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Considerazioni sull'equazione dei coefficienti di attività
Considerando solo questo lavoro e togliendo tutti i termini standard è possibile riscrivere l'equazione solo in termini di lavoro: = ∙ (valido per specie 1:1)
Sperimentalmente risultano inaccessibili i valori dei singoli coefficienti di attività, mentre risulta determinabile il loro prodotto. Tale prodotto viene dunque uguagliato (nel caso di elettrolita binario simmetrico) al quadrato di quello che viene definito come coefficienti di attività ionico medio ±o, per un elettrolita binario non simmetrico e che tiene conto dei coefficienti stechiometrici ν:
= +± +
In questo caso si ha una specie che si dissocia in ν ioni M e in ν ioni X. Nell'esempio Na SO : ν = 2 e ν = 1. Il coefficiente di attività ionico medio è l'unico che si è in grado di misurare.
Se la molalità tende a 0 (diluizione infinita) anche i coefficienti di attività tenderanno a 1 e significa che...
si è nelle condizioni ideali, perché si sta parlando del soluto. esempio quaderno
Il coefficiente di attività ionico medio può essere ricavato sperimentalmente: si possono misurare proprietà legate all'elettrolitica e proprietà legate al solvente mediante metodi diretti e indiretti.
Il coefficiente di attività come è legato alla concentrazione?
Il concetto di forza ionica è stato introdotto da Lewis e Randall nel 1921 e avevano visto che per un certo elettrolita il coefficiente più o meno era lo stesso, mantenendo la stessa forza ionica a meno di una costante: γ = ∙ ( )±
Avevano notato che per concentrazioni particolarmente basse il γ → 1 perché si è in condizioni di idealità (diluizione infinita). Inoltre, a seconda dell'aumento della molalità ci sono delle variazioni nell'andamento dei coefficienti di attività. In ogni caso γ può avere anche valori
superiori a 1.In un sistema ideale non ci sono interazioni, in un sistema reale ci sono interazioni ione-ione, quindi se si passa da un sistema ideale ad uno reale si avrà un lavoro di interazione tra ioni (variazione di potenziale chimico): il ΔG è la variazione di energia libera per I-I andare da una ipotetica soluzione elettrolitica in cui le interazioni ione-ione non operano ad una soluzione reale in cui tali interazioni sono presenti; da ioni scarichi si passa a ioni carichi.Per iniziare a capire il processo è bene partire da un concetto di base e considerare che tutti gli ioni sono carichi a parte uno e che quindi sarà l'unico a subire un lavoro per caricarsi; in questo modo quello che si va fare non è un ΔG ma un Δμ perché coinvolge un'unica specie (un unico ione) e quindi sarà un lavoro di carica dello ione di riferimento: Δμ variazione di energia libera molare parziale.∆ = : W è il
lavoro necessario per caricare lo ione di rifermento di raggio r dallo stato di carica zero allo stato finale di carica z e (valenza x carica elettrone) quando preesiste l'atmosfera ionica.
i° = + + : l'ultimo termine col gamma è un termine di energia libera e corrisponde alla variazione del potenziale chimico parziale e quindi al lavoro di carica di quello ione, per cui si può sostituire come: ∆ = = = ∙ ⁄= 4 )
Dove è il potenziale elettrico sullo ione, cioè il lavoro per unità di carica (speso nel muovere una carica in un campo elettrico, dovuto alla sua atmosfera ionica, da un punto a distanza infinita ad un punto a distanza r. Il segno del potenziale è opposto a quello dello ione che si sta considerando e |z e| corrisponde alla carica totale dello ione e cioè alla carica dell'atmosfera ionica (deve avere la stessa carica uguale e contraria allo ione interno).
Con le assunzioni viste finora, Debye e Huckel
calcolarono il potenziale elettrico medio generato su ogni ione dalla presenza di altri ioni nell'atmosfera ionica. (+) = ± ∙ 1+ 1∝, 1( ) ln = - √(- ∙ ( )2 1+ ≫, ≪1 se questo termine >> a significa che la soluzione è molto diluita e in pratica il raggio dell'atmosfera ionica è molto più grande rispetto alla distanza di minimo avvicinamento dello ione. In quest'ultima formula non si è ancora raggiunto la forma empirica ricavata da Lewis-Randal perché il γ è ancora riferito alla specie i-esima e non a quello medio, per cui è necessario andare a sostituire i singoli valori delle specie i-esime: 1 = ∙±) = - (∙ ln = ln + ln Si passa ai logaritmi naturali e 2 1+ ± sostituisco lnγ lnγC+ A- Poiché non è possibile misurare direttamente i coefficienti di attività dei singoli ioni, il risultato finale è espresso in termini dicoefficiente di attività ionica media dell'elettrolita come segue: - | |∙√log ± 1+ √3/2 1/2A è un termine che contiene, al denominatore, (εT) , B contiene al denominatore (εT) e questo termine viene aggiunto quando la soluzione è un po' più concentrata perché tiene conto delle ulteriori interazioni; a è la distanza minima a cui uno ione qualunque può avvicinarsi allo ione centrale e la grandezza I è la forza ∑=ionica. Allora questa formula di Debye-Huckel è in grado di spiegare la formula empirica ricavata in passato da Lewis-Randal ed è quella che mette in relazione il coefficiente di attività ionico medio con la forza ionica, che a sua volta è in correlazione con la concentrazione. -2Il termine al denominatore è trascurabile solo se la forza ionica è inferiore a 10 molare. In questo caso la-1I=10 per cui l'errore risulta del
9% che non è accettabile. Nella legge di limite di Debye-Huckel non c'è alcun riferimento sul tipo di elettrolita da utilizzare in quanto è valida per qualsiasi e è in funzione solo della forza ionica e dalle cariche dei singoli elettroliti (ma non dell'elettrolita stesso). Finchè si rimane a forze ioniche basse le curve sono abbastanza lineari, ma più la forza ionica aumenta più c'è uno scostamento dall'idealità: la legge di Debye-Huckel si può applicare solo per forze ioniche basse; per forze ioniche più elevate bisogna aggiungere il termine al denominatore+(1 ) che è quello che tiene conto anche della natura dell'elettrolita perché il valore a fornisce il raggio √dello ione. Per le soluzioni reali ci sono interazioni a corto raggio tra ione e solvente, interazioni a corto raggio tra ione e ione dove il modello delle sfere rigide non è più adeguato.
Anche se si può effettuare la correzione con il termine al denominatore. Inoltre, secondo Debye-Huckel le molecole di solvente non essendo molecole polarizzabili non consideravano alcun tipo di interazione tra solvente e ione (a parte quella viscosa); in realtà le molecole di solvente sono polarizzate (acqua) e sono in grado di polarizzare anche molecole vicine ed è in grado di interagire con gli ioni e di spostarli dall'influenza dello ione centrale. Allora esiste un altro parametro che si aggiunge all'equazione di Debye-Huckel che è quello che tiene conto delle interazioni a corto raggio e che è proporzionale alla forza ionica (K'I). L'orientazione e aggregazione di molecole di solvente in vicinanza di uno ione è il fattore che causa il cosiddetto "effetto di salting-out", cioè la diminuzione di solubilità frequentemente verificata in presenza di Sali (K' è spesso chiamata costante di salting-out).
L'effetto disalting-out è spesso usato per la precipitazione di proteine: si aggiungono dei Sali per fare in modo che le proteine precipitino. Il valore di K dipende fortemente dal tipo di ioni che si stanno utilizzando in soluzione. Se si ha un non elettrolita (senza carica) il suo coefficiente di attività risulta esprimibile come log = ', allora questo aumenta all'aumentare della forza ionica. Diversi gradi di interazione possibili: Stampare appendici Esercizio quaderno Lezione 5: 1.10.20 CELLE ELETTROCHIMICHE FONDAMENTI CELLE ELETTROCHIMICHE L'elettrochimica è quella scienza che si occupa del trasferimento, conversione, dell'energia chimica in energia elettrica e viceversa; per fare questo è necessario l'uso di celle elettrochimiche che possono funzionare in due modi diversi: - Cella galvanica (pila): avviene un processo redox spontaneo da energia chimica a energia elettrica; - Celle elettrolitica: avviene un processo
redox non spontaneo da energia elettrica a energia chimica (processo di ricarica di una batteria). Esempio: elettrolisi dell'acqua che normalmente è sotto forma di molecola a T ambiente e pressione atmosferica è un liquido, se si applica un certo potenziale questa si scinde in idrogeno e ossigeno gassoso (bisogna fornire energia).
Reazioni elettrodiche: sono reazioni di ossido-riduzione come quelle che si producono chimicamente, anche in questo caso ci sono degli agenti ossidanti e riducenti ma queste reazioni avvengono agli elettrodi invece che all'interno di un baker liberamente. In questa reazione con ione rame e zinco metallico si forma rame metallico e ione zinco: l'agente ossidante è in grado di ossidare l'altra specie e quindi è quello che si riduce, mentre lo zinco che è l'agente riducente si ossida perché fa ridurre l'altra specie (cede e-).
Cella Galvanica: Una cella galvanica consiste in due semicelle.
(oelettrodi) costituiti, in genere, da un conduttore eda una soluzione elettrolitica. Le due semicelle sonoseparate da un setto poroso o da un ponte salinoche consentono la chiusura del circuito elettrico,necessaria per bilanciare lo spostamento dellecariche durante il funzionamento della cella.Dentro le celle è presente una soluzione con degliioni che non devono interferire con la reazione(elettrolita di supporto che serve a supportare laconducibilità all'interno del circuito interno della cella) e che si muove proprio per favorire il trasporto di-corrente: gli e si muovono attraverso i circuiti metallici esterni e andranno a fornire l'energia necessaria aldispositivo, ma perché circoli corrente esterna è necessario chiudere il circuito all'interno e con due bakerseparati è necessario immettere un ponto salino che lo c