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Esistono vari modelli che consentono di rappresentare il funzionamento delle linee elettriche, studiandone il comportamento in
diverse situazioni. Uno dei modelli più complessi è il modello a parametri distribuiti, in cui i fenomeni capacitivi, resistivi ed
→
induttivi vengono assunti come distribuiti uniformemente lungo tutta la linea elettrica noi invece usiamo i più semplici
modelli a parametri concentrati, in cui questi fenomeni sono rappresentati come concentrati in un solo punto o in un numero
limitato di punti. Un modello di questa tipologia è il modello a Γ, in cui tutte le grandezze elettriche sono messe all’inizio o alla
→
fine della linea, ma posso anche avere modelli a T o a π nei primi l’elemento sulla linea è spezzato, mentre nei secondi è
l’elemento derivato che è spezzato.
Sono modelli che danno tutti risultati diversi se applicati alla stessa linea, ma comunque
accettabili in ogni caso. In genere il più usato è il π, dato che è vantaggioso dal punto di
vista computazionale. In questi modelli non vengono sempre rappresentate tutte le
grandezze elettriche, anzi. Ad esempio, nelle linee AAT non è rappresentata G e, dato che
→
R<<X certe volte nemmeno R. Ciò non è vero per le linee BT e MT.
Indico con linee corte delle linee tali per cui i fenomeni di corrente derivata sono
→
trascurabili rispetto alle correnti trasportate B e G sono trascurabili. Trascurando
l’elemento derivato quindi, la corrente che entra è uguale a quella che esce. Sono linee
lunghe meno di 80 km e che hanno una tensione minore di 66 kV. Il dimensionamento di queste linee si traduce nella scelta di
una sezione che soddisfi criteri termici e di massima caduta di tensione (in genere si accetta una ΔV massima inferiore al 4%
della tensione nominale). Riferendoci ad una sola fase, consideriamo il diagramma fasoriale e scegliamo opportunamente asse
തതത തതത തതത
→ ȁ ȁ ȁ ȁ
= = − = −
reale ed immaginario, come in figura con questa scelta . Definisco come caduta di tensione
2 2 1 2 1
(perché il carico è sensibile al modulo della tensione, non alla sua fase). Il carico alimentato da E2 assorbe una potenza
2 തതത ҧ തതത തതത ҧ ҧ
→
= + = ∗ ( ) = + ∗
apparente , da cui posso trovare la caduta di tensione. Questo prende il
2 2 2 1 2 22 22
→ ඥ
= +
nome di metodo fasoriale per il calcolo della caduta di tensione si può anche usare il metodo di Boucherot: 2
12 12
2 1
2 2
→ → → →
ඥ
= = + = + = + =
e , da cui quindi trovo cdt. È un metodo più semplice,
1 2 1 2 1 1
2
che porta allo stesso risultato, ma che perde informazioni sulle fasi. È possibile anche utilizzare il metodo approssimato, che per
carichi Ohmico-induttivi (un’induttanza è vista come qualcosa che consuma potenza reattiva, una capacità come qualcosa che la
2 2
() ()
(() ()), (()
∆ = + + ∆ = + −
genera) mi dice che mentre per carichi Ohmico-capacitivi
2 2
2 2
→
()) è una sottrazione, ciò significa che ogni approssimazione dà luogo ad un errore % maggiore e che può capitare
→
che ΔE < 0 E1 < E2. In genere il termine con ZI al quadrato è trascurabile. Tra l’inizio e la fine della linea monofase ho quindi
(() ()). ()൯
൫()
∆ = 2 ∗ + ∆ = + =
un Per linee trifase la cdt per ogni fase si calcola come
(() ())
+ , esprimibile anche in termini di resistenza e reattanza per unità di lunghezza, con L lunghezza, mentre
quella relativa alle tensioni concatenate è semplicemente sqrt(3)*ΔE. Per le linee trifase, un’espressione equivalente per il
+
2 2
∆ =
calcolo della cdt concatenata è . Data una linea, è poi possibile definirne un rendimento, dato dal rapporto tra la
2 1 ∆
2
→ →
= =
potenza in uscita e la potenza in ingresso è possibile esprimerlo come , dove le perdite sono
∆ 2 2
1+ 2 2
2
→
inversamente proporzionali al quadrato del fattore di potenza per grandi distanze vanno mantenute alte la tensione ed il
fattore di potenza. →
Il dimensionamento di una linea può essere fatto secondo il criterio di massima cdt ammissibile lo si dimensiona facendo in
modo che la cdt non superi un determinato valore prestabilito pari ad una certa % della tensione nominale. È utile poiché
permette di mantenere in esercizio ai capi del carico una tensione non troppo diversa da quella nominale, dato che in genere i
carichi sono costruiti in modo da funzionare con tensioni nominali che girano attorno al 10% della tensione nominale. In genere
si accetta una cdt massima tra il punto più lontano dal carico ed il punto in cui è consegnata l’energia dal produttore pari al 4%
della tensione nominale. Il dimensionamento quindi passa dai seguenti calcoli:
- si fissa la ΔV% max
- si determinano P e Q a fine linea e la tensione nominale
- si sceglie un valore iniziale di reattanza al km per il tipo di collegamento che si vuole realizzare e per il livello di tensione
selezionato, dato che la reattanza di una linea dipende poco dalla sezione del conduttore →
- si calcola la massima resistenza chilometrica ammessa per avere una cdt minore del massimo ammissibile la troviamo come
∆% 2
−
2
100
=
2
- dalle tabelle dei cavi normalizzati si sceglie la sezione con r* uguale o immediatamente inferiore alla resistenza massima. Per
→ → →
questa sezione le tabelle forniscono anche x* se x* <= x scelta inizialmente va bene, se x* > x iniziale bisogna verificare
′ ′
+ ∆%
2 2 →
≤
che . Se è verificato, allora a posto, ma se la verifica fallisce si deve prendere la sezione superiore e
2
100
rifare la verifica →
Si può fare un dimensionamento anche sulla massima potenza persa lo si fa mantenendo la potenza persa sotto un
2
→ ∆% = 100 ≤ ∆%
determinato limite massimo (in genere pari al 5% della potenza entrante nel cavo) , da cui si
22 2
cos
22 2
∆% cos
= ∗
ricava . Dalle tabelle dei cavi normalizzati scelgo quindi una sezione che abbia r* immediatamente
100
2 →
inferiore a r max. In caso si debbano soddisfare entrambi i criteri progettuali si usano tutti e due e la scelta ricadrà sulla
sezione maggiore delle due calcolate.
Un ulteriore criterio di dimensionamento è basato sulla massima temperatura che il cavo può raggiungere. Consideriamo un
solido, caratterizzato da una distribuzione di temperatura T = T(x;y;z;t) e da una superficie al suo interno tale per cui in ogni
→
punto ed istante si abbia una T costante una superficie isoterma in altre parole. Il calore si trasmette per conduzione nel
solido lungo le linee di flusso, linee che sono normali in ogni punto alla superficie isoterma. Il vettore flusso termico si mantiene
quindi sempre tangente a queste linee di flusso ed è diretto dalle zone a maggiore T a quelle a minore, come affermato dalla
ሶത →
()
= − ∗ () = Ƹ + Ƹ +
legge di Fourier: , dove il segno – nella legge di Fourier è giustificato dal
fatto che un dT/dx maggiore di zero significa T crescente lungo x, ma il calore va nella direzione di T decrescente. λ invece è il
→
coefficiente di conducibilità termica [W/mK] è un coefficiente che teoricamente varia con la temperatura, ma noi questa
variazione non la consideriamo. Minore è questo λ e migliori saranno le proprietà isolanti del materiale. Consideriamo una lastra
→
piana spessa s ed indefinitamente estesa nelle direzioni y e z e con le due facce laterali mantenute a T costante T1 e T2
→
supponendo T1 > T2 il flusso termico sarà diretto dalla faccia 1 alla faccia 2, così come q. L’ipotesi di stazionarietà porta a
definire che il flusso termico è costante all’interno della lastra. Integrando l’equazione di Fourier da 0 ad s e quindi da T1 a T2
−
2 1
( )
ሶ = ( − ) = + ,
troviamo che (integrando tra 0 ed una x generica troviamo il profilo di temperatura
1 2 1
vedendo che la distribuzione di temperatura è lineare). Indico con coefficiente globale di scambio termico il termine che mette
ሶ
→ →
= =
in relazione il flusso termico specifico q puntato con ΔT [W/Km2] per una parete ho quindi che . C’è
→
un’analogia tra la legge di Fourier e la legge di Ohm ciascun sistema termico è studiabile utilizzando delle resistenze termiche
[K/W], che possono trovarsi, come quelle elettriche, in serie (la resistenza totale è data dalla somma delle varie resistenze) o in
parallelo (l’inverso della resistenza totale è dato dalla somma degli inversi delle resistenze). Posso definire anche qui, come
inverso della resistenza termica, la conduttanza termica. Consideriamo ora un cilindro
cavo (un isolante ha questa forma), con raggio interno R1 che definisce una superficie a
T1, raggio esterno R2 che definisce la superficie esterna a T2, lungo L e con un λ
costante. In questo caso il flusso termico specifico non è costante, ma diminuisce con
l’aumentare del raggio dato che aumenta la superficie su cui si può distribuire la stessa
ሶ
→ →
= ሶ = − 2 =
quantità di energia termica si mantiene
)
2( −
ሶ 1 2
→ =
comunque costante il flusso termico totale . Un conduttore nudo percorso da corrente
2
lnቀ ቁ