra società,

associazioni ed atleti, tralasciando altre figure importanti come allenatori o

dirigenti, nonostante queste lacune possano comunque essere colmate

facendo riferimento ad ulteriori fonti, con la conseguenza che i dicta che

riguardano quelle categorie, esse3ndo essi lodi irrituali, potranno essere

impugnati innanzi al Tribunale della circoscrizione in cui è sede

dell’arbitrato, in unico grado e in funzione del giudice di lavoro.

Diverso è il discorso riguardante i professionisti di fatto, poiché la clausola

compromissoria inserita nei loro contratti di lavoro, non prevista dalla

legge o da alcun accordo, sarebbe da considerarsi nulla, con la differenza

che costoro potrebbero direttamente adire al Tribunale in funzione di

giudice del lavoro, anche in presenza di un lodo precedentemente emesso

ma dato inutilmente per difetto di arbitralità oggettiva.

Nel caso in cui le pretese lavorative dovessero essere rivolte nei confronti

di società o associazioni fallite non potrebbe che subentrare la competenza

del Tribunale fallimentare. Problemi di competenza tra giudice ordinario e

giudice specializzato del lavoro potrebbero sorgere anche per quei casi in

cui sia dubbia l’esistenza di un rapporto di lavoro, sia esso subordinato o

autonomo, anche in relazione a recenti modifiche, introdotte dalle FIGC,

che prevedono l’erogazione di determinate somme di denaro in favore di

atleti dilettanti che disputano in campionati nazionali.

Un ulteriore lacuna deve denunciarsi a proposito delle controversie che

possono essere intentate da società e associazioni fra loro, che in alcune

federazioni vengono risolte con il modulo dell’arbitrato ad hoc mentre in

altre, come la FIGC, sono devolute alla cognizione di un organo

specializzato, la Commissione Vertenze economiche, che di recente ha

esaminato il caso che coinvolgeva il Bologna col Chievo per l’ingaggio del

calciatore Eriberto. Non può nemmeno sostenersi che il contenzioso tra

società ed associazioni sia attribuito alla giurisdizione esclusiva del Tar del

Lazio, non risultando in tali tipi di controversie, parte in causa alcuna P.A.

La stragrande maggioranza di controversie tra società sono risolte con il

modulo arbitrale, tanto che la CVE e la FIGC spesso rivestono la funzione

di collegio arbitrale, specie per il loro ruolo di terzietà.

In un certo senso, l’articolo 3 della legge n.280/2003 non è idoneo a

devolvere al Tar Lazio le impugnative dei lodi irrituali emanati in tema di

controversie fra le medesime società sottraendole all’assorbente normativa

civilistica. Inoltre, come riusciamo a comprendere dall’analisi di suddetta

legge, lo stesso diniego discriminatorio di tesseramento non può essere

affidato alla competenza del giudice amministrativo, essendo questa una

competenza del Pretore, ora Tribunale, data l’attinenza della materia ai

diritti fondamentali dell’individuo, eventualmente anche quello al lavoro

dei professionisti, sia formali che di fatto.

Il contenzioso sul tesseramento, normalmente ricompreso nella giustizia

economica, mostra un lato particolarmente contradditorio: esso, infatti, è

complicato dalla circostanza che con il rapporto di vincolo coesiste l’altro

aspetto dello status di tesserato che compete alla federazione di

appartenenza. La previsione legislativa della spettanza al giudice ordinario

dei rapporto patrimoniali e quindi lavoristici fra società ed atleti offre lo

spunto per prendere in considerazione il ricorso innanzi al Tar Lazio in

tema di accertamento della validità del contratto quale fonte del

tesseramento e l’impugnativa dei lodi dei Collegi arbitrali relativi alle

inadempienze delle parti in ordine al medesimo contratto, innanzi al

Tribunale Ordinario in unico grado, in funzione di giudice di lavoro.

Possiamo tranquillamente giungere alla conclusione che se si è stabilito

che il contratto di lavoro debba accordarsi, nei suoi contenuti, all’accordo

collettivo, lo si è fatto per attribuire maggior potere di controllo, anche in

tale ambito, alle FIGC e alle AIC. Al di là di ogni interpretazione, tuttavia,

deve in ogni casso ritenersi assorbente la considerazione che le federazioni

sono assolutamente libere, quali persone giuridiche associative, di

scegliere gli schemi organizzativi su cui modellare i propri sistemi

giustiziali. Tuttavia, la loro autonomia non può spingersi oltre il contenuto

dell’ex articolo 1322 comma 1 cc, sino a vanificare il contenuto di una

legge dello Stato.

CAPITOLO III

La legge n.280/2003, che ha convertito in legge il decreto legge

n.220/2003, viene spesso indicato come il decreto salva campionato. Il

diritto dello sport ha finito per configurarsi come una materia

interdisciplinare. Il che costringe l’esperto a confrontarsi non solo con le

norme di provenienza sportiva ma con quelle di provenienza statale,

comunitaria ed internazionale. Oggi il diritto dello sport è una materia che

ha assunto una sua particolare rilevanza da un punto di vista giuridico:

viene studiata nei corsi universitari e nelle scuole di specializzazione e

spesso gli studenti scelgono, per la tesi, argomenti attinenti il diritto

sportivo. Per affrontare lo studio di questa materia nel modo più degno,

bisogna sicuramente avere dimestichezza con carte federali e conoscere

quelle che sono le branche del diritto che, in questo caso, risultano essere

più attinenti: facciamo, quindi, riferimento, al diritto penale, al diritto

costituzionale, al diritto commerciale, al diritto industriale, alle procedure

penali e civili, al diritto del lavoro. E’ necessaria poi la conoscenza di

leggi dal valore sovranazionale, come il diritto comunitario ed

internazionale.

Il caso di Luigi Martinelli è uno dei casi più interessanti che hanno

riguardato, negli ultimi anni, l’ambito della giustizia sportiva. Il trentenne

difensore del Siena Calcio, Luigi Martinelli, è assurto alla ribalta delle

cronache sportive, per il suo essere ammonito e squalificato, per ben 8

giornate nella stagione 2002/2003. La sua ammonizione, subita contro il

Cosenza, segna le sorti del Campionato di serie B. scatta la squalifica per

una giornata, il calciatore resta in tribuna nella partita disputatasi contro il

Napoli. Il Siena Calcio impone al calciatore di scendere in campo nella

gara di Campionato primavera fra Siena e Ternana. Nel caso in cui si fosse

rifiutato, si sarebbe parlato di violazione degli obblighi contrattuali. Da

quel momento, Luigi Martinelli diventa un caso di studio e di analisi per il

diritto dello sport. Il calciatore scende in campo nella partita valida di

campionato nazionale di calcio di Serie B, che vede coinvolta la sua

squadra nella difficilissima trasferta di Catania. La partita termina col

pareggio di 1-1. Il Catania che in un primo momento non presenta alcun

ricorso contro l’omologazione di risultato. Lo fa successivamente,

esponendo il caso alla Lega nazionale Professionisti. Mettendo in luce la

posizione irregolare del Martinelli. Nell’esposto si riteneva che, a causa

dell’impiego del calciatore nella partita del Campionato di primavera, la

squalifica non poteva ritenersi validamente scontata, per violazione

dell’articolo 17. Dieci giorni dopo il fatto contestato, la Commissione

disciplinare omologava il risultato. Infatti, la Commissione era convinta

che il calciatore avesse assolutamente scontato la sanzione; questa va

scontata nelle gare ufficiali della squadra in cui si milita e in cui è

avvenuta l’infrazione. Dunque, la squalifica del Martinelli era stata

validamente scontata, non avendo partecipato quest’ultimo alla gara di

campionato disputata contro il Napoli.

Così, il Catania Calcio ricorre alla Commissione d’Appello federale (CAF)

della FIGC che, dopo soli 4 giorni dalla decisione di 1 grado, infligge al

Siena la sconfitta per 0-2. Secondo la Caf, il divieto assoluto di giocare,

infatti, non è limitato alla partecipazione del calciatore alle gare della

squadra per cui militava, ma si estende anche alla partecipazione a gare

ufficiali di altra squadra della stessa società, nella giornata in cui si deve

scontare la squalifica. A questo punto, i difensori del Catania hanno

puntato sull’inammissibilità del reclamo proposto dall’A.C Catania,

rilevando che il giudizio sulla posizione irregolare di Martinelli non era

stato proposto dal Catania ma dal Presidente della Lega Calcio. Nel

merito, il Siena ribadisce che il divieto assoluto riguarderebbe solo il

settore dilettantistico. Tuttavia, l’articolo 17 Cgs, al comma 13,

smentirebbe il tutto: infatti, nell’articolo 17 Cgs si ritiene che il divieto,

imposto al calciatore squalificato, di svolgere qualsiasi attività sportiva,

riguardi ogni ambito federale per tutta la durata della squalifica per una o

più giornate di gara. La C

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A.A. 2015-2016
34 pagine
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SSD Scienze giuridiche IUS/10 Diritto amministrativo

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher usagi89 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Diritto amministrativo dello sport e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Cagliari o del prof Tatti Stefano.