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Ipertrofia storiografica e la perdita di fiducia nel presente
A causa dell'ipertrofia storiografica, l'uomo si sente schiacciato dal passato e perciò prova un senso di impotenza verso il presente, perdendo la fiducia nella possibilità di plasmare liberamente il proprio futuro. L'uomo, a differenza dell'animale (che vive in modo non storico), ha una vita storica, cioè non può non ricordare il passato. Il passato gli fa ricordare che la sua esistenza è qualcosa di imperfetto che non può essere mai compiuto.
La felicità, secondo Nietzsche, è la capacità di sentire in modo non storico nell'attimo in cui si prova la felicità stessa. Ogni organismo vivente ha bisogno non solo di luce, ma anche di oscurità e quindi per ogni agire ci vuole oblio. La necessità di oblio, cioè l'esigenza di una capacità di dimenticare, è in relazione inversa alla forza plastica. La forza plastica è la forza di crescere a modo proprio su se stessi.
È la capacità di trasformare e incorporare cose passate ed estranee. La storia deve servire alla vita e all'azione e non deve allontanarci dalla vita e dall'azione. Il senso storico consiste nell'usare il passato per la vita e nel trasformare la storia passata in storia presente, solo così l'uomo diventa tale. Per ogni azione ci vuole oblio, nel senso che l'uomo che agisce dimentica la maggior parte delle cose per farne una sola ed è ingiusto verso tutto il resto. Chi agisce ama la propria azione infinitamente più che essa non meriti di essere amata: Le azioni migliori vengono compiute in questa "esaltazione d'amore". La vita ha bisogno del servizio della storia e sotto tre rapporti la storia occorre all'uomo: 1) In quanto l'uomo ha aspirazioni; 2) In quanto l'uomo preserva e venera; 3) In quanto soffre e ha bisogno di liberazione. Si hanno così tre tipi di storia: "StoriaStoria critica: è propria di chi soffre e ha bisogno di liberarsi del passato per poter vivere: essa porta il passato davanti a un tribunale e lo condanna. A giudicare non è la giustizia, ma la vita stessa, sempre ingiusta. Il pericolo: questa condanna non elimina il nostro derivare dal passato, per cui è impossibile staccarsi del tutto da esso.
Ciascun tipo di storia è nel suo diritto se rimane nel suo terreno, altrimenti produce erbacce.
cioè atteggiamenti dannosi per la vita: 1) Il conoscitore della grandezza del passato, privo della capacità di essere grande a sua volta; 2) L'antiquario che non ha amore per il presente e per il futuro; 3) Il critico che soffre nel distruggere il passato. Secondo Nietzsche, il rapporto fra vita e storia è oggi mutato, perché la storia pretende di essere scienza. Il filosofo dice che i suoi contemporanei sono delle enciclopedie ambulanti, cioè pieni di nozioni non assimilate, che rumoreggiano dentro di loro come pietre, e questa ritengono cultura! La vera cultura consiste nell'essere creativi in tutte le manifestazioni della vita. L'ipertrofia storiografica causa la "personalità debole", che dà scarsa importanza al reale e aumenta il distacco tra forma e contenuto. L'uomo moderno soffre di una personalità debole, cosicché si abbandona al processo del mondo. La personalità debole non vede e ode cose.che invece il fanciullo ode e vede, poiché ha perduto il suo istinto che poteva aiutare il suo intelletto. Gli uomini moderni si mascherano da uomini colti, ma non lo sono; sono in realtà come eunuchi (personalità deboli), non hanno personalità libere, sincere verso se stesse e verso gli altri, nella parola e nell'azione. La storia però cancella le personalità deboli poiché viene sopportata solo da quelle forti. Il passato può essere interpretato veramente solo in forza del presente, agendo su di esso. La scienza storica pretende di essere oggettiva, ma l'oggettività che nascerebbe dal disinteresse e dall'indifferenza non è la vera oggettività. Quest'ultima nasce dalla forza artistica. Il vero giudizio storico deve essere una interpretazione del passato. La scienza e quindi la storia come scienza, con la sua sete di conoscenza elimina le illusioni. Essa prende in considerazione il divenire delle cose.emai un ente, un eterno, e cosi si scontra con le forze eternizzanti dell'arte e della religione, togliendo all'uomo il fondamento di tutta la sua sicurezza e la sua pace. Ma non è la scienza che deve dominare la vita, ma il contrario! Nietzsche parla poi della troppa storia che viene somministrata ai giovani, che non sono ancora maturi per comprenderla. In questo modo essi perdono ogni senso di meraviglia e tollerano tutto; vengono sradicati i loro più forti istinti, e cioè l'ardore, l'ostinazione, l'oblio di sé e l'amore. Cosicché si raffredda il loro senso del diritto e si reprime il loro desiderio di maturare lentamente. La reazione alla troppa storia è una intenzionale ottusità oppure, nei giovani più coscienti, la nausea. La storia è un'occupazione da vecchi e con essa si ha una vecchiaia dell'umanità. Lo studio della storia come viene effettuato produce mediocrità. La storiaDi oggi dà importanza alle masse e considera i grandi uomini soltanto come espressioni delle masse. Il nostro considera negativamente le masse in quanto sono copie evanescenti dei grandi uomini, sono un ostacolo ai grandi uomini e, in fine, sono strumenti dei grandi uomini.
L'egoismo dei singoli, dei gruppi e delle masse è in tutti i tempi la leva dei movimenti storici; oggi invece di esserne allarmati, si esalta l'egoismo preparandosi a fondare su di esso la storia futura! Lo Stato stesso difende tutti gli egoismi; l'eccesso di storia a sua volta causa l'egoismo in cui ci si ritira allontanandosi da un orizzonte troppo ampio, poiché si è persa la capacità di dimenticare per agire.
Nietzsche spera ancora nella gioventù, che grazie all'istinto naturale si rende conto della malattia storica e quindi reagisce. Proprio la gioventù conosce gli unguenti contro la malattia storica e cioè "l'antistorico" e il "sovrastorico".
L'antistorico è l'arte di dimenticare; il sovrastorico sono l'arte e la religione che guardano all'eterno. Il filosofo mira a sostituire all'ipertrofia storiografica un trofismo storia-vita, che consiste nel nutrimento che la storia deve fornire alla vita per l'azione. Ogni grande evento è sorto in un'atmosfera non storica, non ci si deve far sedurre dalla storia! Anche i Greci si trovarono nel pericolo di perire a causa della storia e di idee straniere che si erano diffuse tra di loro anche nel campo religioso ma essi grazie al regno di Apollo (conosci te stesso) organizzarono il caos dando importanza ai bisogni veri, non agli apparenti, ampliando il tesoro ereditato dai popoli precedenti. Anche oggi bisogna organizzare il caos concentrandosi sui bisogni veri. La vera cultura, come già per i Greci, è miglioramento del mondo e non deve servire come decorazione della vita come era per i Romani.
Conclusioni
Il bisogno metafisico
presente nella "Nascita della tragedia" viene sostituito nella seconda considerazione inattuale da un'ottica della vita individuale diretta filiazione dell'istanza "apollinea". La critica della cultura storica è ispirata all'ideologia wageriana e anche a Schopenhauer.
Da: http://www.swif.uniba.it/lei/personali/pievatolo/platone/niet.htm
L'utilità e il danno della storia per la vita Nietzsche, la cui prima professione non fu quella di filosofo, bensì quella di filologo classico, si occupò del problema nella seconda delle sue cinque Considerazioni Inattuali, il cui titolo è Sull'utilità e il danno della storia per la vita.
"D'altronde detesto tutto ciò che m'istruisce soltanto, senza ampliare ed accrescere immediatamente la mia attività" (Goethe)
Nietzsche, ispirandosi a questa frase di Goethe, contrappone in modo netto la storia alla vita, e, in generale, la teoria alla prassi.
Il problema del rapporto fra storia e vita, fra teoria e prassi, si pone proprio perché Nietzsche assume che la vita non sia storica e che la prassi sia al di qua della teoria. E perciò deve chiedersi: "a che cosa serve la storia?" Ma una opposizione così netta potrebbe tollerare anche la questione opposta, quella dell'utilità e del danno della vita per la storia: "che senso ha la vita?" Nietzsche prende partito per la vita, e dunque si propone di servire la storia nei limiti in cui serve alla vita. Tuttavia, mentre l'animale vive solo nel presente, l'uomo ha la consapevolezza dello scorrere del tempo. L'uomo si sente temporaneo e provvisorio. "Chi non sa sedersi sulla soglia dell'attimo, dimenticando tutto il passato, chi non sa stare ritto su un punto senza vertigini e paura come una dea della vittoria non saprà mai cos'è la felicità, e peggio ancora non farà mai qualcosa che rende.felici gli altri. "Se la felicità è uno stato di pienezza, è qualcosa che si può godere e perseguire per altri solo se siamo in grado di percepire questo stato: ma non si può pro"