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Amon è il nascosto. Atum è legato alla duplice nozione di esistenza e non esistenza, è
allo stesso tempo colui che è compiuto e colui che non è. Sekhmet è la potente e
Khonsu il viaggiatore.
Nella formazione dei nomi divini si identificano facilmente altre tipologie. Ci sono quelli
che traducono l'appartenenza geografica o l'insediamento locale di una divinità in un
determinato territorio: Nekhbet, la dea avvoltoio, è "quella di Nekheb".
La controparte di Ra è Rat, il sole femmina. Ad Amon corrisponde Amaunet, Nun e
Nunet, Heh e Hehet, Kek e Keket.
Tra le personificazioni la più celebre è Maat, ordine cosmico e giustizia al tempo stesso,
principio dell'equilibrio che è motore del buon svolgimento dei riti e cuore dell'etica
egiziana. Raffigurata come donna con una piuma nei capelli, simbolo divino e
ideogramma del suo nome, non era un'entità astratta come si era pensato ma oggetto di
culto come qualsiasi altra divinità.
La molteplicità di nomi si esprime anche giustapponendo il più delle volte due, tre,
quattro nomi distinti che designano una sola forma divina: Amon-Ra, Khepri-Ra-Atum,
Hathor-Maat. Tali associazioni permettono a un dio di mutare le caratteristiche e attributi
da un altro, senza perdere le proprie. Le combinazioni possono esprimere anche un'altra
realtà teologica. Khepri-Ra-Atum traduce il triplice aspetto del dio solare: Khepri è il sole
che si leva al mattino, Ra risplende a mezzogiorno e Atum tramonta alla sera.
C'è però un caso diverso, quello dell'unione di Ra e Osiri, i cui destini sembrano
inconciliabili, uno è solare e celeste e l'altro regna nel mondo sotterraneo. Ma Ra,
durante la sua corsa notturna, deve entrare nella Duat e conoscere anch'egli la sorte di
Osiri.
Ogni divinità assume una o più funzioni. Signore del cielo può qualificare tutti gli dei che
presentano un carattere celeste, a dimostrazione che il legame tra l'elemento cosmico e
la persona divina non è unilaterale. Nemmeno il demiurgo è onnipotente. Gli egiziani
espressero questo concetto in modi diversi, il più significativo è che il dio è soggetto
all'invecchiamento. Inoltre le sue creature possono rivoltarsi contro di lui, come nel Libro
della Vacca Celeste. Altre gli tendono tranelli, come Isi con Ra per sapere il suo nome.
Gli dei furono creati dal demiurgo all'inizio del mondo. Le varie generazioni di dei
vennero in esistenza secondo un normale processo riproduttivo. A Eliopoli Atum
attraverso la masturbazione mise al mondo la coppia Shu e Tefenet, che generò Geb e
Nut, che generarono Isi, Osiri (da cui nasce Horo), Nefti e Seth. Osiri e Isi sono
l'immagine della coppia per eccellenza. La coppia deve essere integrata all'interno di
un'unità familiare composta da tre membri, con il dio-bambino quasi sempre maschio.
Osiri, Isi, Horo. Le figure divine devono rientrare oltre che nello schema familiare, in
quello gerarchizzato. L'Enneade si fonda sulla discendenza geneaologica ma anche
sulla successione dinastica, che sfocia nel trionfo di Horo, figlio legittimamente insediato
sul trono dal padre e rappresentato sulla terra dal faraone.
I numeri svolgono un ruolo essenziale nel pensiero egiziano. Uno rappresenta
l'indifferenziazione originaria, conosciuta dal demiurgo che preesisteva nel Nun
primordiale, prima che esistessero due cose. Due indica l'inizio della creazione, la prima
divisione che implica separazione e differenza e si esprime attraverso l'opposizione dei
sessi. Sussessivamente sarà simbolo della doppia regalità in Alto e Basso Egitto,
simboleggiata dalla doppia corona. Tre è il plurale per eccellenza, triadi familiari. Ba, ka
e corpo. Le dimensioni cosmica, cultuale e mitica del divino. Quattro è di valore perchè
esprime la totalità compiuta e la pienezza soprattutto nello spazio: i 4 punti cardinali, i 4
sostegni del cielo, i 4 venti. Quattro sono anche i figli di Horo e le dee che proteggono i
sarcofagi. Otto, 4 per 2, simboleggia differenziazione e unità. Esempio è l'ogdoade,
costituita da 4 coppie. Nove, 3 per 3, esprime il plurale perfetto e costituisce le Enneadi,
create sia per successione di generazioni che come gruppi sociali e gerarchizzati.
Milioni, uno che si fa milioni è uno degli epiteti di Amon, si passa così da nove a milioni,
una manifestazione dell'infinito che è senza fine. E' il ritorno all'uno, a quello che era il
dio prima della creazione del mondo.
Gli dei sono parte dell'universo e in quanto tali nascono, invecchiano e muoiono. I miti ci
raccontano le loro vicende: è una forma letteraria le cui metafore narrative rimandano a
un altro livello di lettura, che consente di di spiegare i fenomeni cosmici e politici messi
in gioco nelle storie divine. Le storie degli dei si svolgono illo tempore, il tempo del mito è
il tempo della Prima Volta, quando le cose vennero in esistenza.
Il tema storico e politico della successione legittima del figlio sul trono del padre,
elemento del mito osiriano, fu rappresentato nei templi a partire dal Nuovo Regno nella
forma di teogamia tra il padre divino, in questo caso Amon, e la regina che ha messo al
mondo un figlil, reale e divino anche lui. Il Libro della Vacca Celeste, che riporta il mito
della distruzione degli uomini, fu accompagnato da un'illustrazione: le barche solari di Ra
navigano nel ventre della vacca celeste, mentre Shu e gli 8 pilastri del cielo la
sostengono. Il racconto riferisce che gli uomini complottarono contro Ra, ormai vecchio.
Ra allora inviò il suo occhio sotto forma di Hathor per distruggerli, poi cambiò idea prima
che il massacro fosse totale. Fece in modo che Hathor si ubriacasse di birra rossa come
il sangue e la dea, placata, andò via. Dopo, Ra decise di allontanarsi sulla schiena di
Nut, trasformata in vacca del cielo, e sarà quello il luogo da cui Ra illuminerà la terra,
dopo aver designato Thot come successore per gestire le questioni terrene.
Il mito più celebre è il mito osiriano. Osiri, successo al padre Geb, regnava sulla terra. Il
fratello Seth, geloso, decise di ucciderlo. Isi andò in cerca dei pezzi di cadavere
smembrato riuscendo a ricomporre il marito. Dopo essersi unita sotto forma di uccello al
dio morto e da lei riportato in vita, la dea mise al mondo un figlio postumo, Horo, che al
momento giusto ingaggiò con lo zio una lotta per vendicare il padre, salendo infine sul
trono come erede legittimo, mentre Osiri abbandona la terra regnando nel mondo
sotterraneo.
CAPITOLO 2 - LE COSMOGONIE, LA CREAZIONE E IL TEMPO
Un elemento che tutte le cosmogonie concordano nel definire primo è il Nun, entità
primordiale, che non ha inizio ne fine. Si tratta forse di acqua e lo qualifica come oceano
primordiale. E' una massa informe e scura perchè la luce non era ancora stata creata, in
cui si muovono esseri divini o morti che hanno raggiunto lo status divino. In questo Nun
si manifesta la Prima Volta, un dio diverso a seconda della teologia considerata. Non è
creato ex nihilo, è una forza interna e incosciente che prende coscienza di se e si
manifesta in tutta la sua volontà. Si tratta di una trasformazione e i teologi abusano del
termine kheper.
Ra è autogeno, si è formato da se, modella il suo corpo antropomorfo e da lui procederà
il resto della creazione.
Nella teogonia di Ermopoli e Tebe, l'Ogdoade, l'entità divina primordiale è costituita da 4
coppie di dei: Nun e Nunet, Heh e Hehet, Keku e Keket, Amon e Amanuet, personaggi
antropomorfi con testa di rana per i maschi e rettile per le femmine, ricordando le acque
da cui sono usciti.
E' nel Nun che si autogenera il creatore autogeno, fluttuando senza aver luogo su cui
posarsi. Emerse quindi un elemento solido, una collina, su cui posarsi, un monticello che
fa pensare ai kom che emergono quando il Nilo comincia a ritirarsi dopo l'inondazione. A
Eliopoli è la sabbia alta, ma anche il benben, betilo primordiale che può fungere da
zoccolo al Benu, la fenice, simbolo del sole che rinasce.
La Prima Volta segna una rottura tra il prima, in cui c'era qualcosa ma niente è accaduto,
e il dopo, in cui il processo della creazione era definitvamente avviato. Trattandosi di una
volta, deve riprodursi per un numero incalcolabile di volte, ripetizioni che assicurano la
continuità del mondo nella sua periodicità.
Un testo tolemaico del tempio di Amon a Karnak ci informa che al dio bastava
pronunciare il nome delle cose per farle venire in esistenza. Questo implica la
conoscenza dell'insieme della realtà del mondo nel suo divenire e la capacità di creare
attraverso il verbo.
Il tempo ha un inizio che corrisponde alla comparsa della creazione al momento della
Prima Volta e che segna il passaggio dalla preesistenza al cosmo, un momento di
rottura, anche se il Nun rimane fuori dei limiti del tempo. Ci sono due modi di intendere il
tempo, il modo lineare e quello ciclico. Al primo è legata la concezione del tempo della
vita, caratterizzata da un inizio, la nascita e una fine, la morte. Il tempo attribuito a
ciascuno era fissato dall'inizio ed era nelle mani degli dei che potevano concedere
qualche anno di vita in più.
Gli egiziani hanno usato due termini, neheh e djet, per riferirsi a una durata
indeterminata del tempo. I due termini sono tradotti come eternità. Neheh è legato a Ra,
quindi al giorno e alla luce. Rappresenta il futuro nella sua virtualità ma anche nel suo
ritorno ciclico incompiuto. Djet, di Osiri, appartiene alla notte, alla Duat.
CAPITOLO 3 - GLI DEI SULLA TERRA
Fin dal periodo predinastico le raffigurazioni ci mostrano diversi tipi di santuari primitivi,
destinati al culto divino e non funerario. Si tratta del per-nu e per-ur, cappelle in materiali
leggeri, la prima corrisponde al nord, la seconda al sud e si ricollegano a Ieracompoli e
Buto. In età predinastica esistevano altri tipi di cappelle, il seh-netjer, la tenda del dio,
che manterrà rapporto con Anubi, o anche il santuario di Min, capanna circolare legata a
questa divinità.
Gli egiziani non si limitavano a ingrandire gli edifici ereditati conservando la parte più
antica come nucleo, ma li smontavano per poi riutilizzarli. In qualche caso raro l'obiettivo
era quello di cancellare l'opera di un faraone la cui legittimità era messa in discussione
per ragioni politiche, come Hatshepsout, o religiose, come Akhenaten.
Sono rari i templi divini ancora in piedi. Non si può separare radicalmente il culto divino
da quello funerario, che è legato alla sopravivvenza in un Aldilà che appartiene
all'immaginario e l'immaginario include gli dei, i lo