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Anemia da carenza di glucosio-6-fosfato deidrogenasi
comporta un’alterazione nelle vie che producono globuli rossi,
La carenza di questo enzima
sensibili all’emolisi. Questo enzima si trova sul cromosoma X: ciò significa che
rendendoli
possiamo trovare condizioni diverse:
1. Se nella donna la malattia è eterozigote e si trova sulla X che va incontro a disattivazione,
allora non presenta malattia (ma è portatrice di anemia); se, invece, la malattia è
omozigote, si presenta la malattia
Nell’uomo,
2. avendo XY, o ha la X malata o no.
La glucosio-6-fosfato deidrogenasi (G6PD) è un enzima che porta alla trasformazione del NADP
in NADPH, fondamentale per la rigenerazione del glutatione ridotto mediante la glutatione
perossidasi. Dal momento che la glutatione perossidasi e la catalasi sono i principali sistemi
enzimatici che difendono il globulo rosso dagli agenti ossidanti, appare chiaro il motivo per
cui l'assenza o la mutazione di questo enzima abbia importanti ripercussioni sulla vita degli
eritrociti.
L’anemia che ne consegue, generalmente, è un’anemia emolitica.
Problematiche emorragiche
L’emostasi è un processo che serve a salvaguardare l’integrità dell’albero vascolare, in modo da
limitare le perdite ematiche.
Alterazioni dell’emostasi possono portare sia a disordini di natura emorragica, sia all’aumento di
eventi trombotici.
Ma quali sono gli elementi che intervengono nelle reazioni dell’emostasi?
1. Parete vascolare
2. Piastrine
3. Il sistema della coagulazione con i rispettivi fattori
Quando si crea un microtrauma, le fasi dell’emostasi sono 2:
Riassunto di Alessandro Gagliani e Mattia Sabatini ® 12
1. Emostasi primaria, in cui interviene la fase del letto vascolare (con contrazione della
parete vascolare)
2. Fase piastrinica
Insieme, queste due fasi costituiscono il cosiddetto trombo primario o piastrinico (anche detto
trombo bianco). Subito dopo, attraverso un meccanismo detto di emostasi secondaria, si viene a
creare l’attivazione della cascata coagulativa, con la formazione del trombo rosso (o fibrinico),
in cui la fibrina lega anche i globuli rossi.
Nell’emopoiesi, è la trombopoietina (sintetizzata dal fegato) che stimola il midollo osseo a
produrre più piastrine (ricordati che queste non sono cellule, ma parti di citoplasma dei
All’interno di ogni piastrina, sono presenti dei granuli, estremamente
megacariociti). importanti
nella regolazione dell’emostasi: abbiamo i granuli alfa e i granuli densi, che contengono fattori
coagulativi, come il fattore di Von Willebrand, il fattore V, il fattore IV, il fattore XIII, ecc.
Quando esiste un danno a livello endoteliale, con l’esposizione del fattore di Von Willebrand, le
piastrine lo riconoscono, si legano, si aggregano con altre piastrine e inducono un’attività di tipo
procoagulante.
Il terzo fattore è il sistema della coagulazione, costituito da una serie di fattori prodotti sia a
livello epatico che piastrinico, che determinano la formazione del tappo fibrinico.
Si riconoscono 2 vie di attivazione del sistema di coagulazione:
che inizia con l’attivazione del fattore XII
1. Via intrinseca,
2. Via estriseca, che inizia con un danno tissutale (nel momento in cui si ha un danno
tissutale, viene esposto un fattore che dà vita alla attivazione del fattore VII, detto proprio
fattore tissutale; questo fattore a volte viene espresso anche dalle cellule tumorali)
Entrambe le vie si esplicano verso la attivazione del fattore X, che non fa altro che determinare la
attivazione di altri fattori della coagulazione (protrombina, trombina, calcio, ecc.) fino alla
formazione di fibrina.
Ma quali sono i test che permettono lo studio della coagulazione?
A seconda di quello che vogliamo studiare, dobbiamo utilizzare test diversi. Se vogliamo, per
esempio, valutare l’emostasi primaria, ossia la produzione del tappo bianco, bisogna valutare la
conta delle piastrine, che si fa attraverso un emocromo. Altro test è, sennò, il tempo di
emorragia, per vedere se le piastrine ci sono e se funzionano.
Per quanto riguarda, invece, lo studio dell’emostasi secondaria, i test usati sono:
che dà un’idea della funzionalità della
1. Tempo di tromboplastina parziale attivato (aPTT),
via intrinseca e della via comune.
E’ molto importante nei pazienti che fanno uso di eparina (che allunga molto il valore
aPTT) o in quelli che hanno la presenza di anticorpi antifosfolipidici (LAC).
Ma l’aPTT varia anche in altri casi: danni epatici, CID, riduzione della sintesi di fattori
della coagulazione della via intrinseca e/o comune.
2. Tempo di protrombina (PT), che ci dà un’idea della funzionalità della via estrinseca e
della via comune; questa via, poiché possiede vari fattori vitamina K-dipendente, può
presentare bruschi cali in caso di patologie epatiche. che dà un’idea della funzionalità
3. Tembo di trombina (TT) e dosaggio del fibrinogeno,
della via comune.
Poi, può essere utile anche il dosaggio dei vari fattori di coagulazione o, in caso, dei vari inibitori
dei fattori coagulativi.
Riassunto di Alessandro Gagliani e Mattia Sabatini ® 13
che garantisce un’espressione
Nelle persone che eseguono Coumadin, viene fatto il test INR,
standardizzato, così da consentire un’immediata
della capacità coagulativa di tipo valutazione
riguardo all’attibità della coagulazione. Tanto più è elevato l’INR, tanta più bassa è la capacità di
coagulazione del soggetto. I pazienti che fanno Coumadin, infatti, devono mantenere
generalmente un valore che si aggira fra 2 e 3 di INR.
Il sistema della coagulazione, teoricamente, è un sistema che si automantiene: esistono, infatti,
dei meccanismi di regolazione. Uno fra questi è rappresentano dalla produzione di plasmina, per
attivazione del plasminogeno, che porta alla degradazione del tappo fibrinico in alcuni frammenti
(D-dimero).
Oltre alla plasmina, esistono dei veri e propri anticoagulanti orali (che inibiscono alcuni fattori
della coagulazione, una volta che questi sono già stati attivati), come:
1. Antitrombina III: interagisce con vari fattori della coagulazione, formando complessi
inattivi
2. Proteina C: inattiva i fattori V e VIIIa
3. Proteina S: potenzia la capacità della proteina C
Quando viene richiesto un test della coagulazione, bisogna considerare che esistono delle fasi
che possono alterare i risultati del test stesso, come:
se c’è un continuo sollecito del vaso, può esserci un danno
1. Momento del prelievo:
parietale, con conseguente alterazione dei valori relativi dell’emostasi
2. Raccolta del campione di sangue: le provette indicate per lo studio della coagulazione
sono quelle contenenti il sodio citrato, un chelante del calcio, che impedisce la
(importante riempire almeno l’80-90%
coagulazione della provetta); inoltre, è
fondamentale mescolare il sodio citrato col sangue venoso, agitando la provetta
gentilmente. è preferibile eseguire l’analisi precocemente subito
3. Conservazione del campione:
l’esecuzione del prelievo
4. Preparazione del plasma
Ma quali dovrebbero essere le tempistiche per i test della coagulazione?
PTT: entro 4 ore
PT: entro 24 ore
Se non è possibile, congelare a:
-20°C fino a due settimane
-70°C fino a 6-8 mesi
La trombosi
Quando il sistema dell’emostasi non funziona, si ha un rischio di fenomeni emorragici. Se,
tuttavia, questo sistema è iperfunzionante, si ha un fenomeno trombotico, in cui si ha
un’inappropriata attivazione del processo emostatico, con la formazione di un coagulo
emostatico (trombo) in un vaso danneggiato.
Quali sono i fenomeni che intervengono nel manifestarsi di un evento trombotico (triade di
Virchoff)?
1. Danno tissutale
Riassunto di Alessandro Gagliani e Mattia Sabatini ® 14
condizione in cui si ha un’alterazione della coagulazione (per esempio,
2. Ipercoagulabilità:
in presenza di una patologia tumorale o in malattie che provocano un aumento della
viscosità ematica)
3. Alterazione del flusso: un rallentamento del flusso ematico aumenta il rischio di evento
trombotico
Fra i disturbi dell’emostasi uno dei più importanti è rappresentato dai disordini delle piastrine:
1. Numerici
Piastrinopenia: conta piastrinica inferiore a 100mila/microlitro; il rischio
emorragico, tuttavia, deriva soprattutto dalla cosiddetta soglia emorragivara,
il quale il rischio di avere un’emorragia
ossia la soglia oltre per quel paziente è
aumentato. A definire questa soglia intervengono, oltre alla quantità di piastrine,
anche altri fattori, come l’utilizzo di anticoagulanti, la presenza di danni
endoteliali, ecc.
Piastrinosi
2. Funzionali (piastrinopatie)
La manifestazione più caratteristica della piastrinopenia è la porpora, ovvero un insieme di
manifestazioni emoraggiche cutanee e di mucose. Poichè in questi casi è alterata la fase primaria
dell’emostasi, il sanguinamento del paziente si risolve con manovre di compressione locale, che
facilitano la formazione di un primo tappo emostatico.
Al contrario, la presenza di un emartro (sanguinamenti a livello articolare) difficilmente
dovrebbe far pensare ad un problema di piastrinopenia.
Altre manifestazioni peculiari possono essere rappresentate da sanguinamenti a più livelli
(ematemesi, emottisi, ematuria, melena, ecc.).
Le piastrinopatie possono essere:
dovute soprattutto all’utilizzo di
1. Acquisite, farmaci (aspirina, FANS, antibiotici, ecc.);
questi inibiscono la COX per sempre; fino a che non si ha un turnover delle piastrine
stesse, queste risultano inibite
2. Congenite
Quando ci troviamo di fronte ad un paziente che, all’emocromo, presenta una piastrinopenia,
bisogna assicurarci che sia realmente così; a volte, infatti, possono esserci situazioni particolari
che provocano errori, come in caso di:
Prelievo errato
Agglutinazione piastrinica dovuta alla presenza dell’EDTA (è un fenomeno paziente-
specifico; alcuni pazienti e basta presentano questo fenomeno)
Crioagglutinine: degli anticorpi che agiscono solo in situazioni di freddo e che stimolano
la precipitazione delle piastrine (bisogna fare, in questo caso, un prelievo a caldo)
Satellitismo piastrinico: si vengono a formare degli aggregati fra piastrine e globuli
ci dice che c’è una riduzione della conta
bianchi; la macchina non legge queste piastrine e
piastrinica
Se, invece, non ci sono stati problemi in fase pre-analitica, allora bisogna definire la causa di
piastrinopenia. Le princip