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L'INTERCULTURALITÀ (VOLONTÀ D'INTEGRAZIONE, COESISTENZA COIMPLICANTE/RECIPROCAINTERDIPENDENZA, SPIRITO D'INCLUSIONE/DI ACCOGLIENZA DEL DIVERSO, DELL'ALTRO DA SÉ)

L'interculturalità è dunque legata ad uno scambio tra culture ove convivono pretese sia universalistiche che particolaristiche, e scadere nel versante del particolare o in quello del puro universale decreterebbe la totale negazione del concetto stesso di cultura. Compito delle istituzioni pubbliche, quello di creare e di garantire lo spazio pubblico non neutrale del confronto, ambito predisposto all'interazione multiculturale, e in quanto tale tutelato da una politica dell'alterità capace di favorire la corretta dialettica interculturale tra i gruppi etnici, senza esiti egemonici. E ancora, riassumendo, la cultura europea occidentale è una cultura a cui il tema del pluriculturalismo non è estraneo, perché intessuta del problema della pluralità.

dimensione tipica di un assetto culturale pluristratificato nel tempo (dai romani alla tradizione illuministica), abituato a creare sintesi all'interno del contesto sociale. La problematica delle grandi migrazioni è legata alla questione multiculturale, non un fatto ma un'interpretazione culturale. Se ne potrebbe prendere atto, pur senza interpretarla; esiste invece nella cultura europea lo spazio mentale per porsi il problema, a differenza delle culture extraeuropee orientali o africane. Una nuova sintesi viene ritenuta possibile, anche perché l'occidente non ha solo necessitato di un'auto-affermazione di un principio di natura identitaria a scapito delle culture tribali o cinesi, ma è abituato a pensare a se stesso con una coscienza autocritica, vedendosi con gli occhi degli altri. La vocazione occidentale non è quella di sterminare popoli diversi, ma è una storia di integrazione; non impedisce il crimine, ma è capace di.definirlo come tale in relazione agli stermini di massa compiuti dalle altre culture, quello dei nativi americani su tutti. La coscienza morale può assumere la coscienza culturale o sopirsi, ingannando se stessa procrastinando la valutazione dei problemi.

Il sistema liberale democratico è nella storia il sistema politico che idealmente ha la capacità di aprire spazi maggiori alla pluralità degli individui e delle tradizioni culturali, perché la democrazia dovrebbe essere la regolazione politica della convivenza sociale sulla base delle realtà effettivamente esistenti che costituiscono il popolo, fatto di individui e di aggregazioni sociali. Eppure, nella storia della democrazia in senso liberale - a differenza ad esempio di quella socialista, il modello/punto/principio fondamentale è da sempre stato l'individuo, forte di una concezione politica a servizio della salvaguardia dell'autonomia del singolo e dei diritti

ma anzi una maggiore interconnessione tra le diverse realtà del mondo. La cultura liberale deve quindi affrontare la sfida di conciliare l'idea di individuo autonomo e libero con la necessità di riconoscere e rispettare le diversità culturali. In questo contesto, diventa fondamentale promuovere una cultura dell'inclusione e del dialogo, che permetta di superare le barriere culturali e favorisca la costruzione di una società pluralista e solidale. È necessario riconoscere e valorizzare le identità culturali dei singoli individui, senza però cadere nel relativismo culturale che nega l'universalità dei diritti umani. La cultura liberale deve quindi promuovere una visione dei diritti umani che sia al contempo universale e rispettosa delle diversità culturali. Questo implica il riconoscimento dei diritti individuali come fondamentali, ma anche la valorizzazione delle identità collettive e delle tradizioni culturali. In conclusione, la cultura liberale deve evolversi per rispondere alle sfide poste dalla presenza di soggetti immigrati e dalla globalizzazione. Deve essere in grado di accogliere e integrare il diverso, senza però rinunciare ai principi fondamentali di libertà e dignità umana. Solo così potrà essere una cultura veramente inclusiva e aperta al dialogo.

ma presupponga la costituzione di una rete di relazioni su base tecnologica che metta potenzialmente in contatto tutti i luoghi e tutti i soggetti del nostro pianeta. Si fa del pianeta un globo, attraverso un effetto inintenzionale (non un modus operandi programmatico) acuito dal sopravvento delle tecnologie all'interno delle relazioni intersoggettive. Tra le tecnologie, l'info-tecnologia/l'insieme delle tecnologie delle comunicazioni, inesistente fino a 10 anni fa ma ora in rapida evoluzione, capace di creare un fenomeno di simultaneità informativa a livello planetario e una temporalità contratta che di fatto unifica il pianeta, aprendo a possibilità di contatto tra gli spazi prima impossibili o impensabili. Ci si trova ad essere insieme, un insieme relazionale tecnologico che avvolge il globo e si avvale di biotecnologiche, tecnologie finanziarie e tecnologie organizzative caratterizzate da un elevato quoziente di automatismo valutativo; basti pensare

alle biopolitiche ancorate a un controllo tecnologico della vita, alle diverse configurazioni geopolitiche o alle tecnologie militari.

IL MULTICULTURALISMO È UN PORTATORE DI MEMORIA A CUI LA GLOBALIZZAZIONE È ESTRANEA, DISINTERESSATA.

Per riformulare l'universalismo liberale in senso interculturale, S. Benhabib riprende il tema del riconoscimento come condizione dell'identità e si interroga sulla possibilità di istituire una politica multiculturale del riconoscimento in direzione di una democrazia effettivamente deliberativa (secondo un approccio alla politica che valorizza fortemente la società civile, intesa come luogo di iniziativa, di dibattito e di rinegoziazione), non essendo sufficiente il fenomeno intersoggettivo per indicare le forme di convivenza adeguate tra culture distinte.

Ma l'insistenza nuova del discorso dell'autrice riguarda il rapporto che la politica del riconoscimento ha con la cultura, "indicatore e

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differenziatore di un’identità dinamica», in continua costruzione, e insieme oggetto di richiestadi riconoscimento giuridico e politico. Ne discende la proposta di un universalismo interattivo nel qualel’interazione viene considerata intrinseca all’esistenza stessa di ciascuna cultura.Il metodo benhabibiano si avvale della necessarietà di predisporre un processo dialogico-dialettico interculturaleistituzionalmente garantito, la cosiddetta dialettica delle tradizioni, che sebbene sia orientata all’intesa non puòapriori costituire garanzia di accordo e si configura piuttosto come confronto-scontro costruttivo, dall’esito apertonel tempo (non mette fine ai problemi, ma consente che essi emergano in modo regolato e governabile).Quanto al fine, riconoscere questo rapporto tra dialogo e conflitto aiuta a vivere con realismo la convivenzapluralista processi di interculturalità, in cui la differenza non può mai di cadere

ma è condizione stessa dell'identità. Il termine più comunemente speso in proposito è quello di integrazione, che però è suscettibile di dubbio, perché implica almeno una quota di adeguamento e di assimilazione di una cultura rispetto a un'altra. Più corretto sostenere che lo scopo dell'interculturalità è una convivenza dinamica tra identità socioculturali diverse. L'INTERCULTURALITÀ non è in quest'ottica un modo di considerare o di gestire le culture, ma il "modo d'esistenza storico-concreto delle culture stesse". Di conseguenza, è nell'interattività che vengono alla luce i beni comuni fondamentali e si manifestano significati e valori universali. Per cui la possibilità dell'interazione non dipende da preventivi universali accomunanti né da categorie riconducibili a un'antropologia universalistica (come

sostenuto invece da Habermas), perché è nell'esercizio stesso dell'interazione comunicativa che si vanno scoprendo e accettando, nel ritmo condizionato delle circostanze storiche, comunanza valoriale universali, come è il caso a tratti controverso dei diritti umani, più simili a un ideale regolativo accomunante che a un minimo comune denominatore valoriale condiviso indistintamente da tutte le culture.

5. FEDE E LEGAME SOCIALE

Modernità e post modernità sono profondamente segnate da una crisi progressiva del legame sociale/socialità e della componente fiduciale/fiducialità che dovrebbe invece permanere alla base di ogni relazione.

Si potrebbe affermare che la secolarizzazione/laicizzazione abbia originato la crisi della fede (religiosa) come forma della comunità umana, e dopo aver contribuito al radicamento dei grandi universali moderni, ha condotto all'estremo il processo decretandone infine la dissoluzione.

nella nuova forma dell'individualismo postmoderno. Il termine secolarizzazione indica un cambiamento avvenuto per forza o per volontà, che racchiude un riferimento fondamentale alla questione religiosa: è indubitabile che il Cristianesimo sia venuto meno (per quanto fino all'800 non si sia arrestata la pratica religiosa) ed è bene inquadrare la problematica della secolarizzazione in un'ottica di tipo culturale, considerando come per fattori storici e a livelli elitari/non popolari sia potuto avvenire il distacco, una cosa più precisa della semplice disaffezione. Una sorta di giudizio chiamato delegittimazione. Questo processo si è innescato quando le élites dominanti hanno iniziato a delegittimare il Cristianesimo come riferimento universale che tutti riconoscono e possono riconoscere in virtù del passato, come principio non strettamente religioso ma di civiltà, in riferimento al quale la vita sociale può aggregarsi.di cui la vita politica tieneconto e che il costume interiorizza. Dunque, non prima del '500, per poi rafforzarsi ed acquisire una fisionomiastabile nella prima metà del '600, correndo lungo quattro secoli di storia a testimonianza dell'estrema complessitàdella questione. Secoli in cui la modernità era già convenzionalmente avviata.Perché il rigoglio moderno è imploso nei suoi riferimenti tradizionali, cambiando orientamento fino a generareforme antitetiche che arrivarono a convergere in un vero e proprio anticristianesimo? Decisiva è stata la crisi dellametà del '600 legata alla spaccatura tra Cattolicesimo e Protestantesimo, una crisi che non riusciamo a misurarenella sua dirompenza perché da connettere in parallelo a guerre di religione che hanno messo a ferro e fuocol'Europa scadendo in ambito pienamente politico. Si trattò della massima devastazione mai raggiunta prima deiconflitti.mondiali e portò con sé un effettivo rischio di collasso economico-sociale, essendo venuta meno l'unità comune determinata da ciò che era stato sino ad allora il principio fondatore di quella che oggi chiamiamo Europa. Un inciampo provocato dalla smentita di quanto aveva da sempre costituito il principio costruttivo.
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Publisher
A.A. 2019-2020
11 pagine
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SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-DEA/01 Discipline demoetnoantropologiche

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher silviamac91 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Antropologia fisiologica e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università Cattolica del "Sacro Cuore" o del prof Botturi Francesco.