Confondimento e interazione
Buona parte dell’epidemiologia serve per identificare determinanti di malattia che al variare
• della frequenza condizionano la frequenza della malattia nella popolazione in studio. Questi
determinanti possono aumentare la frequenza di malattia (fattori di rischio) oppure diminuirla
(fattori protettivi). Il lavoro dell’epidemiologo, tuttavia, consiste nell’esaminare se altri fattori
mascherano i risultati ottenuti, ovvero nell’escludere che alcune circostanze facciano
erroneamente concludere che esiste o non esiste una associazione tra un determinato fattore e
una malattia. Abbiamo anche visto che è possibile quantificare l’associazione tra un fattore e la
malattia attraverso misure come l’odds ratio o il rischio relativo. In presenza del fenomeno del
confondimento può accadere che una determinata associazione tra un fattore e la malattia non
venga riconosciuta, venga erroneamente dimostrata, oppure la forza dell’associazione sia
erroneamente stimata. Attraverso alcuni approcci che descriveremo in questo modulo, quindi,
si cerca di “ripulire” i risultati dello studio dagli effetti del confondimento.
In medicina siamo abituati a considerare molte malattie come causate da un insieme di fattori.
• È verosimile che spesso più fattori agiscano insieme in una catena causale per produrre gli
effetti della malattia. In alcuni casi è possibile che la presenza contemporanea di alcuni di essi si
traduca in un effetto che non è la semplice somma dei fattori (sinergismo o antagonismo). In
altre parole, invece di trovarci di fronte a determinanti di malattia indipendenti tra loro, essi
possono potenziarsi o interagire negativamente tra loro. In questo caso si parla di interazione.
Un fattore confondente può essere definito come un fattore che è completamente
• estraneo al meccanismo di causa-effetto tra una esposizione e una malattia, ma
che interferisce con l’esame dell’associazione tra causa in studio ed effetto. I
fattori confondenti sono associati contemporaneamente sia all’esposizione che
vogliamo studiare sia all’effetto, cioè alla malattia, e possono distorcere i risultati
degli studi epidemiologici.
Ad esempio, se noi vogliamo studiare la relazione che esiste tra incidenti
• cardiovascolari ed esercizio fisico, dovremo preoccuparci di considerare l’età come
potenziale fattore confondente. Infatti l’età è contemporaneamente legata al
livello di esercizio fisico e all’incidenza di malattie cardiovascolari. Se la
popolazione delle persone che fanno abitualmente esercizio fisico e di quelle che
invece non lo fanno presenterà una diversa distribuzione dell’età dei pazienti,
l’effetto dell’età nella nostra popolazione in studio potrà seriamente
compromettere la validità dei risultati.
Negli studi epidemiologici si analizzano spesso più esposizioni
• contemporaneamente. Per questo sono stati sviluppati metodi complessi per
l’analisi dei dati degli studi epidemiologici. Come vedremo, tuttavia, è possibile
prendere contromisure per correggere l’effetto del confondimento anche prima
che lo studio venga effettuato, modificandone il suo disegno.
Abbiamo già accennato al fatto che un fattore confondente è esso stesso un
• fattore di rischio per la malattia, non è influenzato, tuttavia, né dall’esposizione né
dalla malattia in studio.
Il problema che deriva dall’effetto di potenziali fattori confondenti è legato al fatto
• che essi possono distribuirsi in maniera sbilanciata tra i gruppi in studio che sono
esposti e quelli che non lo sono. Quando questo accade, dato che il fattore
confondente è anch’esso un fattore di rischio per la malattia, il risultato che ne
deriva può essere distorto.
Esiste una relazione tra esercizio fisico e malattie cardiovascolari, e le persone che
• fanno scarsa attività fisica hanno un rischio più elevato di avere un infarto del
miocardio rispetto a quelle che invece fanno spesso attività fisica.
L’età, a sua volta, è correlata sia al livello di attività fisica (chi è giovane fa
• maggiore attività fisica), ma anche al rischio di infarto del miocardio (i giovani
hanno un rischio minore rispetto agli anziani).
Ne deriva che si possa misurare correttamente l’associazione tra esercizio fisico e
• infarto del miocardio solo dopo essersi assicurati che l’effetto dell’età venga
controllato.
L’associazione tra età e infarto del miocardio può comunque essere misurata.
• Da ciò che abbiamo detto, risulta chiaro che, per studiarne l’effetto, è necessario che prima
• che lo studio venga effettuato, siano identificati tutti i potenziali fattori confondenti. In
questo modo, attraverso il disegno dello studio o l’analisi dei dati raccolti, sarà possibile
identificare l’eventuale associazione tra i fattori in studio e la malattia al netto dell’effetto
dei fattori confondenti.
Quando il controllo del confondimento viene eseguito in fase di analisi dei dati, è possibile
• studiare se il confondimento aumenta o diminuisce artificiosamente la forza
dell’associazione tra fattore e malattia in studio.
È inoltre possibile stabilire la dimensione del fenomeno, che talvolta può anche essere
• notevole.
In presenza di uno studio nel quale si ottengano delle misure di associazione marginali tra
• un fattore e una malattia, è sempre lecito sospettare che tale risultato possa essere
condizionato da eventuali variabili confondenti, oppure da altri tipi di distorsione dello
studio. In mancanza di azioni per controllare il confondimento si possono trarre conclusioni
errate dagli studi epidemiologici.
Come fare a identificare potenziali fattori confondenti ?
• Essendo i fattori confondenti essi stessi fattori di rischio per la malattia, è indispensabile
• valutare con attenzione tutto ciò che è noto riguardo il processo patogenetico di una
determinata malattia. In genere, prima della pianificazione di uno studio rivolto
all’identificazione di determinanti di malattia, è buona norma fare una profonda revisione
della bibliografia scientifica disponibile allo scopo di non dimenticare alcun fattore
potenzialmente coinvolto nel processo causa-effetto.
Inoltre, alcune informazioni come quelle riportate nella diapositiva sono variabili
• confondenti per la maggior parte delle malattie che conosciamo.
Raccogliere informazioni durante il nostro studio epidemiologico anche su queste
• caratteristiche, quindi, è indispensabile, non è mai una perdita di tempo, e consente di
interpretare correttamente i risultati di uno studio o di giudicarne la validità.
In fase di analisi dei dati si possono applicare diversi metodi con i quali controllare
• il confondimento, esaminare il peso dell’eventuale variabile confondente come
fattore di rischio ed eliminare il suo effetto sulla lettura dell’associazione tra
determinante di malattia e malattia in studio.
Il fenomeno dell’interazione è invece molto diverso dal confondimento. Un fattore
• che modifica l’effetto di un’altra variabile (effect modifier) deve essere tenuto in
conto in sé nell’analisi dei dati, anche se ignorarlo non significa incorrere in una
distorsione.
Un “modificatore di effetto”, al contrario del confondente, è indipendente sia
• dall’esposizione sia dalla malattia in studio e la sua presenza può modificare in
positivo o in negativo l’effetto di un altro fattore. Come già accennato, quindi, in
presenza del modificatore di effetto e del fattore in studio, l’effetto osservato sulla
frequenza di malattia (la forza di associazione) sarà diverso dalla semplice somma
degli effetti delle singole componenti.
Si può dire che, data una relazione causa-effetto tra un’esposizione e una malattia,
• si osserva una variazione dell’associazione tra esse al variare di una terza variabile:
il modificatore di effetto.
Inoltre, un modificatore di effetto può modificare l’effetto (la malattia) anche in
• senso qualitativo, cioè provocare un altro effetto quando interagisce con un altro
fattore.
Abbiamo anche accennato al fatto che l’interazione, al contrario del
• confondimento, non rappresenta una distorsione dello studio in epidemiologia.
Anzi, un’appropriata descrizione dell’effetto di interazione è necessaria e può
essere utile alla comprensione del meccanismo patogenetico di una malattia.
Si può controllare il confondimento in diverse fasi dello studio.
• Nella diapositiva sono illustrati i metodi più comuni. È necessario ricordare come,
• anche nel caso in cui si decida di controllare il confondimento con metodi per
l’analisi dei dati, è indispensabile pianificare tutte queste azioni prima
dell’esecuzione dello studio epidemiologico.
Inoltre, i metodi che vengono utilizzati per il controllo delle variabili confondenti
• durante l’analisi dei dati, sono anche utili alla valutazione dell’interazione tra
fattori.
Proviamo a esaminare nel dettaglio i metodi qui illustrati.
• In fase di disegno dello studio, il metodo più efficiente è la randomizzazione.
• Questo metodo può essere applicato, ad esempio, quando ci si trovi in presenza di
uno studio prospettico sperimentale e l’esposizione (il trattamento) viene
randomizzato tra gruppi diversi. Il grande vantaggio della randomizzazione è
quello di controllare anche fattori confondenti ignoti se le dimensioni del
campione sono grandi. Infatti, essendo l’esposizione decisa in modo casuale,
proprio per effetto del caso la distribuzione dei fattori confondenti sarà uguale
negli esposti e nei non esposti, mettendo al riparo da eventuali effetti di
confondimento.
Si comprende come questo metodo possa essere applicato solo negli studi
• sperimentali nei quali il ricercatore decide come allocare l’esposizione (ad esempio
il trattamento) nei gruppi.
Nella restrizione, invece, si limita l’esecuzione dello studio a una certa fascia di
• popolazione che ha determinate caratteristiche per un fattore confondente. Se, ad
esempio, il confondente in oggetto è l’età, si può limitare lo studio a una fascia
specifica.
Questo metodo (in genere scarsamente utilizzato) ha alcuni svantaggi: dovendo
• restringere la popolazione candidata alla partecipazione a uno studio, può
compromettere la fattibilità; talvolta, per raggiungere dimensioni del campione
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