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Applichiamo questo principio all'angelo e all'uomo
Nei puri spiriti (angeli) l'ipotesi di un conflitto tra l'amor proprio e l'amor di Dio è, secondo san Tommaso, impensabile, perché l'angelo possiede fin dall'inizio la perfezione intellettuale che gli è propria.
Se, nell'uomo, il conflitto è possibile, la ragione sta nella composizione della sua natura.
Primo: non essendo l'uomo un essere puramente spirituale, quel che può chiamare il "proprio bene" non sempre coincide con il bene in sé.
In secondo luogo, ogni sacrificio dei beni dei sensi ad un bene dello spirito in quanto sacrificio a Dio, è necessariamente un sacrificio diretto a se stessi.
In terzo luogo, potendo alcune operazioni dello spirito, trovarsi incompatibili con un altro atto migliore oppure, potendo risultare per me occasione di disordine morale, potrà esserne vietato l'esercizio.
In questi casi, l'amore di Dio
imporrà all'amore dell'io spirituale un sacrificio reale. Ma questo sacrificio sarà provvisorio. Quattrocento anni dopo San Tommaso, i teologi cattolici hanno discusso molto per sapere se, dal punto di vista del bene spirituale finale; della beatitudine, l'interesse personale dell'uomo potesse trovarsi opposto a quello di Dio. San Tommaso si atteneva al principio generale: il ben spirituale è il fine della natura; è dunque, inseparabile dalla volontà di Dio.Capitolo 2 - Osservazioni sugli elementi della soluzione tomista nel pensiero greco e nel pensiero medievale
Questi principi di soluzione, valorizzati da San Tommaso, preesistevano nella letteratura filosofica e teologica a disposizione a quei tempi. Tutti i suoi predecessori scolastici avevano, però, trascurato di applicarli all'amore. Vorremmo chiarire la cosa con le osservazioni di questo capitolo (la teoria del tutto e della parte; la teoria dell'appetito universale diDio; la teoria dell'identificazione del bene degli spiriti e del bene in sé). La teoria del tutto e della parte Aristotele, studiando l'amicizia, si impedisce espressamente di voler fare la "fisica" dell'amore. Egli descrive ciò che accade tra gli uomini e indica quel che deve avvenire. Ciò nonostante, non ha potuto impedirsi di lasciare qua e là alcune osservazioni sulla materia. Aristotele offre un primo abbozzo della teoria della parte e del tutto; questa prima spiegazione di quel che è l'amore potrebbe essere chiamata la teoria della comunità o della comunicazione. Aristotele osserva che in ogni società o comunità si può parlare di giustizia e di amicizia. L'idea di Aristotele è stata ripresa da San Tommaso. Indipendentemente dal testo di Aristotele, la sua dottrina metafisica dell'unità gli impediva di stabilire una semplice riunione o somiglianza di esseri distinti. Bisognavamostrare che un essere unico e reale è la ragione suprema di ogni unità, comedi ogni appetito, per provare che un amore può essere fondato sull'amor proprio erimanere veramente disinteressato.Si avrebbe dunque torto a presentare la teoria delle comunità come il fondamento ultimodella dottrina tomista dell'amore.Aristotele stesso, invitava a spingersi più oltre.Le amicizie politiche, i rapporti tribali e compagni di navigazione non presentano alcunadifficoltà e presentano una certa concordia.Ma che dire delle relazioni familiari e della amicizie propriamente dette?Ogni rapporto di parentela dipende dai rapporti tra padre e figlio.Ora il padre ama il figlio come una parte di se stesso, e dunque, in qualche modo come sestesso.San Tommaso dice che l'origine di tutte le amicizie è nell'amore di sé.Ma ciò che definisce l'amicizia è la disposizione che dà ad un uomo, per un altro, glistessisentimenti che ha per se stesso. Aristotele, infine, si impegna nella "fisica" dell'amore. Perché i benefattori amano i loro beneficati più di quanto questi amino i loro benefattori? Aristotele propone: "è la stessa che si osserva tra gli artigiani. Ciascuno ama la propria opera più di quanto non ne sarebbe amato, se l'opera si animasse. Così fanno i benefattori: il loro beneficato è come la propria opera e la amano più che non l'opera ami colui che l'ha fatta. Amare la propria opera, dice ancora, è amare il proprio essere, perché noi esistiamo attraverso la nostra attività ed ogni cosa ama essere in atto; l'amore in questione è dunque naturale. Questa risposta spiegava l'amore del mondo per Dio: san Tommaso non aveva da cercare altrove l'idea generale che costituisce l'unità del suo sistema. Era, dunque, tutto fatto. Pensarlo sarebbe comprendere.inadeguatamente la complessità dei problemi che aveva da risolvere. In generale, per misurare la differenza della sua filosofia da quella di Aristotele, bisogna considerare il posto occupato dall'idea di Dio. Se esaminiamo da questo punto di vista la teoria particolare dell'amore, il contributo di Aristotele sarà modesto. Questa prima differenza porta con sé una totale inversione dei punti di vista. In primo piano non è più l'amicizia, è l'amore dovuto per necessità. L'amore è concepito da San Tommaso come un appetito naturale di perfezionamento, come una tendenza all'attualizzazione e all'unificazione. L'amore non deve essere considerato come una ipertrofia dell'amicizia, ma l'amicizia come una specie dell'amore, come una forma accidentale del sentimento fondamentale e primordiale che spinge tutti gli esseri verso Dio. Più un'amicizia è dissimile, più siavvicina al sentimento tipo: è il contrario di quel che diceva Aristotele. Queste riflessioni bastano a far emergere l'originalità della sintesi di San Tommaso di fronte alle teorie che trovava già in Aristotele. La teoria dell'appetito universale di Dio. L'idea che il mondo desidera Dio è greca. San Tommaso non aveva letto l'esposizione classica sull'appetito di tutte le cose per Dio che aveva proposto Plotino; avrebbe ritrovato idee che aveva fatto proprie. In compenso, possedeva le opere dello Pseudo-Dionigi l'Areopagita. Si accostava ad esse; era pronto ad accogliere nella propria filosofia le concezioni dionisiane. Lo Pseudo-Aeropagita 1) afferma che tutti gli esseri della natura desiderano Dio; 2) diversifica questa appetizione secondo la natura dei differenti esseri creati; 3) la estende al non essere; 4) la estende alle azioni dei demoni, come alle azioni colpevoli e ai vizi degli uomini; 5) questa appetizione deve essereconcepita come l'appetito stesso di questa partecipazione, comunicazione con Dio. Una delle più notevoli estensioni della dottrina dell'amore universale di Dio e il miglior principio di soluzione che ne ha tratto San Tommaso è l'idea di ricondurre tutte le affezioni all'amore di Dio. Capitolo 3 - Due abbozzi medievali della teoria fisica, Ugo di San Vittore e San Bernardo Ugo di San Vittore e San Bernardo nelle loro opere spiegando l'amore puro compiono degli squilibri che ci permettono di apprezzare maggiormente la soluzione tomista. 1. Ugo di San Vittore Tratta il problema del puro amore cominciando con l'affermare che l'amore è una delle emozioni primordiali. L'amore secondo le sue diverse modalità riceve nomi diversi: quando si indirizza al mondo si chiama cupidigia, quando tende a Dio è carità. La risposta di Ugo al problema del puro amore consiste nell'identificare l'amore con l'appetito stesso di questa partecipazione, comunicazione con Dio.diconcupiscenza e l'amore di amicizia, riconducendo il secondo al primo. Ugo prende posizione opposta a quella di Abelardo. Nel VI capitolo spiega l'amore del prossimo mediante l'amore di Dio. Se restasse fedele alla propria concezione egoista, dovrebbe conoscere una sola ragione che possa impegnare l'uomo ad amare il proprio simile, cioè la necessità o l'utilità di questo amore come mezzo per giungere a godere del sommo bene, che è Dio. Egli però diversamente suppone nel prossimo un'altra amabilità, quella che gli viene dai suoi rapporti personali con Dio, senza ritenere che quest'ultima faciliti il conseguimento di Dio. L'amore di sé, dice, non è un amore confrontabile con l'amore del prossimo: non si può dunque parlare di rinunciare al primo per il secondo. L'amore di sé e l'amore di Dio sono identici. La debolezza è l'amore del prossimo non
deve essere messo sulla stessa linea dell'amore disè. Dunque in questo capitolo, l'autore si contraddice, proponendo da un lato la sua formula egoista del principio fisico (Chiunque ama, ama per se stesso) e dall'altro l'amore sincero del prossimo come eccezione a questa regola (Ama il prossimo tuo come te stesso).
2. San Bernardo
Si occupa del fondamento e della genesi dell'amore. Dice, il fondamento dell'amore è la comunicazione dei beni di cui Dio è il principio, e l'uomo il termine. Dobbiamo amare Dio per quel che merita e per il nostro vantaggio. San Bernardo si spinge oltre lo stesso San Tommaso, perché l'amor proprio che pone al punto di partenza è un amor proprio vizioso, quello che caratterizza la natura peccatrice. Menziona 4 gradi dell'amore: 1) L'uomo ama se stesso per sé; 2) Ama ormai Dio, ma per sé, non già per lui; 3) L'uomo ama Dio, non solo per sé, ma
anche per lui; 4) L'uomo non ama se stesso se non per Dio. Conformemente a questo modo di vedere la cupiditas è concepita da san Bernardo come il fondo stesso dell'appetito naturale che la caritas conserverà dirigendolo. L'amore perfetto consisterà non tanto nella subordinazione delle tendenze inferiori: amore del corpo e dei beni fisici, timore che faceva amare non spontaneamente, desiderio che fa amare non gratuitamente. Il trattato di San Bernardo nasconde le sue illogicità. Una prima illogicità quando parla della ricompensa dell'amore, fa supporre che tratterà delle ricompense che non sono Dio stesso. Nel corso del capitolo non si tratta che del saziarsi dell'anima mediante Dio. Si poteva dunque sostenere o che l'autore condannava, come contrario alla purezza dell'amore, il desiderio di possedere Dio, oppure che esentava tale desiderio dalla sua condanna. La verità è che il pensiero non ècoerente con se stesso.