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FONDO DEGLI EDIFICI DI CULTO.
Il FEC è un fondo che serve per la manutenzione (solo) degli edifici di culto che sono di proprietà
dello Stato (non di tutti gli edifici di culto stanziati sul nostro territorio).
Invero, lo Stato è proprietario di numerosi edifici di culto, questo a causa della legislazione eversiva
che ha condotto in passato.
Nel FEC rientra anche il “Fondo per il culto” il quale serviva per il supplemento di congrua dei
parroci (sostituito dopo il concordato del 1984 col sistema dell’ 8x1000).
La legge 222 riconosce al FEC personalità giuridica ma NON si tratta di ente ecclesiastico: è un
ente pubblico strumentale, che fa parte dell’ amministrazione dello Stato. dal Ministro dell’
È gestito dallo Stato insieme alla CEI :i componenti del c.d.a. sono nominati
interno ma ci sono 3 membri nominati dalla CEI. Tedeschi non vede di buon occhio la
partecipazione della CEI in quanto si parla dell’ amministrazione di beni di proprietà dello Stato e
invece, l’ ingerenza della CEI ha senso in quanto
quindi la Chiesa non dovrebbe entrarci. Per Balbi,
è vero che gli edifici di culto in questione sono di proprietà dello Stato ma è vero anche che sono
caratterizzati da un particolare fine, quello di culto.
TUTELA DEL PATRIMONIO STORICO E ARTISTICO.
premettere che la “tutela del patrimonio storico e artistico” è una materia mista (= c’è
È bene
interesse sia da parte dello Stato che della Chiesa).
Nel vecchio sistema (anteriore alla Costituzione), si è sempre parlato, con riferimento a tale materia,
di una tutela statica in quanto vi era un interesse dello Stato a che il privato non distruggesse/
danneggiasse / disperdesse il bene).
Successivamente, la nostra Costituzione è intervenuta, sancendo all’ art. 9, co. 2, che la
“Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione”
Repubblica (non è che dica
molto).
Secondo la dottrina prevalente, da tale norma emerge, altre ad una tutela statica, anche una tutela
bene d’ interesse
dinamica, in quanto lo Stato non deve solo impedire la distruzione/dispersione del
storico e artistico, ma deve tendere anche ad una valorizzazione del patrimonio storico ed artistico
per renderne possibile la fruizione.
Con la riforma del Titolo V della Costituzione (l. cost. 3/2001) si è operata una distinzione:
“tutela”
- la del patrimonio storico e artistico viene fatta rientrare nella potestà legislativa esclusiva
dello Stato (art. 117, co 2, lett. s);
la “valorizzazione dei beni culturali”,
- invece, è stata affidata alla legislazione concorrente (art.
117, co. 3).
Nel 2004 è entrato in vigore il Codice Urbani “Codice dei beni culturali e del paesaggio” (d. lgs.
42/2004), il quale, all’ art. 9 prevede che “per i beni culturali di interesse religioso appartenenti ad
enti ed istituzioni della Chiesa cattolica o di altre confessioni religiose, il Ministero e, per
quanto di competenza, le regioni provvedono, relativamente alle esigenze di culto, d'accordo con
rispettive autorità”.
le In sintesi, quindi, le Regioni debbono accordarsi con la Chiesa e le autorità
delle confessioni acattoliche.
Cosa prevede il Concordato dell’ 84 in ordine alla tutela del patrimonio storico e artistico?
Se ne occupa l’ art. 12 (norma che viene poi in pratica ripresa anche nelle intese con le confessioni
acattoliche). Importanti sono i commi 2 e 3 (i quali in pratica evidenziano come tutta la materia
debba necessariamente essere regolata attraverso accordi tra Stato e Chiesa):
“al fine di armonizzare l'applicazione della legge italiana con le esigenze
- Al co. 2 si prevede che di
carattere religioso, gli organi competenti delle due Parti (ossia della Santa Sede e della Repubblica)
concorderanno opportune disposizioni per la salvaguardia, la valorizzazione e il godimento dei beni
ad enti e istituzioni ecclesiastiche” l’ uso dell’
culturali d'interesse religioso appartenenti
espressione “concorderanno” evidenzia che per la valorizzazione del patrimonio ci dovranno essere
degli accordi tra Stato e Chiesa.
“la conservazione e la consultazione degli archivi d'interesse storico e
- Al co. 3 si prevede, poi, che
delle biblioteche dei medesimi enti e istituzioni saranno favorite e agevolate sulla base di intese tra i
competenti organi delle due Parti” le “intese” alle quali si fa qui riferimento sono le intese cd
preconcordatarie (ben diverse dalle intese di cui all’ art. 8 Cost.). In particolare, vi sono state due
intese importanti:
I. Un’ intesa del 1996, in cui sono state definite le reciproche competenze di Stato e regioni.
II. Un’ intesa, approvata con d.p.r. 189/2000, che si occupa più nel dettaglio della disciplina
degli archivi e delle biblioteche.
Questa, all’ art. 1, identifica gli archivi che effettivamente debbano ritenersi d’ interesse
“archivi appartenenti
storico con gli a enti e istituzioni ecclesiastiche in cui siano conservati
documenti di data anteriore agli ultimi 70 anni, nonche' (= a prescindere dall’ aspetto
temporale) gli archivi appartenenti ai medesimi enti e istituzioni dichiarati di notevole
ai sensi della normativa civile vigente”.
interesse storico
In tale intesa evidentemente lo Stato chiede la fruibilità di archivi e biblioteche (ossia la loro
apertura al pubblico) e la Chiesa, in cambio, ottiene di poter incassare denaro da destinare
alla conservazione degli stessi.
NB: quest’ intesa è stata superata da un’ altra intesa del 2005 (resasi necessaria a seguito
della modifica del Titolo V della Costituzione); tuttavia, non sono state apportate grandi
modifiche: l’ unica novità è che si è dato rilevanza anche alla sicurezza degli archivi e delle
biblioteche.
LA CONDIZIONE GIURIDICA DEGLI ECCLESIASTICI:
Spesso il legislatore fa riferimento al “ministro di culto”.
Ma cosa si deve intendere per “ministro di culto”?
In generale si definisce ministro di culto “colui che svolge particolari funzioni nell’ ambito di una
confessione religiosa”; tuttavia è evidente come questa definizione sia una formula vuota, che si
carica di contenuto diverso di volta in volta. In particolare:
quanto riguarda i ministri della Chiesa cattolica, facciamo riferimento all’ art. 2 del
- Per “la libertà di organizzazione, di pubblico esercizio del
Concordato, il quale riconosce alla Chiesa
culto, di esercizio del magistero e del ministero spirituale”. Ciò significa che la qualifica di ministro
del culto attribuita ad un certo soggetto dall’ ordinamento canonico, ha rilevanza anche nel nostro
ordinamento.
- Per le confessioni che hanno stipulato intese con lo Stato vi sono esplicite norme che in sostanza
prevedono lo stesso sistema(rilevanza della qualifica attribuita dalla singola confessione).
- Un vero e proprio problema sorge, invece, per le confessioni che non hanno stipulato intese con lo
dovrà procedere all’ approvazione della
Stato. Secondo la dottrina prevalente, in questi casi lo Stato
nomina dei ministri di culto. Si tratta di un’ attività discrezionale in cui lo Stato dovrà verificare l’
attività che tali soggetti svolgono in concreto e dovrà utilizzare come criteri quelli che abbiamo già
l’ approvazione della nomina del ministro di culto nel matrimonio acattolico.
visto per
Cosa prevede la legge con riferimento ai ministri di culto?
Innanzitutto, sono previste alcune incompatibilità (es: l’ ecclesiastico non può svolgere la
professione di notaio, avvocato, magistrato) e cause di ineleggibilità (a sindaco/ deputato/senatore).
E’ bene ricordare che nel nuovo Concordato (del 1984) non è più presente il vecchio art. 5 il quale
sanciva che nessun ecclesiastico potesse essere assunto o rimanere in servizio senza il nulla osta del
diocesano (in base a tale norma Bonaiuti perse la cattedra: egli infatti, venne scomunicato per
essersi rifiutato di prestare giuramento al fascismo; per cui, una volta cessato il fascismo, non poté
riottenere il posto in quanto la scomunica equivale ad assenza di nulla osta).
Detto questo possiamo sottolineare che:
Il Concordato, con riferimento ai ministri di culto prevede:
all’ art. 4, che:
- a) i sacerdoti, i diaconi ed i religiosi possono chiedere di essere esonerati dal servizio militare.
b) gli studenti di teologia, quelli degli ultimi due anni di propedeutica alla teologia ed i novizi
degli istituti di vita consacrata e delle società di vita apostolica possono usufruire degli stessi
rinvii dal servizio militare accordati agli studenti delle università italiane.
c) Gli ecclesiastici non sono tenuti a dare a magistrati o ad altra autorità informazioni su
persone o materie di cui siano venuti a conoscenza per ragione del loro ministero (co 4). In
pratica si afferma che tutto ciò che si è appreso nella veste di ministro di culto può essere
non svelato al giudice; non si deve però confondere ciò col segreto confessionale, il quale
vale solo nell’ ambito della confessione (l’ art. 4 invece fa riferimento a tutto ciò che il
ministro ha appreso in ragione del suo ufficio).
Si tratta di una norma che va vista in connessione all’ art. 200 c.p.p. (segreto professionale)
il quale prevede che “i ministri di confessioni religiose, i cui statuti non contrastino con l’
non possono essere obbligati a deporre su quanto hanno
ordinamento giuridico italiano”
conosciuto in ragione del proprio ministero.Secondo Balbi le due norme hanno uguale
e critica l’ art 200 quando afferma “i cui statuti non contrastino con l’
contenuto
ordinamento giuridico italiano” perché attribuisce eccessiva discrezionalità ai giudici nel
valutare se questo contrasti vi sia o no.
all’ art. 2 del Protocollo addizionale, che l'autorità giudiziaria
- italiana deve dare comunicazione
all'autorità ecclesiastica competente per territorio dei procedimenti penali promossi a carico di
ecclesiastici. prevede, all’ art. 609 che “Quando il testatore non può valersi delle forme
Il Codice Civile
ordinarie, perché si trova in luogo dove domina una malattia reputata contagiosa, o per causa di
pubblica calamità o d’infortunio, il testamento è valido se ricevuto da… un ministro di culto, in
presenza di due testimoni di età non inferiore a sedici anni”: in pratica, dunque, il ministro di culto
può, in casi eccezionali, validamente ricevere testamenti.
Il Codice Penale, poi, prevede che