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AL DI LÀ DEL BENE E DEL MALE
Scritto a Sils-Maria, a Nizza, nel 1885-86, l'Al di là fu stampato dal Naumann di Lipsia nel 1886. I 296 aforismi che lo compongono si aggruppano vastamente in 9 capitoli: I pregiudizi dei filosofi; Lo spirito libero; Lo spirito religioso; Massime e intermezzi; Storia naturale della morale; Noi altri sapienti; Le nostre virtù; Popoli e Patrie; Che cosa è nobile. Sono essi la glorificazione, come ogni opera nietzscheana, come lo Zarathustra specialmente, della vita quale istinto, interesse, volontà, energia. Al di là del Bene e del Male, si afferma la vita che opera per amore, ed è il nucleo per sé stesso della morale. Il libro, europeista e spirito-liberista, si scaglia nel suo prologo contro il platonismo creatore dello spirito e del bene in sé, contro il dommatismo serio e balordo incapace di conquistare la verità che è femmina...; e, di scatto, nel suo primo capitolo Nietzsche
che la verità dei metafisici si fonda su una credenza. Non c'è divinità occulta per Nietzsche, ma attività istintiva. Ecco la biologia nascondersi dietro la logica. Nietzsche vuole che un giudizio, vero o falso non conta, valga se accelera e conserva la vita, mantiene e sviluppa la specie. La menzogna è condizione vitale. Kant è un Tartufo, Spinoza è un ciarlatano. I filosofi che vantano più la sottile freddezza razionalistica sono i crociati di un desiderio. L'acredine umoristica nietzscheana contro gli scienziati fa abbrividire, mentre dei filosofi Nietzsche dice, quasi senza avvedersene, che ogni istinto brama il dominio; così aspira a filosofare... Nulla di impersonale in un filosofo. La filosofia è istinto tirannico che crea il mondo a propria immagine, è la più intellettuale volontà di potenza: I veri filosofi sono coloro che comandano e legiferano: essi affermano."così deve essere!", essi determinano in primo luogo il "dove" e "a che scopo" degli uomini e così facendo dispongono del lavoro preparatorio di tutti gli operai della filosofia, di tutti i soggiogatori del passato — essi protendono verso l'avvenire la loro mano creatrice e tutto quanto è ed è stato diventa per essi mezzo, strumento, martello. Il loro "conoscere" è creare, il loro creare è una legislazione, la loro volontà di verità è volontà di potenza. — Esistono oggi tali filosofi? Sono già esistiti tali filosofi? Non devono forse esistere tali filosofi? . Al positivismo che si destreggia nel suo baraccone di fiera, agitando gli stracci più variopinti, Nietzsche contrappone lo scetticismo antirealista di ricercatori minuziosi della conoscenza: importa a Nietzsche l'andarsene. Ecco tutto. Contro i giudizi sintetici a priori kantiani e
contro l'atomismo delle anime sferra Nietzsche i suoi attacchi. Egli è un violento del moto: nega alla fisiologia, dominata dall'"essere" di Spinoza, che l'istinto di conservazione sia il fondamentale. La vita è, ripete Egli con sempre maggiore intuizione di autoverità, anzitutto, volontà di potenza. Certo i darwinisti e antifinalisti contemporanei aveano ben da opporsi a simili audacie nietzscheane: la teoria della forza minima e, aggiunge il polemista ardente, della stupidità massima, sono le teorie fisiche in voga. Gli organi di senso non sono fenomeni, in senso idealistico. Nietzsche si dichiara avversario delle certezze immediate: l'io penso, l'io voglio, non hanno diritto di cittadinanza nel regno di questo autosaggiatore ispirato. Il venerabile io è spolverato con sparutezza compunta da Nietzsche e ridotto a galante e sopportabile più che quisquilia. Nella volontà, in cui si drappeggia unpregiudizio popolare, Egli intuisce una molteplicitàdi sensazioni da scomporsi: sensazione del punto di partenza della volontà, del punto d'arrivo, del va e vieni,e, anche, sensazione muscolare. Subentra la riflessione: in ogni atto volitivo v'è un pensiero che lo dirige. È,in fine, e piú c'importa, esso atto una tendenza al comando. Un volontario comanda qualcosa a sé stesso.Nietzsche analizza acutamente il sentimento complesso di piacere prodotto dal trionfo sugli ostacoli: è ilrallegramento del sovrano per l'eroismo del proprio popolo. Io significa effetto. Numerose anime locostituiscono. La morale, dunque, è, per Nietzsche, la dottrina dei rapporti di potenza sotto i quali ilfenomeno vita si svolge. Nietzsche indaga la ragione di parentela filosofica nella parentela linguisticadegl'indiani, dei greci, dei germani. Anche qui un lampo di genio per una scienza futura. La volontà fortenella vita
reale vince la volontà debole. Il determinismo è mitologia. Non esiste né causa, né successione, né finalità, né legge, né numero, né libertà, né scopo. Tutto è volontà di potenza. La psicologia, la scienza dei solitari e dei poeti, la scienza delle scienze, è studiata da Nietzsche come morfologia e come dottrina dell'evoluzione nella terribile e nuda volontà di potenza. Ma la tartuferia morale grida allo scandalo. Nel secondo capitolo dell'Al di là, Nietzsche raccomanda ai filosofi "cavalieri dalla triste figura" della verità, di essere prudenti, in nome dell'innocenza e della "neutralità sottile", e di non istrioneggiare il martirio. Il sacrificio alla Bruno o alla Spinoza è da commediante. Rifuggirsi in leggera e vibrante solitudine è necessario. D'altronde, l'indignazione induce alla menzogna. L'uomosuperiore deve, invece, aprir l'orecchio dell'anima a tutte le lascive facezie dei satiri, a tutte le sfumature volgari dei cinici. Certo è privilegio di pochi simili forza temeraria che moltiplica all'infinito i rischi della vita. Questa lode può sperarsene? Nessuna: il grande e il raro - ha nome di follia. Lo spirito nobile, lungi dal sì e dal no, espressione del gusto peggiore, quello dell'assoluto, anela alle nuances che sono le caratteristiche dei sommi artisti, è incline al dubbio che insorge contro la giovinezza dell'entusiasmo, contro l'astrologia e l'alchimia moralistiche, per inebriarsi del carattere erroneo del mondo. Quale contraddizione essenziale tra il vero e il falso? Si tratta di prospettiva, di gioco di ombre, di valori illusori. Nietzsche aggiunge che non conviene nell'apparenza o nella rappresentazione di un Berkeley o di uno Schopenhauer. La realtà degli istinti proclamata da Nietzsche è, sappiamo,
lo sviluppo e la differenziazione d'una sola forma fondamentale di volontà, la volontà di potenza. Certo la dottrina nietzscheana è di forte impatto per chi argomenta sulla virtù e sulla felicità. Ma Stendhal scrive che per essere buon filosofo bisogna essere secco, chiaro, preciso, che bisogna essere buon banchiere. Non dimentichiamo poi che le cose profonde amano la maschera. I destini e le crisi degli spiriti rari e delicati eleggono vie discrete e segrete dove la stessa sottile confidenza dal passo leggero non può indugiarsi a cogliere fiori. Ecco rivelarsi il senso nietzscheano della solitudine filosofica: nel tormentoso saggio che lo spirito libero fa su sé stesso, scrive pascalianamente l'autore di Zarathustra, le persone più care sono da allontanarsi, con la pietà, la scienza, la patria. E bisogna anche, scrive nietzscheanamente Nietzsche, non restare legato alle nostre virtù. S'illumina, vedete, nellacreazione critica di questo periodo, la visione lirico-umoristica del profeta del fuoco. Il furore di Nietzsche sa anche carezzare qui: passano brividi sempre in quella eroica anima gentile. Lo spasimo di Nietzsche si acuisce nell'esaltazione della durezza, della violenza, della schiavitù, del pericolo, dell'artificio, di tutto ciò che nell'uomo è belluino e serpentesco. Nel terzo capitolo, "Lo spirito religioso", si pone il problema della fede quale è propria dei primi cristiani e di Pascal. In Pascal è suicidio della ragione. La fede cristiana è, originariamente, un sacrificio, nel senso di insulto a sé stesso, mutilazione di sé. La nobile luce di tolleranza di Roma antica esige la nuova espressione di assoluto, di tirannico, senza lieve ombra di scetticismo. La voluttà esuberante di penitenza, negazione del mondo, annientamento del volere, è sintomo di nevrosi religiosa. Nel santo, Nietzsche vede ladella sua intelligenza per comprendere e apprezzare la complessità dei contrasti morali e delle passioni umane. Nietzsche riconosce che la passione per Dio può manifestarsi in modi diversi, come la timida e ardente de La Guyon o l'aspra e irta di Sant'Agostino. Tuttavia, fa notare che la Chiesa ha canonizzato anche donne isteriche, suggerendo una crisi sessuale nel contesto religioso. Nel discutere della santità, Nietzsche afferma che solo la volontà di potenza ha spinto uomini potentissimi a sottomettersi al santo, considerato come un enigma di dominio su se stesso e di privazione volontaria. La sua morale, però, non comporta una negazione simile. Il genio di Nietzsche risiede nell'impeto affermativo, nell'eternità di ciò che è stato e è, nella grandezza grandiosa dello spettacolo della lotta universale. Tuttavia, in lui l'istinto tragico non esclude un sorriso indulgente e profondo per la necessaria superficialità degli uomini. Il filosofo che abbraccia lo sviluppo completo dell'umanità nella sua coscienza può comunque servirsi della sua intelligenza per comprendere e apprezzare la complessità dei contrasti morali e delle passioni umane.Delle religioni per la sua opera di educazione. Innegabilmente, il bouddhismo e il cristianesimo hanno insegnato ai minimi a elevarsi all'apparenza d'un ordine superiore e a restare soddisfatti della grama realtà. Ma guai a chi fa fini a sé stesse delle religioni! Queste pur nobili manifestazioni elevano a canone di vita la sofferenza e considerano la vita come una malattia. Così trionfa la sparuta miseria degli odierni europei. Entriamo ora più nel dettaglio. Va subito detto che "Al di là del bene e del male" è anzitutto una sfida al cervello del lettore: tutti, anche senza saperlo, si sentono provocati. Il filosofo, che sente di non essersi ancora pienamente realizzato come tale, vuole affermarsi anche sul terreno teoretico, mira a legiferare sui principi dell'esistenza. Nietzsche intrappola il lettore con una domanda: "Che cos'è aristocratico?". E per contro "Che cos'è volgare?".
Insiste sul tema della maschera. Esaminando l'agire degli aristocratici, si scopre che esso esprime prima di ogni altra cosa il loro istinto del distacco, e lo manifesta con una molteplicità di maschere, che vengono fraintese dai volgari come gli unici, veri volti. I libri, le opere, le filosofie - se dietro c'è un aristocratico - sono soltanto