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EMOSTASI
Il sangue scorre nel vaso in maniera liquida e potenzialmente può andare in contro a coagulazione.
Occorre quindi che vi siano delle situazione e meccanismi tali da non consentire la coagulazione
intravasale, la quale può portare alla formazione di trombi e altre problematiche gravi.
Ci sono meccanismi che si oppongono a questo, ma bisogna anche salvaguardare il potere
coagulante, poiché può essere utile. Perciò esiste un equilibrio tra coagulazione e incoagulazione,
così il sangue scorre in maniera liquida e nello stesso tempo si può avere emostasi.
Tempo di emorragia: è il tempo che il sangue impiega a non uscire più dal vaso. Viene valutato in
un soggetto usando delle lancette, con le quali si provoca una piccola lesione nell’orecchio, nel
lobo o nel polpastrello di un dito. Dopo di chè si conta quanto tempo il sangue impiega a non
uscire. In un soggetto sano il tempo di emorragia è di circa 2min.
Un problema per la coagulazione ne rappresenta una carenza di piastrine. Anche il fattore
antiemofilico rappresenta un fattore molto importante, in quando la sua assenza aumenta il
tempo di coagulazione. Il tempo di coagulazione non è sempre lo stesso, è diverso tra sangue
arterioso, venoso o capillare.
Ci sono delle componenti che hanno il compito di emostasi, quali cellule endoteliali, collagene, il
fattore di Willembrant, ma anche Ig, prostaglandine, cd39, i trombociti e le piastrine.
Le piastrine rappresentano la parte corpuscolata impllicata nell’emostasi.
Il primo intervento nell’emostasi è arrestare l’emorragia e poi avviene la riparazionene. Per non
far uscire il sangue, bisogna mettere un tappo, rappresentato dalle piastrine che formano un
trombo bianco, cioè la prima barriera che evita la fuoriuscita di sangue.
Una volta che si è formato il tappo piastrinico, avviene la coagulazione del sangue, che avviene per
trasformazione del trombo bianco in trombo rosso. In questa trasformazione si forma la fibrina
partendo dal fibrinogeno, che ingloba le cellule del sangue.
La trasformazione da fibrinogeno a fibrina è permessa da un enzima la trombina. La trombina si
trova in una fase inattiva la protrombina.
Molto importante è quindi la formazione dell’aggregazione piastrinica. Se si hanno poche
piastrine, meno piastrine aderiscono alla parete e meno piastrine si aggregano, generando un
trombo debole che sfavorisce l’emostasi.
Per emostasi si intende la capacità di impedire o arrestare il sanguinamento. Ogni qualvolta un
vaso sanguigno viene leso o reciso. L’emostasi viene messa in atto per mezzo di alcuni meccanismi:
Fase vascolare
• Non appena un vaso sanguigno viene reciso os i rompe, per lo stimolo rapresentato
o dal trauma vascolare, la sua parete si contrae riducendo così immediatamente il
flusso e la fuoriuscita di sangue. Lo spasmo è dovuto per gran parte a
vasocostrizione miogena locale direttamente scatenata dalla lesione subita dalla
parete vascolare. Per i vasi più piccoli, le piastrine sono responsabili di gran parte
della vasocostrizione liberando la ostanza vasocostrittrice trombossano A2.
Fase piastrinica
• Se la lacerazione nella parete del vaso è molto piccola, spesos essa viene tamponata
o da un tappo piastrinico, piuttosto che da un coagulo sanguigno. A contatto di una
superficie vasale danneggiata, e in particolare delle fibre collagene della parete
vascolare, le piastrine modificano la loro morfologia, presentano dei prolungamenti
che servono per legarsi fortemente tra di loro formando un aggregato solido. Le
piastrine posseggono sulla loro superficie delle proteine di adesione, come il fattore
di Won Willembrond, che stabilizza l’adesione tra piastrine. Le cellule endoteliali del
vaso, contigue alla lesione, liberano delle prostacicline che prevengono l’adesione
piastrinica nella zona sana.
Si ha la formazione di un trombo bianco. Le piastrine si aggregano. La fase di
o aggregazione piastrinica è sostenuta da un ensima la fosfolipasi C. tale enzima
attivano le piastrine a Secernone ADP e trombossano A2 che favoriscono la
formazione di un tappo piastrinico. È un tappo poco compatto ma che tuttavia
riesce di solito a bloccare una perdita di sangue. Successivamente intervengono
altri fattori che rendono il tappo molto più forte e consistente, si formano filamenti
di fibrina.
o
Fase coagulativa
• Questa fase interviene sulla trasformazione del fibrinogeno in fibrina. È un
o attivazione a cascata di una serie di proteasi enzimatiche che vengono definiti
fattori della coagulazione (13+2). Questa fase consiste nella formazione di un
coagulo sanguigno. Se il trauma della parete vascolare è di grave entità, il coagulo si
comincia a formare in 15-20secondi, mentre ci vorranno 1-2 minuti, per traumi di
minore entità. Entro 3-6minuti dalla rottura di un vaso, se l’apertura non è troppo
ampia, la sua lacerazione o estremità recisa, viene riempita per intero dal coagulo.
Dai 20min a 1h dopo, il coagolo si retrae determinando un ulteriore restringimento
del lume vascolare.
Fase fibrinolitica
• Una volta formato il coagulo, questo può andare incontro a una lisi completa o può
o essere invaso da fibroblasti, che successivamente formano un tessuto connettivo
che si estende attraverso tutto il coagulo. Il destino di un coagulo che vada ad
occludere una piccola apertura di una parete vasale, è l’invasione da parte dei
fibroblasti promossa in parte dal fattore di crescita secreto dalle piastrine. Il
fenomeno inizia entro poche ore dalla formazione del coagulo fino alla completa
organizzazione tel tessuto fibroso nel giro di circa 1-2 settimane
Schema di Paul Morawitz
Protrombina, enzima inattivo, ma in presenza di ioni Ca si attiva.
Quindi tutte le sostanze che tolgono lo ione Ca, icoè lo chelano, sono definite sostanze anti
coagulanti.
Altro esempio ne sono i monomeri di fibrina che in presenza di ioni Ca sono tra di loro legati in
legami elettrici più deboli dei covalenti, interviene un altro fattore, ilf attore 13 della coagulazione,
che è il fattore stabilizzante della fibrina e trasforma i legami elettrici in legami covalenti e rende i
filamenti di fibrina molto più solidi e compatti.
Tale processo permette la formazione di un tappo definitivo, il trombo rosso.
MECCANISMO DELLA COAGULAZIONE DEL SANGUE
I. Fibrinogeno Proteina solubile
II. Protrombina Precursore trombina
III. Fattore Tessutale Attiva sistema estrinseco
IV. Ca++ Attiva quasi tutti i fattori della coagulazione
V. Proacceerina Attiva la protrombina
VI. ---
VII. SPCA- accelleratore sierico della Attiva fattore X
conversione della protrombina
VIII. Fattore di Von Willembrand Fattore antiemofilico A – attiva fattore X
IX. Fattore antiemofilico B Attiva fattore X
X. Fattore di Stuart Attiva la protrombina
XI. Fattore precursore plasmatico della Attiva fattore IX
tromboplastina (PTA) fattore
antiemofilico C
XII. Fattore di contatto di Hageman Attiva fattore IX
XIII. Fattore stabilizzante la Fibrina Stabilizza la fibrina
Nel sangue e nei tessuti sono state trovate più di 50 sostanze capaci di influenzare la coagulazione
del sangue. Alcune la promuovono e sono dette procoagulanti, altri la inibiscono, anticoagulanti.
Che il sangue coaguli o meno dipende dall’equilibrio di queste due sostanze. Normalmente il
sangue non coagula dentro i vasi per la prevalenza degli anticoagulanti, ma ove si determino
rottura di un vaso sanguigno l’attività dei procoagulanti nella sede della lesione aumenta in misura
tale da portare alla formazione di un coagulo.
Tantissimi fattori, in fase di produzione, sono Vitamina K dipendenti. Se mancasse la vitamina k
non si produrrbbero alcuni fatto chiave. In questo caso si avrebbe una maggiore tendenza al
sanguinamento.
La coagulazione è una reazione a cascata irreversibile. È chiamata infatti reazione enzimatica a
cascata dove tutti i fattori sono essenziali per il proseguo della reazione stessa.
Attivazione della protrombina- via intrinseca e via estrinseca
L’attivatore della protrombina si forma attraverso due vie fondamentali che interagiscono
costantemente l’una con l’altra: la via intrinseca e la via estrinseca, che convergono verso uno
stesso fattore, fattore X di Stuart, che in presenza di Ca++ attiva la trombina.
In entrambe queste vie esplicano le funzioni di principale rilievo una serie di proteine plasmatiche,
che prendono il nome di fattori della coagulazione.
I fattori della coagulazione sono la maggior parte nella forma inattiva di enzimi proteolitici.
Quando vengono convertiti nella forma attiva, promuovono la successione di reazioni del processo
di coagulazione.
Via estrinseca (fattori III, VII, V, X) – origina dal trauma della parete vasale o dei tessuti
circosctanti
Il fattore III (fattore tessutale o tromboplastina tessutale) attiva la via estrinseca. Il fattore III è
liberato dal tessuto traumatizzato. Questo fattore contiene fosfolipidi e un complesso lipoproteico
contente un enzima proteolitico.
-il complesso lipoproteico del fattore III si unisce al fattore VII della coagulazione e in presenza di
ioni Ca++ attivano il Fattore X della coagualazione.
-il fattore X attivo si unisce immediatamente coi fosfolipidi dispoinibili che fanno parte della
tromboplastina tessutale o che vengono liberati dalle piastrine, con il fattore V, formando il un
complesso denominato attivatore protrombinico. Già prima il fattore V è inattivo ma una volta
che ha inizio la coagulazione e comincia a venire formata la trombina attiva il fattore V. la
trombina quindi si comporta da acceleratore dell’attivazione della protrombina.
Il fattore X, fattore di Stuart, è la proteasi che provoca effettivamente la scissione della
protrombina in trombina, il fattore V attivato accelera notevolmente questa attività proteasica ed i
fosfolipidi agiscono come veicolo che accelera ulteriormente il processo. La trombina si comporta
come un feedback positivo che agisce attraverso il fattore V.
Via intrinseca - inizia nel sangue stesso (fattori III,XI, IX,VIII)
Ha inizio con un trauma sul sangue stesso co con l’esposizione del sangue al collageno di una
parete vasale che stimola il fattore XII della coagulazione (fattore di Hageman).
1. Il trauma sul sangue altera le piastrine che liberano fosfolipidi tra cui la lipoproteina
chiamata fattore piastrinico III.
2. Il fattore XII attivato agisce enzimaticamente sul fattore XI che lo attiva. Questa reazione
richiede anche chininogeno ad alto peso molecolare (HMW).
3. Il fattore XI attivato agisce successivamente con un meccanismo ensimatico sul fattore IX,
che viene attivato.
4. Il fattore IX attivato, agendo con il fattore VIII, con fosfolipidi e con il fattore III liberato
dalle piastrine traumatizzate, attiva il fattore